Sofia Bertizzolo è nata il 21 agosto 1997. Dopo 4 anni alla UAE nel 2026 correrà nella FDJ (foto Wschodnia Polska)

Bertizzolo pronta a diventare importante anche nella FDJ

13.12.2025
5 min
Salva

In questi giorni di ritiro in Spagna, Sofia Bertizzolo sta già avendo la conferma delle prime impressioni che l’avevano portata a firmare il contratto con la FDJ United-Suez per la prossima stagione. Un trasferimento importante che forse è passato troppo sotto traccia tenendo conto delle spiccate doti di “donna-squadra” della 28enne di Bassano del Grappa.

Un ruolo che ha ricoperto, sapendosi ritagliare anche lo spazio per sé in diverse corse, nelle quattro annate con il UAE Team ADQ, che ha visto nascere e crescere dall’inizio, fino allo status riconosciuto specialmente nel 2025 con l’arrivo e le vittorie di Longo Borghini. Ora la sfida di Bertizzolo si sposta in Francia in quella che il ranking UCI ha espresso come la miglior squadra di quest’anno, riuscendo ad interrompere l’egemonia della SD Worx Protime dopo tanti anni. L’ago della bilancia è stata Demi Vollering (tornata in vetta nel ranking individuale) con un cast di supporto di alto livello. Ne abbiamo approfittato quindi per capire da Sofia quali saranno i suoi compiti e come sta vivendo questo periodo della sua carriera.

Bertizzolo lascia la UAE Team ADQ dopo 4 stagioni e più di 200 gare disputate, condite da 2 vittorie e tanti podi
Bertizzolo lascia il UAE Team ADQ dopo 4 stagioni e più di 200 gare disputate, condite da 2 vittorie e tanti podi
Bertizzolo lascia la UAE Team ADQ dopo 4 stagioni e più di 200 gare disputate, condite da 2 vittorie e tanti podi
Bertizzolo lascia il UAE Team ADQ dopo 4 stagioni e più di 200 gare disputate, condite da 2 vittorie e tanti podi
Stiamo subito sulla stretta attualità. Com’è stato il primo approccio dal vivo con la FDJ?

L’impressione è stata davvero buona. In una parola direi che è una squadra efficace. E’ centrata sulla performance, ha un ambiente professionale ed unito, dove atlete e staff condividono insieme tutte le fasi della giornata. Già al momento dell’ufficializzazione del mio passaggio molte compagne mi avevano dato il loro benvenuto.

In sostanza possiamo dire aspettative rispettate?

Esattamente. Ho sempre visto la maglia della FDJ in gruppo da quando corro. E’ un team longevo che ha sempre avuto programmazione ed uno staff storico. Mi dà fiducia essere in una formazione che sa come stare nel ciclismo di adesso. Poi i materiali sono al top. In passato mi era già capitato di parlare con loro, sono contenta di essere qua. Siamo tutti consapevoli delle nostre potenzialità.

Vollering, Labous, Muzic e Chabbey sono le leader di una squadra che conta anche su tante altre atlete forti (foto FDJ United-Suez)
Vollering, Labous, Muzic e Chabbey sono le leader di una squadra che conta anche su tante altre atlete forti (foto FDJ United-Suez)
Vollering, Labous, Muzic e Chabbey sono le leader di una squadra che conta anche su tante altre atlete forti (foto FDJ United-Suez)
Vollering, Labous, Muzic e Chabbey sono le leader di una squadra che conta anche su tante altre atlete forti (foto FDJ United-Suez)
Indicativamente avete già parlato del ruolo che avrai?

Nel 2026 dovrei tornare a correre un Grande Giro, dove la squadra ha già una base solida ed un progetto per le gare a tappe in generale. Tuttavia principalmente sarò concentrata sulle classiche, nelle quali invece sono più flessibili, nonostante anche per quel tipo di gare ci sia una grande capitana come Demi. Nelle classiche avevano bisogno di più aiuto ed esperienza, dove ogni ragazza al via dovrà sapere stare all’erta. Dovremo farci trovare pronte con completezza.

Dopo tanti anni lasci la UAE. Qual è il tuo bilancio?

Sono stati 4 anni intensi. Esco da uno dei migliori team del WorldTour che ha impostato alti standard che altre squadre stanno rincorrendo. I primi due anni sono stati quasi di transizione, avevamo un approccio diverso alle gare. C’era una leader forte come Bastianelli che ha fatto molto bene. Nel terzo c’è stato un cambiamento che ha portato alla squadra di quest’anno, dove era arrivata un’altra leader forte come Longo Borghini.

Nel 2025 Bertizzolo ha fatto una buona primavera, poi a maggio ha dovuto fare i conti ancora con gli infortuni
Nel 2025 Bertizzolo ha fatto una buona primavera, poi a maggio ha dovuto fare i conti ancora con gli infortuni
Nel 2025 Bertizzolo ha fatto una buona primavera, poi a maggio ha dovuto fare i conti ancora con gli infortuni
Nel 2025 Bertizzolo ha fatto una buona primavera, poi a maggio ha dovuto fare i conti ancora con gli infortuni
Questi cambiamenti come li hai vissuti?

Visti da dentro, non sono sempre stati semplici. Talvolta ho avvertito una discontinuità solo dal punto di vista manageriale perché mancava un disegno di base. Si faticava ad avere una certa solidità ed è stato impegnativo per tutti perché si ripartiva da zero quasi ogni anno. Penso che fosse normale in una squadra nuova ed infatti adesso non è più così, ma forse io avevo bisogno di cambiare.

Cercavi qualche sicurezza in più?

Io parlerei più di motivazioni personali, però il ciclismo femminile attuale è cambiato tanto. Anche andare in un’altra squadra significa spendere energie nervose. Tuttavia credo che queste situazioni possano portare a cose nuove, dove si possono trovare compromessi stimolanti.

Al netto di questo trasferimento, come si sente Sofia Bertizzolo ad avere un procuratore?

Dal secondo rinnovo con la UAE ho iniziato a chiedermi se fosse necessario avere una figura del genere che mi seguisse. Mi sono accorta che un procuratore serve per tanti motivi. Sono contenta quindi di aver iniziato a lavorare con Giovanni Lombardi. Mi sono trovata subito bene con lui, nonostante mi avesse detto che non aveva esperienza col mondo femminile. Ne ha però in generale e anzi mi onora che gli abbiano parlato bene di me ed essere diventata una delle sue primissime atlete.

Prima dicevi che tornerai a correre un Grande Giro. Ti sei data qualche altro obiettivo per l’anno prossimo?

Quest’anno non ho corso nessuna grande gara a tappe e ho fatto pochissime delle altre. A maggio mi sono fatta male e ho sofferto a livello psicologico ancora per questi infortuni. Quando poi torni in gruppo è come trovarsi in una lavatrice perché c’è frenesia e nessuna frena. Nel 2026 spero in una stagione migliore e di fare bene con la squadra, poi il resto lo vedremo più avanti.

Training camp, ritiro Lidl-Trek, Denia, dicembre 2025, Juan Ayuso

Ayuso, niente domande sulla UAE. Si comincia con la Lidl

13.12.2025
6 min
Salva

DENIA (Spagna) – Juan Ayuso si presenta in conferenza stampa in ritardo. Arriva con passo rapido e, mentre si siede, inizia immediatamente a leggere un foglio. C’è scritto che ringrazia la UAE Emirates, soprattutto Gianetti e Matxin, che la squadra gli ha dato tanto… E chiude questa lettura dicendo: «Non risponderò più a domande sui miei tempi alla UAE».
Per fortuna, però, con le domande successive gli animi si sciolgono e rispetto a come si era presentato lo spagnolo appare decisamente più disponibile e anche sereno.

Nel media day della Lidl-Trek è senza dubbio lui quello più atteso. La vera novità. Di fatto non aveva più parlato dai mondiali in Rwanda. La prima cosa che rivela è il suo calendario. «Il Tour de France è il grande obiettivo 2026. Andrò in altura sul Teide, quindi inizierò con Algarve, Parigi-Nizza, Paesi Baschi, Freccia Vallone, la Liegi-Bastogne-Liegi e il Delfinato».

