Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost (foto Alessio Pederiva)

La settimana tipo del crossista: parola a Filippo Agostinacchio

11.12.2025
6 min
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L’ottavo posto nella prova di Coppa del mondo di ciclocross in Sardegna ha mostrato un Filippo Agostinacchio in grande spolvero. L’atleta valdostano era solamente alla sua seconda gara sul fango, in questa particolare stagione invernale che lo vedrà correre con i colori della EF Education EasyPost, prima di indossare anche la maglia della Biesse Carrera Premac in primavera. In Valle d’Aosta il freddo picchia forte e si fa sentire, trovare lo spazio per uscire in bici e allenarsi non è semplice e si devono fare i conti con tanti fattori. Eppure i lavori fatti dal più grande dei due fratelli ciclisti lo ha portato a vedere la top 10 in una delle gare più importanti della sua stagione sul fango (in apertura foto Alessio Pederiva). 

L’assist è pressoché perfetto e così insieme al ventiduenne di Aosta, che intanto porta avanti i suoi studi in Scienze Motorie e Sportive, andiamo a curiosare nella sua “settimana tipo” nel ciclocross. 

«La prima cosa che ho notato – racconta Filippo Agostinacchio – è di avere una buona condizione ma di aver bisogno di qualche ora in più in sella, per migliorare la guida e la tecnica. Il ginocchio che mi aveva fatto leggermente tribolare a novembre ora sta meglio e riesco a gestire bene tutto tra carichi di allenamento e gare».

Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost (foto A. Di Donato)
Quando il calendario del cross propone impegni ravvicinati dopo la gara Agostinacchio dedica dieci minuti al defaticamento (foto Alessandro Di Donato)
Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost (foto A. Di Donato)
Quando il calendario del cross propone impegni ravvicinati dopo la gara Agostinacchio dedica dieci minuti al defaticamento (foto Alessandro Di Donato)
Allora partiamo con la settimana tipo, iniziamo con il giorno dopo la gara…

In teoria già dopo la corsa della domenica (al momento il calendario di Agostinacchio prevede una gara a settimana, ndr) dovrei fare dieci minuti di defaticamento. Quando corro meno, come in questo periodo non lo faccio sempre. Se gli appuntamenti aumentano e diventano ravvicinati allora sì.

Adesso arriviamo al lunedì?

Giorno di scarico in cui faccio un’uscita di un’ora e mezza con la bicicletta da cross sulla quale monto le ruote da strada e pedalo su asfalto. Preferisco tenere la bici che uso per le gare per non avere variazioni nella seduta, le posizioni tra cross e strada cambiano sempre un pochino. Nel pedalare cerco di non guardare i numeri, diciamo che vado a spasso. Qualche volta l’occhio cade sul computerino che segna sempre tra Z0 e Z1 in termini di potenza. Se riesco pedalo in compagnia e faccio la classica sosta bar. 

Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost
Dopo il giorno di scarico, su strada, il martedì Agostinacchio riprende gli allenamenti in un campo di cross vicino a casa
Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost
Dopo il giorno di scarico, su strada, il martedì Agostinacchio riprende gli allenamenti in un campo di cross vicino a casa
Siamo a martedì?

Si parte con una pedalata su strada in Z2 per riscaldarmi. Poi vado a fare i lavori specifici su un campo da cross che ho dietro casa in modo da tenermi allenato anche sulla tecnica di base. Un giro del circuito corrisponde a tre chilometri, quindi circa sette minuti di percorrenza se fatto a tutta. Il martedì lavoro sul VO2 Max e divido l’allenamento così: faccio un giro a ritmo gara alternato a uno di riposo, per tre volte. Una volta terminato aggiungo degli sprint da trenta secondi da seduto.

Perché da seduto?

Per il cross è più utile visto che in gara non capita spesso di alzarsi sui pedali per rilanciare l’andatura. Questi sprint mi servono per simulare l’uscita di curva e situazioni che ritrovo in corsa. Di solito effettuo anche qualche variazione di cadenza per simulare i diversi terreni sui quali mi trovo a correre. 

Filippo Agostinacchio, EF Education-EasyPost-Oalty, Liguria, novembre 2025
Il mercoledì Agostinacchio lo dedica al lungo, per tenere allenata anche la parte aerobica
Filippo Agostinacchio, EF Education-EasyPost-Oalty, Liguria, novembre 2025
Il mercoledì Agostinacchio lo dedica al lungo, per tenere allenata anche la parte aerobica
Mercoledì?

E’ il giorno del lungo, se riesco prendo la macchina per andare verso Verres, dove il sole spunta prima da dietro i monti e fa leggermente più caldo. Per il lungo rimango nell’ordine delle quattro ore e mezza o cinque. Solo se c’è una gara importante diminuisco il volume e faccio tre ore e mezza. E’ un allenamento importante per mantenere una base aerobica e perché torna utile quando poi tornerò a correre su strada. Anche in questo caso meglio allenarsi in compagnia e fermarsi ogni tanto per riscaldarsi e socializzare. 

Si entra nella seconda parte della settimana…

Giovedì ritorno sul campo da cross per allenare la tecnica di base. Prima però faccio un paio d’ore in Z2 su strada, sempre utilizzando la bici da ciclocross. Una volta finito entro nel percorso e mi metto a girare a buon ritmo, guido, salgo e scendo dalla bici, porto la bici in spalla, salto ostacoli. Insomma alleno tutti gli aspetti tecnici. Al termine inserisco sempre una decina di sprint brevi, anche meno di dieci secondi, per tenere la gamba allenata. 

Venerdì cosa prevede il menu?

