La crescita, le ambizioni e la tecnica di Matteo Bianchi

25.01.2024
6 min
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Un anno e mezzo dopo quel 59.661 e l’argento europeo di Monaco nel chilometro da fermo, Matteo Bianchi ha conquistato il primo titolo europeo di sempre di un corridore italiano in questa specialità. Le sue qualità tecniche hanno già riempito articoli e interviste e abbiamo imparato a conoscerle apprendendone la portata. Abbiamo però deciso di mettere sotto la lente d’ingrandimento questa sua crescita che è culminata con un successo storico per il movimento della velocità italiano. Con lui abbiamo analizzato le differenze e gli ambiti su cui ha lavorato insieme al team della nazionale per arrivare al titolo europeo. 

Da quel risultato sfiorato all’europeo di Monaco 2022 è nata la consapevolezza che potevi aspirare anche all’oro?

Sicuramente sì. Quell’anno lì mi ha aiutato a crescere, a capire il mio livello internazionale. In realtà non è che avessi preparato più di tanto il chilometro, perché lavoriamo più che altro sul team sprint e quindi di conseguenza anche sul chilometro. Sono tornato a essere terzo frazionista e quindi è un tipo di sforzo molto simile al chilometro.

L’anno scorso invece hai fatto quinto Grenchen…

Sì, l’anno scorso ero arrivato fuori forma, nel senso che la gara collocata così presto nel calendario mi aveva colto un po’ impreparato e quindi non ero al top della mia condizione e si è visto. 

Da lì è cambiato qualcosa o è sempre la stessa preparazione, stessa alimentazione?

No, sapevo come prepararmi a un appuntamento così presto nell’anno, perché ovviamente avere delle gare d’estate o in inverno cambia, soprattutto a livello di preparazione. Allenarmi su strada mi dà una grossa mano quindi ovviamente è diverso in certi periodi. Però sento di avere avuto una crescita generale con il team sprint. Anche grazie al mio preparatore che mi segue su strada da ormai un po’ di anni e collabora con Ivan Quaranta. Loro si organizzano e pensano a quello che è meglio per me. 

Hai trovato una tua dimensione e stai notando una crescita costante?

Sì, è la conseguenza di lavori costanti. Per stare dietro al team sprint bisogna migliorare per forza, quindi questo porta ad avere tempi migliori anche nel chilometro probabilmente.

Lato tecnico, cura delle traiettorie, posizione, stai imparando sempre di più una specialità così tecnica come il chilometro e anche la velocità a squadre?

Ogni giorno si cerca di limare qualcosa, che siano le traiettorie durante la prova oppure l’uscita dal blocco. Ce ne sono di cose da migliorare anche a livello aerodinamico. Rispetto al 2022 ho cambiato sia bicicletta che posizione. Se si guardano due foto a confronto tra europeo 2022 e quello 2024 le posizioni sono abbastanza diverse. In più sto usando un casco diverso. Questo è frutto del lavoro che fanno gli atleti endurance. Perché abbiamo la fortuna di avere uno dei settori top a livello internazionale, dove si investe molto e si fanno studi su posizioni, materiali e preparazione. Io sto utilizzando la loro stessa bicicletta e posso bene o male adattare un po’ quello che fanno loro.

Quaranta insieme a Bianchi dopo il successo
Quaranta insieme a Bianchi dopo il successo
Tu infatti utilizzi la Bolide con una forcella differente. Sai se ci sono nuovi modelli in arrivo?

E’ già uscito un altro modello nel senso che c’è il telaio, diciamo quello da corsa a punti classico, quindi non da inseguimento che l’anno scorso è stato riadattato sulle nostre esigenze per il team sprint. Sono venuti gli ingegneri di Pinarello per sviluppare questo telaio che ci sta dando dei vantaggi rispetto al materiale di prima. Invece la nuova Bolide ha delle misure un po’ particolari che stiamo cercando di adattare.

Hai parlato di un nuovo casco…

Kask ha visto che in galleria del vento, per chi ha le spalle un po’ più larghe come me, conviene utilizzare il modello Mistral LW. E’ un casco leggermente più grande, dentro è imbottito per avere lo stesso comfort a livello di calotta. La sua peculiarità è appunto quella di essere visibilmente più grande e questa cosa a livello aerodinamico, abbinata alla mia posizione, dà dei vantaggi. In più si aggiunge la lente, che ne aumenta la rendita. 

A livello di posizione cosa hai cambiato rispetto al 2022?

Ho il telaio di una taglia più grande. Le protesi non sono più dritte, ma le punte sono più verso l’alto, quindi ho le mani più alte così come i gomiti, per coprire meglio il busto. Tutto qui, so che può sembrare poco, ma fa già molta differenza.

Come sei arrivato a questi miglioramenti? Sei mai andato in galleria del vento?

Non sono ancora andato, però diciamo che è in previsione. Tutti i consigli sono basati su aspetti che i tecnici hanno analizzato e che funzionano a livello generale, anche guardando la concorrenza.

In una precedente intervista ci raccontasti che non senti la pressione pre-gara. E’ ancora così?

Sì, è una mia caratteristica. Negli appuntamenti importanti riesco sempre a mettermi nella situazione mentale non proprio di comfort, però riesco ad entrare in uno stato di tranquillità e consapevolezza di cosa devo fare.

Quaranta dopo il tuo successo ci ha detto che l’abilità più importante per fare quei risultati è il “peggiorare di meno“, visto che adesso ci sono molte prove in poco tempo, è così?

Sì, se prendiamo come esempio questo europeo, io in realtà pensavo di fare un tempo migliore nella seconda prova. Poi ho visto che un po’ tutti sono peggiorati o comunque non c’è stato nessuno che ha migliorato in maniera particolare. Se devo analizzare la mia seconda prestazione, direi che non è stata al top. Sono riuscito a portare a casa un buon risultato però non mi ha del tutto soddisfatto. Probabilmente ho sbagliato qualcosa sul recupero dopo la prima prova. Si poteva fare meglio.

Bianchi terzo frazionista sarà determinante per la qualificazione alle Olimpiadi di Parigi
Bianchi terzo frazionista sarà determinante per la qualificazione alle Olimpiadi di Parigi
Cosa pensi di avere sbagliato?

