Pronti per un pezzo un po’ insolito, come un “alpinista” nel ciclismo? No, non è un colpo di teatro è la storia di Anton Palzer, skyrunner e scialpinista. Atleta di spicco nel mondo degli sport di montagna, tanto da rientrare nella big family degli sportivi griffati RedBull, il vice campione del mondo ISMF vestirà la maglia della Bora-Hansgrohe. La sua stagione in sella scatterà a primavera, prima dovrà concludere quella invernale che appunto lo vede impegnato nella coppa del mondo di scialpinismo e nei mondiali che si terranno ad Andorra a febbraio.
Gli “antenati” del tedesco
Non è la prima volta che dal ciclismo arrivano corridori da altri sport. Restammo tutti incuriositi quando Miguel Martinez dopo aver vinto le Olimpiadi in Mtb passò alla strada con la Mapei. E parliamo sempre di ciclismo… Negli ultimi anni ce ne sono stati altri di atleti che hanno fatto il salto, ma tutti in età giovanile, su tutti Remco Evenepoel che addirittura era capitano del Belgio U18. E a proposito di salto, chi veniva da quello con gli sci è un certo Primoz Roglic! Un altro campionissimo (attuale) dello sci di fondo, Johannes Klaebo, correrà d’estate con i colori della Uno-X Pro Cycling, squadra Professional norvegese.
Le cronache non specializzate in Germania (e non solo) parlano di “alpinista nel WorldTour”. Questo è vero, ma vanno fatte delle precisazioni. Anton è iscritto alla DAV (Deutscher Alpenverein, il Cai tedesco) ma in realtà sul piano agonistico è un runner d’estate e uno scialpinista d’inverno. Mentre le azioni prettamente alpinistiche sono più… imprese per se stesso e gli sponsor. Insomma corda e piccozza stile Messner, Palzer li usa per “diletto”. Anton è abituato ad altri tipi di sforzi. Attività più legate all’endurance come appunto il running e lo scialpinismo (tra l’altro disciplina sempre più usata anche dagli stradisti d’inverno).
Alpinismo e ciclismo hanno qualche legame, ma è “debole” e non di natura agonistica. Hermann Buhl, che per primo scalò il Nanga Parbat per allenarsi (anni ’40-50) andava dalla sua Innsbruck alla base delle Tre Cime di Lavaredo in bici. E in tempi più recenti ci sono imprese che legano pareti e bici, una delle quali vede protagonista il grande Hans Kammerlander, però la cosa si ferma lì.
Il sogno di Palzer
Nato a Ramsau bei Berchtesgaden, nell’estremo Sud della Germania, con un piede quasi in Austria, la vita all’aperto tra boschi e vette, era l’estensione naturale dopo essere stato a scuola per Palzer. Un tipico ragazzino vivace di montagna.
Anton però il ciclismo lo seguiva e ne era appassionato. La specialissima era sempre più parte integrante dei suoi allenamenti. Le skyrace estreme durano anche più di un giorno e lo scialpinismo impone forza e resistenza. L’impegno cardiovascolare (e in parte anche muscolare) è molto simile.
«Per me è una grande sfida – dice Palzer – un’incredibile opportunità per mettermi alla prova. E’ un capitolo completamente nuovo della mia vita. Diventare ciclista professionista faceva parte dei miei sogni più “selvaggi” già da un po’, ma era talmente impossibile che non ne parlavo quasi con nessuno. Poi ho contattato Ralph Denk – manager della Bora – e il sogno ha iniziato a diventare realtà. Sono consapevole che dovrò portare le borracce ai miei compagni! C’è molto da lavorare…
«Una decisione così non la prendi tutti i giorni. Ho passato notti insonni. Negli ultimi anni mi sono allenato molto in bici e ho fatto anche alcune gare amatoriali questo perché c’era anche una grande dose di passione».
In pista già al Romandia?
L’avventura di Palzer scatterà a fine aprile. Probabilmente inizierà con gare meno impegnative, sotto ogni punto di vista, sia tecnico che altimetrico, anche se Anton stesso ha detto che ama la salita e soffrire in montagna. Tuttavia sembra che la squadra abbia altri programmi per lui e tra questi ci sono le brevi corse a tappe. Facendo “due più due” (inizia a fine aprile) potremmo vederlo in gruppo al Tour de Romandie, chissà…
Intanto voci di corridoio dicono che la strada sarà sì intrigante, ma anche bella lunga. Per ora anche la posizione in sella non è il massimo. Sotto il manubrio ci sono fin troppi spessori e Anton ha difficoltà a stare in gruppo.
«Può sembrare un’impresa ardita – ha commentato Ralph Denk – e siamo consapevoli che ci sia anche un certo rischio, ma seguiamo Anton da molto tempo e siamo convinti delle sue capacità fisiche. Esempi come Roglic o Woods dimostrano che un simile esperimento può funzionare. Non voglio dire che correrà per vincere il Tour entro due anni, ma conosciamo i suoi valori e l’attitudine per la quota. All’inizio lo impiegheremo più spesso in gare di un giorno difficili e brevi corse a tappe. Deve imparare come funziona il ciclismo e, soprattutto, ad assumere compiti per la squadra».