Mi regolo in base al viaggio, di solito si corre la domenica quindi il venerdì ci si sposta nella località di gara. Se riesco metto un’oretta di scarico, altrimenti faccio riposo completo e si passa al giorno successivo.

Sabato, vigilia della gara. 

Si fa un allenamento di un’ora e mezza, massimo due, con una prima parte su strada per riscaldarsi. Poi si entra nel percorso, faccio i primi giri piano per studiare e capire bene come approcciare i passaggi più delicati. Una volta memorizzato mi metto a ritmo gara per sbloccare la gamba dopo il giorno di riposo. Al termine di tutto inserisco qualche prova di partenza e qualche sprint sui dieci secondi. Domenica si corre e poi riparte la settimana. 

Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost, core, allenamento, corpo libero
Durante la settimana non mancano gli esercizi per il core e la palestra
Filippo Agostinacchio, ciclocross, EF Education EasyPost, core, allenamento, corpo libero
Durante la settimana non mancano gli esercizi per il core e la palestra
Apriamo il capitolo palestra?

Certo. Preferisco farla lontana dalle gare perché mi sono reso conto di fare più fatica a recuperare da questo tipo di allenamento, quindi la inserisco il martedì. Dopo l’allenamento in bici aspetto quattro ore e la sera vado in palestra. Faccio sempre qualche lavoro per potenziare il core e poi i classici esercizi: stacchi, squat e qualcosa di pliometria per allenare forza e velocità. Durante la settimana inserisco sempre anche due sessioni di allenamento a corpo libero, per rinforzare la schiena: solitamente lunedì e venerdì. 

Ultima domanda, fai anche qualche sessione di corsa a piedi?

Una a settimana. Una trentina di minuti prima di colazione, solo perché mi dà fastidio correre senza aver digerito. Mi gestisco abbastanza liberamente quando inserire la corsa, di solito è il lunedì, oppure la faccio nel giorno del lungo e tolgo trenta minuti di bici.

Gianluca Brambilla, diesse

Bici al chiodo, corso ad Aigle, ammiraglia: Brambilla è già diesse

11.12.2025
4 min
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Dalla bici all’ammiraglia è un passo che molti hanno compiuto nel ciclismo, ma in pochissimi lo hanno fatto in modo così repentino. Gianluca Brambilla ci aveva accennato, nelle ultime interviste, della volontà di restare nell’ambiente, ma nessuno avrebbe pensato che tutto accadesse così velocemente. Praticamente in meno di 50 giorni cioè dall’ultima gara a cui ha preso parte, la Veneto Classic, ha fatto tutto!

E’ vero che lo avevamo visto sui social ad Aigle, intento a studiare e seguire i corsi all’interno del velodromo dell’UCI in Svizzera, tuttavia quando lo abbiamo sentito di nuovo per sapere come andavano le cose non ci aspettavamo un messaggio del tipo: «Ho diretto il mio primo allenamento da diesse». Una storia che merita di essere raccontata, quella di Brambilla, che ci ha risposto dalla costa valenciana, dove è in ritiro con la sua ex squadra, la Q36.5 Pro Cycling Team. Che poi ex non è!

Gianluca Brambilla, diesse
Il corso di Aigle? Una vera full immersion di cinque giorni (quattro di lezione più uno d’esame)
Gianluca Brambilla, diesse
Il corso di Aigle? Una vera full immersion di cinque giorni (quattro di lezione più uno d’esame)
Gianluca, dicevamo, ci avevi accennato alla volontà di restare nell’ambiente e, perché no, di fare il direttore sportivo, ma sembrava una cosa non così immediata… Com’è andata realmente?

E’ vero, ma è andata così. Sicuramente per la passione che ho per il ciclismo e perché ha inciso molto la squadra dove ero e dove sono. L’idea comunque non era così remota: ho avuto l’opportunità di fare subito il corso ad Aigle, è andato bene e con la squadra ho continuato. Appena finito il corso sono rientrato come direttore.

Quindi sei un direttore sportivo a tutti gli effetti?

Sì, soprattutto dopo la riunione fiume di quattro ore con gli altri direttori sportivi al primo giorno di ritiro! Bisogna iniziare. Ho visto che in auto me la cavo, devo solo prendere mano con i compagni, anzi con i corridori…

Cosa avete fatto ad Aigle? Com’era strutturato il corso per direttori sportivi indetto dall’UCI?

Il corso è abbastanza impegnativo, sia a livello di ore sia di esame. Io poi non ero più abituato a fare tante ore di scuola: lezioni teoriche dalle 9 alle 18, dal lunedì al giovedì, quindi quattro giorni di vera full immersion. E poi al venerdì mattina c’era il test.

Gianluca Brambilla, diesse
Brambilla è dunque sull’ammiraglia in questi primi giorni di training camp nella costa valenciana (foto d’archivio CAuldPhoto)
Gianluca Brambilla, diesse
Brambilla è dunque sull’ammiraglia in questi primi giorni di training camp nella costa valenciana (foto d’archivio CAuldPhoto)
In cosa consiste il test?

E’ un test a risposta multipla su tutto ciò che ci hanno spiegato: regolamenti, anti-doping, regole di gara, organi e organigramma UCI, i vari corpi che vi sono in seno alla stessa UCI e che vengono coinvolti nelle gare, a chi rivolgersi quando si ha un problema o quando, al contrario, si vuole richiedere qualcosa…

Il corso quindi non tratta tattiche o aspetti tecnici?

No, tattica zero. E’ una formazione burocratico-teorica.

Come si tenevano le lezioni?