Sono sceso di pista che non stavo così male, quindi non ho fatto troppi rulli. Quando in realtà solitamente facevo esercizi 3-5 minuti sotto il medio intorno ai 200 watt, solo per smaltire più velocemente l’acido lattico. Diciamo che forse è stata questa la mancanza. 

Obiettivi imminenti in Coppa del mondo?

Adesso abbiamo la prima di tre prove. Partiamo domenica prossima e vediamo cosa riusciamo a portare a casa. Il nostro obiettivo sarà quello di ottenere la qualifica olimpica nel team sprint, visto che il chilometro non rientra tra le specialità olimpiche. Al momento siamo fuori dagli otto che vanno a Parigi. 

La velocità a squadre è sempre quella più trainante per tutto il reparto velocità…

Sì, nel senso che stiamo preparando prevalentemente quello e poi tutto quello che viene è frutto della preparazione che facciamo lì.

Casa Ineos, il casco non è più un marginal gain

16.01.2024
5 min
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Il casco da bici non fa più parte della categoria marginal gains, ma è uno strumento alla base del pacchetto performance dell’atleta. Fa parte di un puzzle in cui vanno inclusi tutta la bici, l’abbigliamento, la posizione in sella e in cui la variabile più grande resta il corridore. Nell’economia della performance complessiva quanto conta l’efficienza di un casco?

Lo spunto tecnico nasce dalla curiosità legata al nuovo Kask, non ancora ufficiale e già vittorioso in Australia con Narvaez. Approfondiamo l’argomento con Luca Oggiano, amministratore delegato di NablaFlow, genio della ricerca aerodinamica, uomo chiave per il Team Ineos-Grenadiers nell’ambito della ricerca e della performance.

Narvaez vittorioso in Australia con il nuovo casco
Narvaez vittorioso in Australia con il nuovo casco
E’ corretto il suffisso aerodinamico riferito ad un casco da bici?

Non esiste una risposta corretta. Forse usare il termine aerodinamico è eccessivo. E’ altrettanto vero che la ricerca, la tecnologia (e in questo sono da includere gli studi dell’aerodinamica applicata al ciclismo) portano ad usare termini che non appartenevano a questo sport anni addietro. I caschi di oggi non hanno nulla a che vedere con quelli di un’epoca passata. Si lavora sulla riduzione dell’impatto frontale e sul peso che ha l’aerodinamica sull’efficienza. Sopra tutto c’è il caposaldo della sicurezza.

Filippo Ganna e Luca Oggiano (foto Luca Oggiano)
Filippo Ganna e Luca Oggiano (foto Luca Oggiano)
La linea di studio per lo sviluppo di un casco da bici è una oppure ci sono diversi indirizzi?

Dipende sempre da cosa si vuole ottenere dal prodotto e le linee guida vengono dettate dalle aziende. Uno dei segreti è quello di far collimare al meglio i diversi fattori e le tante variabili. A noi vengono chiesti i dati ed i numeri, dalle aziende, dai team e anche dagli staff delle nazionali. Anche le nuove generazioni di corridori sono preparati e cuoriosi, vogliono sapere che cosa indossano.

Una simulazione dell’impatto dello spazio su bici e ciclista (grafico NablaFlow)
Filippo Ganna e Luca Oggiano (foto Luca Oggiano)
Atleta, bici ed equipaggiamenti in generale, quanto conta il casco nel pacchetto totale?

Dipende dalla disciplina. In una cronometro tantissimo, in una prova su strada influisce meno, mediamente il 3/5%, perché in questo secondo caso l’atleta è più esposto all’impatto frontale. Un casco può arrivare ad influire complessivamente fino al 10%. Tantissimo, se contiamo che oggi si vincono le gare con una margine scarso di qualche watt.

Si parla sempre di guadagni di watt, ma la sensazione è quella che man mano la ricerca va ad esplorare nuovi modi per esprimere il potenziale. E’ così?

E’ difficile immaginare quanta ricerca c’è dietro ad un semplice casco, dico semplice proprio perché è complicato pensare a tutte le simulazioni e interazioni. Centinaia, migliaia. Anni addietro i guadagni della performance erano facili, perché il plateau tecnologico non esisteva. Oggi è più complicato. Il livello dei prodotti è davvero elevato e quel plateau tecnologico che ho menzionato si è evoluto. E alla portata di molti, ma dipende anche dagli investimenti. I costi sono elevati e anche questo fattore ha un peso da non sottovalutare. Siamo molti vicini, con le dovute proporzioni, alla F1.

Anche per Ganna orecchie coperte nella sezione superiore (foto Cauldphoto, Cyclingimages, Ineos Grenadiers)
Anche per Ganna orecchie coperte nella sezione superiore (foto Cauldphoto, Cyclingimages, Ineos Grenadiers)
Se dovessimo pensare alla porzione più complicata da sviluppare e disegnare?

L’interno del casco. I parametri da considerare sono tanti, ad esempio i capelli. Studiare la porzione interna di un casco non è semplicemente capire come far passare l’aria o come far indossare il casco. I flussi che passano all’interno del casco si riuniscono a quelli esterni. Se studiati male, mandano alle ortiche tutto il lavoro fatto anche per l’esterno.

Prendiamo come soggetto il Kask che abbiamo visto in alcune immagini. Che guadagno può portare la calottatura delle orecchie?

Partiamo dal presupposto che è un casco che nasce per le classiche, dove la velocità media di gara è elevata. Più che sulla calottature delle orecchie, c’è da considerare quanto è il peso che ha la resistenza aerodinamica di un casco, rispetto alla leggerezza.

Spiegaci meglio!

Un casco più pesante, ma con un’efficienza aerodinamica migliore, anche solo dell’1%, mostra dei vantaggi non trascurabili, risultando più efficiente rispetto ad un casco più leggero e con tante aperture. Stiamo argomentando la ricerca della performance migliore. Il nuovo Kask inoltre considera anche l’eliminazione dei cosiddetti rumori aerodinamici, un fattore percepito in modo negativo da diversi atleti.

Una soluzione che vedremo anche in futuro, magari adottata su larga scala sui caschi da strada?

