Primoz Roglic

Roglic: «La finestra sul Tour per me si è chiusa». All in sulla Vuelta

16.12.2025
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PALMA DE MAIORCA (Spagna) – «Se mi chiedete se preferisco fare secondo al Tour o vincere la Vuelta non ho dubbi: vincere la Vuelta». Sono queste le parole di Primoz Roglic che più ci hanno colpito nel media day di qualche giorno fa indetto dalla sua squadra. Nella cornice del training camp della Red Bull-Bora, lo sloveno arriva col passo di chi è abituato a convivere con le aspettative, ma anche con il peso del tempo e tanta consapevolezza. Forse saggezza ormai.

E’ Ralph Denk a sciogliere subito i dubbi, annunciando che Roglic correrà la Vuelta e non sarà ai nastri di partenza né del Giro d’Italia né del Tour de France. Una decisione che orienta la stagione e, di conseguenza, tutte le domande dei giornalisti. Roglic ascolta, sorride, poi prende il microfono con la lucidità di chi ha visto e vissuto tutto.

Primoz Roglic
Sloveno rilassato. Eccolo in un selfie lungo le belle ciclabili dell’isola che scorrono proprio sulla costa
Primoz Roglic
Sloveno rilassato. Eccolo in un selfie lungo le belle ciclabili dell’isola che scorrono proprio sulla costa

Nuova stagione, vecchi obiettivi

La stagione si apre come spesso accade attorno a lui: con aspettative elevate ma con una consapevolezza appunto. Roglic non cerca scorciatoie, non vuole illusioni. A Mallorca lo dice in modo semplice, diretto, quasi disarmante: «Sono realista (realista è una parola che userà spesso lo sloveno, ndr), il Tour non rientra più tra gli obiettivi principali. La finestra per vincerlo si è chiusa. Non per rassegnazione, ma per lucidità: il livello dei più giovani è altissimo e io ho 36 anni. Ma sono ancora competitivo e preferisco concentrare le energie dove conta davvero e dove si può fare bene».

La Vuelta diventa così il centro della sua stagione, l’architrave attorno a cui tutto ruota. Il quinto successo sarebbe qualcosa di storico, un traguardo che darebbe ulteriore lustro a questi ultimi anni di carriera.

«Il ciclismo – spiega Roglic – si è spostato verso una generazione capace di correre sempre al limite, con una continuità impressionante. Sono ancora qui, sono ancora affamato. La motivazione non mi è mai mancata. La differenza, oggi, sta nel come orientare quella fame».

Primoz Roglic
Roglic qualche settimana fa durante un evento Red Bull su una specie di Bmx (foto Charly Lopez)
Primoz Roglic
Roglic qualche settimana fa durante un evento Red Bull su una specie di Bmx (foto Charly Lopez)

Liberazione Tour

Non c’è più la rincorsa al Tour come obbligo morale e questo sembra averlo alleggerito. Ed è una sensazione quasi palpabile. Una sensazione che chi gli è vicino ci ha confermato. Dallo staff ci hanno confidato che Primoz è la serenità fatta persona. Educato, disponibile, vive gli avvenimenti e le corse in modo molto “zen”. E questa è una cosa che ha migliorato nel corso degli anni. All’inizio non era proprio così, diciamolo pure…

Roglic entra nel nuovo anno con una mentalità lineare: una preparazione specifica, un obiettivo unico e chiaro, e la volontà di mettere in campo la sua esperienza in una corsa che conosce come nessun altro. Per lui la Vuelta non è un ripiego, ma la tappa naturale di un atleta che punta ancora al massimo possibile. E sul fatto che non sia un ripiego ha ribattuto anche in modo netto. All’ennesima domanda dei giornalisti che gli chiedevano se non fosse scontento di questo programma di “serie B” (come se esistesse solo il Tour) che la squadra ha previsto per lui, che non fosse un ripiego, Primoz ha cambiato espressione. Da sorridente e disponibile per qualche secondo si è irrigidito: ha sbuffato, ha cambiato tono e ha ribadito una volta per tutte che questo programma gli piace e che va bene.

Davvero non ci sono sembrati essere problemi di convivenza fra Remco e Roglic, anche perché hanno obiettivi e calendari diversi
Davvero non ci sono sembrati essere problemi di convivenza fra Remco e Roglic, anche perché hanno obiettivi e calendari diversi
Primoz Roglic
Davvero non ci sono sembrati essere problemi di convivenza fra Remco e Roglic, anche perché hanno obiettivi e calendari diversi

Nuovi equilibri

L’altra grande domanda è inevitabile: quale sarà il ruolo di Roglic in un team che accoglie fenomeni come Remco Evenepoel? L’arrivo del belga, insieme alla crescita dei giovani della Red Bull-BORA-hansgrohe, ridisegna gerarchie e responsabilità. Ma paradossalmente non per Roglic.

Primoz non ha rivendicato leadership, non ha alzato muri. Anzi… Sin dalla trasferta in Giappone di fine anno aveva dichiarato che sarebbe stato pronto ad aiutare Remco nel caso avessero corso insieme. Insomma, ormai lui è super partes. E’ il jolly di lusso.

Con Remco non c’è sovrapposizione, bensì complementarità. E non solo perché il belga punta al Tour e Roglic alla Vuelta. Ma proprio per una questione di realismo, come dicevamo. Poi è chiaro che i due programmi distinti evitano ogni possibile conflitto e, intelligentemente, ampliano la portata del progetto sportivo della Red Bull-Bora stessa. All’interno della squadra, lo sloveno diventa un acceleratore di maturità per i più giovani, un capitano che offre linee guida e che accetta un ruolo meno di vertice ma ancora centrale.

Roglic dunque non teme il cambiamento. Anzi, pare averlo interpretato come un’opportunità: «Con Remco in squadra e tanti ragazzi fortissimi non sono costretto ad essere sempre a tutta o battermi su ogni fronte per me e per la squadra. E questo non è un aspetto da poco». Quando si dice che l’esperienza conta…

A proposito di programmi, lo sloveno dovrebbe avere una partenza soft. D’altra parte il grande obiettivo è ad agosto inoltrato. Primoz sarà alla Tirreno-Adriatico e al Giro dei Paesi Baschi. Presumibilmente dovrebbe fare anche il Tour de Suisse, ma sull’avvicinamento più capillare ci sarà modo di mettere a punto il tutto. Altra notizia: dovrebbe saltare quasi a piè pari le classiche.

Nel 2024 Roglic ha conquistato la sua quarta Vuelta. Il pokerissimo sarebbe un record
Nel 2024 Roglic ha conquistato la sua quarta Vuelta. Il pokerissimo sarebbe un record

Sguardo al futuro

Ma il 2026 è anche l’anno delle decisioni per Primoz. Roglic ha il contratto in scadenza e, pur non entrando nei dettagli, lascia intendere che ogni riflessione passerà anche dalla vita fuori dal ciclismo. Lo ha ripetuto più volte con una sincerità che sorprende.

«Correre altri dieci anni? Mi piacerebbe, ma parlarne è facile, farlo no. La realtà è che questo sport è duro e restare ad alti livelli non è facile. Non saprei neanche dove poter continuare a limare per migliorare. Vediamo, per adesso non mi pongo scadenze o limiti sulle mie future decisioni che in ogni caso saranno prese considerando anche la famiglia».

Per Roglic infatti la priorità oggi non è soltanto la performance, ma la famiglia. Insomma non vuole continuare a ogni costo. Non cerca rinnovi forzati, non insegue contratti a lungo termine per inerzia. Il suo futuro, a quanto pare, verrà deciso dopo la Vuelta. «Ascolterò il mio corpo», dice.

A Mallorca Roglic ci lascia l’impressione di un atleta ancora motivato, ma padrone di una visione più ampia: la consapevolezza che il ciclismo è parte centrale della sua vita, non l’intera vita.

Sacha Modolo segue Alessandro Borgo fin dalle categorie giovanili e lo ha consigliato su tanti aspetti

Modolo, i consigli a Borgo e il ciclismo giovanile da rivoluzionare

16.12.2025
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Sperava e meritava di finire meglio la sua carriera, ma quando Sacha Modolo parla di ciclismo diventa un fiume in piena, specialmente sui giovani italiani. Lo possiamo considerare il “padrino” di Alessandro Borgo, che ha aiutato a crescere con consigli tecnici ed umani dentro e fuori dall’allenamento fino a vederlo ora pro’ con la Bahrain Victorious promosso dal devo team.

