Due minuti e 25 secondi, questo è il distacco che a Roma ha separato Antonio Tiberi dal terzo gradino del podio al Giro d’Italia, occupato da Geraint Thomas. Se poi si conta che nella seconda tappa, quella che ha portato la carovana al Santuario d’Oropa il laziale ha perso due minuti dal gallese della Ineos Grenadiers i conti sono presto fatti.
Quando chiamiamo Franco Pellizotti per chiedere quale sia la sua occasione mancata del 2024, il diesse della Bahrain Victorious ci ha pensato un paio di minuti. Prima ha detto la Milano-Sanremo con Matej Mohoric…
«Però anche la tappa di Oropa – ci dice subito in battuta – lì abbiamo perso il podio al Giro con Tiberi…».
Obiettivo raggiunto ma…
L’occasione ci arriva davanti e cogliamo la palla al balzo. D’altronde della Sanremo mancata avevamo parlato proprio con Piva a proposito del secondo posto di Michael Matthews. E poi si parla di vittorie di singole corse o tappe, qui c’era in ballo il podio al primo Giro d’Italia corso da capitano di Antonio Tiberi.
«A Oropa non avrebbe vinto – continua Pellizotti – ma proprio quei due minuti ci hanno impedito di salire sul podio. Era la seconda tappa, la prima con un arrivo in salita e Tiberi stava davvero bene, era fresco e preparato. Arrivava come capitano designato e l’obiettivo era di entrare nella top 5 e di vincere la maglia bianca. Alla fine ci siamo riusciti, certo che quei due minuti persi ad Oropa bruciano».
La foratura a inizio salita non ci voleva.
Siamo stati parecchio sfortunati, perché Tiberi ha bucato proprio sulle prime rampe della salita di Oropa (anche la bici di scorta poi aveva la ruota forata, ndr). Anche Pogacar aveva bucato, ma almeno era successo cinque chilometri prima e ha sfruttato il tratto in pianura e la scia delle ammiraglie.
Per Tiberi questo non è stato possibile?
No, perché in salita la scia delle ammiraglie non c’è, la velocità è bassa. Lui si è fermato a cambiare la ruota e così si è trovato dietro a tutti e con il gruppo da risalire, solo che intanto molti corridori stavano perdendo terreno.
Si sarebbe potuta gestire in maniera diversa?
Avrebbe potuto prendere la bicicletta da un suo compagno di squadra, solo che Caruso era ancora in classifica. Accanto a lui c’erano anche Zambanini e altri. Si sarebbe potuto anche cambiare tutta la bici e non solo la ruota.
In quei casi è il capitano che deve prendere in mano la situazione o anche i gregari che devono agire d’istinto?
E’ un mix di entrambe le cose. Sicuramente tutti avrebbero potuto fare meglio. In quelle fasi concitate Tiberi ha anche provato a forzare per rientrare ma senza successo. La salita di Oropa non è così lunga, o ti chiami Pantani oppure non rientri. Antonio ha anche fatto un fuorigiri che ha pagato, era nervoso e c’era tanta tensione.
A fine tappa ne avete parlato?
Certo. Ho detto a Tiberi che il suo Giro sarebbe iniziato nella cronometro di Foligno e che avrebbe dovuto tenere duro. E’ stato bravo a reggere mentalmente perché la botta emotiva poteva essere forte.
Nella quale ha reagito subito bene.
Le prestazioni a cronometro ci hanno dato conferma di quanto avesse lavorato bene quanto fosse preparato al massimo. In una gara di tre settimane certe cose possono capitare, poi ci sono momenti e momenti.
Anche perché in salita i livelli tra i primi (a parte Pogacar) si equivalevano.
Era difficile pensare di poter recuperare minuti, a meno che qualcuno fosse andato in crisi. Thomas e O’Connor sono corridori solidi.
Con il proseguire dei giorni vi siete resi conto dell’importanza di quel momento?
A Roma quando ho ripensato all’intero Giro il pensiero è andato a quel giorno. Ma sono cose che capitano. Tiberi ha dimostrato di essere forte, ci ha dato un gran bel segnale.
NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI
Cozzi, la Tudor e il Giro d’Abruzzo
Zanatta e la fuga di Pietrobon a Lucca
Quando Zanini ha fermato l’ammiraglia
Baldato e la rincorsa al Giro del Veneto
I 50 metri di Dainese a Padova, parla Tosatto
Piva e la Sanremo 2024 di Matthews
Giro a Rapolano, Alaphilippe Beffato