Nel ciclismo come in quasi tutte le altre categorie ci sono i conservatori ed i progressisti. E’ probabile. Di sicuro noi abbiamo smosso le acque con una sorta di trasposizione del casco da crono verso la strada. Il mercato ha come sempre l’ultima parola.

Aerodinamica, manubri super stretti e test curiosi: tecnica da pista

25.11.2023
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Una Sei Giorni è anche un’occasione per testare, provare e riprovare, fare esperimenti. Le bici più utilizzate, visto l’alto numero di prove di situazione, erano bici “semplici”. Quelle in pista che si utilizzano solitamente nelle madison. Tuttavia qualche chicca al Kuipke l’abbiamo notata in occasione della Sei Giorni di Gand.

FES, qualità tedesca

Uno dei pezzi pregiati ammirati sulla pista fiamminga era la FES della coppia Soudal, Theo Reinhardt e soprattutto Roger Kluge.

Una bici che ha già un’Olimpiade alle spalle, la B20 indica che era stata concepita per Tokyo 2020, ma che secondo i meccanici a Gand era ancora una delle migliori. E lo era per la sua aerodinamica e per il suo carbonio in primis. Una bici che sarà appena ritoccata, soprattutto nei suoi componenti, in vista di Parigi 2024.

Le biciclette FES sono progettate, sviluppate e prodotte dall’Istituto tedesco per la ricerca e lo sviluppo di attrezzature sportive, la cui sigla è appunto FES. Di fatto è un brand di ricerca non solo sul ciclismo ma anche per altri sport olimpici come canottaggio, vela, bob, pattinaggio di velocità, skeleton… e infatti è un istituto finanziato dal governo. Il carbonio è ad altissimo modulo, ma non è facile specificare di che tipologia si tratti. C’è molta riservatezza in merito, anche cercando online.

Questa bici ci ha colpito per la sua solidità e anche per la sua leggerezza. E’ sul filo del limite dei 6,8 chili, pochissimi per una bici da pista. 

Una bici da quartetto?

Ma non solo FES ha catturato la nostra attenzione. Il fortissimo danese Lasse Norman Hansen ha corso l’intera kermesse con una Canyon più da quartetto che da prove di situazione.

Nel paddock di Gand era opinione comune che il corridore danese, che fa giusto parte del quartetto rivale dell’Italia, stesse facendo delle prove. Ha voluto mettere sotto stress questo telaio per vedere come reagiva in quanto a rigidità e reattività in altre prove. Saltella troppo in una madison? E’ reattiva? Queste le domande principali…

E il fine era doppio. Uno, alle Olimpiadi Hansen potrebbe prendere parte anche alla madison e se riuscisse a trovare un buon feeling con questa bici, che è meno agile di quella “tradizionale”, si ritroverebbe con un mezzo più aerodinamico.

Due, perché Canyon sta lavorando ad un’evoluzione di questo telaio. Sembra che s’interverrà soprattutto sull’avantreno e la forcella. Dovrebbe essere più stretta. Ma viene da chiedersi dove “limare”. Siamo infatti nell’ambito dei “millimetri di millimetri”. Probabilmente più che sui passaggi delle ruote si lavorerà sui profili stessi dei tubi.

L’utilizzo diverso di una bici nata per altre prove, aiuta gli ingegneri ad avere feedback. Ma per fare questo, quei feedback devono arrivare da un corridore di un certo livello e soprattutto dal suo utilizzo in gara. Hansen era l’identikit perfetto.

Manubri minimal

La questione aerodinamica in pista è decisamente importante, specie per gare come il quartetto o il chilometro. Ebbene a Gand si è vista una serie di manubri estremamente stretti. Il concetto è quello della strada di cui abbiamo parlato più volte in passato (pieghe più strette).

E qualche manubrio era così stretto che la notizia è arrivata persino al cittì Marco Villa, il quale giustamente curioso, ha chiesto delle foto a Michele Scartezzini, uno dei suoi storici ragazzi. Questi manubri erano talmente stretti che in presa alta l’intero palmo della mano non ci entrava. 

Chiaramente una bici simile va bene per una prova veloce, i 500 metri, un giro lanciato… Ma non per una madison in cui ci si deve dare i cambi e fare leva sul manubrio stesso. Una bici così è difficilissima da guidare. Gli scarti sono violentissimi e la base d’appoggio minima. Parliamo di pieghe larghe 25 centimetri.

E infatti alla vista di questi manubri più di qualche atleta ha storto il naso, sperando non venisse utilizzato nell’americana.

Nuova Specialissima RC, ogni dettaglio conta

15.09.2023
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MISANO ADRIATICO – Il colpo d’occhio sulla nuova Specialissima RC di Bianchi invita a soffermarsi sui dettagli. L’azienda bergamasca ha deciso di togliere il velo su questo nuovo modello di alta gamma della serie All-Round all’Italian Bike Festival. Semplice, leggera, anzi leggerissima, la bilancia si ferma a 6.65 chilogrammi, e dal design accattivante

Lo studio e la progettazione della Specialissima RC ha portato all’estremo tutto: peso e aerodinamica in primis. Una bici nata anche dallo sviluppo e dalle conoscenze derivate dalla Oltre RC e dalle collaborazione con i vari team, tra cui la francese Arkea-Samsic che corre nel WorldTour. 

La nuova Bianchi Specialissima spicca per il peso super contenuto: solo 6,65 chilogrammi
La nuova Bianchi Specialissima spicca per il peso super contenuto: solo 6,65 chilogrammi

Una domanda

A far gli onori di casa, in una sala che si affaccia sul piazzale dell’Italia Bike Festival, è Claudio Masnata, marketing communication manager di Bianchi. 

«Siamo partiti da una domanda – dice Masnata – ovvero: come essere leggeri e aerodinamici allo stesso tempo? L’obiettivo è stato unire diverse esigenze, non si è trattato di curare solo la salita, ma anche le parti prima. Ormai nel ciclismo moderno si va forte in ogni tratto, lo abbiamo visto al Tour de France ma anche alla Vuelta e al Giro d’Italia. Questo ci ha portato a curare anche i flussi aerodinamici e le varie “correnti” che si creano. E’ stato fondamentale il lavoro fatto in galleria del vento, dove abbiamo lavorato simulando la presenza dell’atleta sulla bici. Un passo che si è rivelato fondamentale nello sviluppo della nuova Specialissima RC».