L’ex velocista trevigiano tiene ancora tanto al suo sport e lo si capisce ogni volta che, toccando l’argomento, i discorsi si ramificano in tanti altri aspetti da considerare. Modolo da un paio di stagioni collabora con la PM Cycling Agency di Massimiliano Mori e Marco Piccioli (i suoi procuratori da atleta) mettendosi a disposizione dei corridori della sua zona seguiti da loro. Al netto delle sue 49 vittorie, Sacha ha molto da dire a chi vuole diventare corridore fin dalle categorie inferiori. Dallo spunto di una foto sul suo profilo Instagram esce una chiacchierata sul panorama giovanile italiano con la sua franchezza di sempre, forse un po’ più edulcorata dall’esperienza dell’età.

Borgo nel 2026 sarà pro' con la Bahrain, ma già quest'anno ha corso con la formazione WT in 8 occasioni
Borgo nel 2026 sarà pro’ con la Bahrain, ma già quest’anno ha corso con la formazione WT in 8 occasioni
Borgo nel 2026 sarà pro' con la Bahrain, ma già quest'anno ha corso con la formazione WT in 8 occasioni
Borgo nel 2026 sarà pro’ con la Bahrain, ma già quest’anno ha corso con la formazione WT in 8 occasioni
Com’è il rapporto con Borgo adesso che è passato pro’?

E’ sempre molto buono, ma adesso lo seguo meno e credo che sia giusto così visto che ha i preparatori e i tecnici della Bahrain. Non mi permetterei mai di intromettermi. Resto tuttavia in suo appoggio qualora debba fare dietro moto. Mi organizzo, chiudo l’officina (il SakaLab, ndr) e via con lui a ruota della mia Vespa.

La tua vicinanza è stata preziosa per lui.

Penso e spero di sì. Ad esempio quando quest’anno ha vinto la Gand-Wevelgem U23, qualche giorno prima mi aveva chiesto come muoversi. Gli avevo dato qualche dritta sulle stradine belghe, visto che lassù ci ho corso tanto e ricordo bene i posti. E’ stata una bella soddisfazione, così come la vittoria al campionato italiano. Ormai Alessandro è diventato grande, in gara ha imparato tanto e sta continuando a farlo.

E una tua parola non manca mai.

Certo, cerco sempre di dargli consigli e spiegargli certe cose, su tutto. Anzi, conoscendolo, quando mi fa certe domande da ragazzo della sua età, so già dove vuole andare a parare e lo anticipo. E gli dico: «Guarda che ragionavo così anch’io, cosa credi?». E si ride.

Ci sono altri ragazzi che segui?

A dire il vero nella mia zona più stretta non ci sono più tanti corridori come un tempo. Fino a pochi anni fa eravamo una ventina di pro’, adesso ci sono solo Vendrame, Borgo per l’appunto e ogni tanto Scaroni quando viene dalla sua morosa che abita qua vicino. Tra i giovani sto seguendo Matteo Cettolin che correrà con la Trevigiani (quest’anno era alla General Store: è il fratello di Filippo della VF Group, ndr). Anche a lui do i miei pareri tecnici. Come dicevo però non abbiamo tanti ragazzi che vanno in bici dalle mie parti.

La visuale di Borgo e Cettolin nel "dietro-moto" con Modolo. L'ex velocista vorrebbe che cambiasse qualcosa nelle crescita dei più giovani
La visuale di Borgo e Cettolin nel “dietro-moto” con Modolo. L’ex velocista vorrebbe che cambiasse qualcosa nelle crescita dei più giovani
La visuale di Borgo e Cettolin nel "dietro-moto" con Modolo. L'ex velocista vorrebbe che cambiasse qualcosa nelle crescita dei più giovani
La visuale di Borgo e Cettolin nel “dietro-moto” con Modolo. L’ex velocista vorrebbe che cambiasse qualcosa nelle crescita dei più giovani
Significa che i settori giovanili si stanno prosciugando?

Temo proprio di sì, ma faccio una premessa. Devo ancora mentalizzarmi per andare a cercare il corridore tra i ragazzini. Gli allievi di adesso sono gli juniores di qualche anno fa e ormai non è più un gioco. Alla loro età non facevo i sacrifici che fanno loro e sono bravissimi in questo, ma non saprei cosa dirgli di più. Adesso tutti i giovani vogliono essere campioni e pensano solo ai contratti da firmare. Non pensano che possono diventare corridori ritagliandosi un ruolo da gregario o da uomo-squadra, soprattutto quando passi pro’.

Per quale motivo secondo te?

E’ colpa della società in cui viviamo che ci vuole grandi campioni o grandi imprenditori di successo. O sei così oppure sei un fallito. Non è possibile, perché non è così. Quindi non mi sento di andare da un ragazzino e raccontargli cose non vere. Non gli prometterei nulla, anche perché lo sapete: sono pragmatico e diretto per certi temi. Non mi interessa guadagnare o speculare sulle spalle di un ragazzino.

Qualche formazione giovanile ha cercato Sacha Modolo come consulente?

Sì, certo. Alcune società della mia zona mi avevano chiesto di diventare diesse proponendomi di fare il corso oppure di aiutarli con i loro atleti. Mi chiedevano di farlo a titolo gratuito o di volontariato. Per fortuna che ci sono i volontari, però non è possibile andare avanti o crescere ancora così. Il lavoro ce l’ho già. La mentalità è la stessa di venti anni fa, così come la gente che è la stessa. Io rivoluzionerei tutto e non perché lo dico io. Questa è la classica situazione del cane che si morde la coda.

Matteo Cettolin è passato dalla General Store alla Trevigiani. E' seguito in allenamento da Modolo (foto photors.it)
Matteo Cettolin è passato dalla General Store alla Trevigiani. E’ seguito in allenamento da Modolo (photors.it)
Matteo Cettolin è passato dalla General Store alla Trevigiani. E' seguito in allenamento da Modolo (foto photors.it)
Matteo Cettolin è passato dalla General Store alla Trevigiani. E’ seguito in allenamento da Modolo (photors.it)
Spiega pure.

Le società giovanili sono in queste condizioni perché non sono aiutate a livello economico e non hanno ritorni dal punto di vista del marketing o di altre strategie. Pertanto non riescono o non vogliono investire in figure giovani specializzate e preparate che lo fanno di mestiere. All’estero non è così, ma io mi preoccupo del ciclismo italiano. Non avere formazioni WorldTour e il relativo devo team condiziona parecchio i ragazzi. Le nostre professional stanno facendo anche troppo. E poi non c’è sempre il supporto della scuola.

Altro tema scottante, giusto?

Non tutti sono bravi a conciliare i due impegni e non tutti trovano la comprensione dei professori. La scuola non ti aiuta spesso perché gli insegnanti non capiscono quando uno studente è anche un atleta di richiamo nazionale e quindi è chiamato a ritiri o trasferte per eventi importanti. Mancano i crediti sportivi nelle scuole e questo può portare un ragazzo che vuole diventare un corridore, che poi diventerebbe il suo lavoro, a scegliere istituti privati o peggio ancora addirittura a lasciare la scuola. Va trovata una soluzione.

Modolo è molto legato a Vendrame, uno dei pochi ciclisti rimasti nella sua zona (foto FIlippo Mazzullo)
Modolo è molto legato a Vendrame, uno dei pochi ciclisti rimasti nella sua zona (foto FIlippo Mazzullo)
Modolo è molto legato a Vendrame, uno dei pochi ciclisti rimasti nella sua zona (foto FIlippo Mazzullo)
Modolo è molto legato a Vendrame, uno dei pochi ciclisti rimasti nella sua zona (foto FIlippo Mazzullo)
Pensare di voler diventare un corridore a 15/16 anni è esagerato?

Se guardo in generale direi di no attualmente, se invece guardo in Italia allora dico che è un male. Per tutte le ragioni che abbiamo detto prima. Aggiungiamo che la categoria U23 sta cambiando e purtroppo non tutti gli organizzatori si stanno adeguando. A parte le internazionali, ci sono corse nazionali per elite/U23 che non servono molto per fare crescere i nostri giovani. So che è difficile, per non dire impossibile, ma tanti organizzatori di piccole gare vicine dovrebbero accordarsi per fare un’unica gara internazionale, magari anche per juniores. Sono certo che poco per volta riuscirebbero ad avere una buona lista di partenti di alto livello. Non lamentiamoci se poi non avremo più corridori.