Juan Ayuso
I ragazzi e le ragazze della Lidl-Trek sono usciti alla spicciolata. Ayuso è stato tra i primi a partire e tra gli ultimi a rientrare
Juan Ayuso
I ragazzi e le ragazze della Lidl-Trek sono usciti alla spicciolata. Ayuso è stato tra i primi a partire e tra gli ultimi a rientrare

La Lidl è già casa

E quindi si guarda subito avanti. Anzi, al presente. E’ il presente dei primi approcci con la nuova squadra. Per patron Luca Guercilena e il suo staff, Juan Ayuso rappresenta una vera sfida. Se si riuscirà a smussare il carattere forte di questo atleta – che è forte anche grazie a quel carattere – allora il manager milanese avrà messo a segno un altro grande colpo.

«Sono davvero felice di essere qui – ha detto Ayuso – è stato un lungo percorso per arrivare in questa squadra. La mentalità è quella giusta, mi sono subito sentito a casa e la prima cosa che ho fatto è stata quella di lavorare. Ho subito cercato di essere concentrato soprattutto in questi primi giorni del ritiro qui a Denia. Perché nel ritrovo che abbiamo fatto in Germania è stata più una riunione di squadra, per divertirci e relazionarci».
A proposito di relazioni: Larrazabal, capo dei tecnici, ci ha detto che ad introdurlo è stato Mads Pedersen, il vero leader della Lidl-Trek. Lo ha letteralmente preso sottobraccio.

«Qui sono giorni intensi e anzi, grazie anche per avermi aspettato. Era il primo giorno in cui mi sono potuto allenare bene per davvero per questo ho fatto tardi. La squadra è molto felice di avermi qui e cercherò di ripagarla dando il mio massimo.
«I rumors che mi volevano alla Movistar? Chiaro, quelli ci sono sempre: uno spagnolo nella più grande squadra spagnola… è anche marketing. Ma in realtà quando mi ha contattato Luca (Guercilena, ndr) tutto è andato molto velocemente perché ci capiamo alla grande. Devo ringraziarlo per l’opportunità che mi sta dando e per credere in me».

Juan Ayuso
In questi giorni lo spagnolo è stato pizzicato in allenamento con la nuova bici, la Trek Madone, sapientemente di colore nero e senza scritte per questioni di sponsor (foto Instagram)
Juan Ayuso
In questi giorni lo spagnolo è stato pizzicato in allenamento con la nuova bici, la Trek Madone, sapientemente di colore nero e senza scritte per questioni di sponsor (foto Instagram)

Tra fiducia e ambizione

Sentire Ayuso parlare di fiducia è insolito. Lui sembra sempre non scalfirsi mai, ma forse il solo fatto di aver cambiato ambiente ha modificato qualcosa in lui. Che si senta leader non c’è dubbio, che sia al centro di un progetto è qualcosa di nuovo anche per lui. In UAE chiaramente non poteva esserlo.

«Sono un uomo da corse a tappe – va avanti Ayuso – e sono un uomo molto ambizioso. Vogliamo essere competitivi nei Grandi Giri. Vero c’è anche Mattias Skjelmose: ci capiremo, ci aiuteremo. Ho trovato una squadra molto aperta, dove si parla e si ascolta. Una delle cose che più mi ha colpito della Lidl-Trek è l’etica del lavoro. Ho suggerito alcune cose. C’è grande supporto, ad alto livello, in ogni settore. Per esempio, ho già lavorato in galleria del vento, cosa che prima non avevo fatto».

Il clima si fa più disteso domanda dopo domanda. Ayuso si apre. E sembra farlo con sincerità. Risponde in modo netto, ma al tempo stesso cerca le parole più giuste. A chi gli chiede se vincerà il prossimo Tour de France risponde sicuro.

«Penso che non sia impossibile – dice – però bisogna anche essere realisti. Dobbiamo sapere dove siamo e contro chi lottiamo. Il nostro è un progetto a lungo termine. Tra l’altro io non ho mai fatto un Tour de France per me stesso in ottica classifica, quest’anno sarà la prima volta. E come primo passo dobbiamo puntare al podio. Chiaro che se ci dovessero essere opportunità per vincere cercheremo di sfruttarle. Ma se Tadej (Pogacar, ndr) mantiene il livello che ha, anche per il 2026 c’è poco da fare. È il miglior corridore del mondo. E poi il vero leader del Tour sarà Mads Pedersen: non ha mai vinto la maglia verde e questo è un obiettivo».

Juan Ayuso
Ridurre il gap con Pogacar: questo è uno dei maggiori obiettivi di Ayuso
Juan Ayuso
Ridurre il gap con Pogacar: questo è uno dei maggiori obiettivi di Ayuso

Ayuso come Remco

Ayuso, come Remco, si trova al centro di un progetto grande e ambizioso, un progetto che inevitabilmente finirà per mettergli pressione. Anche lui come Remco ha il suo Lipowitz, che è Skjelmose. E anche lui viene da un 2025 non proprio superbo. Il tema pressione quindi è centrale per entrambi. Ayuso dice che non la sente e che qui si sente già a suo agio. Chiaramente le cose saranno diverse quando inizieranno le gare.

«Quello che voglio – spiega lo spagnolo – dal 2026 non è questa o quella corsa, ma continuare a migliorare. Ho cambiato allenatore, direttore sportivo, bici, team… Voglio fare un passo in avanti, magari due. Voglio divertirmi in un nuovo ambiente in cui mi sento il benvenuto. Poi, se guardo indietro, nel 2023 ho avuto una malattia che mi ha fatto stare due mesi senza pedalare. Nel 2024 ho avuto il Covid nel pieno del Tour, mi sono ritirato e non sono tornato al mio livello. Nel 2025 sapete com’è andata… Quindi spero prima di tutto di avere una stagione regolare nella quale poter mantenere il mio livello tutto l’anno e non solo per pochi mesi».

Tappa 20 della Vuelta. Sulla Bola del Mundo l’ultima corsa di Ayuso con la maglia della UAE
Juan Ayuso
Tappa 20 della Vuelta. Sulla Bola del Mundo l’ultima corsa di Ayuso con la maglia della UAE

Sognando il Tour

Ayuso è un fiume in piena. Continua a ringraziare per la fiducia che gli è stata data e promette massimo impegno. Migliorare per lui resta un dogma e, tutto sommato, ha anche ragione.

«Alla fine ho solo 23 anni – dice – a ogni stagione continuo a migliorare. Vingegaard, Remco, Pogacar… Loro sono tutti nomi che ancora sono sopra a me. Ma ogni anno gli sono più vicino. Credo che alla fine sia in parte una progressione naturale e in parte una progressione che dovrò fare con il supporto del team. Ed abbiamo tutte le carte in regola per farlo.

«Qual è il mio sogno? Vincere il Tour de France. Parlare di sogni è sempre difficile, un sogno è qualcosa di molto grande. Quando ne parli poi, in tanti sono critici, alcuni ti ridono anche in faccia, ma io ho grandi speranze e, come ho detto, sono una persona molto ambiziosa. A volte ottimista, ma sempre realistica. Ed è quello che mi aiuta ogni mattina a lavorare di più».

Alessandro De Marchi, ritiro dicembre 2025, Denia, Team Jayco AlUla, direttore sportivo (immagine Instagram)

Fra De Marchi e l’ammiraglia è già scoppiato l’amore

12.12.2025
6 min
Salva

La prima differenza rispetto a quando correva non ha nemmeno bisogno di dircela, dato che il 12 dicembre si trova in vacanza con sua moglie Anna a Berlino e i bimbi sono rimasti a casa. Lo scorso anno di questi tempi, Alessandro De Marchi era reduce dal primo training camp di Denia e a quest’ora sarebbe stato lì a macinare chilometri con il cruccio del peso forma. A Denia c’è andato anche quest’anno, sempre nello stesso hotel, però nei panni del direttore sportivo. E la valigia e le giornate gli sono parse (ed effettivamente sono state) completamente diverse.

Lo intercettiamo durante un tragitto in tram verso le vestigia del Muro, poi dice che andrà a visitare un carcere della Stasi. E intanto, avendolo lasciato a Buja da corridore all’ultimo atto e avendo visto sui suoi social una serie di foto della nuova vita, ci facciamo raccontare come proceda. Scusandoci con Anna, che speriamo vorrà capire!