Dove tutto cambia

Uno dei focus di Bianchi, nel progettare la Specialissima RC, è stato capire ed abbassare il tipping point: ovvero il momento dove la situazione cambia. Cosa vuol dire? Masnata parla e spiega.

«Ci siamo basati su un modello matematico – continua – dove abbiamo considerato due variabili: la pendenza della salita e il tempo. In quale momento è meglio passare da una bici da pianura come la Oltre RC ad una All-Round come la Specialissima? Il lavoro fatto ci ha portato ad abbassare questo punto, prima il momento di “cambio” lo avevamo su pendenze elevate, all’8%. Ora siamo al 6%. Tutto questo ad un potenza di 6 watt/kg. Più abbassiamo la potenza prima arriva questo tipping point: a 4,3 watt/kg è intorno al 5% e così via».

Il manubrio, totalmente integrato, può essere montato con 5 misure diverse di attacchi
Il manubrio, totalmente integrato, può essere montato con 5 misure diverse di attacchi

Redistribuzione

Non si tratta solamente di unire leggerezza e aerodinamica, ma anche di fornire il giusto supporto all’atleta. I punti fondamentali nello studio e sviluppo di una bici sono molteplici: tutto deve essere equilibrato. 

«Non si può pensare di migliorare solo un’area della bici – afferma Masnata – ma si tratta di trovare un nuovo equilibrio. Alleggerire la Specialissima RC non è stato semplice, ogni grammo risparmiato ha portato a modifiche in altre aree. Un esempio è quello che riguarda la parte posteriore, il carro è stato alleggerito e rimpicciolito in termine di grandezza dei tubi. Questo ci ha permesso di utilizzare più materiale nella parte anteriore, modellando forcella e tubo sterzo in modo originale. Ora i flussi d’aria vengono indirizzati e fatti scivolare lungo il telaio. Tutto quello che abbiamo fatto arriva anche dall’esperienza e dallo sviluppo portati avanti con la Oltre RC. Non sono due progetti divisi, ma uno può, e deve contribuire, al progresso dell’altro».

Dettagli

Bianchi e la Specialissima RC entrano in un mondo sempre più estremo con un prodotto che in certi termini rivoluziona molti aspetti tecnici. Nel farlo l’azienda bergamasca ha considerato ogni variabile, anche la più piccola.

«La nuova Specialissima – dice ancora Masnata – deve essere performante, ma l’attenzione ai corridori e al ciclista è la prima cosa da curare. Infatti le taglie disponibili sono ben sei: 47, 50, 53, 55 e 59. Anche l’attacco manubrio, in carbonio, ha misure diverse, per soddisfare le esigenze di ognuno: si parte da 90 millimetri e si arriva a 130».

«Il risparmio sulla performance – conclude – è elevato. In Bianchi abbiamo calcolato che si parla di 32 secondi a 200 watt, su un percorso di 40 chilometri».

All’altezza del tubo orizzontale notiamo una curvatura particolare, un dettaglio che ci incuriosisce, così domandiamo a Masnata.

«Un altro esempio che fa capire la cura dei dettagli (risponde, ndr). In prossimità della scritta “Specialissima” il tubo orizzontale si stringe, per contribuire ad una migliore gestione dei flussi aerodinamici. Vicino alla sella, invece, si allarga di nuovo, questo perché avevamo bisogno di maggior sostegno in quella parte del telaio, per supportare al meglio l’atleta in fase di spinta».

Bianchi

Ekoi Aerodinamica, il primo casco da bici firmato Pininfarina

10.07.2023
4 min
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I più attenti lo avranno notato sulla testa degli atleti di quattro team presenti al Tour de France 2023. Ekoi presenta al mondo Aerodinamica, il primo casco da ciclismo di sempre disegnato da Pininfarina. Prestazioni e sicurezza come priorità dei progettisti. Il nome scelto riflette l’essenza stessa del suo design e fa un prezioso cenno alla storia dei designer della famosa casa Italiana.

Nel 1936 Battista Pinin Farina progettò una delle sue prime auto: la Lancia Aprilia Aerodinamica destinata alla competizione. 87 anni dopo, la design house tricolore disegna per la prima volta un casco da bicicletta in occasione di una collaborazione unica con Ekoi.

Sviluppato in galleria del vento per la massima prestazione

Tra Fréjus e Cambiano

Alla base di tutto: non scendere a compromessi tra eleganza e prestazioni. Questa è la missione che è stata affidata agli ingegneri Ekoi e ai designer Pininfarina. Sia a Fréjus che a Cambiano sono stati necessari diversi mesi di ricerca e sviluppo per raggiungere il risultato desiderato. Due eccellenze che hanno saputo lavorare in sinergia per dare la luce ad un casco senza precedenti.

Dalla forma del casco dalle curve pronunciate e lungamente studiate nella mitica galleria del vento di Pininfarina, alla scelta dei colori molto racing, passando per l’incorporazione delle ultime innovazioni in materia di sicurezza, nessun dettaglio è stato lasciato al caso per questa opera d’arte a metà strada tra scienza e sport.

Debutto al Tour

Rispondendo a numerosi obiettivi quali comfort, design, leggerezza, aerodinamica e sicurezza, il casco Ekoi Aerodinamica ha catturato rapidamente l’attenzione dei corridori professionisti che hanno potuto testarlo durante la fase di sviluppo. In occasione del Tour de France, Aerodinamica è uno dei caschi più visibili. E’ infatti indossato da quattro squadre del gruppo: Israel-Premier Tech, Lotto-Dstny, Arkéa-Samsic e Cofidis.

Giacomo Nizzolo e Caleb Ewan hanno già potuto trarne beneficio durante gli sprint vincendo rispettivamente al Tro Bro Léon e alla Van Merksteijn Fences Classic. Questo modello va a completare una gamma sempre più profonda e finalizzata ad accompagnare il ciclista in ogni sua esigenza. Dall’aerezione e leggerezza alla pura velocità. 