Jonathan Milan

Milan? Classiche e Giro. Ma prima c’è da sistemare il nuovo treno

16.12.2025
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DENIA (Spagna) – Non c’è niente da fare: quando ti ritrovi a parlare con Jonathan Milan, non puoi fare a meno di associarlo al “gigante buono”. Il friulano esce dalla saletta riservata alla conferenza stampa e si siede con noi su un mobiletto, dove poco prima c’era Giulio Ciccone. I due si fermano anche a parlottare mentre si danno il cambio al nostro microfono.

E’ questo il posto ideale. Forse poco ortodosso, ma senza dubbio più tranquillo per parlare. Parlare della stagione che è stata e soprattutto di quella che sarà. Perché il 2026 è un anno dal quale ci si aspetta molto da Jonathan Milan: il ritorno al Giro d’Italia, le gare su pista dove inizia la rincorsa a Los Angeles, un treno da mettere a punto e persino la Roubaix.

In casa Lidl-Trek si respira un’aria di grande compattezza di gruppo, anche con le le donne. E in questo gruppo senza dubbio il leader è Pedersen, ma Milan è sempre più al centro. Ormai si muove con decisione e scioltezza. A 25 anni compiuti da poco il friulano sta entrando nella fase della maturità.

Jonathan Milan
Jonathan Milan e Giulio Ciccone: due chiacchiere tra di loro durante l’incontro con la stampa a Denia
Jonathan Milan
Jonathan Milan e Giulio Ciccone: due chiacchiere tra di loro durante l’incontro con la stampa a Denia
Come stai, Jonathan? Ti vediamo sereno, rilassato…

Bene, sto bene, sono contento. Sono al training camp, abbiamo iniziato a pedalare. Non come diceva Ciccone che non ci alleniamo qua! A parte gli scherzi, i primi allenamenti sono andati bene, stiamo provando un po’ di materiale nuovo. Sono contento di ritornare con i ragazzi, mi erano mancati.

Ritorni al Giro d’Italia. E’ così?

Il piano è questo. Sono contento di tornare al Giro, ci saranno molte possibilità, partendo subito dalla prima tappa che assegna la maglia rosa. Ne ho visto l’altimetria e dovrebbe essere abbastanza adatta agli sprinter.

Jonathan Milan che è già informato su una tappa! Ci devi tenere proprio tanto a questa maglia rosa. Di solito tu sei di quelli del tipo: «Oggi dove si va?»…

Esatto – ride Milan – però non sto a farmi troppe domande. Delle altre tappe so veramente poco, a parte Roma. So però che avremo varie possibilità, quindi sarà bello e importante arrivare pronti. E saremo ben organizzati anche per quanto riguarda il treno: porterò tutti i miei ragazzi.

Jonathan Milan
La vittoria della maglia verde ha dato tanto a Milan. Era nella kermesse del Tour a Saitama, in Giappone
Jonathan Milan
La vittoria della maglia verde ha dato tanto a Milan. Era nella kermesse del Tour a Saitama, in Giappone
“I miei ragazzi”: consapevolezza di una maturità che sta arrivando. Pedersen ci ha detto grandi cose su di te. Percepisci questo cambiamento di peso in seno al team?

Non dovrei percepirlo? Io so che la squadra mi ha sempre aiutato dal momento in cui abbiamo firmato il contratto. Hanno sempre avuto un bellissimo progetto su di me e mi hanno sempre messo nelle condizioni di provare a raggiungere gli obiettivi che mi davo e che ci davamo a inizio stagione. Un bel miglioramento generale.

A proposito di miglioramento, quest’anno sei andato all’università del Tour de France dove ti sei confrontato con gli sprinter più forti. Qual è stata la lezione?

Alla fine bisogna sempre guardare gli altri e imparare qualcosina. Penso che il Tour sia andato bene, ma ci sono stati piccoli errori. Per esempio, nella terza tappa, quando sono arrivato secondo dietro Merlier, sono partito troppo in anticipo e la posizione non era ideale. Nella nona tappa, sempre vinta da Tim, sono partito troppo lungo e non ho fatto le linee migliori. In precedenza avevo preso vento più di qualche volta. Sono piccoli accorgimenti.

Che a 70 all’ora si pagano…

Sì, se fai uno sbaglio di qualche centimetro ne paghi le conseguenze.

Quando sei lì in piena preparazione per lo sprint subentra un po’ nervosismo che ti porta più facilmente a sbagliare?

Non penso sia nervosismo. Sicuramente c’è adrenalina, perché lo sprint per me è adrenalina pura. Sono proprio i movimenti del gruppo, le rotazioni, entrare e uscire dalle scie, prendere aria quando magari dovresti infilarti o muoverti con i tuoi compagni.

Come sarà il treno quest’anno?

Per me è importante che sia continuo, a prescindere da chi ci sarà. Se bisogna cambiare la posizione di un corridore, il treno non deve risentirne. In questo ritiro e in quello di gennaio proveremo varie soluzioni. Invertire le posizioni, le distanze da cui partire… Abbiamo preso anche Max Walscheid per questo.

Jonathan Milan
Il friulano ha vinto l’evento benefico BeKing a Monaco. E a premiarlo è stato proprio il re Alberto II di Monaco (foto Instagram)
Jonathan Milan
Il friulano ha vinto l’evento benefico BeKing a Monaco. E a premiarlo è stato proprio il re Alberto II di Monaco (foto Instagram)
Che è anche è alto due metri praticamente. Ideale per uno grande come te…

Sì, potrebbe esserlo. Però con Simone Consonni ho sempre avuto un feeling molto naturale. Oltre al fatto che siamo italiani, siamo amici, siamo insieme anche in pista, siamo compagni di stanza. Ci intendiamo bene e con lui c’è qualcosa in più. Ed è una bella cosa.

A qualche classica ci pensi, Jonathan?

Certamente. Il mio calendario prevede diverse classiche. Prima inizierò con il Saudi Tour e a seguire UAE Tour, Tirreno-Adriatico, quindi le classiche Milano-Sanremo, Gand e Parigi-Roubaix. Fino alla Roubaix il piano è questo. Il Saudi è importante perché fa caldo e per me è fondamentale e poi è ideale per rodare il treno in corsa. Le strade sono giuste. Anche la Tirreno sarà molto importante.

Perché proprio la Tirreno?

Perché mi ha sempre aiutato a costruire la condizione, a salire di livello. Quest’anno è stata durissima, anche a livello meteorologico. Nel 2026 sarà ancora più importante per arrivare alle classiche con una condizione migliore. Le classiche voglio farle bene.

Jonathan Milan
Milan ha concluso l’ultima Roubaix al 101° posto. Da qui vuole ripartire
Milan ha concluso l’ultima Roubaix al 101° posto. Da qui vuole ripartire
Sanremo e Roubaix: due parole che fanno sognare…

Mi piacciono molto. La Sanremo è “facile”, ma sta cambiando con Pogacar: quest’anno Tadej ha fatto un’azione assurda. Troppo per me, ma è anche uno stimolo che mi fa dire che il prossimo anno mi allenerò di più, ci proverò e poi vedremo. Intanto diamo il 100 per cento in allenamento.

E della Roubaix cosa ci dici? Non si va lì solo per supporto…

Abbiamo Mads Pedersen, che è uno dei più forti al mondo. Sarebbe sciocco non aiutarlo se serve. E’ fortissimo e sta crescendo ancora. Quest’anno, senza la foratura, avrebbe potuto fare un grande risultato. Posso dire che l’ultima edizione è stata la prima che ho finito. Le altre volte bucavo o cadevo. Nel 2026 mi piacerebbe aggiungere un tassello. So che ci sono Van der Poel, Van Aert, Ganna, ma piano piano vorrei arrivare al loro livello per potermela giocare.

Capitolo pista: cosa prevede il menu?

Dovrei iniziare gli allenamenti sul parquet dopo il Saudi Tour, poi è da vedere. Normalmente dovrei essere ai Mondiali a Shanghai. Ne ho già parlato con Dino Salvoldi e abbiamo fatto un buon piano. Bisognerà conciliare la pista con gli impegni su strada.

UCI Cyclocross World Cup 2024-2025, Mathieu Van der Poel

Dopo Namur e Faè, una sbirciata negli appunti di Pontoni

15.12.2025
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Ieri Daniele Pontoni era a Faè d’Oderzo, per il tradizionale Ciclocross del Ponte, che ha visto vittorie italiane di buon interesse. Filippo Fontana ed Elisa Ferri fra gli elite, Patrick Pezzo Rosola e Nicole Azzetti fra gli juniores. Contemporaneamente il cittì della nazionale ha seguito la Coppa del mondo di Namur e con lui abbiamo voluto fare il punto su quello che ha visto e in qualche modo quello che vedremo.