«Stavolta siamo fuggiti – sorride il friulano – abbiamo fatto il ritiro relativamente presto e poi via. Altre volte siamo partiti a dicembre, ma non era una vacanza. Mi seguivano a Gran Canaria, quindi io mi allenavo. Era sicuramente una situazione piacevole, ma non era una vacanza. Mentre questa è davvero la prima che facciamo senza figli. In ritiro ho fatto dieci giorni belli pieni, sono stato anche un po’ più a lungo, perché servivano dei direttori per seguire gli allenamenti negli ultimi giorni e mi sono offerto di restare, anche per entrare nella parte».

De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
Quando hai avuto la certezza che questo sarebbe stato il tuo futuro nella Jayco AlUla?

Ne parlavamo da un po’, però la certezza vera l’ho avuta in questa stagione. Avevo già fatto il corso nel 2024, mi ero portato avanti. E con Brent (Copeland, il team manager della squadra, ndr) all’inizio del 2025 abbiamo iniziato a dare una forma quello che ci eravamo già detti. Quando sono arrivato qui alla Jayco-AlUla, questa era una delle ipotesi che si era messa sul tavolo. Così durante i primi sei mesi dell’anno ci siamo allineati e ora eccomi qua.

Questo significa che durante l’ultimo anno da corridore hai iniziato a esercitare lo sguardo da direttore?

In realtà è una cosa che ho sempre fatto, ma nella seconda parte della stagione ho iniziato a sbirciare, a guardare, a seguire certi ragionamenti sulla logistica e su aspetti più pratici. Non ero ovviamente coinvolto in decisioni legate ai corridori, però ho iniziato ad avvicinarmi e a confrontarmi.

Sei partito senza lo zainetto con il casco e gli scarpini. Che effetto fa?

Una valigia leggerissima. L’unica cosa che ho messo di extra – un po’ per curiosità e un po’ per necessità – sono state le scarpe da running. Mi sto adeguando alle abitudini dello staff, dato che correre a piedi è la cosa più facile per tenersi in forma quando sei in giro. Perciò ho iniziato, ma finora con risultati abbastanza scarsi. Le scarpe, quindi, e per il resto la divisa casual della squadra e nessun completino da bici.

Il salone di Monte Buja si è animato dalle 18, fra immagini di gara, racconti di De Marchi, vino e buon cibo
A fine ottobre, avevamo lasciato De Marchi a Buja fra la sua gente nella festa di addio alle corse
Il salone di Monte Buja si è animato dalle 18, fra immagini di gara, racconti di De Marchi, vino e buon cibo
A fine ottobre, avevamo lasciato De Marchi a Buja fra la sua gente nella festa di addio alle corse
I tuoi ex compagni come l’hanno presa?

Molti sorrisi, quando mi hanno visto. Hanno detto che adesso le cose cambieranno ed erano sorpresi, nonostante sapessero che questa cosa sarebbe successa. Scherzando, ho iniziato subito a mettere i puntini sulle “i”, dicendo che non possono più chiamarmi “Dema”, ma voglio essere chiamato “direttore” (ride, ndr).

Aspettarli in cima alla salita e seguirli in macchina ti è parso tanto strano?

Moltissimo, perché il ritiro si è svolto a Denia, nell’hotel che ho frequentato sin dagli anni della BMC, per un secolo in pratica. Perciò questa novità si è sovrapposta a una serie di luoghi che conosco alla perfezione, ma sempre visti da un punto di vista completamente diverso. Questa è stata una cosa che ho subito percepito. E poi ovviamente gli allenamenti, il fatto di seguirli in macchina, è stata una cosa abbastanza strana. Non dico così spiazzante, però ho pensato che dovrò crearmi dei nuovi riferimenti. Dove aspettarli, dove seguirli, dove assecondarli quando si fermano. Ho percepito subito che il vero trucco di questo ruolo sia creare un rapporto molto stretto con i corridori.

Non dovrebbe essere un problema, dato che fino a due mesi fa eri uno di loro.

Questo aspetto è venuto fuori anche nei tre giorni iniziali dedicati ai meeting fra direttori sportivi. Mi sono trovato in una situazione molto strana, perché sono venuto a contatto con la loro visione della stagione e dei singoli, che a volte non combaciava con quella che avrei avuto io da corridore. Una cosa che durerà forse per quest’anno, poi ovviamente andrà un po’ a sparire. Però, da quello che ho capito, il gruppo dei direttori sportivi vuole sfruttare questo aspetto.

Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole
Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole (immagine Instagram)
Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole
Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole (immagine Instagram)
Hai avuto un pizzico di nostalgia della vecchia vita?

No, perché quei dieci giorni mi sono piaciuti proprio tanto. Mi sono trovato bene, ero felice di essere dall’altra parte. Poi è ovvio che se vedi il termometro che indica 20 gradi e strade molto belle, vorresti avere una bici e pedalare. Quello mi manca, ma non mi manca la gara, pesare il cibo e tutte queste cose.

Probabilmente a tavola hai notato altre differenze…

Ho percepito il piacere di non avere l’assillo di pensare esattamente a cosa mangiare e pianificarlo: quello era diventato impegnativo. E nonostante, ad esempio, come staff non avessimo un buffet incredibile, ho apprezzato di poter mangiare quel che trovavo. Sembra una stupidaggine, ma è stato come liberare lo spazio nella mente. 

Sai già con quali corridori lavorerai?

Con Covi e Conca. Gli ho detto che li disturberò una volta a settimana per sentire cosa hanno da raccontare e per mantenere un certo tipo di rapporto, ma siamo ancora in una fase tranquilla. Il grosso sicuramente inizierà con gennaio.

La squadra ha rinnovato i quadri tecnici: riesci facilmente a interfacciarti con tutti?

Capire quali siano i meccanismi forse è stata la cosa più delicata. Per mantenere un certo ordine, una certa efficacia in ogni aspetto, devi riuscire a comprendere chi si occupa di cosa, a chi devi chiedere le cose. C’è un certo tipo di sequenza nel processo ed è un aspetto che dovremo affinare ancora. Però rispetto al passato si è fatto un grosso passo in avanti e ce ne siamo resi conto in questi due mesi di lavoro dietro le quinte e poi arrivando in ritiro. Il cambio di rotta è stato apprezzato, c’è più ordine nella gestione delle cose che forse era mancato nell’ultimo periodo.

De Marchi è del 1986 ed è stato professionista dal 2011 al 2025. Il passaggio sull’ammiraglia segue uno sviluppo piuttosto logico
De Marchi è del 1986 ed è stato professionista dal 2011 al 2025. Il passaggio sull’ammiraglia segue uno sviluppo piuttosto logico
Riuscirai a tradurre in pratica le osservazioni che muovevi da corridore?

In questi mesi, come ho detto prima, mi sono messo dall’altra parte. Ho cercato di guardare le cose dal loro punto di vista, ho già fatto notare aspetti legati a certe fasi della gara, certe fasi di preparazione e di post-gara. Quindi il debriefing e aspetti simili, che hanno spazio per essere migliorati. Aspetti che mi sono stati chiesti nei meeting e che avevo già iniziato a condividere con Gene Bates, il nuovo sporting manager. Sarà una cosa che cercherò di fare, penso sia utile, almeno finché ho la mente fresca da corridore. Poi non tutte le cose verranno accettate o condivise, però è importante metterle lì e ragionarci sopra.

Si respira aria nuova?

Abbiamo fatto un vero brain storming e da tutti quanti sono arrivati un sacco di impulsi e di suggerimenti. Abbiamo voglia di dare una bella svolta e certamente io non farò mancare il mio apporto.

Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025

De Cassan: la strada per il rilancio passa dalla General Store

12.12.2025
4 min
Salva

Due stagioni con la Polti VisitMalta, assaporando e imparando a muoversi nel mondo dei professionisti. Al termine di questi due anni però per Davide De Cassan di spazio nel team di Ivan Basso non ce n’era più, allora tocca rimboccarsi le maniche e ripartire. I colori questa volta sono quelli della General Store-Essegibi-F.lli Curia di Daniele Calosso, che lavora insieme a Paolo Rosola e gli altri membri dello staff. 