Tecnologia Koroyd 

Il casco Aerodinamica è stato progettato per consentire ai corridori più esplosivi, veloci e rapidi di guadagnare watt preziosi nei momenti decisivi. Le volate sono, per definizione, momenti particolarmente burrascosi in cui non è possibile fare errori. Il casco Ekoi integra sapientemente quattro inserti della tecnologia Koroyd. Questa è costituita da una struttura a nido d’ape di lunghi tubi sottili termosaldati tra loro e composta per il 95% da aria. 

Le pareti dei tubi, tra le più sottili al mondo, si schiacciano in modo regolare in caso di impatto assorbendo l’energia cinetica dell’urto sulla parte frontale e laterale del casco. Questa proprietà riduce i danni al cranio offrendo nel contempo una vera sensazione di freschezza grazie alla circolazione dell’aria e una sensazione di leggerezza. 

Aerodinamica sarà disponibile prossimamente sul sito Ekoi e presso i migliori rivenditori con un prezzo di 250 euro.

Ekoi

Aerodinamica: manubrio stretto ma gomiti più larghi

21.05.2023
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Qualche giorno fa, parlando della bici di Jonathan Milan, il corridore della Bahrain-Victorious ci aveva confidato che all’inizio della stagione aveva anche pensato di allargare il manubrio, scelta che sarebbe andata diametralmente contro le tendenze attuali. Milan ci aveva detto che aveva pensato a questa opzione per due motivi: la respirazione, in quanto avrebbe aperto un po’ la gabbia toracica, e per far sì che i suoi gomiti sporgessero di meno e quindi facessero attrito. Poi il friulano ha preferito non cambiare ed è rimasto sulla piega da 400 millimetri.

Quando si parla di attrito si passa all’infinito capitolo dell’aerodinamica e qui non può che intervenire Luca Oggiano, amministratore delegato di NabaFlow (azienda specializzata in soluzioni fluidodinamiche), ormai il nostro esperto del settore. A lui abbiamo posto la questione e in effetti è emerso che l’intuizione di Milan non era poi sbagliata. Vediamo perché.

Il manubrio integrato Vision Metron 6D da 400 mm di Milan. Misura abbastanza stretta per un atleta la cui statura supera i 190 cm
Il manubrio integrato Vision Metron 6D da 400 mm di Milan. Misura abbastanza stretta per un atleta la cui statura supera i 190 cm
Luca, un manubrio più largo avrebbe portato vantaggi a Milan?

Prima di tutto dobbiamo fare un distinguo: se parliamo di volata o di fasi normali di corsa. Perché se parliamo di volata e quindi di potenza pura, ha fatto bene a tenerlo più stretto, anche se poi la bici è più complicata da guidare. Mentre se parliamo del pedalare normalmente bisogna vedere. Ci sono moltissimi parametri da valutare.

La tendenza oggi è quella di stringere i manubri per essere più aerodinamici…

Più stringo il manubrio, più guadagno in quanto sono meno esposto al vento: in teoria è così. Poi però bisogna vedere la conformazione degli atleti, che è estremamente soggettiva. E come diceva Milan: «Stringo il manubrio, ma poi esce il gomito». Io credo che oggi si sia arrivati al limite con le misure dei manubri. Non credo si possa andare parecchio oltre.

Gilbert non ha ceduto troppo alla tendenza dei manubri stretti. Era un fautore della piega larga: ne ha avute anche da 440 mm… e i gomiti erano “dentro”
Gilbert era un fautore del manubrio largo: ha avuto anche pieghe da 440 mm… e i gomiti erano “dentro”
L’UCI ha imposto il limite a 360 millimetri, non più stretti…

Ci sono anche per questioni di guidabilità. E’ intuitivo che un manubrio così stretto renda più difficile condurre la bici. Mentre per quel che riguarda l’aerodinamica, io sono uomo di numeri e nel ciclismo i numeri sono individuali. Ogni analisi va fatta sulla persona stessa. Non è detto che manubri più stretti siano più aero per tutti o per forza.

Luca, ci rendiamo conto di parlare parecchio a braccio, ma se dovessimo fare una stima, che differenze ci sono per ogni misura di manubrio? Quindi 420, 400, 380 millimetri…

Io credo che tra una misura e l’altra si possano guadagnare 5 watt a 50 all’ora. Ma attenzione, è un valore da prendere assolutamente con le molle. E’ una stima. E varia moltissimo da atleta ad atleta.

Chiarissimo, ma ci facciamo comunque un’idea, quindi continuiamo a ragionare così. Quanto possono incidere i gomiti che sporgono di cui parlava Milan? Poniamo che rispetto all’asse frontale del manubrio sporgano di 5 centimetri verso l’esterno…

Potrei dire che c’è un aumento dell’impatto frontale tra l’1% e il 3% e quindi tra i 5 e i 10 watt sempre a 50 all’ora. Ma qui le variabili relative all’atleta sono ancora di più. Bisogna capire che l’aerodinamica è molto particolare. Prendiamo l’esempio del gomito. Non è solo il suo impatto con l’aria che conta, ma anche le scie che crea sul resto del corpo, i flussi… E’ uno studio di una complessità enorme.

Per Oggiano ogni modifica che riguarda un cambiamento di posizione dovrebbe essere controllato in galleria del vento
Per Oggiano ogni modifica che riguarda un cambiamento di posizione dovrebbe essere controllato in galleria del vento
Milan ci ha anche detto che si è abbassato di uno spessore, quindi 5 millimetri rispetto all’inizio dell’anno…

In questo caso il vantaggio è frontale. Lui ha ridotto l’area frontale, ma in aerodinamica conta molto la forma, il coefficiente CD. Io posso anche ridurre l’impatto frontale, ma al tempo stesso vedere che il CD aumenta per questioni di flussi. Faccio un esempio: io ho un metro quadrato di aria frontale e tu di due. In teoria tu sei il doppio più resistente di me all’aria. Ma poi tutto dipende dalla forma.

Chiarissimo…

Nei nostri studi in galleria del vento, capita spesso che un atleta che si abbassa, come ha fatto Milan, poi sia meno efficiente. Vero, ha ridotto l’impatto frontale, ma è meno efficiente perché i flussi tra parte frontale e parte posteriore fanno più attrito. Per questo è molto importante sempre verificare ogni cambiamento. E per questo servono le simulazioni, i test in pista, in galleria del vento. Non a caso io sono un sostenitore della teoria che non tutto va bene per tutti (sia per i materiali che per le posizioni, ndr) e che, in aerodinamica specialmente, tutto è legato al soggetto.