Che cosa ti è parso di Namur?

Più di quello che ho visto, è stato utile parlare con i ragazzi. Per quanto riguarda i primi, credo che senza la scivolata di Nys, Van der Poel e Thibau se la sarebbero giocata fino all’ultimo. Aver portato la suspense fino all’ultimo è qualcosa di interessante e sicuramente Nys in questo momento è uno degli atleti che può dare fastidio.

La rassegna di Middelkerke si era aperta con il bronzo di Nicole Azzetti fra le junior (qui insieme al cittì Pontoni)
Il cittì Pontoni agli europei di Middelkerke, un selfie per il bronzo di Nicole Azzetti fra le juniores
La rassegna di Middelkerke si era aperta con il bronzo di Nicole Azzetti fra le junior (qui insieme al cittì Pontoni)
Il cittì Pontoni agli europei di Middelkerke, un selfie per il bronzo di Nicole Azzetti fra le juniores
Van der Poel che torna e vince alla prima gara stupisce ancora Pontoni?

Anche lui ha fatto degli errori, è caduto, però lo ritengo ancora il numero uno. Chiaramente la sua supremazia non è stata netta come eravamo abituati. Ieri eravamo sul percorso più esigente del ciclocross moderno. Devi avere gamba, devi avere tecnica e soprattutto devi avere tanta testa e tanta forza di volontà. Perché credo che tutti, almeno una volta, un errore lo abbiano fatto. Quindi rialzarsi subito, partire e resettare è la dote maggiore di chi vuole andare bene a Namur.

In Sardegna abbiamo visto un grande Filippo Agostinacchio, che ieri ha avuto qualche problema…

Se guardiamo i tempi, a un certo punto i due fratelli erano da soli. Sono partiti in quinta e sesta fila e a metà gara erano da soli. Mentre Filippo stava tirando per suo fratello, è caduto. Ha preso un albero, si è fatto male alla spalla e in più un sasso gli è rimasto bloccato sotto la leva per cui la ruota non girava. E’ dovuto andare ai box. E’ ripartito parecchio indietro, ha perso tantissimo tempo e ha recuperato ancora rispetto a dove era. E’ andato forte anche ieri.

Chi è andato forte davvero è Mattia, il più piccolo…

Gli ultimi due giri che ha fatto dimostrano di che pasta sia fatto questo ragazzo. Parti dietro, arrivi davanti e hai ancora questo ultimo quarto d’ora? E’ una prova importante. Sapete che sono tifoso del Torino e allora il quarto d’ora di Mattia io lo paragono al “quarto d’ora granata” (il finale di partita del Grande Torino che negli ultimi 15 minuti di gioco accelerava e ribaltava anche le situazioni più difficili, ndr).

Ciclocross Salvirola 2025, Mattia Agostinacchio (foto Alessio Pederiva)
Mattia Agostinacchio e il fratello Filippo corrono con la Ef Education. Pontoni entusiasta del suo 13° posto a Namur (foto Alessio Pederiva)
Ciclocross Salvirola 2025, Mattia Agostinacchio (foto Alessio Pederiva)
Mattia Agostinacchio e il fratello Filippo corrono con la Ef Education. Pontoni entusiasta del suo 13° posto a Namur (foto Alessio Pederiva)
Mattia fa lo stesso?

Lui ha quel quarto d’ora che, quando si… accende, è un razzo. Tecnicamente guida da far paura e quindi questi sono i risultati. E non è una prestazione che mi stupisce. Mi ha meravigliato la prima volta, quando lo ha fatto a Lievin. Gli ho visto fare quell’accelerata nel Team Relay prima del ponte e quella è stata l’unica volta che mi ha stupito. Poi l’ha fatto altre volte, quindi per lui è la normalità. Il suo passaggio da junior a under 23 me lo sarei aspettato proprio come lo sta dimostrando in questo momento. Adesso aspetto solo che anche Viezzi torni ai suoi livelli…

E’ ancora un po’ indietro.

L’ho visto in leggera difficoltà, soprattutto in questo weekend, ma già dalla prossima settimana me lo aspetto di nuovo motivato al punto giusto per tornare anche lui ai vertici di categoria. Ne ha tutte le doti e so che andrà a prendersi quello che in questo momento non ha in mano.

Secondo te è più difficile per questi ragazzi correre la Coppa del mondo con le squadre e non con la nazionale?

Magari con la squadra in certi momenti sono anche più attrezzati da un punto di vista logistico. Sicuramente come staff credo che la nazionale dia qualcosa in più rispetto ai loro team. Io ho una venerazione per il mio staff, perché vedo quanto si impegnano e quanto lavorano. Una cosa che dico sempre ai ragazzi è che quei 10, 20, 50 o 100 watt in più di cui hanno bisogno nel momento di fare la differenza, devono prenderli dai colori azzurri.

Overijse incorona la Casasola, una prima storica
Casaola ha iniziato la stagione con il successo di Overijse, ora è alle prese con i postumi di una bronchite. Pontoni la aspetta
Overijse incorona la Casasola, una prima storica
Casaola ha iniziato la stagione con il successo di Overijse, ora è alle prese con i postumi di una bronchite. Pontoni la aspetta
Con le ragazze finora siamo andati a corrente alternata.

Abbiamo Sara Casasola che è ferma, perché ha ancora un po’ di problemi con la bronchite che non passa. Lei purtroppo lotta sempre con l’asma e quindi ieri non ha corso. Spero sia l’ultima sosta ai box da qui al mondiale e che finalmente si ristabilisca e possa ritornare nelle posizioni in cui l’abbiamo vista da inizio stagione. Ormai sono rientrate tutte le big, quindi primeggiare sarà più difficile, però credo che Sara abbia tutti i numeri e le doti per essere là davanti con loro.

Poi c’è anche Lucia Bramati che sta andando bene.

Ieri magari Lucia non è stata brillantissima come in altre occasioni, però ha dimostrato di fare la sua bella figura in questa categoria. E se invece vogliamo parlare degli juniores, chiaramente Giorgia Pellizotti ha già dimostrato in Coppa del mondo, nella sua categoria, di essere sicuramente una fra le prime tre ragazze al mondo. Ieri poi a Faè d’Oderzo abbiamo visto Azzetti che è ancora forte e fra gli uomini abbiamo Grigolini e Pezzo che vincono e ragazzi del primo anno come Dell’Olio, Cingolani e Bosio che arrivano. Gli ultimi due il prossimo anno potranno prendere sicuramente il posto di Grigolini e Pezzo Rosola.

Si costruisce il futuro?

L’ho già detto in passato, non stiamo costruendo anno per anno, ma ragioniamo a lungo termine. Ormai guardiamo anche le categorie degli allievi e delle allieve, perché dobbiamo cominciare a formare questi ragazzi perché siano pronti quando passeranno juniores.

Da sabato ad Anversa, tornerà nel cross anche Van Aert, qui primo a Benidorm nel 2024. Pontoni ha grandi attese per il duello con Van der Poel
Da sabato ad Anversa, tornerà nel cross anche Van Aert, qui primo a Benidorm nel 2024. Pontoni ha grandi attese per il duello con Van der Poel
Quali saranno i prossimi passi della nazionale?

Andremo in Coppa del mondo a Koksjide, con doppia convocazione per entrambe le prove: appunto quella del 21 e il 28 a Dendermonde. Gran parte degli atleti italiani faranno tutto il periodo in Belgio: qualcuno tornerà il primo gennaio, altri il 4. Quasi tutti faranno delle gare anche internazionali. Poi ci sarà il campionato italiano e subito dopo andremo a Benidorm per correre e fare il ritiro di ogni anno. Il sabato voleremo a Hoogerheide, poi tre giorni a casa e il mondiale di Hulst.

Ultima domanda: sabato ad Anversa ci sarà il primo duello Van der Poel-Van Aert: sarà il solito grande spot per il cross?

Per me gli atleti di spessore e di valore come questi possono far bene alla specialità. Non li chiamo ciclisti ma atleti, che fanno bene alla specialità, portano tanto pubblico e portano interesse. Da quelle parti magari non ne hanno tanto bisogno perché sono abituati, però nel resto del mondo vedere in televisione uno spettacolo come quello è qualcosa di speciale. Credo che la sfida si ripeterà fino al mondiale. E spero che dia una spinta all’eventuale candidatura olimpica per questa specialità

Sovia, Bulgaria, veduta aerea (depositphotos.com)

EDITORIALE / Il Giro e la tradizione: freno o valore aggiunto?

