Fusaz sui Milan: «Jonathan più velocista, Matteo più passista»

31.12.2021
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Allenare due fratelli non capita sempre. A volte può avere dei vantaggi, a volte degli svantaggi, ma una cosa è certa, un piccolo paragone è impossibile non farlo e infatti noi lo abbiamo fatto! Con Andrea Fusaz ci siamo “impicciati” dei fatti di Jonathan e Matteo Milan.

I friulani sono entrambi molto giovani. Il più “vecchio” è Jonathan, che è un classe 2000, mentre Matteo è un classe 2003 addirittura. Entrambi sono allenati dallo stesso Fusaz del CTF Lab.

I due non escono troppo spesso insieme, soprattutto d’inverno. Jonathan magari esce al mattino, mentre Matteo, che va ancora a scuola, esce il pomeriggio. Senza contare che il fratello maggiore è molto spesso fuori tra gare, pista, ritiri… Però d’estate le uscite insieme non mancano e a quanto pare sono anche divertenti. Lo stesso Jonathan ci ha detto che la volatina al cartello, o il forcing per il GPM non mancano e che gli piace molto uscire con Matteo.

Matteo (a sinistra) e Jonathan non escono spesso insieme, ma quando lo fanno si divertono anche
Matteo (a sinistra) e Jonathan non escono spesso insieme, ma quando lo fanno si divertono anche
Andrea, il papà di Milan, Flavio, ci ha detto che per certi aspetti Matteo è anche più scaltro di Jonathan… Tu cosa ne dici?

Dico che ha ragione Flavio! Jonathan quando è arrivato da noi era più acerbo, mentre Matteo è più maturo. Alla sua età sa già un po’ di più quel che vuole. Probabilmente anche perché il fratello gli ha aperto la strada e lui ha preso spunto. Come molti di noi sanno, Jonathan ha un po’ la testa fra le nuvole, complice il fatto che le cose gli vengono facili. Però qualsiasi cosa chiedi a questo ragazzo lui la fa e dà il massimo. Matteo invece mi sembra già più mentalizzato.

E invece a livello fisico, che differenze ci sono?

Sono entrambi abbastanza alti e potenti. Jonathan forse quando l’ho visto la prima volta era un po’ più magro. Però va detto che questo ragazzo in pratica è arrivato ai dilettanti come fosse un allievo, non si era mai allenato sostanzialmente. Matteo invece si vede che è stato già più seguito. Jonathan è un passista più veloce, Matteo invece è un passista più resistente e ha un po’ di massa da perdere.

Papà Flavio sostiene che Jonathan può tenere su salite fino a 4 chilometri…

Più o meno sì, però molto dipende anche dal tipo di salita. Quattro chilometri al 10% di pendenza non sono pochi. Se non sono troppo dure e durano fino ad un massimo di 8′-10′ un corridore come Jonathan può essere molto “fastidioso” e non facile da staccare.

E Matteo?

Ha molto margine, non solo per quanto riguarda la salita. Matteo va scoperto. In linea di massima è un passista ma bisogna vedere col peso come evolverà nel tempo e anche che spazio si ritaglierà all’interno della categoria under 23. Di sicuro lui è più resistente sulle salite anche un po’ più lunghe e dure, ma, ripeto, bisognerà vedere come si svilupperà la sua potenza.

Che rapporto hanno i due giovani Milan con il lavoro? Ce ne sono alcuni che patiscono di più?

Direi nessun problema particolare per entrambi, chiaramente anche loro hanno le giornate no nelle quali chiedono “pietà”. Però si affidano al 100% e semmai si parla dopo delle difficoltà nei vari esercizi.

E appunto quali possono essere queste difficoltà?

Beh, Jonathan è passato professionista in un momento molto delicato, in pieno covid e non è stato facile. Più che di lui per me a volte c’è un problema generazionale che riguarda i giovani ed è la motivazione. Non è che non si impegnino, ma non hanno la “linea d’arrivo stampata davanti agli occhi”. Bisogna sempre ricordargli le cose. Posto poi che se come Flavio hai due figli così lo devi incorniciare! Oltre che forti fisicamente, Jonathan e Matteo hanno una buona famiglia che li ha cresciuti con i giusti valori. E non è poco.

