Dagli “svincoli micidiali” spunta Oldani, gregario (anche) in fuga

19.05.2022
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Tutto all’improvviso. Da che non avevamo vinto neanche una tappa, a fare una doppietta. Dopo Alberto Dainese, oggi la corona la mette Stefano Oldani. «Un corridore che non ha rubato niente», come dice Lorenzo Rota, colui che è stato battuto.

Genova è schiacciata tra mare e montagne. Francesco De Gregori parla dei suoi “svincoli micidiali”, ma oltre a svolte improbabili e agli stretti caruggi, ci sono questi grandi viali. Lunghi rettilinei ampi come boulevard parigini. Vialoni che sono belli se guidi senza traffico o se porti a spasso il cane, ma diventano infiniti se ti stai giocando una tappa del Giro d’Italia.

La profezia di Basso

Dall’ultima curva, esattamente ai mille metri, si vedeva l’arrivo. Un arrivo che tirava, come si dice in gergo. Della numerosa fuga del giorno arrivano solo in tre: Rota, Oldani e Leemreize, giovane spina olandese nel fianco.

Spina che si rivela pungente. Scatta due volte in quei mille metri. Forse aveva gambe, ma di certo non ha ancora tempi e rapporti adeguati. Quando è partito era davvero troppo duro. Oldani è un gatto e chiude subito. 

«Vince Oldani», dice secco Ivan Basso dietro l’arrivo. Sarà che lo conosce, visto che lo aveva avuto quando Stefano era alla Fundacion Kometa. 

Ma intanto i metri passano. Il rettilineo sembra non finire mai. La prima fiammata si conclude con un “nulla di fatto”. Sono ancora in tre.

Cinquecento metri. L’olandese è sulla destra. Oldani e Rota sulla sinistra. Non si tratta di più di essere velocisti, ma di avere forza. Tutti e tre hanno le mani in presa bassa, pronti ad esplodere. Leemreize guarda a sinistra, i due italiani a destra.

Trecento metri. Vanno pianissimo. E’ quasi un surplace da pistard. Di nuovo è l’olandese a prendere l’iniziativa. Ed è di nuovo Oldani a chiudere. 

Rota è stato il primo ad attaccare nella fuga dei 25… Leemreize è stato il primo a seguirlo, poi Oldani
Rota è stato il primo ad attaccare nella fuga dei 25… Leemreize è stato il primo a seguirlo, poi Oldani

Rota non molla

Rota sembra messo alla grande, a ruota di Stefano. Deve “solo” saltarlo. Il corridore della Jumbo-Visma invece è out.

«Non ho mai pensato di anticipare lo sprint – racconta Rota – eravamo tutti stanchi e poi in tre è molto difficile… e rischioso. E infatti l’olandese ci ha provato, ma è stato ripreso. Pensavo alla volata. Sapevo che Stefano è veloce, ma è così che avevo deciso di giocarmela. E anche se la velocità fosse stata più alta, non sarebbe cambiato nulla».

«Non ho rimpianti. Stefano non ha rubato niente. Sono le corse. Io non posso che essere contento. Sto crescendo. Sono stato lontano quasi due mesi dalle gare. La gamba è buona. Anche l’altro giorno avevo fatto un buon lavoro per Girmay e oggi stavo bene. Tanto che io stesso ho deciso di partire ai 60-70 chilometri dall’arrivo. Proprio perché la gamba c’era. E poiché la gamba c’è ci riproverò».

Non ha rimpianti Rota. E si percepisce. Il suo tono di voce è serio sì, ma anche pacato e sincero. Intanto arriva Taaramae che gli dà una pacca sulla spalla: «Good job, Lore», hai fatto un buon lavoro Lorenzo. Lui svolta la bici e se ne torna al bus.

Il pianto e l’urlo liberatorio dopo il traguardo. Per Oldani è la prima vittoria da pro’
Il pianto e l’urlo liberatorio dopo il traguardo. Per Oldani è la prima vittoria da pro’

Urla di gioia

Chi invece resta ancora in zona arrivo è Oldani. Dopo essersi gettato a terra lasciandosi ad urli di gioia, misti a commozione, il lombardo si rialza. Va dietro al palco per premiazioni, interviste con le tv, antidoping…

Van der Poel, arrivato a spasso e quasi ripreso dal gruppo 8′ dietro, se lo abbraccia. E’ la seconda vittoria per gli Alpecin Fenix.