«E’ da un mese o poco meno – racconta Davide De Cassan – che ho ripreso ad allenarmi in maniera seria. Dopo aver chiuso la stagione con la Veneto Classic, il 19 ottobre scorso, mi sono fermato per due settimane. Po ho ripreso con calma a fare movimento, ma nulla di che: camminate e un po’ di mountain bike. Dalle mie parti, a Cavaion Veronese, c’è il Monte Moscal che ha diversi percorsi adatti al fuoristrada o alle camminate. Niente di impegnativo, ma un’oretta o due di pedalata vengono sempre fuori».

Davide De Cassan, camminate, montagna
Davide De Cassan al termine della stagione si è concesso un po’ di riposo con delle camminate in montagna (foto Instagram)
Davide De Cassan, camminate, montagna
Davide De Cassan al termine della stagione si è concesso un po’ di riposo con delle camminate in montagna (foto Instagram)

Distarsi

Davide De Cassan racconta, i due anni con la Polti VisitMalta sono passati velocemente e la notizia del mancato rinnovo non è arrivata direttamente dal team. Il veneto, piano piano, ha capito di essere sempre più a margine dei progetti della formazione professional. L’ultima stagione, iniziata a fine gennaio scorso in Spagna, è stata lunga e impegnativa.  

«Fare qualcosa di diverso dal solito andare in bici – ci dice ancora De Cassan – mi ha aiutato a sgomberare la mente. Il 2025 è stato un anno impegnativo, con tante gare, e il dispendio di energie fisiche e mentali si è fatto sentire. Inoltre ho dovuto cercare un’altra squadra, diciamo che avevo bisogno di resettare tutto».

Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
De Cassan ha corso per due stagioni con la Polti VisitMalta, dopo essere stato stagista nel 2023
Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
De Cassan ha corso per due stagioni con la Polti VisitMalta, dopo essere stato stagista nel 2023
Cosa ha reso questa stagione così impegnativa?

La caccia ai punti ha messo un’ansia collettiva a tutto il gruppo. E’ un aspetto che nel primo anno non avevo riscontrato, complice il fatto di essere partiti davvero bene. Mentre nel 2025 la frenesia è aumentata parecchio, questo si è tradotto in scelte più ponderate e pesate da parte del team una volta in corsa.

Pensi questo abbia condizionato il tuo percorso di crescita?

No. Penso sia stato un pensiero più legato ai diesse e allo scegliere i corridori giusti per ogni gara. 

Quando è arrivata l’accordo con la General Store-Essegibi-F.lli Curia?

Una volta appresa la notizia che non avrei proseguito con la Polti VisitMalta, ho iniziato a cercare una sistemazione per il nuovo anno. La voglia non è mai mancata, tanto che mi sono allenato anche nelle due settimane in cui non avevo un contratto in mano. E’ stato un fine stagione strano, perché molti team hanno chiuso, altri si sono trasformati o uniti, quindi di corridori senza certezze per il prossimo anno ce n’erano tanti. Nel cercare ho guardato anche alle continental e ho trovato la General Store, che tra l’altro è dietro casa.

Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
In questi due anni De Cassan ha messo insieme 112 giorni di corsa
Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
In questi due anni De Cassan ha messo insieme 112 giorni di corsa
Hai detto di non aver perso la voglia, cosa ti spinge a ripartire?

Desidero fare un anno nel quale provare a rilanciarmi. Sono comunque giovane, a gennaio farò ventiquattro anni. Certo, non ho l’età dei fenomeni che escono ora dalla categoria under 23, ma a livello complessivo ho tanto da dare. La cosa bella è che in General Store mi hanno accolto benissimo, conosco già molta gente che fa parte dello staff. Lo stesso Paolo Rosola lo conosco da tanti anni. E’ una squadra che sta crescendo tanto, sia per struttura ma anche nel calendario. 

Essere al secondo anno elite ti spaventa?

No, ho fiducia che lavorando al meglio si possa arrivare a buoni livello. Certo tra una continental e una professional ci sono delle differenze, ma credo nel lavoro dei singoli e sono pronto a dimostrare che se un atleta lavora bene può fare tutto. E’ una scommessa mia ma anche del team. 

Davide De Cassan, Polti VisitMalta, Il Lombardia 2025
Il veneto ha corso per due volte Il Lombardia e la Strade Bianche
Davide De Cassan, Polti VisitMalta, Il Lombardia 2025
Il veneto ha corso per due volte Il Lombardia e la Strade Bianche
Cosa ti rimane dei due anni in Polti?

Tanta esperienza e una crescita importante, ho corso in gare come la Strade Bianche e Il Lombardia. Non ci sono solo le corse, ma anche un mondo che gira intorno alla prestazione: viaggi, organizzazione, logistica. L’obiettivo è tornare in quel mondo, da oggi fino al 22 dicembre sarò al primo ritiro con la General Store, in Spagna. Poi torneremo anche a gennaio per altre due settimane di lavoro. Mi aspetta un anno decisivo e voglio farmi trovare pronto.

Astana Proteam 2016 - Training Camp Calpe, Giuseppe Martinelli

Il Giro a settembre è più di una chiacchiera da bar

12.12.2025
5 min
Salva

Vi è mai capitato che qualcuno molto più giovane di voi vi abbia proposto di fare qualcosa di diverso e per tagliare corto gli abbiate risposto di no, perché si è sempre fatto così? Quando Tadej Pogacar ha detto che secondo lui sarebbe opportuno invertire le date del Giro e della Vuelta, il ciclismo ha reagito allo stesso modo.

«Il Giro ha date tradizionali – ha detto Paolo Bellino, direttore generale e amministratore delegato di Rcs Sport& Events –  e non vogliamo che vengano cambiate. Ogni Grande Giro ha una sua storia e un suo significato, in parte determinati dalla posizione del calendario. Il Giro si è svolto 107 volte nel mese di maggio. L’unica eccezione è stata durante la pandemia di coronavirus, un periodo unico per il mondo intero, in cui abbiamo dovuto fare tutto il possibile per salvare la stagione».

Risposta prevedibile, anche se il riferimento al Giro del 2020 ci ha riportati con la memoria a una delle edizioni più belle vissute da addetti ai lavori. Sarà perché profumava di liberazione dal Covid o perché stava per andare online bici.PRO, ogni volta che con Filippo Lorenzon ci troviamo a ricordare quel Giro vissuto assieme, si finisce sempre col dire che fu bellissimo. Si riuscì persino a fare lo Stelvio, nonostante fosse cattivo tempo, mentre lo scorso anno a maggio lo Stelvio ci fu vietato dalla neve.

Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Il Giro del 2020 si corse in pieno autunno: giornate molto belle e lo Stelvio affrontato il 22 ottobre era senza neve
Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Il Giro del 2020 si corse in pieno autunno: giornate molto belle e lo Stelvio affrontato il 22 ottobre era senza neve

Le resistenze degli italiani

Così per tornare sul tema proposto da Pogacar, ci siamo rivolti a Giuseppe Martinelli. Uno che di Giri ne ha visti più di noi e, come noi, ricorda quando la Vuelta si correva ad aprile (fino al 1994) e l’UCI propose loro e agli italiani – uno a scelta – di spostarsi a settembre. Gli spagnoli accettarono e il nuovo assetto del calendario prese il via.

«Tu sai che gli italiani di partenza – dice – fanno sempre fatica a capire al volo le opportunità. Sono abbastanza tradizionalisti. Quando l’UCI chiese di fare quel cambiamento, anche io sarei stato abbastanza restio a dire sì. Però con i tempi attuali e con le stagioni che sono venute fuori, i campioni, le strategie e tutta una serie di altri fattori, adesso come adesso forse sarebbe sicuramente più facile organizzare il Giro a fine agosto, trovare grandi corridori e fare le salite. Senza contare che la primavera si è portata un pochino più avanti e negli ultimi anni maggio è stato il mese più brutto».