Giù i veli dalla 70, la De Rosa più evoluta di sempre

01.05.2023
4 min
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«L’abbiamo chiamata 70, come gli anni che celebriamo dalla forgiatura della prima creatura di Ugo», con queste toccanti parole in De Rosa lanciano la 70, l’ultimo gioiello della casa lombarda. Il primo nel “dopo Ugo”, patron della grande casa ciclistica.

«Questa – continuano dall’azienda milanese – è la bici De Rosa che racchiude ogni singola goccia di passione versata da Ugo e tutta la sua famiglia, per tutti coloro che vivono ogni giorno con una bici nel cuore».

De Rosa 70 è stata presentata questa mattina
De Rosa 70 è stata presentata questa mattina

Un lungo progetto

I veli sulla De Rosa 70 si sono alzati questa mattina. Si tratta di un progetto lungo 22 mesi in cui si è curato ogni singolo dettaglio, ogni singolo componente per realizzare una bici senza compromessi. Una bici in cui leggerezza, rigidezza e aerodinamica sono state portate al massimo dell’efficienza. Così come il design, grazie alla collaudata collaborazione con Pininfarina.

E allora scendiamo nei dettagli della De Rosa 70. Il suo telaio è un monoscocca il cui peso è di appena 730 grammi nella misura 54. Già al primo sguardo emerge una bici estremamente elegante, ma al tempo stesso aerodinamica. 

Le linee sono “tradizionali”, se così possiamo dire. Una geometria leggermente sloping, che abbassa il peso del telaio stesso ed esalta il fuorisella. 

E a proposito di fuorisella, il reggisella è di forma esagonale. In questo modo ancora una volta ne guadagnano sia l’aerodinamica che la rigidità (soprattutto).

I tubi sono profilati. Due “lame” per fendere l’aria. Ma anche due lame d’importanza strutturale. Sono queste tubazioni a rendere la 70 super rigida, merito ovviamente anche del carbonio utilizzato e della sua posa. Si va dal 5K del carro, passando all’1K che sfuma in unidirezionale sul corpo del telaio, nella sua interezza. 

Aerodinamica first

Molto curata la parte anteriore. Il tubo sterzo non presenta spigoli proprio per favorire l’aerodinamica. Sempre seguendo la direttrice dell’efficienza con l’aria, ma anche estetica, tutti i cavi sono integrati.

Forcella che, chiaramente, è full carbon e che pesa appena 280 grammi. Sempre guardando la bici “da davanti”, i flussi dell’aria sono stati studiati assieme a quelli del carro, per far sì che la stessa aria possa scappare via più rapidamente possibile e con minor impatto sul pacchetto bici+ciclista.

Tuttavia il profilo della forcella e dei foderi alti del carro non sono solo “aero”, ma danno anche un senso di robustezza. E in effetti la 70 promette di essere sì rigida, ma anche comoda per quel che concerne le sollecitazioni verticali. Anche se in tal senso un grosso ruolo lo giocano anche le gomme e le ruote che poi vi si monteranno.

Sempre in merito alla rigidità, anche la scatola del “movimento centrale” è alquanto robusta, pur non avendo dimensioni massicce.

Tutto al top

In quanto a montaggi, una bici di questo livello merita solo il top. La De Rosa 70 può montare tutti e tre i gruppi elettromeccanici top di gamma di Sram, Campagnolo e Shimano. Per le ruote è proposta con le Campagnolo Hyperon o Bora Ultra WTO, le Fulcrum Speed e le Vision SL.

Il manubrio è un Vision/FSA dedicated, mentre per quel che concerne le selle si è pescato ancora in Italia tra Selle Italia o Fizik. Le gomme scelte sono le Vittoria Corsa NEXT.

Così hanno commentato dalla casa: «Il risultato: la De Rosa più evoluta di sempre».

De Rosa

Oggiano, il mago dell’aerodinamica al lavoro per Parigi

26.02.2023
7 min
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Il nome di Luca Oggiano salta fuori per la prima volta parlando con Dario Cioni dopo il record dell’Ora di Ganna. Si capisce presto che l’ingegnere sardo, amministratore delegato di NabaFlow (azienda specializzata in soluzioni fluidodinamiche), è una figura chiave negli sviluppi aerodinamici di casa Ineos. In realtà la sua collaborazione inizia ben prima, ma pochi lo sanno. C’è lui dietro lo sviluppo dei body da crono e le tante innovazioni introdotte di volta in volta dalla squadra britannica.

Qualche giorno fa, alla vigilia dei campionati europei di Grenchen, Oggiano era a Montichiari con la nazionale. E così, incuriositi circa il suo ruolo, lo abbiamo raggiunto nel suo ufficio di Stavanger, sul mare norvegese, dove vive ormai da 15 anni. Moglie e figli norvegesi, due battute sul sentirsi a volte come Checco Zalone e si comincia.

Il record dell’Ora di Ganna, lo scorso ottobre, è stato anche il risultato del lavoro di Luca Oggiano e NabaFlow
L’Ora di Ganna, lo scorso ottobre, è stata anche il risultato del lavoro di Luca Oggiano e NabaFlow
Buongiorno Luca, l’incarico con la Federazione è in qualche modo il seguito della collaborazione con Ganna?

Lavoriamo verso Parigi, per implementare alcune delle esperienze che sono state fatte con Filippo e con il gruppo di Villa più che altro per la pista. Un misto di sviluppo per la posizione degli atleti, ma anche i materiali e il coordinamento dello sviluppo aerodinamico, sia per il quartetto femminile sia per quello maschile.

Questo significa che per Parigi si lavora a nuovi materiali?

Il problema è che abbiamo tempistiche ridotte. Va consegnato tutto prima dei mondiali di agosto, quindi ci sono alcuni progetti in fase di sviluppo e altri che sarà complicato implementare. Non posso dire proprio tutto nei dettagli, ma ci sono lavori sugli atleti e sulla posizione che possiamo continuare a sviluppare anche dopo la data di agosto. Invece per i materiali abbiamo questo limite, quindi alcune cose saranno nuove e le vedrete un po’ più avanti. Altre invece saranno un’ottimizzazione di quello che c’è già.