15.12.2025
4 min
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Se glielo proponessero, probabilmente la Vuelta farebbe uno sberleffo e si volterebbe dall’altra parte. Ad ora soltanto Pogacar ha ipotizzato che sarebbe meglio correre il Giro a settembre: alcune voci hanno condiviso, altre hanno disapprovato. E di certo fra coloro che si opporrebbero al cambio di data ci sono gli organizzatori spagnoli, che festeggiano quest’anno i 30 anni del mai abbastanza benedetto spostamento a settembre. E così, fra il governo bulgaro che si dimette e gli interrogativi su quale sia il senso di spendere milioni di euro per uno sport che da quelle parti è tutto fuorché popolare (e anche, a proposito di tradizione, sul portare la corsa ovunque ci sia qualcuno che paghi), il Giro d’Italia si attacca a Vingegaard (in apertura un”immagine depositphotos.com di Sofia, arrivo della terza tappa).

Firenze accolse così Vingegaard al Tour del 2024: sarà così anche al Giro 2026?
Firenze accolse così Vingegaard al Tour del 2024: sarà così anche al Giro 2026?
Firenze accolse così Vingegaard al Tour del 2024: sarà così anche al Giro 2026?
Firenze accolse così Vingegaard al Tour del 2024: sarà così anche al Giro 2026?

La scelta di Vingegaard

Siamo onesti: è davvero credibile che il danese venga al Giro d’Italia rinunciando a ogni chance di giocarsi la maglia gialla? I motivi per cui eventualmente lo farebbe sono due. Primo, la rassegnazione: Pogacar non si batte. Secondo, i soldi. A sentire quanto dichiarò Lefevere, il Giro pagò per avere Evenepoel nel 2021 e la trattativa per riaverlo nel 2023 fu un tutt’uno con la precedente. L’allora Deceuninck-Quick Step non nuotava nell’oro e il gettone risultò utile. Siamo certi che la Visma Lease a Bike, che con Nike ha trovato nuovo ossigeno a partire dal 2026, voglia rinunciare per soldi alle sue chance di vittoria in Francia, per giocarsi una vittoria al Giro d’Italia?

Vingegaard ha tutto quello che serve per farlo e probabilmente sarà anche stufo di subire lezioni in Francia. Magari ha anche voglia di arrivare prima di Pogacar al traguardo della Tripla Corona, sapendo però che correre il Giro significa non potersi preparare per il Tour. Basterà tutto questo per portarlo in Italia oppure il richiamo del Tour sarà ancora più forte? Tutti quanti, a maggior ragione noi che il Giro andremo a raccontarlo, ci auguriamo di averlo qui.

Mauro Vegni e Paolo Bellino: il primo è andato in pensione, chi sarà il nuovo direttore del Giro d’Italia?
Mauro Vegni e Paolo Bellino: il primo è andato in pensione, chi sarà il nuovo direttore del Giro d’Italia?

Il ruolo di Vegni

E qui veniamo al nodo da sciogliere. Pare che dopo la partenza della corsa francese da Firenze nel 2024, cui partecipò da osservatore molto interessato, Mauro Vegni abbia capito la differenza di proporzioni fra la sua corsa e quella di ASO. In quella circostanza, RCS Sport fece la parte del leone, avendo vinto il bando indetto da Regione Emilia Romagna, nel gestire la logistica del Tour in Italia. Parlando successivamente con i francesi, emersero grandi complimenti per Luca Papini che fece da raccordo tra le strutture italiane e quelle francesi, occupandosi con Marco Della Vedova anche di verificare i percorsi di gara.

E mentre il Tour prosegue il suo cammino così ben organizzato anche dagli altri (difficilmente il Giro d’Italia troverebbe simili appoggi in Bulgaria!), il Giro ha ripensato la sua struttura. Vegni è andato in pensione, portando con sé l’immensa esperienza. Papini è diventato segretario generale della Lega del Ciclismo Professionistico. Voci dall’interno di RCS Sport confermano che il posto di Vegni nel ruolo di direttore del Giro d’Italia non sarà riassegnato e che starebbe nascendo una struttura attorno a Paolo Bellino, CEO di RCS Sports & Events.

Tao Geoghegan Hart, Milano, podio, Giro d'Italia 2020
Giro 2020, podio finale a Milano: Tao Geoghegan Hart in rosa. Si corse a ottobre e non fu affatto un Giro meno bello e tantomeno blasfemo
Tao Geoghegan Hart, Milano, podio, Giro d'Italia 2020
Giro 2020, podio finale a Milano: Tao Geoghegan Hart in rosa. Si corse a ottobre e non fu affatto un Giro meno bello e tantomeno blasfemo

La nicchia del Giro

Può bastare per tenere testa al Tour e rendere il Giro d’Italia appetibile per gli sponsor e i campioni? Lo vedremo alla prova dei fatti. Saremmo tutti ben contenti di raccontare la vittoria di un italiano di belle speranze e per quello potremmo anche dimenticare di non aver visto sul palco le star internazionali più celebri. Sarebbe un bel modo per dire che ci siamo anche noi, accettando il comfort del provincialismo e trincerandoci dietro il fatto che non dipenda da noi, ma da chi non ci capisce.

E’ l’orgoglio antico e profondo della mia cara Ascoli, città di pietra dalla grande storia e dagli scorci commoventi, che non ha l’autostrada, l’alta velocità e neppure l’aeroporto. Non la cambierei per nulla al mondo, sogno ogni giorno di tornarci, intanto però i ragazzi se ne vanno per trovare aperture più moderne e altre possibilità. E’ come la difesa strenua dei sampietrini di Roma, che spaccano gomme e ammortizzatori che siamo tutti felici di ripagare nel nome della tradizione.

Il Giro è così, refrattario al cambiamento, convinto che scegliere un’altra data significhi voltare le spalle al suo secolo di storia. E nel difendersi, si accomoda nella nicchia, senza capire che probabilmente la minore disponibilità di soldi e sponsor rispetto ai cugini francesi non sia figlia di un complotto, ma delle proprie scelte strategiche.

Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, ciclocross 2025

La routine pre gara di Lucia Bramati: dalla colazione alla partenza

15.12.2025
5 min
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Lucia Bramati è reduce dalla trasferta di Namur, tappa di Coppa del mondo, ultimo appuntamento prima di preparare gli impegni in Belgio di Natale. Una gara partita in maniera sfortunata e che poi non ha preso la piega sperata, ma per la giovane della FAS Airport-Guerciotti-Premac quello di Namur rimane l’appuntamento più atteso dell’anno (in apertura foto Instagram).

«Ho un’amore per la gara di Namur – racconta con trasporto la crossista – che è davvero viscerale, ho avuto modo di correre lì solamente due volte ma mi sono bastate per innamorarmi di questa tappa di Coppa del mondo. L’atmosfera che si respira intorno alla gara è incredibile, quasi magica. Così come magico è il posto nel quale si corre, con questo castello circondato da un parco sconfinato. Inoltre è uno dei percorsi più tecnici di tutto il calendario, dove non si trova mai un metro di pianura. Il terreno è sempre molto morbido, con un fango tipico del Belgio. Se ti piace il ciclocross è bello correre in queste condizioni, tutto diventa più divertente».

Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, ciclocross 2025
Lucia Bramati arriva da un’ottima top10 nella tappa di Coppa del mondo in Sardegna, mentre a Namur si è messa in mezzo la sfortuna
Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, ciclocross 2025
Lucia Bramati arriva da un’ottima top10 nella tappa di Coppa del mondo in Sardegna, mentre a Namur si è messa in mezzo la sfortuna

I rituali del ciclocross

Siamo andati dall’atleta della FAS Airport Service-Guerciotti-Premac incuriositi dal sapere come funziona la routine pre-gara nel ciclocross. Una gara nella quale ci si gioca tutto in appena un’ora, dove ogni dettaglio è importante e gioca un ruolo chiave nella prestazione finale. Non c’è solo il riscaldamento e la corsa, ma una serie di attività e una routine quasi sacra da rispettare. 