Rominger vinse l'ultima Vuelta di aprile: vinse di seguito dal 1992 al 1994
Rominger vinse l’ultima Vuelta di aprile: trionfò dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Rominger vinse l'ultima Vuelta di aprile: vinse di seguito dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Rominger vinse l’ultima Vuelta di aprile: trionfò dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Sono chiacchiere da bar, Martino, ma c’è del vero. Hai parlato dei corridori…

Vedi anche adesso Remco e non capisco come sia possibile che non pensi più al Giro che al Tour. Però il Tour è una macchina da guerra e, se non ti chiami Pogacar e vuoi fare bene in Francia, il Giro non lo puoi fare. Non c’è niente da aggiungere. Inutile dire che vieni qua, ti prepari e magari vinci, poi vai al Tour. Se vinci il Giro sei bravo, poi però vai in Francia e ti lasciano lì come una pelle di fico.

Maggio è uno dei mesi più brutti e infatti ormai si è rinunciato a fare certe salite molto alte…

Negli ultimi anni che facevo il direttore sportivo, le salite andavo a provarle più a ottobre e novembre, che a marzo e aprile. A primavera trovavi sempre la neve, mentre a ottobre e novembre trovavi bellissime giornate. Almeno fino a quando hanno presentato il Giro, lasciandoti il tempo per muoverti. Credo che la Vuelta a maggio sarebbe molto meno calda, ma avrebbero anche loro il problema della neve in alto. Per questo credo che a loro lo scambio forse non piacerebbe. Anche perché negli ultimi anni, i corridori buoni vanno in Spagna e c’è sempre battaglia. Qualcuno prepara i mondiali, c’è chi ha saltato la stagione per qualche motivo, mentre qualcuno deve rimetterla in gioco. Mi ricordo invece quando la Vuelta era ad aprile e dalla Spagna arrivavano direttamente nelle Ardenne. Chi correva in Spagna quasi mai faceva il Giro e per i pochi che ci provavano, era veramente difficile.

Oggi è anche peggio: difficilmente fai una corsa per trovarti pronto nella successiva…

Chi prepara una corsa e punta al risultato pieno, non va a cercare la condizione nelle corse prima. Adesso si va lì e si fa la gara, preparandola a casa e facendo semmai una corsa in meno. Ormai dei grandi chi fa il Romandia per preparare il Giro? Quasi nessuno, mentre prima era quasi un percorso obbligato andare al Romandia o al Giro del Trentino, che ora è Tour of the Alps. Vanno in altura e arrivano alla partenza già tirati a lucido.

Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Pensi che stando così le cose, Vingegaard verrebbe al Giro di maggio?

Secondo il mio punto di vista, al di là di avere un campione qui in Italia, sarebbe la normalità farlo venire al Giro. Non tutti però la pensano come noi e al contrario pensano che il Tour possa vincerlo chiunque, ma il Tour purtroppo lo vince uno, che c’è già. Se Vingegaard non viene al Giro, vuol dire che non gli importa molto di vincere le corse, senza contare che conquisterebbe la Tripla Corona prima di Pogacar, che in sé sarebbe un evento. Non so come ragionano, ma io con le mie squadre volevo vincere: che fossero corse grandi oppure le piccole. Se poi qualcuno ritiene che sia un disonore vincere il Giro d’Italia e partecipare al Tour senza essere al 100 per cento, allora non so cosa pensare.

Di certo il Giro a settembre avrebbe quelli che non hanno vinto il Tour. Mentre la Visma quasi neppure ha celebrato la vittoria di Yates: il Tour con Vingegaard ha coperto tutto.

Sicuramente passa tutto velocemente e rimane soltanto il Tour che sa far parlare. Le altre corse, a parte la Sanremo e alcune altre classiche, ormai sono corse di passaggio. Anzi qualcuna nemmeno la considerano più. Se non ci va Pogacar, il Catalunya perde tantissimo. Stesso discorso per i Paesi Baschi, che erano una signora corsa. Adesso passa in silenzio, che quasi non sai chi l’ha vinta. In più c’è il discorso dei punti. Nell’ultimo anno del triennio, hanno deviato tutti sulle corse più a portata di mano, dove magari sapevano di non fare risultato, ma di prendere punti.

Forse la vera provocazione sarebbe proporre al Tour di cambiare la data col Giro?

La vedo dura. E’ il Tour che fa il calendario, il Tour non si tocca…

Pellizzari

E Pellizzari? Meno “bimbo” e primi passi da leader

12.12.2025
6 min
Salva

PALMA DE MAIORCA (Spagna) – «Vero, abbiamo preso Remco Evenepoel e vogliamo vincere, ma il nostro progetto guarda anche al futuro. Per questo annuncio che abbiamo prolungato i contratti di Giulio Pellizzari, Lorenzo Finn e Florian Lipowitz. Crediamo molto in loro. In particolare Giulio è un atleta fortissimo, con grandi margini e il compagno di squadra che tutti vorrebbero avere». Così ha esordito Ralph Denk nel media day indetto l’altroieri dalla Red Bull-Bora-hansgrohe di cui è team manager. La sua squadra nei corridoi del WorldTour ormai è considerata una delle corazzate. Sentir nominare due ragazzi italiani ci ha dato grande speranza.

Ma soprattutto questo annuncio e questa presa di posizione decisa del manager tedesco ci ha confermato la sensazione che si respirava vedendo Pellizzari con gli altri compagni. Vale a dire che ormai è un big. Lo si vede da come si muove e da come è considerato… e lo è ancora di più dopo le parole sempre di Denk: «Al Giro ci andiamo con due leader, Hindley e Pellizzari». Insomma, l’investitura è completa ed ufficiale adesso.

Giaccone nero lucente come va di moda in questo periodo, i maggiori sponsor in bella vista e il solito sorriso. Due sedie, una di qua e una al di là di una Specialized lasciata in mezzo allo stanzone della conferenza, e inizia la nostra intervista con il marchigiano.

Pellizzari, Finn
Le due speranze italiane forse maggiori in ottica futura: Pellizzari con Finn. I due si conoscono ancora poco (foto Maximilian Fries)
Pellizzari, Finn
Le due speranze italiane forse maggiori in ottica futura: Pellizzari con Finn. I due si conoscono ancora poco (foto Maximilian Fries)
Giulio, sei diventato uno importante, insomma…

Sì dai, alla fine abbiamo rinnovato quindi saremo insieme qualche anno in più. La cosa bella è che c’è fiducia da parte del team e di questo sono particolarmente contento. Soprattutto perché questa fiducia la sento per davvero.

Parlando con atleti e staff, ci dicono che l’atmosfera è cambiata, che è più rilassata nonostante l’arrivo di un super big quale Remco Evenepoel. Confermi?

Devo essere sincero, essendo stato male sono arrivato qui giusto un paio di giorni fa, quindi ancora non ho visto com’è l’ambiente, però posso dire senza ombra di dubbio che siamo un bel gruppo. C’è affiatamento e le cose sembrano funzionare bene.

Ti senti uno di quelli importanti adesso?

Sì, è cambiato. Sicuramente è cambiato, non mi nascondo. Però sono tranquillo. E rispetto all’anno scorso ho più amici.

Pellizzari, Hindley e Aleotti: questo piccolo gruppo della Vuelta probabilmente si ricomporrà al Giro 2026
Pellizzari, Hindley e Aleotti: questo piccolo gruppo della Vuelta probabilmente si ricomporrà al Giro 2026
Cosa significa che hai più amici?

Un anno fa ero appena arrivato ed ero un po’ intimorito dalle storie che nelle squadre WorldTour non c’è gruppo e che i rapporti sono freddi… Poi man mano ho visto che sì, le cose sono diverse, però non è proprio così freddo. Adesso ho tanti amici corridori e soprattutto gente nello staff. E questo ti fa sentire più a tuo agio.

Con chi hai legato di più tra i corridori?

Con il gruppo italiano… scontato dirlo! Poi ho legato tanto con Maxime Van Gils e tantissimo con Jordi Meeus.

E’ vera la voce che ti sarebbe piaciuto fare il Tour de France?

No, no assolutamente! Anzi, sono stato io a chiedere al team di fare il Giro d’Italia. E ne sono contentissimo. Anche l’anno scorso lo avevo chiesto ma all’inizio non mi avevano accontentato. Allora quest’anno ho pensato: gli chiedo di fare il Tour così mi fanno fare il Giro! Invece ho chiesto il Giro… ed è andata bene!