Jonathan Milan
Jonathan Milan in allenamento sulle strade di casa con la maglia del CTF, dove quest’anno è approdato Matteo
Jonathan Milan
Jonathan Milan in allenamento sulle strade di casa con la maglia del CTF, dove quest’anno è approdato Matteo
È vero, la sensazione è che i ragazzi, anzi i ragazzini, di oggi facciano fatica ad individuare le loro mete… Anche se però, per certi aspetti, l’essere così distaccato di Jonathan è un punto di forza. Lui stesso ci dice chiaramente: «La preparazione non è un mio pensiero. C’è chi ci pensa per me e chi lo fa ne sa più di me. Io mi affido al loro». 

Infatti Jonathan non mi da problemi. Se gli dico cosa deve fare lui lo fa. Raramente obietta. Una volta gli dissi che doveva fare un allenamento con la “catena sempre in tiro”. Un allenamento abbastanza corto ai 280 watt medi, che per lui non è un granché. E mi ribattè: Andrea, ma come faccio? Gli dissi che bastava si mettesse a 35 all’ora per un’ora e mezza e avrebbe fatto l’allenamento richiesto. Ebbene, mi mandò il file della seduta e fece un’ora e 20 minuti a 310 watt medi. Mi disse che non sentiva niente e così aveva ritenuto di aumentare un po’.

Che bei “problemi” ha Jonathan! E Matteo invece?

Matteo sinceramente è molto poco che lo alleniamo. A sensazione soffre un po’ di più gli sforzi più brevi e intensi, le ripetute secche da pistard, tipo le serie da 4×1′ a tutta. Però come ho già detto mi sembra più avanti di Jonathan alla sua età anche perché con la squadra da juniores ha lavorato sicuramente di più del fratello.

Fusaz: «Martina Fidanza? Lavoriamo sulla parte aerobica»

03.11.2021
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Una delle regine dei mondiali di Roubaix è stata Martina Fidanza. La bergamasca ha aperto le danze con l’oro nello scratch. Una gara vissuta centimetro per centimetro in modo entusiasmante per chi era sugli spalti o alla tv e con la massima concentrazione per lei che era in pista. Martina è allenata da un giovane, ma già esperto, tecnico che risponde al nome di Andrea Fusaz del CTF Lab. Andrea ha tra le mani gente come De Marchi e Milan, giusto per citarne due.

Andrea Fusaz, preparatore della Fidanza
Andrea Fusaz, preparatore della Fidanza
Da quanto tempo segui la Fidanza, Andrea? E soprattutto come è nata questa collaborazione? Lei bergamasca e tu friulano…

Sono due anni e mezzo che lavoro con Martina. E’ stato Roberto Bressan (patron del Cycling Team Friuli, ndr) a proporre questa collaborazione. Bressan accompagnando i nostri atleti in pista vedeva questa ragazzina molto talentuosa, con doti fisiche non comuni. Mi ha proposto come allenatore e lei ha seguito il suo consiglio.

E quanto è migliorata in questi due anni e mezzo?

Molto. E’ migliorata sia dal punto di vista fisico che mentale. Adesso Martina gestisce meglio gli sforzi, reagisce meglio alle fatiche, agli impegni in allenamento e a quelli con la nazionale.

E’ chiaro, parliamo pur sempre di una ragazza di 21 anni che ha ancora dei margini fisiologici…

E’ cresciuta molto infatti sull’aspetto aerobico. Prima faticava di più.

Se questa è una sua “lacuna”, con tutte le virgolette del caso, non è male visto che è la componente più facile da allenare…

Esatto, è più facile da mettere su, sia con gli allenamenti, sia andando avanti con gli anni. Avere una buona base aerobica è importante anche per la pista, perché questo le consente di recuperare bene, di aumentare i carichi di lavoro. Prima aveva più difficoltà nel recepire certi sforzi. Martina infatti era già avanti nella parte anaerobica (scatti, sforzi massimali, ndr), ma non poteva fare troppo.

Il prossimo anno Martina Fidanza lascerà la Isolmant per passare nella fila della WNT Ceratizit
Il prossimo anno Martina Fidanza lascerà la Isolmant per passare nella fila della WNT Ceratizit
Quindi come avete lavorato?