I professori, chiamiamoli così, erano tanti e molto diversi tra loro. Molti erano direttori di corsa, altri giudici. C’era anche Bertogliati, che conoscevo e che è stato un direttore (e manager, ndr). Altre figure lavorano all’interno dell’UCI e sono preposte alla formazione dei tecnici e ai regolamenti. Per esempio si è parlato parecchio delle regole tecniche della bicicletta: larghezza del manubrio, arretramenti, posizione da crono… Addirittura, ed è stata la cosa che mi ha colpito di più, c’era un ex investigatore dell’FBI incaricato di spiegare i controlli sulle frodi tecnologiche.

Tu Gianluca, ad Aigle sei potuto andare in quanto professionista e quindi hai avuto accesso diretto al terzo livello?

No, non ci sono andato come ex professionista, ma perché ho chiesto l’invito tramite la squadra. Altrimenti, da privato, ci vorrebbe molto più tempo. Mi spiego: se è una squadra di professionisti che ti propone, puoi accedere direttamente al corso UCI di Aigle e questo basta per essere un direttore sportivo a tutti gli effetti.

Gianluca Brambilla, diesse
La sfida più ardua per Brambilla in questa fase è quella di uscire dai panni del compagno di squadra e indossare quelli di diesse
Gianluca Brambilla, diesse
La sfida più ardua per Brambilla in questa fase è quella di uscire dai panni del compagno di squadra e indossare quelli di diesse
E’ come se fosse un quarto livello?

Se lo rapportiamo a quello italiano, sì. Tuttavia devo fare una precisazione: attualmente, anche se sono un diesse, voglio completare il percorso pure con la Federazione Ciclistica Italiana. A breve terminerò il secondo livello.

Com’è ritrovarsi dall’altra parte della barricata di punto in bianco? Prima, ad esempio, li chiamavi ancora “compagni”…

Vero, ora devo chiamarli corridori. Per ora la prima cosa è che al buffet ho il mio posto da diesse… ed è un buffet migliore! Scherzi a parte, i primi contatti sono proprio di questi giorni. Mi hanno già assegnato qualche corridore, ma la lista non è ancora definitiva.

Emozioni? Tu, Gianluca, sei un tipo sensibile…

Sono molto curioso e super motivato. Prima del primo allenamento la cosa che mi preoccupava di più era guidare l’ammiraglia tra gli atleti, ma vedo che va bene. Dovrei esordire in Oman, come seconda ammiraglia e lì non sarebbe male: le strade sono ampie, rettilinee e la corsa non è super stressante. Per il resto c’è da iniziare questo nuovo rapporto con i miei ex compagni.

Biagio Conte, Eolo Kometa

Fra il lavoro e la Padovani, riparte anche Conte

11.12.2025
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«Forse la mia soddisfazione maggiore – dice Biagio Conte senza mezza esitazione – sono stati gli anni passati come gavetta alla Marchiol, che era la squadra vivaio della Liquigas. Lì ho avuto modo di crescere ragazzi che poi hanno conosciuto tutti. Viviani, Cimolai, Guarnieri, Sagan. Insomma, ho avuto veramente grossissime soddisfazioni. Come poi il passaggio alla Liquigas. Ricordo la prima gara in ammiraglia, con accanto Mariuzzo che mi faceva da tutor. Il Giro del Friuli del 2010, che si concludeva qui a Sacile. Prima corsa e prima multa. Lui mi strillava di passare, io gli dicevo che c’erano i giudici. E la sera mi ricordo Amadio furibondo, anche perché arrivammo secondi con Guarnieri, dietro a Roberto Ferrari».

Biagio Conte è a casa malato, così ha dovuto prendersi dei giorni di malattia dal suo lavoro nelle macchinette da caffè automatiche. A breve ripartirà anche dall’ammiraglia del Team Padovani, cui ha offerto disponibilità a giornate. Dallo scorso anno, dato che forse a molti è passato inosservato, il suo nome è sparito dall’organico del Team Polti-Visit Malta. C’era arrivato quando si chiamava Eolo-Kometa, lasciando la Work Service di cui era direttore sportivo e in cui aveva ritrovato Davide Rebellin che era stato suo compagno fra i dilettanti. Nonostante il suo ruolo, non aveva saputo resistere alla chiamata di Basso e Zanatta, in una sorta di ricostruzione della vecchia Liquigas. Poi però per motivi economici, così ci racconta, il suo nome è stato tolto dal mazzo. Non gli chiediamo quanto guadagnasse.

Elia Viviani in una delle sue prime vittorie, al Giro delle Tre Province, ancor prima di passare professionista
Viviani vince il Giro delle Tre Province, sulla sua ammiraglia c’è Biagio Conte, ex pro’ classe 1968
Elia Viviani in una delle sue prime vittorie, al Giro delle Tre Province, ancor prima di passare professionista
Viviani vince il Giro delle Tre Province, sulla sua ammiraglia c’è Biagio Conte, ex pro’ classe 1968
Hai già avuto modo di unirti alla Padovani?

Non ancora. Quando hanno fatto i primi ritiri per le visite, ero a trovare i parenti in Sicilia, ma conto di esserci per il prossimo. Cercherò di essere presente nei weekend, perché con il lavoro non posso prendermi troppi giorni, soprattutto in previsione di eventuali corse a tappe. Lavoro sempre sulle macchinette del caffè, giro tutto il giorno col furgone. Dopo la fine con Polti, mi ha chiamato un amico e mi ha offerto un contratto a tempo indeterminato, che ho accettato subito. Ho bisogno ancora di raggiungere i contributi per la pensione, così quando Ongarato mi ha proposto di unirmi alla Padovani, ho offerto la disponibilità che posso. Dovrebbero mancarmi due anni alla pensione, ma devo verificare bene.

