La situazione dell’Astana è traballante. Non c’è un capitano carismatico, il budget non è più quello di un tempo, Cavendish fa tanto come immagine, ma forse non basta. Il sistema dei punti rende necessario fare risultati e se questi non vengono, si capisce lo scoramento del personale. L’attività è ugualmente intensa e a tratti frenetica, dice Martinelli, ma nessuno si tira indietro.
Il bresciano è l’ultimo tecnico ad aver vinto il Giro, il Tour e la Vuelta con un corridore italiano. In precedenza ne aveva portati a casa anche altri, l’elenco è lungo, ed è per questo che quando finalmente riusciamo parlare con lui alla vigilia della Milano-Torino (ieri), suona strano sentire che ormai si occupa principalmente di logistica e mezzi. Se a ciò si aggiunge che sua figlia Francesca, pilastro nell’ufficio del team, è passata alla Tudor, si capisce che la situazione sia piuttosto diversa da quella che Martino avrebbe immaginato per l’ultima parte della sua carriera.
Martino, che momento è questo per l’Astana?
Un momento un po’ particolare. Sono qui dal 2010, veniamo da un passato importante, ma abbiamo pagato il dopo Vincenzo. Sia la prima volta che è andato via, sia l’ultima. Avevamo Fuglsang, ma abbiamo perso uno dietro l’altro Landa, Scarponi, Vincenzo e Aru. Abbiamo un gruppo di corridori buonini, ma quando ti manca un leader carismatico attorno cui costruire la squadra, diventa tutto un mettere insieme che crea confusione. Se non hai il campione, non dico che rischi di fallire, ma di non trovare una direzione unica. Cambi per cambiare e non porta da nessuna parte. E poi c’è una questione di budget.
E’ sceso il vostro oppure è salito quello degli altri?
Il nostro è diminuito e gli altri sono aumentati. Le cifre che si sentono sono pazzesche, c’è chi spende 45 milioni di euro e chi ne spende 15, perciò la differenza è impossibile da reggere. E’ anche uno dei motivi per cui il campione non lo prendi più e fai fatica anche a prendere i giovani talenti. Possiamo fare poco contro chi gli offre 5 anni, perché noi non abbiamo 5 anni di contratto davanti a noi e neppure il budget di 10 anni fa. Non possiamo competere, siamo a inseguire qualcosa che non arriva. Lo staff è ancora l’arma vincente, perché Borselli, Tosello, Possoni e Saturni ci sono, sono il top e vanno avanti. Però secondo me anche a loro ogni tanto vengono in mente le vittorie che facevamo e questo porta un po’ di sconforto.
La partenza di Aru ha interrotto quel ciclo…
Fabio è andato via solo per i soldi, non c’è niente altro da dire. Quando una squadra come la UAE ti offre, a quell’epoca, 3 milioni di euro per tre anni, tu cosa fai? Io personalmente gli dissi che avrebbe fatto bene ad accettare. Il corridore deve guadagnare, il futuro passa da quello. Il problema è che in quei tre anni si è spento, mentre i nostro progetto è ancora in salita. E’ inutile recriminare su un Moscon che non è stato all’altezza della situazione o Ballerini che abbiamo preso per fare le classiche del Nord e alla fine non ce l’abbiamo. Spero che dal Catalunya cominceremo a vedere Fortunato e poi speriamo veramente nel Giro d’Italia.
Quanto è importante Cavendish in questa squadra?
Tanto. A livello mediatico, lo conoscono tutti. L’ho conosciuto anch’io e non credevo che fosse così bravo. Mi sembrava sempre uno un po’ scorbutico, invece è un ragazzo molto intelligente e ha portato qualcosa alla squadra. Specialmente nel momento in cui le cose sembrano vacillare, quando c’è lui alla partenza, hai la sensazione di avere un gioiello. Senza di lui saremmo una squadra qualunque. Quando “Vino” mi disse che c’era la possibilità di prenderlo, dissi subito di sì. Non perché ha un milione e mezzo di follower, ma perché tutto il mondo lo conosce. Non abbiamo Pogacar, Vingegaard o Roglic, ma abbiamo Cavendish.
La scienza comanda: credi ancora nella possibilità di scovare un ragazzino e farlo crescere senza tanti condizionamenti?
