La giornata di martedì di Marco Villa si è svolta a Roma. Il cittì della pista ha preso parte al convegno “La Donna Atleta” organizzato dal CONI. Un confronto tra tecnici di vari sport, al quale hanno partecipato anche Elisabetta Borgia, Diego Bragato e Paolo Sangalli.
«Si è trattato – racconta Marco Villa – di un confronto costruttivo per sentire anche come lavorano gli altri sport. Sangalli, che ha una lunga e importante esperienza in questo campo, ha fatto anche da relatore».
I giorni di Noto
Ma facciamo un salto indietro nel tempo e verso sud. Nei giorni di metà novembre si è tenuto un primo ritiro della nazionale pista, a Noto, in Sicilia. Un primo incontro per preparare la stagione che verrà e gettare così le basi di un futuro che non è poi così lontano.
«Si è trattato – racconta Villa – di un primo ritiro di partenza. Per le donne il blocco era di atlete elite e under 23. Con loro si cerca di lavorare già in ottica Parigi 2024. Mentre gli uomini aveva una presenza massiccia di giovani, ai quali si è aggiunto Lamon. Scartezzini era assente perché impegnato alla Sei Giorni di Gand. Gli atleti del WorldTour, invece, erano ancora in ferie o in attività (come ci aveva anticipato lo stesso Viviani qualche giorno fa, ndr)».
Per il gruppo delle donne è stato importante lavorare insieme fin da subito, alla luce anche di quanto detto qualche mese fa?
Il gruppo delle donne aveva l’obbligo di partecipare (a differenza di quello degli uomini elite, ndr). Era importante fare un primo blocco di lavoro tutte insieme. Sono stato contento che poi Fidanza, Guazzini e Consonni abbiano deciso di rimanere e lavorare. Con le donne è il secondo anno che ci lavoro.
Bisogna trovare il metodo?
No, il metodo lo abbiamo già. La nazionale funziona benissimo da questo punto di vista. Voglio cercare di portare il gruppo delle donne ad avere la stessa amalgama degli uomini. Trovare un modo di fare sistema. E’ da pochi anni che si trovano a fare la stessa attività WorldTour degli uomini.
Vi siete confrontati?
Ci siamo parlati e in base ai calendari e agli impegni di ognuna abbiamo cercato di trovare dei giorni in cui si può lavorare insieme. E’ importante al fine di costruire il sistema di cui parlavo prima.
Anche perché il primo impegno è l’europeo di gennaio…
Ci arriveremo con poche gare. Gli uomini si divideranno, chi non corre all’europeo andrà a correre a Brisbane in Coppa del mondo. Le donne, invece quella tappa non la faranno. Questo perché nessuna atleta del mio gruppo andrà al Tour Down Under. Correranno a Hong Kong e poi a Milton, che sarà l’ultima tappa prima di Parigi. Visto anche il fatto che non andranno in Australia per il campionato europeo avrò il gruppo delle donne al completo.
A Noto che tipo di allenamenti avete fatto?
Solo strada e palestra. Abbiamo allenato la forza sia in bici che ai pesi e poi tanto ma tanto fondo. Il meteo poi ci ha dato una mano, per tutti e 13 i giorni ci sono stati 25 gradi di media.
Per gli uomini c’erano tanti giovani, un modo anche per farli entrare in questo mondo?
Intanto si allenano e questo non può che fargli bene. E poi iniziano a capire come lavoriamo. Davanti a loro hanno degli esempi lampanti (Viviani, Consonni o Milan, ndr), che hanno dimostrato quanto sia importante lavorare bene su strada in funzione della pista. Anche se…
Cosa?
Ormai faccio fatica a portare i giovani in ritiro o alle prove di Coppa del mondo.
Immaginiamo si riferisca a quelli dei Devo Team…
Sì. Le squadre preferiscono averli sempre con loro. Non lasciano venire i ragazzi alle gare o ai ritiri, oppure ad allenarsi in pista. La Coppa del mondo ha una prova ogni mese e porta via una settimana in tre mesi. Parlo tanto con i team ma non riesco a convincerli. Pensano che se porto un corridore ad allenarsi in pista per una settimana lo rovino per un intero quarto di stagione. Quello che non capiscono è che un ragazzo con noi lavora in pista due giorni su cinque. Per il resto curiamo tanto la strada e i risultati li abbiamo sempre avuti.