Dietro le quinte, nel mezzo della scena. Gli orari sono incrociati, perciò quando qua stamattina è l’alba, in Giappone sono le 15,20 e in meno di due ore i ragazzi si sposteranno nel velodromo. Viviani è già andato di mattina. Fred Morini – fisioterapista al seguito della squadra, ex corridore e ottimo amico – racconta con un occhio all’orologio. I tempi sono serrati e guai sciupare un solo minuto che potrebbe servire agli atleti. Sono in un Villaggio dall’altra parte del mondo, la distanza accresce la sensazione di vivere un evento immenso.
L’una di notte
Ieri sera sono rientrati all’una, fra un controllo e una navetta, gli orari sono spostati avanti di circa due ore rispetto al solito.
«Ieri sera c’è stata tantissima euforia – racconta – e un po’ di crisi emotiva. Soprattutto Consonni era molto scosso. Siamo arrivati con una tensione altissima, dopo tanto tempo che non correvano. Non sapevamo niente degli avversari. Dall’Australia c’erano giornalisti e persone dell’Istituto dello Sport che annunciavano un quartetto pronto per distruggere il record del mondo. Facevano paura tutti, poi dopo le qualifiche si è sciolto un iceberg. Abbiamo capito dove si sbagliava, hanno messo a posto i turni. Ieri hanno seguito alla lettera la tabella di Villa e sono arrivati al record del mondo. Ma l’euforia è rientrata in fretta. Quando siamo arrivati al Villaggio, c’erano altri atleti che avevano vinto la medaglia. Per cui dopo un po’ siamo rientrati nelle nostre stanze. Abbiamo fatto i nostri trattamenti sui ragazzi. Villa ha detto qualcosa dopo aver rivisto i tempi degli avversari e siamo andati a dormire».
Il Villaggio della pista
Vivono in un ex villaggio turistico a 15 chilometri dal velodromo. Camere da quattro. In una i due massaggiatori (Morini e Baffi, figlio di Adriano, quello del fantacyclig) più Bertazzo e Milan. Nell’altra il resto del team. Si spostano con navette che passano ogni trenta minuti e ne impiegano circa 25. La sistemazione non è il massimo, ma dopo un po’ si sono abituati. Hanno dimenticato il modo di mangiare italiano e si sono adattati a quello che trovano in mensa. Per fortuna lo chef degli stradisti al momento di ripartire ha lasciato loro parmigiano e olio, mentre per l’acqua gasata si sono organizzati i ragazzi: l’hanno ordinata su Amazon e hanno riempito tutti i frigo a disposizione.
I giorni più impegnativi per lo staff sono stati i primi in cui Ganna e Viviani erano ancora con il gruppo strada e bisognava fare avanti e indietro. Poi, una volta entrati nella dimensione della pista, le cose hanno preso un corso più normale.
Che effetto fa essere alle Olimpiadi?
Non capita tutti i giorni. Era un sogno per me quando facevo il corridore e ogni giorno che vado a colazione e passo davanti ai cinque cerchi sul muro, resto un po’ a guardarli. Ieri Villa, che pure le ha fatte da atleta, diceva che è un sogno anche per lui. E professionalmente esserci è un riconoscimento importante.
E i ragazzi invece come la vivono?
La fortuna di questo gruppo è che ci sono due atleti che certi eventi li sanno sostenere. Il capitano, cioè Viviani. E poi Ganna, che è giovanissimo, ma è stato capace di vincere tutto. A loro si è aggiunto il bimbo, Jonathan Milan, che hanno adottato perché è giovanissimo e perché va davvero forte. E’ un gruppo che sa di avere dei mezzi importanti. E poi zero stress e grandi motivazioni.
Spiega meglio.
Si sta vivendo tutto giorno per giorno. Per noi la qualifica era una semifinale, facendo calcoli sul risultato da centrare per avere il miglior abbinamento nel turno successivo. La semifinale di ieri l’abbiamo vissuta come una finale e in un certo senso lo era, perché c’era un palio la finale per l’oro. Eravamo lì a preparare gli abiti per la cerimonia, sapendo che oggi non avranno nulla da perdere. Il record del mondo potevano farlo i danesi, che in allenamento girano a ritmi pazzeschi. Però l’abbiamo fatto noi.
Non c’è rischio che si siano appagati?
Sono cattivissimi. Ieri sera sono arrivati stanchi, abbiamo fatto i nostri trattamenti, ma stamattina alle 9 erano già in giro per fare colazione e chiedere i rulli. Anche Villa è rimasto colpito. Alle 10 erano già sul lettino per l’attivazione muscolare del mattino. Viviani invece è andato in pista di mattina, perché comunque domani corre.
C’è possibilità secondo te che corra anche il quartetto?
E’ riserva e fino a un’ora prima può subentrare, ma queste sono cose che riguardano Villa. Stamattina Elia ha lavorato un po’ qui al Villaggio, dove abbiamo una bellissima palestra e anche i rulli, poi è andato a Izu.
In cosa consistono i vostri trattamenti?
Siamo partiti con i classici massaggi e poi con il passare dei giorni abbiamo personalizzato il lavoro. Piero Baffi segue il discorso della riattivazione muscolare, ma per fortuna non ci sono state richieste attività particolari, al di fuori di qualche trattamento di osteopatia.
Ieri hanno parlato tutti bene di Marco Villa, il loro riferimento.
Sono con lui da tanti anni, oltre che tecnico è anche un amico. Sa farsi voler bene e anche se parla poco sa farsi capire fino nei dettagli.
Che cosa significa essere a Tokyo per te sul piano professionale?
Lo stimolo per continuare ad aggiornarmi. Si giocano qualcosa di importante, non puoi non essere all’altezza. Tornerò a casa con un’agendina in cui ho scritto i punti su cui lavorare.
Villa parlerà in velodromo della gara di oggi?
Ha parlato ieri sera, come ogni giorno. Parlerà poi in pista.
Strana la decisione di far correre in finale la Danimarca?
Strana e meno facile di come è apparsa. Prima a colazione con Villa e Baffi mi sono trovato al buffet con un inglese e gli ho chiesto. Hanno presentato ricorso e sono stati in pista con i giudici fino a notte fonda, la decisione non è stata presa subito come è parso ieri. In pratica, per quello che ho capito, il danese ha sbagliato, doveva superare l’inglese e non tenere la testa bassa. Ma alla fine il fattore che ha portato alla decisione è stato lo sparo, avvenuto prima dell’incidente. Se lo avesse colpito prima dello sparo, avremmo avuto in finale gli inglesi.