Ti aspettavi che la tua carriera nel professionismo si fermasse così?

So che hanno inserito Gavazzi e che Maini è andato alla MBH Bank, dove magari gli avranno fatto una proposta migliore, perché quella che aveva in Polti era la stessa che io ho rifiutato. Ci sono rimasto abbastanza male, perché eravamo partiti con un progetto cui ho voluto credere e partecipare, ma alla fine mi pare che le cose non stiano andando come si era pensato.

Con Pellizotti e Basso, nel ritiro invernale di Passo San Pellegrino 2009-2010 con la Liquigas: Conte è un diesse al debutto
Con Pellizotti e Basso, nel ritiro invernale di Passo San Pellegrino 2009-2010 con la Liquigas: Conte è un diesse al debutto
Con Pellizotti e Basso, nel ritiro invernale di Passo San Pellegrino 2009-2010 con la Liquigas: Conte è un diesse al debutto
Con Pellizotti e Basso, nel ritiro invernale di Passo San Pellegrino 2009-2010 con la Liquigas: Conte è un diesse al debutto
Troverai facilmente le motivazioni per ripartire da una continental?

Credo che alla fine se sei appassionato del tuo lavoro, vuoi farlo per bene. Che sia una continental o uno squadrone, ci tieni a portare la tua esperienza, quello che hai imparato in questi anni. Così penso che la motivazione sia al massimo, ne sono certo.

L’obiettivo è tornare nel professionismo?

Onestamente? Non lo so. Mi sono reso conto che il professionismo è una parte importante della mia vita, tutto quello che vuoi, però mi ha portato via anche parte della vita in famiglia. Mi sono reso conto che quest’anno, rimanendo a casa e lavorando, mi sono goduto i weekend con mia moglie. Ho potuto riassaporare la vita familiare. Ma a monte di tutto, l’obiettivo è raggiungere la serenità da pensionato. E poi può darsi che mi venga la voglia di rimanere nell’ambiente e continuare questo tipo di lavoro. Magari per allora avrò anche più tempo e disponibilità, anche se alla Padovani ho detto che farò tutto al 100 per cento. Non faccio mai le cose a caso, mi piace fare tutto bene.

Conte è arrivato alla Padovani per la chiamata di Alberto Ongarato. Affiancherà Dimitry Konychev (photors.it)
Conte è arrivato alla Padovani per la chiamata di Alberto Ongarato. Affiancherà Dimitry Konychev (photors.it)
Hai già un calendario per la prossima stagione?

Abbiamo un calendario in generale e naturalmente stiamo aspettando la risposta da parte degli organizzatori. Io ho dato disponibilità i sabati e le domeniche, perché nei giorni feriali sarò a casa a lavorare e magari prenderò le ferie per qualche corsa a tappe cui dovessimo partecipare. Penso alla Coppi e Bartali, al Giro di Sardegna o quello della Magna Grecia. Ci sono tante corse.

Sei stato nel WorldTour, poi nella professional, ora torni in continental: quale può essere il ruolo di queste squadre?

Qualche regola è cambiata, quindi può darsi che le continental del 2026 possano aspirare a più spazi grazie ai quali contrastare meglio i devo team. Ci sono continental che lavorano bene, come la Padovani e la Colpack che è salita al professionismo con MBH Bank. Dobbiamo fare il massimo perché i ragazzi crescano. Certo non si ha il budget di una WorldTour, però si cerca ugualmente di fare tutto al meglio. E devo dire che mi piace tanto l’idea di farne parte.

Remco Evenepoel

Remco e la Red Bull: si parte. A Maiorca svelati piani e impressioni

11.12.2025
6 min
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PALMA DE MAIORCA (Spagna) – In questo paesino al centro della maggiore isola delle Baleari la Red Bull-Bora ha deciso di tenere il tradizionale media day in vista della stagione che verrà. Senza dubbio il più atteso della corazzata tedesca era Remco Evenepoel.

Felpone nero, baffetto da sparviero e anche il pizzetto. Ma soprattutto la prima cosa che percepiamo è il volto disteso. E questa nostra sensazione la conferma anche Mattia Cattaneo, colui che era compagno di squadra in Soudal-Quick Step e che lo ha seguito sin qui. «E’ più disteso. Lo vedo più tranquillo. E’ come se Remco lasciando la Soudal sia uscito dall’ovile».

Remco Evenepoel
Tantissimi i giornalisti presenti a questo evento. Con atleti così forti e di ben 16 nazionalità diverse, non poteva essere altrimenti
Remco Evenepoel
Tantissimi i giornalisti presenti a questo evento. Con atleti così forti e di ben 16 nazionalità diverse, non poteva essere altrimenti

Si parte…

Nella giostra dei vari “corner” di questi studios maiorchini va in scena il bailamme di interviste. Per fortuna gli orari sono cadenzati, altrimenti mentre parla Remco ci si perderebbe Roglic. Mentre c’è Roglic si rischierebbe di perdere Lipowitz… Tanta, quasi troppa carne al fuoco.

E proprio questa tanta carne al fuoco ci dice di una squadra fortissima. Una squadra che può tenere testa alla UAE Emirates. E Remco parte proprio da qui, dalla squadra e dal lavoro che si sta facendo.
«Ho ricevuto – dice Evenepoel – un’accoglienza calorosa dai miei nuovi compagni. Primoz è sempre stato un mio idolo, quindi è fantastico condividere la strada con lui. Sto scoprendo un nuovo ambiente. E’ una squadra molto solida che si adatta bene al mio carattere e alle mie ambizioni. Venivo da un team professionale, arrivo in un team professionale e ancora più grande. Prima eravamo i fiamminghi, qui è qualcosa di internazionale. Ognuno ha uno spazio di lavoro e ognuno ha un ruolo specifico. Chi ti prepara il buffet non ti dice anche cosa mangiare, per intenderci. La professionalità è al massimo in ogni settore, in ogni figura.