Che tipo di lavoro stavate facendo a Montichiari?

Siamo andati per fare la scansione 3D completa degli atleti e fare l’ottimizzazione delle posizioni in maniera digitale, che è la base del lavoro che abbiamo fatto anche con Ganna. Utilizziamo tecniche di animazione misti a simulazioni sul cloud, con software proprietario che è stato utilizzato anche per tutto quello abbiamo fatto nel record di Filippo.

Quali vantaggi si hanno?

Si ottimizzano prima di tutto i tempi, perché si riesce a fare centinaia di simulazioni in maniera molto fluida e si riducono anche i tempi dei test degli atleti. Non si va più in galleria a testare 50-60 possibili posizioni, magari anche un pochino a caso, ma si lavora avendo già un’idea abbastanza chiara di quello che si vuole cambiare o migliorare per quel che riguarda la posizione degli atleti. Lo stesso approccio viene fatto con i materiali e quello che si può sviluppare. Il cambiamento più grosso però è successo tre anni fa.

Che cosa è successo tre anni fa?

Abbiamo iniziato a implementare le tecnologie della Formula Uno, fondamentalmente. Simulazioni 3D, fatte in maniera molto più accurata, molto più veloce, molto più scalata. Gli studi sull’aerodinamica si sono evoluti. Se uno riesce a ottimizzare l’aerodinamica in qualsiasi frangente, i vantaggi sono palesi. Saranno chiaramente superiori nella pista, leggermente inferiori nelle crono. In ogni caso, più diminuisce la velocità e minore è l’influenza dell’aerodinamica. Quando si va in salita, ad esempio, non diminuisce solo la velocità, ma non si tiene una posizione costante. Insomma, ci sono tanti altri fattori che diventano determinanti.

Quindi l’aerodinamica nelle gare in linea è meno incisiva?

In una classica, per esempio, o in una delle frazioni nelle quali si sta davanti e si tira, l’aerodinamica ha un ruolo fondamentale. Insomma, le medie al Tour de France dell’anno scorso erano paurose. Ecco, a quel livello l’aerodinamica ha un ruolo abbastanza importante. Come pure in alcuni sprint.

Il lavoro di Luca Oggiano e di NabaFlow con la nazionale tende a ottimizzare la resa aerodinamica
Il lavoro di Luca Oggiano e di NabaFlow con la nazionale tende a ottimizzare la resa aerodinamica
Il ciclismo è il focus principale della vostra azienda?

Siamo una startup nata tre anni fa, quindi siamo piccolini. Lo sport è uno dei nostri business principali. L’idea è quella di trasferire allo sport professionistico le tecnologie arrivate dalla Formula Uno. Poi però lavoriamo anche con ponti, con la fluidodinamica all’interno dei palazzi, quindi all’interno delle città. Pale eoliche, fluidodinamica per quel che riguarda le strutture offshore. Quindi la nostra attività è anche implementare metodologie e tecnologie in un ambiente molto più grande. Siamo molto focalizzati sul green shift, cerchiamo di aiutare le aziende a risparmiare il cemento e l’acciaio.

Come procederà il lavoro con la nazionale?

L’idea è di ottimizzare i tempi. I test delle simulazioni saranno la base per fare quelli in velodromo ed essere sicuri che gli atleti riescano a produrre la potenza necessaria e a mantenere la posizione anche con un certo comfort. Poi andremo in galleria del vento a Milano.

Ci sono tuoi colleghi che escludono i test in velodromo e ritengono attendibile solo la galleria?

Nel 2023 non si può ragionare così. Le tre fasi sono complementari, non ci si può permettere di rinunciare a uno dei passaggi. Come in Formula Uno, non esiste che si porta la macchina dalla simulazione alla gara: prima si fa pista.

Lavorate anche con altri sport?

Siamo collaboratori del Comitato olimpico norvegese. Quindi per esempio ai mondiali di di sci alpino tutti gli atleti norvegesi hanno collaborato con noi, utilizzando il nostro software. Qualsiasi sport, soprattutto quelli invernali verso le prossime Olimpiadi e anche il triathlon, dal punto di vista aerodinamico sono gestiti da noi.

Come si conciliano aerodinamica e comfort?

Dipende dalla disciplina. Il record dell’Ora era una cosa estrema. Abbiamo lavorato tantissimo con i triatleti, dove serve guardare il bilanciamento tra comfort e prestazione aerodinamica. Alcune discipline richiedono sforzi più brevi, come un inseguimento che dura minuti. Allora si può spingere di più sul lato del discomfort, facendo però in modo che la potenza prodotta dalle gambe sia massimizzata.

I ragazzi recepiscono questi ragionamenti?

Ganna è uno di quelli che ha sposato la causa con la mente aperta, anche capendo che alcuni passi a volte portano un po’ di fatica aggiuntiva per trovare la soluzione migliore. Potrebbe significare fare un giorno di test in più in galleria o in velodromo. Passaggi che da alcuni sono visti come una perdita di tempo, ma che in realtà sono molto importanti. Lo scopo è fargli capire che con quella mezza giornata in galleria possono guadagnare quanto otterrebbero in un mese di allenamento. Ogni atleta la prende in maniera diversa. Alcuni sono molto aperti, altri sono quasi infastiditi, ma non li conosco ancora bene.

Se doveste rifare domani il record dell’Ora, avresti variazioni da proporre?

Sì, ci sono alcune cose che in realtà sarebbero da implementare. Alcune sul lato comfort, perché non abbiamo avuto tanto tempo per sviluppare una sella dedicata e Filippo ne ha sofferto. E poi ci sono i cambiamenti per quel che riguarda i nuovi regolamenti della posizione. Filippo è molto alto e potrebbe averne dei vantaggi. Con Ineos abbiamo cominciato a lavorarci, ma anche per lui dovremo trovare lo spazio per fare dei test. Il suo calendario non ha molti spazi liberi.

