Record dell’Ora: ultimi minuti devastanti. Morelli, spiegaci tu

06.11.2021
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La scalata di un 8.000, una maratona, il record dell’Ora: cosa hanno in comune? Beh, oltre al gusto dell’impresa, la durezza della parte finale. Si dice che nella maratona dopo il 35°, ogni chilometro valga per tre. Che 100 metri di dislivello al di sopra degli 8.000 metri vadano moltiplicati per quattro. E lo stesso vale per i 10 minuti finali del record dell’Ora, una specialità tanto affascinate quanto dolorosa.

Ed è un po’ quel che mercoledì scorso è successo all’inglese Alex Dowsett. E’ stato più o meno sui tempi di Victor Campenaerts, poi è crollato, fermandosi a poco più di mezzo chilometro dal primatista belga: 534 metri per la precisione.

Ad Aguascalientes Dowsett si è fermato a 54,555 chilometri, 534 metri in meno di Campenaerts
Ad Aguascalientes,Dowsett si è fermato a 54,555 chilometri, 534 metri in meno di Campenaerts

Parola a Morelli

Ma cosa succede in quell’ora al corpo umano? E ancora meglio, cosa succede in quei 10′-15′ finali? Proviamo a fare chiarezza con Andrea Morelli, del Centro Mapei Sport, il quale entra subito nel merito.

«E’ un discorso molto ampio – dice Morelli – Io parlerei prima di tutto di fatica metabolica, che in quella fase finale è legata principalmente ad un discorso energetico, al quale si associa anche una fatica psicologica.

«Quando tenti il record dell’Ora cerchi di ottimizzare la potenza nell’arco dei 60’. Pertanto lavori molto sulla potenza aerobica, cerchi di aumentarla il più possibile. Se il VO2 Max, cioè il massimo consumo d’ossigeno, può durare all’incirca 7′, la soglia la si dovrebbe tenere per 40′-60′. Il problema qual è? E’ che il corpo è in equilibrio tra produzione e smaltimento di acido lattico. Spingendo forte in modo costante e supponendo di essere al limite, a un certo punto questo equilibrio si rompe e si inizia ad accumulare acido lattico. Di conseguenza la prestazione inizia a calare».

Le delicate fasi del via. Qui Wiggins che con 54,526 chilometri demolì proprio Dowsett, nel 2015 primatista con 52,937 chilometri
Le delicate fasi del via. Qui Wiggins che con 54,526 chilometri demolì proprio Dowsett nel 2015

Tabella di marcia 

«Tu imposti la tua tabella di marcia – riprende Morelli – sai che ad ogni giro dovrai mantenere un certo tempo, tuttavia partendo da fermi si inizia subito con un deficit. Proprio alla partenza inizia l’accumulo che ci si porta dietro per tutta la durata del tentativo. Anche se in fase di avvio non si è “a tutta”, si passa da uno stato di metabolismo basale ad uno cinetico, di sforzo. Questo fa sì che si produca subito un debito energetico che solitamente si paga nel finale. E per questo è molto importante essere graduali al via».

In pratica bisogna arrivare a regime quanto prima, ma senza accumulare acido lattico o limitarlo al massimo, anche se muscolarmente in quel momento l’atleta non avverte nulla, non ha la sensazione di mal di gambe. Il rovescio della medaglia è che ad essere troppo cauti, si rischia di perdere troppo terreno.

Da Desgrange (1893) a Campenaerts (2019) il Record dell’Ora ha sempre suscitato un grande fascino
Da Desgrange (1893) a Campenaerts (2019) il Record dell’Ora ha sempre suscitato un grande fascino

Disaccoppiamento Fc/Watt

Il discorso sulla partenza da fermo innesca poi un tema affatto secondario: il disaccoppiamento tra la frequenza cardiaca e la potenza espressa, i watt. Che poi il gioco è tutto lì. Perché la letteratura scientifica è una cosa e la realtà è un’altra.

«Prima – dice Morelli – abbiamo detto che in teoria un atleta può tenere il ritmo di soglia anche per 60′. Cioè per un’ora c’è equilibrio fra l’acido lattico prodotto e quello smaltito. Un equilibrio che alla soglia viene individuato in 4 millimoli di acido lattico. In realtà questo valore è un po’ più basso. O quantomeno non dura per 60′. A un certo punto infatti, vuoi perché aumenta la temperatura corporea, vuoi perché cala il glicogeno nei muscoli, il cuore per mantenere lo stesso livello di potenza aumenta i battiti. In questo modo però, poco dopo aumentano anche le 4 millimoli di acido lattico prodotte e il corpo non può smaltirne di più». E a lungo andare la prestazione decade.