«Tutti stiamo cercando di lavorare in sintonia. Ci sono tanti ragazzi forti… Sono qui da pochissimo, ma in questi giorni di training camp ci conosceremo meglio. Conoscevo solo Cattaneo che era in squadra con me e ritrovarlo è stata una sorpresa (in realtà lo sapeva eccome, ndr). Stiamo parlando molto, facendo riunioni. Comunque mi sento accolto e sento la fiducia in me. Davvero, per adesso tutto va bene».

Remco Evenepoel
L’aliante che ieri Lipowitz e altri 8 compagni hanno fatto decollare trainandolo con le loro bici. Per dire che il clima è parso sereno
Remco Evenepoel
L’aliante che ieri Lipowitz e altri 8 compagni hanno fatto decollare trainandolo con le loro bici. Per dire che il clima è parso sereno

Tra fiducia e pressione

Evenepoel sente la fiducia dunque. E va bene, questa sfida prevede anche degli “oneri”. Il suo contratto è di quelli che pesano. Se un colosso mondiale come Red Bull decide di investire su di te, è vero che ti dà tanto, ma è anche vero che altrettanto dovrai dare. Insomma, si aspettano molto da lui. E gli chiediamo esplicitamente se sente la pressione di questo “nuovo capitolo”, come recitava il claim introduttivo del media day.
«Pressione? No – risponde sorridendo Remco – non la sento. Perché dovrei? Tutti lavoriamo al meglio, tutti ricerchiamo il massimo ogni giorno. Poi la pressione durante le corse mi piace sentirla, è una spinta ulteriore».

Si parla già di una rivalità interna con Florian Lipowitz, terzo all’ultimo Tour, ma Evenepoel è abilissimo a glissare. E tutto sommato ha anche ragione quando dice che in una corsa come il Tour de France partire con due punte è meglio.

«Questa per me sarà la prima volta che correrò un Grande Giro con due leader. Faremo dei ritiri e il Catalunya insieme e sarà un banco di prova per conoscerci, per capire come muoverci insieme anche tatticamente visto che siamo diversi».

Remco ha detto che l’obiettivo della Red Bull è tornare sul podio del Tour. Lui ci è salito nel 2024
Remco ha detto che l’obiettivo della Red Bull è tornare sul podio del Tour. Lui ci è salito nel 2024

Giro no, Tour sì

A proposito di Tour, questo è il grande goal che Remco, ma anche il patron Denk, hanno annunciato in apertura di meeting: «Porteremo la squadra più forte alla Grande Boucle».
A questo punto non potevamo non chiedergli del Giro d’Italia. «Mi sarebbe piaciuto farlo – ha spiegato Remco – c’è una crono molto lunga e non ci sono salite impossibili. Correre o no il Giro è stato il momento più difficile, ma la decisione è questa. Tra l’altro che avrei fatto il Tour l’ho saputo ieri (martedì, ndr)».

«Il mio programma – spiega Remco – inizia con il Catalunya, appunto, e proseguirà con le Ardenne. Non sarò invece né alla Sanremo, né al Giro delle Fiandre: quest’anno voglio una stagione il più possibile senza intoppi. Non dimentichiamo che a causa del mio incidente lo scorso autunno ho perso molti mesi. Per questo abbiamo deciso per un calendario basico, senza idee folli o esperimenti. Quindi voglio un inverno lungo su cui poter costruire una base solida, molto solida».

Una piccola precisazione: Evenepoel in realtà inizierà un po’ prima la sua stagione agonistica e lo farà con la cronosquadre proprio qui a Palma de Maiorca. La cronosquadre tornerà a essere importante visto che aprirà il Tour. Poi prenderà parte alla Valenciana.

Però lo stesso Evenepoel ha lasciato aperta una finestra su Tirreno-Adriatico o Parigi-Nizza, sostenendo che tra la Valenciana e il Catalunya in effetti c’è molto tempo. Di contro sarebbe un periodo ideale per visionare le tappe del Tour. Mentre dopo il Tour il programma prevede per ora le corse in Canada.

Remco Evenepoel presentazione, Ralph Denk
Ralph Denk ha aperto la conferenza dicendo dei rinnovi di Finn, Pellizzari e Lipowitz (foto Maximilian Fries)
Remco Evenepoel presentazione, Ralph  Denk
Ralph Denk ha aperto la conferenza dicendo dei rinnovi di Finn, Pellizzari e Lipowitz (foto Maximilian Fries)

Obiettivo performare

Tornando alle parole di Remco, parlando di una base solida lui stesso apre un altro capitolo importante, quello relativo alla performance. Come dicevamo, al belga si chiede molto e lui è pronto a darlo. A mettersi in gioco, come sembra stia già facendo. Ma soprattutto quello della performance è il pallino che ha afflitto Denk e il suo staff l’anno passato. Stando a ciò che ci hanno detto, questo aspetto lo rendeva alquanto teso, cosa che a cascata si ripercuoteva sul resto dello staff e infine sugli atleti.

«Non abbiamo perso un minuto – spiega l’iridato a cronometro – abbiamo subito iniziato a lavorare sodo. Abbiamo fatto molti test e colloqui, soprattutto la settimana scorsa. Con così tante persone attorno ognuno controlla ogni dato. Dan Lorang e John Wakefield sono impressionanti. Controllano ogni cosa prima di ogni allenamento e anche dopo ci sentiamo ed eventualmente correggiamo il tiro tutti insieme».

Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, Europeo 2025
Se Evenepoel riuscirà a ridurre il gap con Pogacar ne guadagnerà lo spettacolo
Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, Europeo 2025
Se Evenepoel riuscirà a ridurre il gap con Pogacar ne guadagnerà lo spettacolo

Remco più forte?

«Se posso migliorare ancora? Dico che lavoro sodo, ma poi per andare forte e vincere ci sono in ballo molti dettagli. Non basta salire in bici e andare. Anche i materiali contano: per esempio la bici è la stessa ma il gruppo è diverso. Sono passato da Shimano a Sram e mi sto abituando. Anche la continuità conta. Io lo scorso anno ho avuto molti alti e bassi. Sono stato fermo a lungo in inverno come dicevo, ho vinto la prima corsa, ma poi ho faticato. Dopo il Tour sono stato fermo altre due settimane. Poi mi dicevano che dopo le 4-5 ore calavo… Per adesso mi sento più forte».

Speriamo sia come dice lui. Un contraltare a Pogacar non farebbe altro che aumentare lo spettacolo. Sin qui l’unico ad esserci riuscito in qualche classica è stato Van der Poel. Quando se ne va, Remco continua a sorridere, nonostante sia stato “rapito” da tv e orde di giornalisti per diverse ore. Che sia davvero l’anno della rinascita per il belga?

Francesco Gavazzi, Polti VisitMalta (foto Maurizio Borserini)

Gavazzi e la nuova vita da diesse: «Il richiamo era troppo forte»

10.12.2025
5 min
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Francesco Gavazzi sta per chiudere le valigie e imbarcarsi verso il suo ennesimo training camp in Spagna, ma dopo diciassette anni passati in sella questo sarà il primo ritiro che lo vedrà nelle vesti di diesse. La Polti VisitMalta di Basso e Contador si è rinnovata e in ammiraglia quest’anno sale il quaratunenne di Morbegno, affiancato da pezzi da Novanta come Ellena e Zanatta

Stesso viaggio, valigia diversa

I bagagli sono presto fatti, rispetto a quando correva Gavazzi ha meno pensieri sui materiali che bisogna portarsi dietro (in apertura foto Maurizio Borserini). Adesso basta un computer, il resto lo si imparerà strada facendo. L’ammiraglia e la bici a volte funzionano allo stesso modo. 

«E’ una sensazione strana – ci racconta – quella di partire con un ruolo diverso. Sono passato dalla dipendenza dei pedali a quella della tecnologia, ammetto che un pochino devo prenderci la mano: call, riunioni, file excel, programmi vari…».

«Per fortuna – prosegue Gavazzi – dopo il primo ritiro a Malta insieme agli atleti abbiamo fatto un secondo incontro, questa volta a Madrid, solo con lo staff. Ci siamo coordinati per capire quali linee guida seguire in ottica calendario e gettare le basi della stagione».

Nelle ultime due stagioni Gavazzi è comunque rimasto nel giro della formazione di Ivan Basso (foto Maurizio Borserini)
Nelle ultime due stagioni Gavazzi è comunque rimasto nel giro della formazione di Ivan Basso (foto Maurizio Borserini)
Una volta smesso di correre avevi detto che non saresti mai salito in ammiraglia… 

Avevo bisogno di prendermi del tempo, di respirare e distaccarmi un attimo dalla vita frenetica del corridore. Penso sia normale, per una vita ho fatto avanti e indietro da gare, ritiri, alture. Era necessario rallentare i ritmi, godermi la famiglia e stare fermo per qualche tempo. 

Cos’è cambiato?

Che a un certo punto questo mondo ti manca, ho accumulato talmente tanta esperienza che sarebbe stato un peccato “buttarla”. L’aspetto principale che mi ha spinto a tornare in questo mondo sono i contatti umani, due anni fa avevo lasciato una squadra nella quale mi ero trovato bene. Spesso si dice che il team è come una seconda famiglia, nel nostro caso però era vero. C’erano, e ci sono ancora, dei rapporti che vanno oltre il ciclismo. 

Con il primo ritiro da diesse Gavazzi avrà modo di prendere le misure con il nuovo ruolo (foto Maurizio Borserini)
Con il primo ritiro da diesse Gavazzi avrà modo di prendere le misure con il nuovo ruolo (foto Maurizio Borserini)
Va detto che non eri uscito del tutto.

Vero, non ho mai lasciato definitivamente l’ambiente in questi due anni. Tante volte sono stato di supporto al team in corse come il Giro d’Italia. Questo ruolo da “jolly” ha fatto sì che in me tornasse la voglia di respirare ancora l’aria del ciclismo: le corse, i trasferimenti, stare con i ragazzi. 

Difficile adattarsi al nuovo ruolo?

Sono ancora all’inizio, quindi devo prendere le misure con tutte le dinamiche che si stanno innestando. Ho avuto modo di vedere quanto è complicato incastrare gli impegni di ventiquattro corridori, con la corsa ai punti si devono fare scelte ponderate anche in relazione a quelle degli altri team. Per fortuna al mio fianco avrò figure come quella di Zanatta e di Ellena, da loro potrò imparare molti trucchetti del mestiere. 