Abbiamo cercato di aumentare i watt alla soglia aerobica appunto. Questo ha fatto sì che lei potesse gestire meglio gli sforzi e anche essere più lucida. Può correre più libera. E questo è importante anche per il colpo d’occhio. Tanto più in una specialità come lo scratch. Al mondiale ha preso la decisione di andare via in due decimi di secondo, forse meno. E’ un istante tra l’andare e il non andare. Devi essere lucida. 

Qual è la disciplina migliore per lei?

Beh, lo scratch è il suo regno. E’ una specialità non facile da interpretare. Come detto lei ha quel colpo d’occhio e per questo si è tolta e si potrà togliere ancora belle soddisfazioni. Io la vedo bene anche nella madison e nell’inseguimento a squadre. Sta trovando i suoi spazi e non credo avrà difficoltà ad arrivarci.

Capitolo strada: ci punta? Ci crede? O è solo funzionale alla pista?

Ci crede eccome. Adesso cambia anche squadra (va alla Ceratizit WNT, ndr) e così potrà avere i suoi spazi e bisognerà vedere nel nuovo team cosa le chiederanno. No, non sarà un’attività per accompagnare la pista. Anche perché oggi nessuno va alle corse per fare numero, tanto più una campionessa iridata. Questo contraddistingue i bravi corridori dai campioni. Questa maglia le dà più consapevolezza dei propri mezzi, della propria dimensione. E’ salita ad un altro livello fisico e mentale..

Andrea, abbiamo parlato di lavoro, di carichi… ma per darci un’idea di quanto può lavorare una ragazza come Martina (classe 1999) facciamo un paragone rispetto che so, ad un Jonathan Milan, che più o meno ha la stessa età e che segui sempre tu…

Il paragone con Jonathan è un po’ un problema: lui sostiene dei carichi molto grandi! Semmai per Milan la fatica è più mentale che fisica. Con Martina i carichi vanno dosati con accuratezza. Diciamo che tra strada e pista lavora da un 25% a un 35% in meno a seconda dei periodi.

Martina lavora molto anche in palestra (foto Instagram)
Martina lavora molto anche in palestra (foto Instagram)
Hai detto che sulla strada ci crede: potremmo mai vederla davanti anche in salita o in gare più un po’ più dure?

In salita fa un po’ fatica direi! In ogni caso il lavoro per i percorsi più duri riguarda sempre la parte aerobica di cui dicevamo. L’obiettivo, anche su strada, è di diventare più endurance perché poi in volata si è mostrata sempre competitiva. E se migliora questa parte, spende meno e arriva meglio allo sprint.

Insomma la dote anaerobica è cosa sua! Ma è un qualcosa che ha di natura o è merito dei tecnici che ci hanno lavorato in precedenza?

E’ frutto delle due cose dire: di madre natura, ma anche di chi ci ha lavorato fino a tre anni fa. Gli allenatori precedenti hanno curato al meglio le sue doti, ma per essere competitiva a livello mondiale oggi non basta più, devi curare anche le tue doti peggiori.

Avete lavorato anche in palestra?

Certo, nei periodi in cui c’era bisogno o si poteva, perché lontani dalle gare, ci abbiamo lavorato. Anche perché una buona base di forza è indispensabile per sostenere certi carichi di lavoro. 

Posizioni avanzate: si spinge di più. Ma va sempre bene?

03.08.2021
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Le posizioni dei professionisti (ma anche di coloro che gareggiano nelle categorie inferiori) sono sempre più avanzate: perché? Spostandosi più avanti si spinge di più, è vero, ma siamo sicuri che non ci siano controindicazioni? C’è un limite oltre il quale si creano danni muscolari? Ne abbiamo parlato con Andrea Fusaz, preparatore ma anche esperto biomeccanico del CTF lab. E anche con Giuseppe Archetti, meccanico della Uae.

Tutti avanti

Il tecnico friulano è tra i più preparati in materia. Conosce i corridori sia da un punto di vista atletico che “meccanico”, per così dire.