Determinanti gli istanti prima del via. Ecco Campenaerts sempre ad Aguascalientes nel 2019 quando siglò il primato con 55,089
Determinanti gli istanti prima del via. Ecco Campenaerts sempre ad Aguascalientes nel 2019

Equilibrio molto sottile

Durante il tentativo di record non ci si può alimentare, né bere. Ogni scorta pertanto deve essere fatta prima del via e deve essere ben valutata.

«La strategia è fondamentale – spiega Morelli – vengono ad innescarsi due meccanismi di fatica: quella periferica e quella centrale. La prima, semplificando al massimo, è il mal di gambe. Ed è la capacità di esprimere la forza nell’arco del tempo. La seconda riguarda il massimo consumo di ossigeno e va ad intaccare il sistema cognitivo e nervoso. Anche il cervello si stanca e ha una determinata percezione della fatica.

«Detto ciò, è molto importante riuscire a trovare il proprio passo su quel determinato dispendio energetico. Nella fatica subentrano tantissimi meccanismi. Il corpo umano trae energia dal fegato, da una parte interna all’organismo che c’è in circolo (ma è molto piccola) e dal glicogeno: è importante riuscire a sfruttarle al massimo e al meglio».

Nel 2015 Bobridge si fermò a 51,300 fallendo i 51,825 di Brandle e disse: «Non ho mai fatto una cosa più dura»
Nel 2015 Bobridge si fermò a 51,300 fallendo i 51,825 di Brandle e disse: «Non ho mai fatto una cosa più dura»

Aerodinamica o ossigenazione?

In velodromo poi le variabili sono meno, ma possono diventare più complicate: come per esempio la termoregolazione. E questo, non potendo bere né gettarsi acqua addosso come si vede spesso fare d’estate, incide più di quanto si possa pensare sulla prestazione e sui minuti finali, come è intuibile.

«L’atleta a un certo punto raggiunge una temperatura interna critica e molti meccanismi entrano in crisi. E lo fanno tutti insieme. Quali? La temperatura troppo alta appunto, l’acido lattico nei muscoli, la scarsità di carboidrati per i muscoli, la diminuzione della forza periferica… Tutto ciò mette in crisi prima di tutto il cervello che è la centralina che comanda tutto.

«Inoltre, nel caso di Dowsett, non dimentichiamo che era in quota (quasi 1.900 metri, ndr). E per i grossi motori aerobici come il suo, paradossalmente è peggio. Poi chiaramente va valutato il punto di equilibrio fra la potenza aerodinamica (che con l’aria rarefatta aumenta) e quella aerobica, che appunto diminuisce. Questo però non toglie il fatto che il cervello, con minor ossigeno a disposizione, sia chiamato ad un extralavoro».

«Chi affronta il Record dell’Ora – conclude Morelli – deve avere caratteristiche molto particolari, fisiche ma anche psicologiche. Deve essere in grado di soffrire moltissimo. Non a caso, quando concludono la prova non stanno in piedi. E questo è anche il motivo per cui in allenamento, quando raggiungono i livelli di potenza aerobica che intendono mantenere, non fanno mai sessioni complete di un’ora, ma di 20′-25′, al massimo 30′. Altrimenti sapendo cosa li aspetta, sarebbero già battuti in partenza».

Dowsett in Turchia con la testa su Giro, Tokyo e Ora

17.04.2021
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Ora o mai più. Tra una trenata e l’altra al Giro di Turchia, Alex Dowsett guarda avanti e pensa ai tanti obiettivi del 2021. Nei pensieri c’è il ritorno al Giro d’Italia, dopo l’inedita vittoria in fuga dello scorso ottobre a Vieste (a sette anni dall’affermazione nella crono rosa di Saltara), la corsa contro il tempo all’Olimpiade di Tokyo e poi il tentativo del record dell’Ora. 

Il trentaduenne cronoman inglese della Israel Start-Up Nation l’ha già detenuto per poco più di un mese nella primavera del 2015 (52,937 km, il 2 maggio), lanciando un messaggio globale anche fuori dalla pista, vista la sua condizione di unico ciclista emofiliaco capace di abbattere barriere così robuste nello sport. Il 7 giugno dello stesso anno, il connazionale Wiggins gliel’ha strappato (54,526 km), prima che il 16 aprile del 2019 finisse nelle gambe di Victor Campenaerts (55,089 km), collega per cui Alex stravede, ma che si augura di superare in autunno, sempre a Manchester. Voleva già farlo sul finire dell’anno passato, ma il Covid l’ha costretto a rimandare il tentativo che, in un futuro non così lontano, stuzzica anche il nostro Filippo Ganna. Alex lo sa bene e non ha intenzione di farsi bruciare sul tempo dal jet azzurro.