«Siccome nel ciclocross – racconta Lucia Bramati – corriamo intorno alle 13 la sveglia suona sempre alle 8 del mattino. Mi alzo con calma e la prima cosa che faccio appena sveglia sono degli esercizi di respirazione che per me sono molto importanti. Li ho aggiunti quest’anno, da maggio infatti lavoro con una figura che mi sta dando una mano dal punto di vista della fiducia nei miei mezzi. Era un percorso di cui sentivo di aver bisogno e dal quale sto avendo dei riscontri positivi».

Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, colazione, pane e marmellata
La prima colazione nel giorno di gara prevede pane e marmellata di pesca o albicocca
Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, colazione, pane e marmellata
La prima colazione nel giorno di gara prevede pane e marmellata di pesca o albicocca
Sono esercizi particolari?

Semplice respirazione. Ho un video da seguire che mi aiuta a prendere un ritmo di respiro. Sono due esercizi da cinque minuti l’uno, per un totale di dieci minuti.

Finito vai a fare colazione?

La prima della giornata, che per me è fatta rigorosamente con pane tostato con burro d’arachidi e marmellata di pesca o albicocca. Molto semplice, ma è un abbinamento che mi piace molto e mi fa svegliare più felice. Anche perché poi andiamo a correre tra fango e freddo, una colazione che mi mette di buon umore me la merito (ride, ndr). 

Manca ancora tanto alla gara…

Infatti risalgo in stanza e faccio degli esercizi di risveglio muscolare.

Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, riscaldamento riso, pasto pre gara
Una volta arrivata sul campo da cross, tre ore prima della gara, Lucia Bramati mangia una porzione di riso in bianco
Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, riscaldamento riso, pasto pre gara
Una volta arrivata sul campo da cross, tre ore prima della gara, Lucia Bramati mangia una porzione di riso in bianco
Quando si parte verso il campo di gara?

Tre ore prima più o meno siamo sul posto. Lì faccio la seconda colazione, che consiste in un piatto di riso bianco con dell’olio. Di solito la porzione è intorno ai 120 grammi. Anche in questo caso un pasto molto semplice, ma lo preferisco. Prima di correre mi si chiude lo stomaco e faccio fatica a digerire. 

Mangi da sola o con i compagni?

Dipende dagli orari degli altri. In squadra abbiamo la fortuna di avere dei meccanici che non ci fanno mancare nulla e spesso capita che ce lo fanno trovare già pronto al camper. Altrimenti loro mettono il pentolone a bollire e noi cuciniamo il riso a seconda di quanti siamo. 

Siamo a tre ore dalla partenza, giusto?

Esatto. Finito di mangiare vado a fare un giro a piedi del percorso per vedere i punti più importanti. Se le condizioni meteo sono cambiate molto rispetto al giorno prima faccio un giro in bici sul percorso, per capire quali copertoni e che pressioni usare. Una volta sistemato l’aspetto tecnico risalgo in camper e resto tranquilla fino a un paio d’ore dal via. 

Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, riscaldamento ciclocross
Se le condizioni sono cambiate tanto rispetto al giorno prima Lucia Bramati fa la ricognizione in bici, altrimenti a piedi
Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, riscaldamento ciclocross
Se le condizioni sono cambiate tanto rispetto al giorno prima Lucia Bramati fa la ricognizione in bici, altrimenti a piedi
E poi?

Inizio a prepararmi, mi vesto con calma e faccio ancora i miei esercizi di respirazione. Gli stessi del mattino. Una volta pronta scendo e mi metto sui rulli per il riscaldamento in bici: un quarto d’ora per far girare le gambe. Niente variazioni di velocità o cose particolari, al massimo aumento leggermente per due o tre minuti. Il vero riscaldamento arriva su strada.

Spiegaci meglio…

I rulli non mi sono mai piaciuti molto, sento di non riuscire a scaldarmi bene. Così una volta finita la mia sessione sgancio la bici, aspetto cinque minuti, e faccio tre scatti da una trentina di secondi su asfalto. In quel momento capisco se sarà una bella giornata oppure no. 

Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, riscaldamento rulli
Il riscaldamento sui rulli dura quindici minuti e serve per mettersi in moto, una volta finito arrivano i tre scatti su strada
Lucia Bramati, FAS Airport Service- Guerciotti-Premac, riscaldamento rulli
Il riscaldamento sui rulli dura quindici minuti e serve per mettersi in moto, una volta finito arrivano i tre scatti su strada
Perché?

Se sto bene allungo leggermente lo scatto e faccio anche più di trenta secondi, non troppo ma diciamo che è un buon feedback. Terminato il riscaldamento torno al gazebo del team e sistemo le ultime cose. Il giorno prima della gara mi scrivo tutto sulle note del telefono: orario di partenza, quando andare in griglia, quando gli scatti, ecc…

In griglia quanto prima del via si arriva?

Di solito una quindicina di minuti e trovo quasi sempre mia mamma. Parlo con lei, mi distraggo un pochino e faccio avanti e indietro sul rettilineo di partenza per tenere sempre le gambe calde e pronte. Anche perché nel ciclocross la partenza è fondamentale. Tengo ancora monitorato il respiro e aspetto che il semaforo diventi verde. 

Elisa Longo Borghini

Elisa riparte. Giro Women già in testa e squadra più forte

15.12.2025
6 min
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BENIDORM (Spagna) – In basso i grattacieli della città che nel 1992 consegnò il titolo iridato a Gianni Bugno e in alto, sulle colline che vi si affacciano, l’hotel dove alloggiano le due UAE: la Emirates degli uomini e la ADQ delle donne. Se ieri il re era stato Tadej Pogacar, oggi la regina è la nostra Elisa Longo Borghini.

Nei grandi stanzoni ai piani bassi i meccanici del team femminile sono quasi pari, per numero, a quelli del team maschile. Stessa struttura, stessa organizzazione e anche quasi lo stesso numero di bici, se non fosse che le ragazze sono numericamente di meno. Questa cosa di vera parità ci ha colpito in modo positivo.

In tutto ciò, alle 9 spaccate, le ragazze sono pronte per uscire. La sera stessa erano stati modificati i piani, visto che era prevista pioggia battente per il giorno successivo, quando erano previsti altri lavori, per qualcuna anche con la bici da crono. Quindi a guidare le compagne per queste cinque ore c’era proprio Elisa, in testa con la sua maglia tricolore e una forma fisica già molto buona. Ci è parsa bella tirata. «Beh, grazie – replica Longo Borghini sorridendo – non potevate fare un complimento migliore a un’atleta».

Nel pomeriggio, dopo il massaggio, ecco il momento ideale per riordinare le idee. L’allenamento è andato bene e alla fine hanno schivato l’acqua.

Elisa Longo Borghini (classe 1991) si appresta ad affrontare la sua 15ª stagione tra le grandi. Il tris al Giro Women è l’obiettivo principale
Elisa Longo Borghini
Elisa Longo Borghini (classe 1991) si appresta ad affrontare la sua 15ª stagione tra le grandi. Il tris al Giro Women è l’obiettivo principale
Si parte insomma, oltre che tirata ci sembri serena…

Sono molto serena. Tranquillissima direi, anche perché magari l’anno scorso era tutto molto nuovo, mentre adesso è stato come tornare un po’ a casa. Stiamo facendo i primi allenamenti, anche se ormai è già un mesetto che vado in bici. Vogliamo partire un pochino tranquilli e, per ora, sta andando tutto bene.

La tua squadra si sta rinforzando. E’ sempre poco elegante fare paragoni con gli uomini, però ormai anche tra le donne nel WorldTour ci sono le buone squadre e le corazzate. Ebbene tu sei la leader di una corazzata: quanta pressione c’è? E quanto onore?

La pressione viaggia sempre insieme all’onore. Non ci sarebbe onore se non ci fosse pressione. Quindi sono contenta di essere sotto pressione, altrimenti vorrebbe dire che non sono forte abbastanza. E’ giusto che ci sia, che ci tenga motivate. Finché è una pressione positiva, benvenga.

L’arrivo di una top rider come Mavi Garcia come gregaria o comunque in tuo supporto cosa rappresenta?

Mavi ha tantissima esperienza, anche se ciclisticamente è giovane. Però è stato un ottimo acquisto sia dal punto di vista umano sia da quello atletico. Lei, insieme a Paulina Rooijakkers, ci permette di avere più carte per la classifica generale nei giri a tappe in cui magari io non ci sarò oppure non correrò per la generale. Questi innesti hanno rinforzato molto la squadra e sono stracontenta che ci siano due pedine come loro.