Francesco Gavazzi, Steano Zanatta, Polti VisitMalta (foto Maurizio Borserini)
Lo stesso Zanatta ha detto che Gavazzi può essere quel trait d’union tra staff e corridori, un ruolo cruciale in un team (foto Maurizio Borserini)
Francesco Gavazzi, Steano Zanatta, Polti VisitMalta (foto Maurizio Borserini)
Lo stesso Zanatta ha detto che Gavazzi può essere quel trait d’union tra staff e corridori, un ruolo cruciale in un team (foto Maurizio Borserini)
Zanatta stesso ci ha detto che una figura come la tua sarà importante per rapportarsi con i giovani…

Entrare in un team dove ritrovo molti atleti con i quali ho corso durante gli anni in cui ero corridore è un vantaggio. Creare un forte legame tra diesse e ciclista è importante in una stagione. Con i giovani sarà comunque una sfida. I ragazzi che ora hanno vent’anni sono una generazione molto diversa dalla mia, c’è quasi un abisso tra me e loro. 

Come si colma il gap generazionale?

Ascoltandosi a vicenda e con il confronto. Io sicuramente posso insegnare tanto a loro, ma non escludo che anche i giovani possano trasmettermi qualcosa. Sarà strano perché il mio figlio maggiore ha tredici anni e i ragazzi più giovani in squadra ne hanno venti.

Francesco Gavazzi, Ludovico Crescioli, Mirco Maestri, Polti VisitMalta (foto Maurizio Borserini)
Da sinistra: Gavazzi, Crescioli e Maestri, tre generazioni diverse e tre modi di vedere e interpretare il ciclismo (foto Maurizio Borserini)
Francesco Gavazzi, Ludovico Crescioli, Mirco Maestri, Polti VisitMalta (foto Maurizio Borserini)
Da sinistra: Gavazzi, Crescioli e Maestri, tre generazioni diverse e tre modi di vedere e interpretare il ciclismo (foto Maurizio Borserini)
Hai già avuto modo di parlare con loro?

Abbiamo gettato le basi per lavorare insieme. In queste settimane ci sono state le visite mediche a Firenze, venivano a gruppi di quattro o cinque ogni giorno. Ho parlato un po’ con loro, in particolare con i nuovi, per capire come stanno andando questi primi impegni. Ma il gruppo si costruirà nei prossimi giorni in ritiro. 

Pronto a salire in macchina?

Sì. Anche se, guardando il programma, ho notato che ci sono due allenamenti da sette ore. A un certo punto sarò stanco di seguirli guidando a trentacinque all’ora e chiederò una bici (ride, ndr). A parte gli scherzi sono pronto, durante il ritiro capirò anche in quale gara farò il mio esordio da diesse. Sicuramente avverrà a fine gennaio, vedremo se in Francia o Spagna.

Giro d'Italia dilettanti 1992, Marco Pantani, Cavalese-Pian di Pezzè

Giro, un altro ricordo. Cosa sapete della Montagna Pantani?

10.12.2025
7 min
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Non solo Corno alle Scale, c’è un altro arrivo del prossimo Giro d’Italia che ha acceso un ricordo a dir poco speciale. A Pian di Pezzé si concluderà infatti la 19ª tappa, il vero tappone dolomitico con salite come il Giau e il Falzarego prima della scalata finale, nominata Montagna Pantani. Sapete perché? Si è arrivati lassù una sola volta: era il 1992, a capo di un altro tappone dolomitico al Giro d’Italia dei dilettanti, quando un giovanissimo Marco Pantani attaccò da par suo e strappò la maglia di leader all’altrettanto giovane Wladimir Belli.

«Si partiva da Cavalese – ricorda il bergamasco – poi si scalavano il Sella, il Gardena, il Campolongo e da lì si scendeva ad Alleghe per fare la salita finale. Mi ricordo che ero il leader della corsa e la mattina andai da Marco e gli dissi: “Vabbè dai, hai fatto terzo nel 1990, secondo l’anno scorso, ti toccherà fare un altro podio”. Lui invece mi guardò in cagnesco e mi disse: “Belùn, preparati: oggi te la cavo!”

Belli, Casagrande, Pantani

Fine di giugno del 1992, nell’estate che annuncia le Olimpiadi di Barcellona, cui l’Italia prenderà parte con Rebellin, Gualdi e Fabio Casartelli, che di Belli è compagno di squadra alla Domus 87. Ma per il momento la Spagna è più lontana dei 1.250 chilometri che dividono Cavalese dalla capitale catalana. Il 30 giugno si parla di futuro fra i tre italiani che nelle ultime stagioni hanno dominato la corsa organizzata dalla Rinascita di Ravenna. Oltre a Belli, primo nel 1990, c’è anche Francesco Casagrande, vincitore nel 1991. E poi Pantani, terzo e secondo nei due anni precedenti.

«Però partiamo dalla cronometro a Marina di Pietrasanta – racconta Belli – in cui, come sempre, gli avevo dato una… settimana, avevo un bel vantaggio. Non andavo fortissimo quel Giro, non ero in condizione al 100 per cento, perché l’anno prima avevo firmato il contratto da professionista e la testa era già di là».

L'azione di Pantani inizia a 70 chilometri dall'arrivo: scala da solo Sella, Gardena e Campolongo (immagine Rai Play)
L’azione di Pantani inizia a 70 chilometri dall’arrivo: scala da solo Sella, Gardena e Campolongo (immagine Rai Play)
L'azione di Pantani inizia a 70 chilometri dall'arrivo: scala da solo Sella, Gardena e Campolongo (immagine Rai Play)
L’azione di Pantani inizia a 70 chilometri dall’arrivo: scala da solo Sella, Gardena e Campolongo (immagine Rai Play)

La maglia a Cavalese

Non è il ciclismo dei watt, al mattino si mangia la pasta in bianco col pomodoro a parte, anche se Pantani a volte la condisce con la marmellata. La sua bici è una Carrera con il telaio in acciaio, perché anche lui ha firmato il contratto e da agosto salirà a bordo della corazzata di Boifava e Quintarelli. Belli invece andrà alla Lampre di Saronni e Algeri.