Alex Dowsett ha partecipato alla Settimana Coppi e Bartali, vincendo la cronosquadre
Ha partecipato alla Coppi e Bartali, vincendo la cronosquadre
Come va al Giro di Turchia?

Finalmente ci sono temperature più miti, mentre i primi giorni è stata una follia.

Qual è il tuo programma successivo?

Andrò al Romandia, poi spero al Giro d’Italia, anche se la selezione per la Corsa Rosa è ancora aperta. Dopodiché, mi piacerebbe fare l’Olimpiade e giocarmi una medaglia, ma è tutto ancora da definire.

Com’è stato ritrovare Chris Froome?

E’ bello essere di nuovo compagni, abbiamo corso insieme al Uae Tour. Abbiamo passato tanto tempo insieme nel Team Sky prima che lui cominciasse a vincere i grandi Giri e che io andassi alla Movistar.

Hai un rapporto speciale con il Giro con due successi arrivati, entrambi all’ottava tappa, nel 2013 e lo scorso anno. Stavolta vuoi anticipare i tempi con la cronometro di apertura a Torino?

E’ sempre eccitante quando un grande Giro inizia con una prova contro il tempo e in questo caso c’è in palio la maglia rosa. Poi, non so se aiuterò nelle volate o in salita, oppure su tutti i terreni, perché ancora non è stata definita la squadra. Magari avrò anche qualche chance di giocarmela in fuga.

Sei un ciclista molto “social”. Hai conosciuto tua moglie su Tinder, entrambi siete molto attivi su Instagram e sui vostri canali Youtube e sei molto presente su Strava e Zwift. Ti piace aiutare a crescere la comunità ciclistica attraverso la condivisione?

I miei numeri non sono spettacolari. Ci sono ragazzi in tutto il mondo che possono esprimere una potenza di 7 watt/kg per una ventina di minuti, io non ci riesco. Sono un professionista ormai da 10 anni e voglio mostrare che nelle corse c’è ben di più rispetto ai numeri, come ad esempio quando si tira una volata. Devi essere al posto giusto, al momento giusto e tenerti quella riserva di energia che ti permetta di farlo nel migliore dei modi. Non basta guardare il misuratore di potenza ed è anche per questo che mi piace condividere i miei dati in allenamento e in corsa. Poi, non ho nulla da nascondere e penso che sia affascinante per gli appassionati incuriosirli e mostrargli cosa ci vuole per essere un pro’. Mi sento fortunato a essere in questa posizione, in cui posso portare chiunque all’interno del nostro mondo. 

Al Giro del 2020 ha vinto la tappa di Vieste, staccando Puccio
Al Giro del 2020 ha vinto la tappa di Vieste, staccando Puccio
Com’è stato dover rinunciare al record dell’Ora a causa del Covid?

Non è stata una passeggiata. Il giorno in cui ho annunciato che avrei provato a riprendermelo, ho cominciato a sentirmi non tanto bene in bicicletta, poi sono arrivati tutti i sintomi. Ho fatto il test che è risultato positivo e mi ha messo ko per un bel po’. Ho avuto tante battute d’arresto nel corso della mia carriera e questa è stata una di quelle, ma ho continuato a lottare anche stavolta. Mi sono concentrato su come recuperare al meglio e riprogrammare il tentativo dell’ora per quest’anno.

Qual è il piano?

Vorrei provarci a Manchester perché è una delle piste più veloci in Europa, è al livello del mare ed è facile per me da raggiungere. L’altra opzione sarebbe Aigle, in Svizzera, ma bisognerebbe fare dei test perché abbiamo la teoria che possa essere veloce essendo anche più corta, però con la pandemia sinora siamo stati impossibilitati a svolgerli. Per cui, sono più orientato su Manchester, magari con un po’ di pubblico se sarà possibile.

Nella crono di Al Hudayriat Island al Uae Tour
Nella crono di Al Hudayriat Island al Uae Tour
Dunque, niente altura come Victor Campenaerts?

Dopo i test svolti, ho visto che battere il record dell’Ora sul livello del mare è molto difficile, ma possibile. In quota, invece, ogni corridore si comporta in modo diverso, per cui preferiamo andare sul sicuro e non fare azzardi. In tempi recenti, Wiggins è stato il primo ad alzare lo standard, poi Victor con la sua meticolosità l’ha portato su un piano ancora superiore. Ammiro moltissimo Campenaerts perché penso che abbia trasformato le corse contro il tempo per tutti: forse è per questo anche che ha vinto tanto subito da innovatore e ora fatica di più perché in tanti hanno deciso di emularlo. 

Anche Filippo Ganna ha messo il record dell’ora nel mirino: che ne pensi?