Mavi Garcia
Pauliena Rooijakkers e Mavi Garcia (41 anni, in foto) sono acquisti preziosi per Elisa e la UAE Adq intera in chiave salita
Mavi Garcia
Pauliena Rooijakkers e Mavi Garcia (41 anni, in foto) sono acquisti preziosi per Elisa e la UAE Adq intera in chiave salita
Vi siete spesso combattute spalla a spalla: com’è ritrovarla ora in questo ruolo di aiutante?

La realtà è che se stimi un corridore è anche semplice andarci d’accordo. E poi spesso i tuoi peggiori nemici sono quelli che devi trasformare in alleati. Scherzi a parte, a me piace correre con corridori forti, perché questo ci permette di avere numeri davanti. E si sa che il ciclismo oggi, più che mai, è anche un gioco di numeri. Più persone della squadra abbiamo davanti, più possibilità di vincere abbiamo. Che sia io, che sia Mavi o che sia Paulina, alla fine non importa: conta che vinca la UAE Adq.

Più o meno conosci già il tuo calendario 2026?

A grandi linee sì. Sicuramente il Giro d’Italia Women sarà il centro di tutto il calendario 2026. Farò le classiche di primavera, poi staccherò proprio in vista del Giro.

Farai anche la Roubaix?

Non lo so, vedremo in questi giorni. Dopo le Ardenne di certo staccherò e preparerò bene il Giro. Mentre il Tour de France Femmes lo farò e l’obiettivo è finirlo. Non sono sarcastica, lo spero davvero. Ve lo avevo già detto l’ultima volta. Per me sarebbe un grande onore, viste le precedenti esperienze.

Elisa ha ritoccato la posizione: «Quando ero sotto sforzo tendevo a scivolare davanti sulla sella», ha detto. Ora è più raccolta
Elisa ha ritoccato la posizione: «Quando ero sotto sforzo tendevo a scivolare davanti sulla sella», ha detto. Ora è più raccolta
Riguardo ai materiali, come state lavorando?

Abbiamo tanti meccanici e si lavora bene. Per quanto riguarda le bici, io preferisco sempre il telaio Colnago V5Rs rispetto alla Y1Rs. Monto il 54-36 in alcune corse o il 54-40 in altre, con cassetta posteriore sempre 11-34. Le mie ruote preferite sono le Enve 4.5: normalmente questo è il mio setup da gara, quello che uso nel 90 per cento delle corse.

Hai cambiato qualcosa anche in termini di posizione?

Sì, ho fatto un bike fitting. Ho accorciato l’attacco manubrio: ora uso un 120 millimetri, prima era un 125. Ho anche avanzato la sella di 3 millimetri e l’ho alzata sempre di 3 millimetri. Adesso ho una posizione più compatta, più raccolta.

Avete visto un miglioramento nei watt o è soprattutto una questione di comodità?

Un po’ entrambe le cose. Già verso la fine della scorsa stagione sentivo il bisogno di essere più corta per riuscire a spingere meglio. Spesso, sotto sforzo, mi spostavo molto in avanti sulla sella. Con questa soluzione sono più stabile e la sensazione è di riuscire a imprimere la forza giusta sui pedali, in modo più diretto.

Ad Abu Dhabi come a Benidorm a guidare le compagne c’era la campionessa italiana (foto Instagram UAE Adq)
Ad Abu Dhabi come a Benidorm a guidare le compagne c’era la campionessa italiana (foto Instagram UAE Adq)
Le tue rivali sono i soliti nomi: Kopecky, Ferrand-Prévot, Vollering… Ma c’è qualche giovane che ti ha colpito e che potrebbe essere la sorpresa del 2026?

Federica Venturelli – replica Elisa senza indugio – che però non è una mia rivale. L’ho vista crescere molto bene e secondo me diventerà una delle più forti cronoman in assoluto. Lo dico per diversi motivi: è forte fisicamente, ha davvero la testa del corridore e, oltre a essere una brava ragazza, ha grandi visioni.

In che senso?

Spesso i grandi motori mancano di visione e tendono a essere più istintivi. Federica invece ha una visione globale dell’essere atleta, del fare la vita dell’atleta, del voler arrivare e del sapere anche come farlo. Ed è molto umile. Tutto questo, secondo me, la porterà lontano.

I Grandi Giri femminili hanno riportato nel ciclismo femminile salite lunghissime come Alpe d’Huez, Blockhaus, Ventoux e Finestre.
E contestualmente sta tornando centrale il ruolo della scalatrice. Questo apporta un cambiamento nel modo di lavorare? O basta avere una squadra forte per fare quei numeri, come si diceva prima?

Anche se ci fosse la più forte scalatrice del mondo, la squadra rimane centrale e importantissima. Però è chiaro che oggi bisogna lavorare in vista dei Grandi Giri in modo diverso, e io lo sto già facendo da tre anni. La preparazione è cambiata molto: si guarda di più a cosa si mangia, a come e quando si mangia. Il peso torna centrale per ovvi motivi, ma soprattutto si cerca di diventare il più efficienti possibile in generale.

Viviani DMT Livigno

Un campione per amico: l’importanza di Viviani per DMT

14.12.2025
5 min
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Elia Viviani ha concluso quest’anno una carriera costellata di tantissimi successi, sia in strada che in pista. L’ultimo – da libro cuore – è stato l’oro nell’Eliminazione ai mondiali di Santiago del Cile lo scorso ottobre.

Viviani ha passato gran parte della sua vita ciclistica a fianco dell’azienda veneta DMT, e il brand l’ha seguito anche durante il suo ultimo ritiro, quest’estate a Livigno, dove il velocista stava preparando il mondiale.

Abbiamo contattato Mattia Viel, che si occupa dei rapporti con gli atleti e delle sponsorizzazioni per DMT, per farci raccontare i suoi giorni in altura con il campione olimpico di Rio 2016.

Mattia Viel (a destra), ex pro’, ora si occupa delle sponsorizzazioni degli atleti in DMT, cosa che lo porta ad essere in stretto contatto con campioni come Pogacar o Viviani
Mattia Viel (a destra), ex pro’, ora si occupa delle sponsorizzazioni degli atleti in DMT, cosa che lo porta ad essere in stretto contatto con campioni come Pogacar o Viviani
Mattia Viel, cosa avete fatto con Viviani a Livigno?

Siamo stati lì con lui quest’estate per produrre un video che raccontasse il suo rapporto con la nostra azienda, ma anche qualcosa di lui che fosse più personale. Quando ho saputo del suo ritiro ho pensato che è stato davvero una persona fondamentale per noi e che forse potevamo comunicarlo di più. Da qui l’idea di produrre il video, sentire la sua viva voce che parlasse del nostro rapporto.

E lui com’è stato in quei giorni?

Super professionale come sempre. Si stava preparando per i mondiali in pista, ma ci ha dedicato qualche ora di alta qualità. Era un modo per omaggiare la sua straordinaria carriera.

Viviani DMT Livigno
Viviani è salito a Livigno quest’estate per preparare gli ultimi appuntamenti dell’anno e della carriera (foto Gabriele Facciotti)
Viviani DMT Livigno
Viviani è salito a Livigno quest’estate per preparare gli ultimi appuntamenti dell’anno e della carriera (foto Gabriele Facciotti)
Da sempre divisa tra strada e pista.

Esatto! E per noi Elia funziona bene proprio perché è molto versatile. Infatti il concept del video è avere un piede in due scarpe, proprio per sottolineare la sua passione per le due discipline e il fatto che sia riuscito sino alla fine a portarle avanti entrambe ad altissimi livelli. Allo stesso modo utilizza sia le scarpe con i lacci che quelle con i rotori, quindi è un testimonial perfetto.

Durante le riprese sono venuti fuori retroscena interessanti?

A me è piaciuto il fatto che sia venuto fuori il lato umano, le storie oltre alla performance. Per esempio quando scambia qualche battuta al telefono con Federico Zecchetto, il patron di DMT, e si parlano in veneto. Questo rende bene l’idea del rapporto che c’è tra lui e l’azienda. Noi siamo una realtà abbastanza piccola rispetto ad altre, ma proprio per questo puntiamo moltissimo sul seguire da vicino i nostri atleti.

Perché, ricordiamo, Viviani è veronese come l’azienda…

Esatto, e questo ha comunque avuto un ruolo. Come dicevo con lui c’è sempre stato un rapporto particolare, anche per la vicinanza che ha avuto con il nostro collega Nicola Minali, che è suo compaesano. Per esempio, credo sia la persona che ha ricevuto più versioni customizzate in assoluto.