Pellizzari
Pellizzari e Hindley guideranno la Red Bull-Bora al prossimo Giro d’Italia
Pellizzari
Pellizzari e Hindley guideranno la Red Bull-Bora al prossimo Giro d’Italia
Sei stato designato ufficialmente come uno dei leader per la prossima corsa rosa…

Sì, ma senza pressioni…

Ma la storia del “senza pressioni” cambierà prima o poi! Vieni da un’ottima stagione, non ti puoi più nascondere…

Voglio dire che lo correrò da leader assieme a Jai (Hindley, ndr)… A proposito, anche lui è uno di quelli con cui ho legato molto, ma in generale direi con tutto il gruppo dell’ultima Vuelta. Con Hindley mi trovo davvero bene, quindi non vedo l’ora di dividere con lui la leadership.

Sapere di iniziare la stagione come vero leader ti dà più stimoli?

Sì, sì… sono contento. Magari un po’ scaramantico, per questo non mi sento di dire troppo. So che dovrò lavorare bene e sono pronto a farlo.

Che ne pensi del percorso della corsa rosa? Cosa ti sembra?

Ammetto che non l’ho visto particolarmente bene, però mi piace tanto la tappa del Blockhaus, soprattutto perché è lunga. In questi anni ho notato che mi trovo bene nelle tappe lunghe e con più dislivello. Vedo che magari dalla quarta alla quinta ora in poi inizio ad andare meglio, quindi arrivando sul Blockhaus dopo 250 chilometri… quella potrebbe essere una tappa adatta a me. E poi mi piace tanto anche quella dolomitica: quella col Giau.

Pellizzari
Il lavoro a crono sta proseguendo ha detto Pellizzari. Qui il body usato alla Vuelta e “incriminato” dalla galleria del vento
Pellizzari
Il lavoro a crono sta proseguendo ha detto Pellizzari. Qui il body usato alla Vuelta e “incriminato” dalla galleria del vento
La cronometro di Viareggio invece è molto lunga: come la vivi?

Vero, ma alla fine la crono è un tipo di sforzo che mi piace. In autunno sono stato in galleria del vento a San Francisco nel centro di Specialized. Ho lavorato un po’ sulla posizione per guadagnare qualche watt e soprattutto abbiamo scoperto che il body che avevo nella crono della Vuelta, quello bianco di miglior giovane, non era veloce. Anzi, a dire il vero era molto lento e questo mi ha dato morale. Insomma c’è solo da lavorarci su e non vedo l’ora di farlo perché questo settore mi piace tanto.

Hai cambiato qualcosa a livello tecnico? Qualche ritocco sulla posizione?

Ho cambiato la sella, non che avessi particolari problemi con il precedente modello ma ne abbiamo individuata una più performante. Quella dell’anno scorso era un po’ più da standard, quest’anno ne ho scelta una che è un po’ più larga dietro e ho notato che mi aiuta quando sono a tutta e devo spingere. Mi sostiene di più, soprattutto in salita… Poi devo essere sincero: l’ho usata pochissimo. Sono due mesi che non vado in bici…

Pellizzari
Un lungo off season per Giulio. Ideale per ricaricare le pile. In questa fase c’è stato spazio anche per una partita del Milan a San Siro con Piganzoli
Pellizzari
Un lungo off season per Giulio. Ideale per ricaricare le pile. In questa fase c’è stato spazio anche per una partita del Milan a San Siro (con il fratello e Piganzoli)
Due mesi! È tanto…

Sì, ma è vero. Ho fatto un mese di vacanze, poi sono stato due settimane a Livigno, dove ho fatto sci di fondo e poi, una volta sceso da lì, sono stato male quindi devo ancora ricominciare veramente.

Sei troppo sereno! Ma al tempo stesso più maturo…

Eh sì – sorride Giulio – sarà che quest’anno mi sento meno spaesato. Quando vado via con la squadra sono contento e non vedo l’ora di partire e questo fa tanto per me.

Qual è stata la lezione che ti ha dato questo 2025?

Che se uno lavora bene, si allena in modo corretto, mangia bene, riposa… i risultati arrivano. Poi magari ci può stare la fortuna di turno, ma se hai fatto il tuo prima o poi il risultato arriva. L’ho visto al Giro e alla Vuelta.

A proposito di Vuelta, quanto ti ha dato la vittoria di tappa in Spagna?

Tanto. Diciamo che era dal 2023 che non vincevo, quindi quella sensazione l’avevo persa un po’. È stato bello ma, tornando a casa, ho detto: «Voglio correre perché voglio vincere ancora».

Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost (foto Alessio Pederiva)

La settimana tipo del crossista: parola a Filippo Agostinacchio

11.12.2025
6 min
Salva

L’ottavo posto nella prova di Coppa del mondo di ciclocross in Sardegna ha mostrato un Filippo Agostinacchio in grande spolvero. L’atleta valdostano era solamente alla sua seconda gara sul fango, in questa particolare stagione invernale che lo vedrà correre con i colori della EF Education EasyPost, prima di indossare anche la maglia della Biesse Carrera Premac in primavera. In Valle d’Aosta il freddo picchia forte e si fa sentire, trovare lo spazio per uscire in bici e allenarsi non è semplice e si devono fare i conti con tanti fattori. Eppure i lavori fatti dal più grande dei due fratelli ciclisti lo ha portato a vedere la top 10 in una delle gare più importanti della sua stagione sul fango (in apertura foto Alessio Pederiva). 

L’assist è pressoché perfetto e così insieme al ventiduenne di Aosta, che intanto porta avanti i suoi studi in Scienze Motorie e Sportive, andiamo a curiosare nella sua “settimana tipo” nel ciclocross. 

«La prima cosa che ho notato – racconta Filippo Agostinacchio – è di avere una buona condizione ma di aver bisogno di qualche ora in più in sella, per migliorare la guida e la tecnica. Il ginocchio che mi aveva fatto leggermente tribolare a novembre ora sta meglio e riesco a gestire bene tutto tra carichi di allenamento e gare».

Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost (foto A. Di Donato)
Quando il calendario del cross propone impegni ravvicinati dopo la gara Agostinacchio dedica dieci minuti al defaticamento (foto Alessandro Di Donato)
Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost (foto A. Di Donato)
Quando il calendario del cross propone impegni ravvicinati dopo la gara Agostinacchio dedica dieci minuti al defaticamento (foto Alessandro Di Donato)
Allora partiamo con la settimana tipo, iniziamo con il giorno dopo la gara…

In teoria già dopo la corsa della domenica (al momento il calendario di Agostinacchio prevede una gara a settimana, ndr) dovrei fare dieci minuti di defaticamento. Quando corro meno, come in questo periodo non lo faccio sempre. Se gli appuntamenti aumentano e diventano ravvicinati allora sì.

Adesso arriviamo al lunedì?

Giorno di scarico in cui faccio un’uscita di un’ora e mezza con la bicicletta da cross sulla quale monto le ruote da strada e pedalo su asfalto. Preferisco tenere la bici che uso per le gare per non avere variazioni nella seduta, le posizioni tra cross e strada cambiano sempre un pochino. Nel pedalare cerco di non guardare i numeri, diciamo che vado a spasso. Qualche volta l’occhio cade sul computerino che segna sempre tra Z0 e Z1 in termini di potenza. Se riesco pedalo in compagnia e faccio la classica sosta bar. 

Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost
Dopo il giorno di scarico, su strada, il martedì Agostinacchio riprende gli allenamenti in un campo di cross vicino a casa
Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost
Dopo il giorno di scarico, su strada, il martedì Agostinacchio riprende gli allenamenti in un campo di cross vicino a casa
Siamo a martedì?

Si parte con una pedalata su strada in Z2 per riscaldarmi. Poi vado a fare i lavori specifici su un campo da cross che ho dietro casa in modo da tenermi allenato anche sulla tecnica di base. Un giro del circuito corrisponde a tre chilometri, quindi circa sette minuti di percorrenza se fatto a tutta. Il martedì lavoro sul VO2 Max e divido l’allenamento così: faccio un giro a ritmo gara alternato a uno di riposo, per tre volte. Una volta terminato aggiungo degli sprint da trenta secondi da seduto.

Perché da seduto?