«Quell’abbraccio è stata un’altra ondata di emozioni – dice Oldani – ed è bello riceverla da un campione come lui. Idem il mio urlo e il mio essermi buttato a terra dopo il traguardo. E’ stata una reazione naturale, spontanea, uno svuotarsi di emozioni. Avevo un gran voglia di arrivare. Erano quattro anni, dalla seconda stagione da under 23, che non vincevo. Mi mancava alzare le braccia al cielo».

Dalle emozioni, alla strada. Oldani ha corso in modo magistrale. Gestendo bene anche la pressione di chi è consapevole di essere il più veloce.

«Non conoscevo queste strade – racconta – ma poi, proprio all’ultimo ho riconosciuto il finale. Feci infatti il Giro Appennino con la nazionale under diversi anni fa.

«Sapevo di essere il più veloce però non ci ho pensato. Non volevo immaginarmi la volata. Poi con Lorenzo ci conosciamo bene, in gruppo parliamo spesso e gli ho detto: “Ciccio, andiamo all’arrivo, non guardiamoci. Giochiamocela in volata e che vinca il più forte. Non volevo rimorsi e neanche stare a pensare magari di dover chiudere su di lui. Immaginavo, come è stato, che l’olandese ci avrebbe provato. 

«E poi non volevo stare a pensare troppo allo sprint perché io di viaggi mentali già me ne faccio tanti per conto mio! E se mi mettevo a pensare alla vittoria o quanto sarebbe stato bello vincere una tappa al Giro e poi non ci fossi riuscito… lasciamo perdere».

Fuori programma

Come ieri per Dainese, non doveva essere Stefano “a fare la corsa”. Il leader era proprio Van der Poel.

«Il piano era di essere almeno in uno nella fuga di giornata – dice Oldani – ma se questa fosse stata numerosa dovevamo essere di più. Non volevamo ripetere l’errore di Napoli. E infatti alla fine eravamo in tre. Ovviamente Mathieu era il leader.

«Credo si sia visto che più di una volta sono andato a prendergli il ghiaccio, i gel, le borracce… E anche quando sono andato via era solo per rilanciare l’andatura e non lasciare andare Rota (per questo VdP ad un certo punto tirava mentre Oldani era davanti, ndr). Poi si è aperto un certo gap e a quel punto ci ho provato io».

Quando tutto è contro

Ma le difficoltà per Stefano non sono state solo quelle di un gregario che si ritrova in fuga. In quell’urlo post arrivo c’è anche il fatto di aver pagato a caro prezzo il passaggio nel WorldTour nell’anno del Covid e anche quello di non aver potuto andare in ritiro in Spagna con la squadra per la questione della camera ipobarica, vietata per gli atleti italiani.

«Il discorso della camera ipobarica mi lascia deluso – dice serio Stefano – deluso dal nostro movimento, perché è una questione vecchia che nessuno ha più preso in mano. Credo che solo uno o due Paesi al mondo ormai non concedano questi tipi di allenamenti. Questo mi lascia scosso e dice quanto siamo indietro su certe questioni».

«Più di tre quarti del gruppo ne fa utilizzo. Qualcuno dovrebbe rifletterci. Noi italiani siamo in svantaggio. Prima del Giro mi sono fatto due settimane di altura sull’Etna da solo, quando la mia squadra era tutta in Spagna presso questi hotel con la camera ipobarica.

«Loro oltre che allenarsi meglio insieme, facevano gruppo, avevano i meccanici, i massaggiatori… io no. E ogni volta per tornare in quota dovevo farmi un’ora di salita non avendo la macchina al seguito».

Da Genova a Sanremo

Ma è tempo di gioire, di fare dei ringraziamenti. A Basso che gli ha insegnato tanto, alla Colpack che lo ha fatto crescere, a chi lo ha sempre sostenuto e alla sua fidanzata, Lavinia… che lo fa mangiare bene! Oldani infatti, nonostante il nome da chef, in cucina dice di essere negato.

«Per fortuna che c’è lei, altrimenti mangerei solo cibo in scatola! Mi fa alimentare in modo adeguato».

E a proposito di cene e di mangiate, da quando si è trasferito da Milano a Como, non si allena più da solo e fa un po’ meno slalom nel traffico.

«Da quando sono a Como tutto è migliorato. Prima uscivo sempre da solo. Anche per la Sanremo mi feci sette ore in solitaria. Ora invece esco spesso con Cataldo, Nizzolo, Ballerini… siamo in tanti corridori. “Ballero”, che era in fuga, mi ha detto: “Oh, oggi è per te”. E io gli ho risposto: “Ma non vedi che sto facendo il gregario?”.

«Con lui ho un bellissimo rapporto. Quest’inverno siamo stati a cena insieme praticamente ogni sera. O io ero da lui, o lui era da me. Chiacchierate, giochi da tavola…».