Scarpe DMT Viviani custom
Uno dei molti modelli che l’azienda ha creato apposta per il campione veronese: forse l’atleta che ha ricevuto più customizzazioni in assoluto (foto Gabriele Facciotti)
Scarpe DMT Viviani custom
Uno dei molti modelli che l’azienda ha creato apposta per il campione veronese: forse l’atleta che ha ricevuto più customizzazioni in assoluto (foto Gabriele Facciotti)

La voce di Minali

E in effetti anche Nicola Minali, che in DMT è responsabile dello sviluppo tecnico, ha diverse cose da raccontare del campione olimpico. Nell’intervista rilasciata a bici.PRO quest’estate ci aveva accennato al fatto che, prima ancora del modello fatto per Pogacar, le primissime scarpe con chiusura a lacci siano state realizzate per Viviani. Gli chiediamo di spiegarci meglio questa storia.

«Quella scarpa fatta per Elia però – dice – era piuttosto diversa da quelle che sono in catalogo ora. Era una modello sì con i lacci, ma da pista e con una cover aerodinamica per massimizzare le prestazioni. Ed era in microfibra, a differenza di quella fatta per Tadej che è in knit. Era un modello pensato per gli sforzi di breve durata, appunto quelli che si fanno in velodromo. Su strada si sarebbe scaldata troppo».

Viviani DMT Livigno
Con ogni probabilità il rapporto tra il velocista e l’azienda continuerà, pur in forma diversa, anche in futuro (foto Gabriele Facciotti)
Viviani DMT Livigno
Con ogni probabilità il rapporto tra il velocista e l’azienda continuerà, pur in forma diversa, anche in futuro (foto Gabriele Facciotti)
Nicola, lei Viviani lo conosce da quando era un ragazzo. Com’è stato lavorarci tutti questi anni?

Io ed Elia siamo praticamente compaesani (i due sono entrambi di Isola della Scala, ndr), e durante la sua carriera quando è stato libero ha sempre collaborato con noi. E’ sempre stato un uomo azienda, molto lucido fin da ragazzino, uno che non parlava mai a vanvera. La sua maniacalità, quella che gli ha fatto raggiungere i risultati che ha raggiunto, ha aiutato molto anche noi. Da quando io lavoro qui, ci siamo sempre basati moltissimo sui feedback dai corridori e, visto il nostro rapporto, Elia è stato molto importante.

Forse il picco della sua carriera è stato l’oro olimpico di Rio 2016. Che scarpe aveva quel giorno?

Una scarpa particolare, con un filo che passava tutto attorno al piede, con chiusura a rotori. La scuola aveva due canaline che permettevano al filo di passare da parte a parte, per avvolgere il piede nel migliore dei modi. L’ispirazione del nuovo modello con i lacci è partita da lì, l’idea di base è la stessa. Elia c’è sempre stato in ogni nostra innovazione. Il primo modello di scarpa fatto con il knit e non più in microfibra l’ha usato lui ai campionati italiani e ha subito vinto. Sembrava che ogni nuovo modello che gli proponessimo lui lo provasse e immediatamente vincesse. Anche per questo è stato, e continuerà ad essere, una persona speciale per noi.

Matteo Scalco, VF Group-Bardiani CSF-Faizanè

Il 2026 di Scalco: devo team XDS Astana e una finestra sul WT

14.12.2025
4 min
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Matteo Scalco in questi giorni si trova in Spagna, ad Altea, e si sta allenando sulle strade che negli ultimi tre anni lo hanno visto crescere e mettere chilometri nelle gambe. Tuttavia quest’anno qualcosa è cambiato, perché il ragazzino di Thiene si veste di nuovi colori. Ha abbandonato il nido della VF Group-Bardiani ed è pronto a spiccare il volo con la XDS Astana. Quello che lo aspetta è un altro anno da vivere come under 23, l’ultimo a disposizione, ma ciò che cambia è la prospettiva. Matteo Scalco infatti con la XDS Astana ha firmato un contratto triennale: una stagione nel devo team e due nel WorldTour. 

«Rispetto agli scorsi anni – dice Scalco – l’hotel dell’Astana è a un chilometro di distanza rispetto a quello in cui alloggiavamo con la VF Group-Bardiani. Siamo qui da quattro giorni e piano piano mi sto ambientando. Ieri (sabato, ndr) sono arrivati gli altri ragazzi del devo team».

Matteo Scalco nei tre anni con la squadra dei Reverberi è cresciuto diventando un riferimento nelle corse under 23 (Photors.it)
Matteo Scalco nei tre anni con la squadra dei Reverberi è cresciuto diventando un riferimento nelle corse under 23 (Photors.it)
Ultimo anno da under, allora perché cambiare?

In VF Group-Bardiani ero un professionista contrattualmente, ma mi sono sempre sentito come un ragazzo che fa parte di un devo team. Per questo penso di avere ancora ampi margini di crescita e che per sfruttarli al meglio sia giusto fare un passaggio intermedio. Essere parte della formazione di sviluppo qui in XDS Astana mi darà modo di prendere parte alle gare under 23 e di fare un passo alla volta. 

Pensi sia un ulteriore step?

Entrare in un devo team di una squadra WorldTour è sempre un passo in avanti. Non per togliere niente al team di Reverberi, ma sappiamo tutti che nel ciclismo moderno il budget fa tanto. Alle spalle ora ho uno staff molto più grande che mi segue in tutti gli aspetti, non che prima mancasse qualcosa, ma il cambio c’è. 

I progressi del corridore veneto (qui a Capodarco) lo hanno messo sotto la lente di tanti team WorldTour (Photors.it)
I progressi del corridore veneto (qui a Capodarco) lo hanno messo sotto la lente di tanti team WorldTour (Photors.it)
Con chi lavorerai?

Il mio preparatore sarà Cucinotta, mi seguiva già nella passata stagione. Mi sono trovato subito molto bene con lui e non avevo motivo di cambiare, anzi.

Hai già parlato di programmi di lavoro?

Tutto rimarrà invariato più o meno, il principale cambiamento sarà che non inizierò a correre a fine gennaio, ma a metà febbraio. Quando ero in VF Group il programma era stabilito su una ventina di corridori, di cui sei o sette erano under 23. Qui ci sono ventotto atleti del WorldTour e una quindicina del devo team. Per cui i programmi saranno distinti, qualche volta andrò comunque a correre con i professionisti.

Con il devo team della XDS Astana Scalco potrà correre il suo ultimo anno da under puntando a consolidare i progressi fatti (Photors.it)
Con il devo team della XDS Astana Scalco potrà correre il suo ultimo anno da under puntando a consolidare i progressi fatti (Photors.it)
Al Giro delle Valle d’Aosta parlavi di essere un corridore costante, questo ulteriore anno da under servirà per raccogliere qualche risultato di rilievo?

Nel momento in cui ho avuto i primi contatti con l’Astana abbiamo parlato proprio di questo. Il fatto di fare un altro anno da under 23 mi permetterà di tornare in certe gare per cercare di fare risultati importanti. Un calendario ben diviso tra under 23 e gare con la squadra WorldTour mi permetterà di concentrarmi al meglio. Comunque con la VF Group-Bardiani era diverso.

Cosa intendi?

Che anche nelle gare professionistiche si andava con l’obiettivo di fare il miglior risultato e di non mollare. Mentre quest’anno il mio ruolo in squadra, tra i grandi, sarà di supporto

Matteo Scalco, VF Group-Bardiani CSF-Faizanè, Poggiana 2025
Il 2025 di Scalco è stato un anno solido, impreziosito dalla vittoria al GP Sportivi di Poggiana (Photors.it)
Matteo Scalco, VF Group-Bardiani CSF-Faizanè, Poggiana 2025
Il 2025 di Scalco è stato un anno solido, impreziosito dalla vittoria al GP Sportivi di Poggiana (Photors.it)
Dopo risultati del 2025 non avevi voglia di entrare già nel WorldTour?

Mi è sempre piaciuto fare le cose con calma. Ci sono tanti ragazzi che in pochi anni entrano nel WorldTour, però sono dell’idea che non per tutti questo sia il cammino giusto. A volte serve tempo per crescere. Magari avrei anche potuto trovare un contratto di due anni nel WorldTour, ma avrei avuto le occasioni contate. Qui sento di avere tanta fiducia e il 2026 sarà un anno fondamentale per gettare le basi in vista dei prossimi due.