Per il cross è più utile visto che in gara non capita spesso di alzarsi sui pedali per rilanciare l’andatura. Questi sprint mi servono per simulare l’uscita di curva e situazioni che ritrovo in corsa. Di solito effettuo anche qualche variazione di cadenza per simulare i diversi terreni sui quali mi trovo a correre. 

Filippo Agostinacchio, EF Education-EasyPost-Oalty, Liguria, novembre 2025
Il mercoledì Agostinacchio lo dedica al lungo, per tenere allenata anche la parte aerobica
Filippo Agostinacchio, EF Education-EasyPost-Oalty, Liguria, novembre 2025
Il mercoledì Agostinacchio lo dedica al lungo, per tenere allenata anche la parte aerobica
Mercoledì?

E’ il giorno del lungo, se riesco prendo la macchina per andare verso Verres, dove il sole spunta prima da dietro i monti e fa leggermente più caldo. Per il lungo rimango nell’ordine delle quattro ore e mezza o cinque. Solo se c’è una gara importante diminuisco il volume e faccio tre ore e mezza. E’ un allenamento importante per mantenere una base aerobica e perché torna utile quando poi tornerò a correre su strada. Anche in questo caso meglio allenarsi in compagnia e fermarsi ogni tanto per riscaldarsi e socializzare. 

Si entra nella seconda parte della settimana…

Giovedì ritorno sul campo da cross per allenare la tecnica di base. Prima però faccio un paio d’ore in Z2 su strada, sempre utilizzando la bici da ciclocross. Una volta finito entro nel percorso e mi metto a girare a buon ritmo, guido, salgo e scendo dalla bici, porto la bici in spalla, salto ostacoli. Insomma alleno tutti gli aspetti tecnici. Al termine inserisco sempre una decina di sprint brevi, anche meno di dieci secondi, per tenere la gamba allenata. 

Venerdì cosa prevede il menu?

Mi regolo in base al viaggio, di solito si corre la domenica quindi il venerdì ci si sposta nella località di gara. Se riesco metto un’oretta di scarico, altrimenti faccio riposo completo e si passa al giorno successivo.

Sabato, vigilia della gara. 

Si fa un allenamento di un’ora e mezza, massimo due, con una prima parte su strada per riscaldarsi. Poi si entra nel percorso, faccio i primi giri piano per studiare e capire bene come approcciare i passaggi più delicati. Una volta memorizzato mi metto a ritmo gara per sbloccare la gamba dopo il giorno di riposo. Al termine di tutto inserisco qualche prova di partenza e qualche sprint sui dieci secondi. Domenica si corre e poi riparte la settimana. 

Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost, core, allenamento, corpo libero
Durante la settimana non mancano gli esercizi per il core e la palestra
Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost, core, allenamento, corpo libero
Durante la settimana non mancano gli esercizi per il core e la palestra
Apriamo il capitolo palestra?

Certo. Preferisco farla lontana dalle gare perché mi sono reso conto di fare più fatica a recuperare da questo tipo di allenamento, quindi la inserisco il martedì. Dopo l’allenamento in bici aspetto quattro ore e la sera vado in palestra. Faccio sempre qualche lavoro per potenziare il core e poi i classici esercizi: stacchi, squat e qualcosa di pliometria per allenare forza e velocità. Durante la settimana inserisco sempre anche due sessioni di allenamento a corpo libero, per rinforzare la schiena: solitamente lunedì e venerdì. 

Ultima domanda, fai anche qualche sessione di corsa a piedi?

Una a settimana. Una trentina di minuti prima di colazione, solo perché mi dà fastidio correre senza aver digerito. Mi gestisco abbastanza liberamente quando inserire la corsa, di solito è il lunedì, oppure la faccio nel giorno del lungo e tolgo trenta minuti di bici.

Gianluca Brambilla, diesse

Bici al chiodo, corso ad Aigle, ammiraglia: Brambilla è già diesse

11.12.2025
4 min
Salva

Dalla bici all’ammiraglia è un passo che molti hanno compiuto nel ciclismo, ma in pochissimi lo hanno fatto in modo così repentino. Gianluca Brambilla ci aveva accennato, nelle ultime interviste, della volontà di restare nell’ambiente, ma nessuno avrebbe pensato che tutto accadesse così velocemente. Praticamente in meno di 50 giorni cioè dall’ultima gara a cui ha preso parte, la Veneto Classic, ha fatto tutto!

E’ vero che lo avevamo visto sui social ad Aigle, intento a studiare e seguire i corsi all’interno del velodromo dell’UCI in Svizzera, tuttavia quando lo abbiamo sentito di nuovo per sapere come andavano le cose non ci aspettavamo un messaggio del tipo: «Ho diretto il mio primo allenamento da diesse». Una storia che merita di essere raccontata, quella di Brambilla, che ci ha risposto dalla costa valenciana, dove è in ritiro con la sua ex squadra, la Q36.5 Pro Cycling Team. Che poi ex non è!

Gianluca Brambilla, diesse
Il corso di Aigle? Una vera full immersion di cinque giorni (quattro di lezione più uno d’esame)
Gianluca Brambilla, diesse
Il corso di Aigle? Una vera full immersion di cinque giorni (quattro di lezione più uno d’esame)
Gianluca, dicevamo, ci avevi accennato alla volontà di restare nell’ambiente e, perché no, di fare il direttore sportivo, ma sembrava una cosa non così immediata… Com’è andata realmente?

E’ vero, ma è andata così. Sicuramente per la passione che ho per il ciclismo e perché ha inciso molto la squadra dove ero e dove sono. L’idea comunque non era così remota: ho avuto l’opportunità di fare subito il corso ad Aigle, è andato bene e con la squadra ho continuato. Appena finito il corso sono rientrato come direttore.

Quindi sei un direttore sportivo a tutti gli effetti?

Sì, soprattutto dopo la riunione fiume di quattro ore con gli altri direttori sportivi al primo giorno di ritiro! Bisogna iniziare. Ho visto che in auto me la cavo, devo solo prendere mano con i compagni, anzi con i corridori…

Cosa avete fatto ad Aigle? Com’era strutturato il corso per direttori sportivi indetto dall’UCI?

Il corso è abbastanza impegnativo, sia a livello di ore sia di esame. Io poi non ero più abituato a fare tante ore di scuola: lezioni teoriche dalle 9 alle 18, dal lunedì al giovedì, quindi quattro giorni di vera full immersion. E poi al venerdì mattina c’era il test.

Gianluca Brambilla, diesse
Brambilla è dunque sull’ammiraglia in questi primi giorni di training camp nella costa valenciana (foto d’archivio CAuldPhoto)
Gianluca Brambilla, diesse
Brambilla è dunque sull’ammiraglia in questi primi giorni di training camp nella costa valenciana (foto d’archivio CAuldPhoto)
In cosa consiste il test?

E’ un test a risposta multipla su tutto ciò che ci hanno spiegato: regolamenti, anti-doping, regole di gara, organi e organigramma UCI, i vari corpi che vi sono in seno alla stessa UCI e che vengono coinvolti nelle gare, a chi rivolgersi quando si ha un problema o quando, al contrario, si vuole richiedere qualcosa…

Il corso quindi non tratta tattiche o aspetti tecnici?

No, tattica zero. E’ una formazione burocratico-teorica.

Come si tenevano le lezioni?

I professori, chiamiamoli così, erano tanti e molto diversi tra loro. Molti erano direttori di corsa, altri giudici. C’era anche Bertogliati, che conoscevo e che è stato un direttore (e manager, ndr). Altre figure lavorano all’interno dell’UCI e sono preposte alla formazione dei tecnici e ai regolamenti. Per esempio si è parlato parecchio delle regole tecniche della bicicletta: larghezza del manubrio, arretramenti, posizione da crono… Addirittura, ed è stata la cosa che mi ha colpito di più, c’era un ex investigatore dell’FBI incaricato di spiegare i controlli sulle frodi tecnologiche.

Tu Gianluca, ad Aigle sei potuto andare in quanto professionista e quindi hai avuto accesso diretto al terzo livello?

No, non ci sono andato come ex professionista, ma perché ho chiesto l’invito tramite la squadra. Altrimenti, da privato, ci vorrebbe molto più tempo. Mi spiego: se è una squadra di professionisti che ti propone, puoi accedere direttamente al corso UCI di Aigle e questo basta per essere un direttore sportivo a tutti gli effetti.