Caschi a confronto: un mondo di sviluppo da scoprire

25.02.2023
6 min
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Torniamo a parlare di caschi, mettendo a confronto i due modelli Scott utilizzati anche dai pro’ del Team DSM e ugualmente disponibili sul mercato. Cadence Plus, ovvero quello aerodinamico, indossato non solo dagli uomini veloci, e Centric Plus, da considerare un modello tradizionale.

Meglio un casco più efficiente, oppure uno più leggero e ventilato? Quanto influisce sulla performance atletica la temperatura che si genera nella zona della testa? Un casco aero concept porta dei vantaggi anche alle basse andature? Per entrare maggiormente nel dettaglio abbiamo chiesto direttamente a Jose Pereira, Product Manager – Bike Helmets di Scott.

Quali sono i fattori principali da considerare quando si sviluppa un casco aerodinamico?

Ogni casco è un compromesso tra peso, ventilazione e aerodinamica. Sui caschi aero le prestazioni aerodinamiche hanno la priorità. Però, il peso deve essere comunque moderato e deve essere mantenuto un certo grado di ventilazione, soprattutto se vogliamo sviluppare un casco che faccia appello a diversi scenari di guida e non strettamente legato all’alta velocità. Di fatto ci si confronta con dei vincoli.

Di che tipo?

Si punta a ottenere una forma esterna che riduca il più possibile la resistenza aerodinamica, con prese d’aria ben posizionate e sagomate che possano effettivamente ridurre la resistenza aerodinamica, fornendo al tempo stesso una ventilazione ottimale. I caschi aerodinamici generalmente danno la priorità al raffreddamento del flusso d’aria, in cui la velocità spinge l’aria attraverso la testa. Un altro fattore importante è identificare correttamente le posizioni in cui i corridori trascorreranno la maggior parte del tempo, in modo che il casco sia sviluppato e testato in condizioni che corrispondano all’uso effettivo.

E invece quelli relativi ad un casco tradizionale, come ad esempio il Centric Plus?

Come accennato in precedenza, un casco aerodinamico si concentra maggiormente sulla velocità. Il casco da strada convenzionale invece ha tradizionalmente posto la ventilazione come priorità assoluta. Ancora una volta, ogni casco è un compromesso tra diversi fattori e, regolando l’importanza di ciascun fattore, si ottengono prodotti diversi.

Di quali fattori stiamo parlando?

Uno di questi è l’importanza data nei caschi da strada convenzionali al raffreddamento per convezione, in cui le prese d’aria poste nella parte superiore e ai lati del casco consentono il raffreddamento a basse velocità. Queste prese d’aria tendono ad aumentare la resistenza aerodinamica alle alte velocità, ma sono un compromesso accettabile per un casco da strada convenzionale.

Due scalatori che limano i grammi quando serve, Bardet a Arensman in un’immagine del 2022
Due scalatori che limano i grammi quando serve, Bardet a Arensman in un’immagine del 2022
Quanto si guadagna, oppure si risparmia indossando un casco aero concept, come il modello Cadence Plus?

I nostri test in galleria del vento confermano che c’è un notevole vantaggio nella resistenza aerodinamica per il Cadence, rispetto ad un casco da strada. Le misurazioni aerodinamiche sono un argomento complesso, con molteplici variabili e ipotesi diverse. L’argomento non può essere condensato in una semplice affermazione “il casco A è X watt/kmh/ecc più veloce del casco B” senza spiegare adeguatamente tutte le condizioni e le ipotesi di test.

Un casco aerodinamico può portare dei vantaggi anche sui percorsi impegnativi ricchi di salita?

Anche in caso di percorsi collinari o montuosi, il modello Cadence è una buona opzione per condizioni climatiche fredde o generalmente avverse. Molti atleti professionisti e U23 usano il Cadence come casco invernale a tutto tondo. Allo stesso tempo, lavoriamo sempre sui caschi aerodinamici per renderli il più versatili possibile, aumentando al contempo il vantaggio aerodinamico. Inoltre è da considerare che, l’obiettivo per un casco aero concept non è quello di sostituire un casco da strada tradizionale, ma di fornire di vantaggi certamente ed essere anche un’alternativa.

I caschi aero concept, rispetto al passato, sembrano essere più larghi e anche più rotondi. Quale è il motivo?

La forma esterna di questo tipo di casco sarà dettata principalmente dal comportamento aerodinamico. Man mano che comprendiamo meglio l’aerodinamica e troviamo modi migliori per testarla, ci si aspetta che le forme si muovano in un certo modo e cambieranno di conseguenza.

Meglio un vantaggio aerodinamico oppure una ventilazione maggiore grazie ad un casco più leggero e più aperto?

Tutto si riduce allo scenario di guida. Maggiore è la velocità media, minore è l’effetto termico negativo e maggiori sono i guadagni aerodinamici che si ottengono. Al contrario, più basse sono le velocità medie, tradotto, quando si pedala tanto in salita, meno l’aerodinamica gioca il suo ruolo di protagonista. Di conseguenza, diventano più importanti il peso e la ventilazione. Bisogna tenere presente che, a velocità più elevate, un casco aerodinamico progettato correttamente può sembrare fresco quasi quanto un casco convenzionale, quindi in quello scenario non c’è margine per scendere a compromessi. Tutto sommato, la cosa più importante è identificare le condizioni di guida e scegliere il casco in base a quelle.

Alberto Dainese al suo debutto al Tour (foto Instagram)
Alberto Dainese al suo debutto al Tour (foto Instagram)
Quanto influisce, in merito alla performance, l’aumento della temperatura nella zona della testa?

Il caldo ha un impatto sulle prestazioni a prescindere, psicologiche e fisiologiche. Ci sono un certo numero di articoli scientifici che trattano questo argomento. Senza uno scenario e presupposti specifici, è impossibile quantificare l’impatto della temperatura sulle prestazioni. Sappiamo anche che il calore colpisce diversi atleti in modi diversi, ogni individuo ha una tolleranza diversa.

Per l’utilizzatore, esiste un modo, anche empirico, per capire quanto un casco può essere efficiente, nei termini di ventilazione ed aerodinamica?

E’ molto difficile dare una risposta tangibile, perché ci sono tante variabili in gioco. Per avere delle rilevazioni precise, lo strumento potrebbe essere un test nella galleria del vento.