Guardate, sono uscite le due cose che provo io in questo momento. Parlano tutti di watt per chilo. Io ascolto, so cosa significa, ma sono convinto che un ragazzino che crede ancora nel ciclismo, nell’andare in bicicletta col sogno di vincere il Giro d’Italia o il Tour de France, non dovrebbe guardare queste cose. Dovrebbe imparare che cos’è realmente il ciclismo. Ho incontrato dei ragazzi quest’inverno, ho parlato con loro senza numeri. Non mi interessava che procuratore avessero, non mi interessava il margine di miglioramento, ma se gli piacesse veramente il ciclismo. Perché questo sport non puoi non amarlo, è forse il ciclismo più bello che c’è. Lasciamo stare quello che ho passato, lo sanno tutti e sono contento di esserci stato. Ma adesso ti alzi la mattina e se in gara c’è Pogacar o Remco, ti godi veramente lo spettacolo. Credo che perdere da questi corridori non sia percepito come una sconfitta. Prima potevi anche inventare qualcosa tatticamente per farli saltare, adesso il livello è incredibile. Non è impossibile, ma molto difficile.
Cosa possiamo aspettarci da Garofoli, che ha lasciato la DSM per venire da voi?
Ho parlato insieme a Gianmarco per mezz’ora ieri all’ora di pranzo. Ha finito la Tirreno e adesso prepara i Paesi Baschi. Secondo me fatica perché è un po’ troppo esuberante e vuole sempre dimostrare qualcosa a se stesso e a tutto il mondo. Dovrebbe essere più tranquillo e capire che se ti manca solo un 10 per cento, forse ti piazzi, ma di certo non vinci. L’altro giorno leggevo la Gazzetta dello Sport, scusatemi ma vi assicuro che leggo sempre anche voi (ride, ndr), dove Ciro Scognamiglio descriveva il 14° posto finale di Fortunato come il peggior piazzamento italiano degli ultimi anni. Ma che corridori c’erano in gara e che corridori ci sono in Italia per fare meglio di un 14° posto? Perché il nostro ciclismo purtroppo è questo qua. Certo c’è Milan, ma è uno ogni tanto…
Un quadro pesante…
Nel ciclismo di oggi, l’Italia è una piccola parte e anche secondo me manca una WorldTour italiana. Giovani buoni li abbiamo e alla fine quello giusto arriverebbe. Ma se va alla Bora o alla Visma, quanti giovani stranieri si troverà davanti? Non crescerà mai come Nibali alla Liquigas. Qui sarebbe il miglior italiano, là sono dei buoni italiani in mezzo ai campioni di casa. Anch’io ho avuto dei corridori italiani nella mia squadra con un’anima italiana, che sono emersi più facilmente perché l’ambiente che li circondava gli ha dato qualcosa in più. Per un belga che corre in una squadra belga oppure olandese, non è come per un italiano che corre in una squadra belga, è tutta un’altra storia. Sei un numero e sperano che tu vada bene, l’altro invece è considerato un investimento nel vero senso della parola.
In gruppo si sussurra che le Olimpiadi potrebbero chiudere il ciclo dell’Astana…
No, abbiamo ancora i contratti fino al 2025, credo però che l’Astana andrà avanti ancora a lungo. Finché c’è Vinokourov, c’è speranza nel vero senso della parola. Lui ha delle conoscenze talmente importanti da poter andare dove vuole. Il problema è che in questo momento avremmo bisogno di più soldi, per crescere veramente. Se li avessimo avuti, magari avremmo potuto trattare lo stesso Milan. La squadra va avanti, ne sono convinto. Invece penso che tutto sommato la mia carriera sia terminata.
Perché?
Mi piace ancora essere qua e dare l’anima, però dico la verità: in questo ciclismo valgo poco. Eppure penso che se trovassi un interlocutore cui far capire veramente certi meccanismi, mi piacerebbe ancora da morire stare in mezzo e fare la squadra. Se non vado alle corse, non è perché non mi piaccia più, ma perché mi sento inutile.
Anche la mancata riconferma di Maini va in questa direzione?
Questa è una delle sconfitte che mi hanno segnato di più. Non perché Orlando sia un mio amico, perché l’amicizia è una cosa, la capacità e l’intuizione di gestire certi passaggi è un’altra. Non le compri al supermercato e non le compri ad Aigle con un timbro che dice che sei direttore sportivo. E’ stata una scelta dettata dal fatto che sta cambiando tutto e probabilmente non interessa neanche avere un Martinelli. Al giorno d’oggi vale di più un direttore sportivo che ha smesso di correre l’anno prima, piuttosto di uno che ti dice cosa si potrebbe fare e cosa non si deve fare.
Iniziano le classiche, sabato c’è la Sanremo, dove ti troviamo?
Se tutto è confermato, ci vediamo al Giro d’Abruzzo.