Ganna ha la possibilità di fare in modo che per tanto tempo a nessuno venga nemmeno in mente di provare a fare il record dell’Ora: con il suo pedigree in pista, il suo “motore” e le risorse che gli mette a disposizione la sua squadra, può arrivare più lontano di chiunque altro e non di poco. Io, invece, mi accontenterei di battere il record col minimo margine.

Dowsett e l’emofilia, qualcosa da sapere

23.11.2020
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Alex Dowsett vuole dare assalto al Record dell’Ora di Victor Campenaerts. Ci riproverà dopo il Covid, che per ora lo ha fermato. La notizia di qualche giorno fa ha riacceso le luci sia su questa affascinante sfida, sia sull’inglese che sulla sua “malattia”, cioè l’emofilia. E il tentativo (fallito) stamattina dal giapponese Shunsuke Imamura riporta tutto ciò alla cronaca attuale.

Per Dowsett il Record non è la prima volta. E’ stato addirittura detentore di questo primato. Lo stabilì a Manchester il 2 maggio 2015 coprendo 52,937 metri. All’epoca aveva 27 anni e correva nella Movistar. Adesso vuol riprovarci, forte della vittoria di tappa al Giro d’Italia e di un team la Israel Start Up Nation che sta acquisendo sempre più l’immagine di un super team, grazie all’arrivo di Froome.

Già all’epoca fu un vero trionfo, una “notiziona” vista la sua malattia. E proprio per rilanciare l’attenzione sull’emofilia, il corridore di Sua Maestà ha deciso di ritentare. Il suo scopo dichiarato è dare fiducia a chi soffre di questa patologia che si possono raggiungere grandi risultati. Ci si può togliere enormi soddisfazioni. Si può condurre una vita normale.

Dowsett sul podio del Giro nella tappa di Vieste
Dowsett sul podio del Giro nella tappa di Vieste

Emofilia: che cos’è?

Già, ma allora cos’è questa emofilia. In parole molto povere si sanguina facilmente. Ci si procura ematomi, si hanno emorragie molto frequentemente.

Gli ematologi spiegano che alle persone come Dowsett manca uno dei fattori della coagulazione. L’organismo è in equilibrio fra la trombosi e l’emorragia, cioè un sangue “solido” e uno che si disperde. I fattori sono 12, 12 proteine che evitano che la persona sanguini. Agli emofiliaci manca dalla nascita uno di questi fattori, pertanto bastano anche delle piccole botte e sanguinano esternamente o hanno emorragie interne. Emorragie che non sempre sono “catastrofiche”, possono anche essere soltanto degli ematomi.

C’è una terapia?

Non esiste una terapia specifica. Si somministra per via endovenosa quel fattore che manca. In realtà però va specificato che ci sono diversi livelli di emofilia e non tutti sono gravi. Sostanzialmente ci sono due tipologie principali: emofilia di tipo A (a chi manca il fattore 8) che è la più diffusa, ed emofilia di tipo B (a chi manca il fattore 9). 

Il ginocchio di un emofiliaco in seguito a uno sfregamento
Il ginocchio di un emofiliaco in seguito a uno sfregamento

Dowsett soffre di quella A, ma fortunatamente l’attività biologica del fattore mancante non è nulla, ma superiore al 5 per cento. Sotto questo limite il discorso cambia sensibilmente e la vita normale resta quasi una chimera. Un corridore professionista che sta al di sotto di questa soglia potrebbe ritrovarsi degli ematomi sulle ginocchia già solo con lo sfregamento dell’articolazione con la pedalata. Sportivi professionisti (ma non solo) che hanno questa forma non possono esserci: Alex è l’eccezione che conferma la regola. Tanto più nel ciclismo. Questo non significa che per Dowsett sia tutto facile o normale. Prende comunque un agente anticoagulante. Da bambino aveva spesso delle emorragie spontanee. I medici gli sconsigliarono sport come rugby o calcio, facendolo dirottare sul nuoto. L’attività sportiva fatta ad un buon livello però aveva limitato gli ematomi: in pratica il muscolo più tonico era “cuscino” e “cibo” per restare ben sopra il 5 per cento.

La prestazione ne risente?

L’emofilia non va ad influire sulla prestazione. Spesso si pensa che il sangue di queste persone sia più liquido e più “povero”. In realtà la non-coagulazione non va confusa con l’ematocrito, vale a dire la concentrazione di globuli rossi e quindi di “trasportatori” dell’ossigeno ai muscoli. L’ematocrito di un emofiliaco può essere alto o basso esattamente come quello di una persona qualunque.

E non incide neanche sulla sua capacità immunologica. Dowsett, non ha preso il covid perché è emofiliaco, ma per altre motivazioni. Insomma non ne è più soggetto.