Gianluca Brambilla, diesse
La sfida più ardua per Brambilla in questa fase è quella di uscire dai panni del compagno di squadra e indossare quelli di diesse
Gianluca Brambilla, diesse
La sfida più ardua per Brambilla in questa fase è quella di uscire dai panni del compagno di squadra e indossare quelli di diesse
E’ come se fosse un quarto livello?

Se lo rapportiamo a quello italiano, sì. Tuttavia devo fare una precisazione: attualmente, anche se sono un diesse, voglio completare il percorso pure con la Federazione Ciclistica Italiana. A breve terminerò il secondo livello.

Com’è ritrovarsi dall’altra parte della barricata di punto in bianco? Prima, ad esempio, li chiamavi ancora “compagni”…

Vero, ora devo chiamarli corridori. Per ora la prima cosa è che al buffet ho il mio posto da diesse… ed è un buffet migliore! Scherzi a parte, i primi contatti sono proprio di questi giorni. Mi hanno già assegnato qualche corridore, ma la lista non è ancora definitiva.

Emozioni? Tu, Gianluca, sei un tipo sensibile…

Sono molto curioso e super motivato. Prima del primo allenamento la cosa che mi preoccupava di più era guidare l’ammiraglia tra gli atleti, ma vedo che va bene. Dovrei esordire in Oman, come seconda ammiraglia e lì non sarebbe male: le strade sono ampie, rettilinee e la corsa non è super stressante. Per il resto c’è da iniziare questo nuovo rapporto con i miei ex compagni.

Biagio Conte, Eolo Kometa

Fra il lavoro e la Padovani, riparte anche Conte

11.12.2025
4 min
Salva

«Forse la mia soddisfazione maggiore – dice Biagio Conte senza mezza esitazione – sono stati gli anni passati come gavetta alla Marchiol, che era la squadra vivaio della Liquigas. Lì ho avuto modo di crescere ragazzi che poi hanno conosciuto tutti. Viviani, Cimolai, Guarnieri, Sagan. Insomma, ho avuto veramente grossissime soddisfazioni. Come poi il passaggio alla Liquigas. Ricordo la prima gara in ammiraglia, con accanto Mariuzzo che mi faceva da tutor. Il Giro del Friuli del 2010, che si concludeva qui a Sacile. Prima corsa e prima multa. Lui mi strillava di passare, io gli dicevo che c’erano i giudici. E la sera mi ricordo Amadio furibondo, anche perché arrivammo secondi con Guarnieri, dietro a Roberto Ferrari».

Biagio Conte è a casa malato, così ha dovuto prendersi dei giorni di malattia dal suo lavoro nelle macchinette da caffè automatiche. A breve ripartirà anche dall’ammiraglia del Team Padovani, cui ha offerto disponibilità a giornate. Dallo scorso anno, dato che forse a molti è passato inosservato, il suo nome è sparito dall’organico del Team Polti-Visit Malta. C’era arrivato quando si chiamava Eolo-Kometa, lasciando la Work Service di cui era direttore sportivo e in cui aveva ritrovato Davide Rebellin che era stato suo compagno fra i dilettanti. Nonostante il suo ruolo, non aveva saputo resistere alla chiamata di Basso e Zanatta, in una sorta di ricostruzione della vecchia Liquigas. Poi però per motivi economici, così ci racconta, il suo nome è stato tolto dal mazzo. Non gli chiediamo quanto guadagnasse.

Elia Viviani in una delle sue prime vittorie, al Giro delle Tre Province, ancor prima di passare professionista
Viviani vince il Giro delle Tre Province, sulla sua ammiraglia c’è Biagio Conte, ex pro’ classe 1968
Elia Viviani in una delle sue prime vittorie, al Giro delle Tre Province, ancor prima di passare professionista
Viviani vince il Giro delle Tre Province, sulla sua ammiraglia c’è Biagio Conte, ex pro’ classe 1968
Hai già avuto modo di unirti alla Padovani?

Non ancora. Quando hanno fatto i primi ritiri per le visite, ero a trovare i parenti in Sicilia, ma conto di esserci per il prossimo. Cercherò di essere presente nei weekend, perché con il lavoro non posso prendermi troppi giorni, soprattutto in previsione di eventuali corse a tappe. Lavoro sempre sulle macchinette del caffè, giro tutto il giorno col furgone. Dopo la fine con Polti, mi ha chiamato un amico e mi ha offerto un contratto a tempo indeterminato, che ho accettato subito. Ho bisogno ancora di raggiungere i contributi per la pensione, così quando Ongarato mi ha proposto di unirmi alla Padovani, ho offerto la disponibilità che posso. Dovrebbero mancarmi due anni alla pensione, ma devo verificare bene.

Ti aspettavi che la tua carriera nel professionismo si fermasse così?

So che hanno inserito Gavazzi e che Maini è andato alla MBH Bank, dove magari gli avranno fatto una proposta migliore, perché quella che aveva in Polti era la stessa che io ho rifiutato. Ci sono rimasto abbastanza male, perché eravamo partiti con un progetto cui ho voluto credere e partecipare, ma alla fine mi pare che le cose non stiano andando come si era pensato.

Con Pellizotti e Basso, nel ritiro invernale di Passo San Pellegrino 2009-2010 con la Liquigas: Conte è un diesse al debutto
Con Pellizotti e Basso, nel ritiro invernale di Passo San Pellegrino 2009-2010 con la Liquigas: Conte è un diesse al debutto
Con Pellizotti e Basso, nel ritiro invernale di Passo San Pellegrino 2009-2010 con la Liquigas: Conte è un diesse al debutto
Con Pellizotti e Basso, nel ritiro invernale di Passo San Pellegrino 2009-2010 con la Liquigas: Conte è un diesse al debutto
Troverai facilmente le motivazioni per ripartire da una continental?

Credo che alla fine se sei appassionato del tuo lavoro, vuoi farlo per bene. Che sia una continental o uno squadrone, ci tieni a portare la tua esperienza, quello che hai imparato in questi anni. Così penso che la motivazione sia al massimo, ne sono certo.

L’obiettivo è tornare nel professionismo?

Onestamente? Non lo so. Mi sono reso conto che il professionismo è una parte importante della mia vita, tutto quello che vuoi, però mi ha portato via anche parte della vita in famiglia. Mi sono reso conto che quest’anno, rimanendo a casa e lavorando, mi sono goduto i weekend con mia moglie. Ho potuto riassaporare la vita familiare. Ma a monte di tutto, l’obiettivo è raggiungere la serenità da pensionato. E poi può darsi che mi venga la voglia di rimanere nell’ambiente e continuare questo tipo di lavoro. Magari per allora avrò anche più tempo e disponibilità, anche se alla Padovani ho detto che farò tutto al 100 per cento. Non faccio mai le cose a caso, mi piace fare tutto bene.

Conte è arrivato alla Padovani per la chiamata di Alberto Ongarato. Affiancherà Dimitry Konychev (photors.it)
Conte è arrivato alla Padovani per la chiamata di Alberto Ongarato. Affiancherà Dimitry Konychev (photors.it)
Hai già un calendario per la prossima stagione?

Abbiamo un calendario in generale e naturalmente stiamo aspettando la risposta da parte degli organizzatori. Io ho dato disponibilità i sabati e le domeniche, perché nei giorni feriali sarò a casa a lavorare e magari prenderò le ferie per qualche corsa a tappe cui dovessimo partecipare. Penso alla Coppi e Bartali, al Giro di Sardegna o quello della Magna Grecia. Ci sono tante corse.

Sei stato nel WorldTour, poi nella professional, ora torni in continental: quale può essere il ruolo di queste squadre?

Qualche regola è cambiata, quindi può darsi che le continental del 2026 possano aspirare a più spazi grazie ai quali contrastare meglio i devo team. Ci sono continental che lavorano bene, come la Padovani e la Colpack che è salita al professionismo con MBH Bank. Dobbiamo fare il massimo perché i ragazzi crescano. Certo non si ha il budget di una WorldTour, però si cerca ugualmente di fare tutto al meglio. E devo dire che mi piace tanto l’idea di farne parte.