«Le posizioni sono più avanzate perché sostanzialmente si hanno due vantaggi: si è più aerodinamici e migliora l’efficienza meccanica. Portandomi avanti con la sella rispetto al movimento centrale porto il ginocchio a restare “più basso” rispetto al corpo. Immaginiamo il corridore come fosse in una “foto” frontale. Se sta 10 centimetri indietro rispetto al movimento centrale sarà sì più allungato, ma il suo ginocchio gli arriverà “in gola”. Stando più in avanti, il ginocchio rimarrà più basso rispetto al tronco. E questo consente una migliore efficienza muscolare e meccanica, un miglior utilizzo della catena muscolare posteriore e una migliore ossigenazione sanguigna delle gambe visto che gli angoli sono meno chiusi.

«E infatti se si nota bene sono tornati gli attacchi più lunghi. Tutti sono buttati in avanti. Una volta si diceva che con la pedivella in orizzontale in avanti, la perpendicolare del ginocchio doveva passare sull’asse del pedale stesso. In realtà poi non era così. Perché quelle erano posizioni che venivano prese da fermi. Con i nuovi strumenti si è visto come, spingendo poi si vada all’indietro. E si perdeva la massima forza che si poteva esprimere». 

Le nuove tendenze

Fusaz parla del loro metodo di fare test, il Retul. Un metodo dinamico, cioè con il corridore che pedala. E per di più anche a wattaggi differenti: 3, 4 e 5 watt/chilo. A volte anche con una diversa altezza della ruota anteriore per simulare la pendenza, la salita. L’obiettivo è quello di riuscire a sfruttare la forza di gravità nell’arco della pedalata.

Ma siamo sicuri però che la nuova letteratura non abbia dei contro? Per esempio se si pedala troppo in avanti si spinge di più, ma si consuma anche di più. E posizioni estreme potrebbero creare degli stress muscolari che magari in un grande Giro, alla lunga, si pagano.

«Premesso – riprende Fusaz – che le posizioni sono anche personali può starci che in una corsa di un giorno questa possa essere più spinta, ma non credo che i pro’ cambino posizione tanto facilmente. Poi il corridore che preferisce una posizione più comoda anche se è meno redditizia ancora lo devo conoscere».

I limiti Uci

Ma troppo avanti non si può stare. A crono, per esempio, l’Uci impone un arretramento (proiezione punta sella-movimento centrale) minimo di 5 centimetri. Questo sfavorisce soprattutto i corridori meno alti.

«E questo è il motivo – riprende Fusaz – per cui oggi sono molto in voga le selle corte. Riesci a spostarti più avanti. Si è passati dai classici 27 centimetri ai 24. In questo modo si resta nelle regole. Poi è anche vero che se misurassero tutte le bici prima di una gara su strada credo che non tutte sarebbero in regola, come invece avviene per le gare in pista».

A crono tutti pedalano molto avanzati. Da notare il ginocchio di Roglic (gamba sinistra) più avanti del pedale
A crono tutti pedalano molto avanzati. Da notare il ginocchio di Roglic (gamba sinistra) più avanti del pedale

Parla Archetti

Infine non potevamo ascoltare il parere del meccanico, colui che “fa i fatti” in termini di posizioni e quote delle bici. Abbiamo coinvolto Giuseppe Archetti della Uae, proprio perché abbiamo visto un “suo” corridore, McNulty, pedalare con un reggisella dritto, stile Mtb.

«Oggi le richieste che mi vengono fatte dai corridori (e dai biomeccanici) vanno in tal senso: cioè tutti in avanti. Tuttavia io sono del parere che siano tutte un po’ estreme. Stando per 5-6 ore così avanzati, braccia, schiena e collo si affaticano molto. Un vecchio meccanico mi disse: più stai avanti e più sei su una sedia, più stai dietro e più sei su una poltrona. Dove stai più comodo? Io non credo che queste posizioni incidano sullo sforzo che si può fare in volata o al momento di un attacco, ma sono idee mie… che non sono un biomeccanico».

Infine Archetti fa un chiarimento: su strada la differenza punta sella-movimento centrale può anche essere inferiore ai 5 centimetri.

«C’è chi mi arriva a 2,8-3 centimetri, ma solo i meno alti. Anche perché con le inclinazioni dei nuovi telai non è così facile andarci. Mentre a crono, puoi anche andare sotto la soglia dei 5 centimetri, ma a quel punto la distanza sulla perpendicolare del movimento centrale e la punta delle appendici non è più di 80 centimetri, ma scende a 75».