«Il mio diesse Locatelli – ricorda – neanche voleva mandarmici al Giro, perché lo sapeva che non avevo il peso giusto. Ma io avevo insistito, la tappa di San Pellegrino arrivava vicino casa e invece proprio quel giorno mi resi conto di fare fatica. Poi arrivammo a Cavalese e li ci fu la prima vera selezione. La maglia se non sbaglio l’aveva ancora Marco Serpellini, però Marco prese e andò via sul Passo San Lugano e dietro rimanemmo in pochi. Lui vinse la tappa e io misi la maglia. Andò forte, ma pensavo che mi sarebbe bastato controllare quel vantaggio piuttosto importante. Ero fiducioso, insomma, molto fiducioso. Invece il giorno dopo Marco mi sfidò. E io decisi di fargli capire subito che non ci fosse trippa per gatti».

Sull’ammiraglia dell’Emilia Romagna (il Giro si correva per formazioni regionali) c’erano Orlando Maini e Davide Balboni
Sull’ammiraglia dell’Emilia Romagna (il Giro si correva per formazioni regionali) c’erano Orlando Maini e Davide Balboni

Attacco frontale

Il resto è storia. Pantani attacca sul Sella e alle sue spalle il gruppo esplode. Fa quello che avrebbe fatto più e più volte tra i professionisti, guadagnandosi il suo posto nella storia. Casagrande cede quasi subito, poi tocca a Belli. Resistono soltanto due colombiani, che non lo impensieriscono. Il Sella da solo, poi il Gardena. E quando è sul Campolongo e chiede un po’ di zuccheri all’ammiraglia, dietro si accorgono di non averne. E’ il giorno in cui Orlando Maini, che con Davide Balboni guida la squadra dell’Emilia Romagna, entra nel vialetto di una casa e chiede un pacco di zucchero a una signora, ben lieta di aiutare.

L’arrivo ai piedi di Pian di Pezzé lo vede ancora in compagnia dell’ultimo colombiano, ma bastano pochi chilometri perché anche quello salti. Pantani ha regalato una sola tappa in carriera, quella di Selva Val Gardena a Guerini. Ma al contrario di quello che avviene oggi con il cannibale iridato, il suo atteggiamento venne preso per arroganza.

«Ero dietro attaccato a un filo – ricorda Belli – e pensavo: mollerà, mollerà, mollerà, mollerà. Invece mollai io e andai in crisi anche di testa. Mi sentivo forte, per questo accettai la sfida testa a testa. Invece per la prima volta nella mia carriera presi una sberla non solamente fisica, ma soprattutto mentale. Non ero abituato a farmi staccare. In più, nell’inverno tra il 1991 e il 1992, avevo iniziato a soffrire attacchi di panico. Al tempo non sapevo cosa fossero, ma non riuscivo più a rimanere concentrato sul ciclismo. Però questo non toglie che Marco fece una cosa grandissima, ancora una volta non aspettando l’ultima salita, ma attaccando subito».

A Pian di Pezzè, Pantani conquista la maglia di leader del Giro dilettanti
A Pian di Pezzè, Pantani conquista la maglia di leader del Giro dilettanti
A Pian di Pezzè, Pantani conquista la maglia di leader del Giro dilettanti
A Pian di Pezzè, Pantani conquista la maglia di leader del Giro dilettanti

Nasce l’amicizia

Della salita di Pian di Pezzé, Belli ricorda molto poco, perché ammette di non avere una grande memoria fotografica. E perché ci arrivò così conciato per le feste da non avere la lucidità e forse nemmeno la voglia di guardarsi intorno. Pantani vince la tappa e conquista la maglia gialla, che difenderà agevolmente l’indomani nella tappa di Gaiarine, vinta da Mariano Piccoli.

«So solo che presi una valanga di minuti – ammette Belli – perché quando si molla, si molla. Dopo l’arrivo non lo incontrai, andai a fargli i complimenti alla partenza del giorno dopo. Soprattutto i primi anni, non si parlava molto. Ci eravamo conosciuti da juniores e poi abbiamo sempre avuto un rapporto di stima reciproca, pur non parlando tanto. Da professionisti invece si matura, si ha più tempo per stare insieme e si capisce che prima dei corridori ci sono le persone. Da dilettanti facemmo con la nazionale la Settimana Bergamasca del 1991, che vinse Armstrong. Eravamo in camera insieme e nacque un po’ più confidenza. Da lì in avanti rimanemmo avversari, ma alla fine c’era qualcosa di più profondo e più umano. Quando c’era da ridere e scherzare, Marco non si tirava indietro».

Wladimir Belli, Marco Pantani, Giro d'Italia 2001
Fra Belli e Pantani nacque una bella amicizia negli anni tra i pro’. Qui siamo al Giro del 2001
Wladimir Belli, Marco Pantani, Giro d'Italia 2001
Fra Belli e Pantani nacque una bella amicizia negli anni tra i pro’. Qui siamo al Giro del 2001

Come Pogacar, 20 anni prima

Oggi quel modo di correre è la cifra stilistica di Pogacar. Nessuno ci ha più provato per anni fatto salvo Contador e il Froome al Giro del 2018: l’atleta calcolatore da cui meno sarebbe stato logico aspettarselo.

«E’ tornata la tendenza a correre da pirati – riflette Belli, brillante opinionista di Eurosport – la tendenza è quella di partire più da lontano. Le situazioni sono cambiate, c’è più coraggio. Pogacar insegna che si può fare. Tanti ci provano e rimbalzano, ma altri ci provano e poi arrivano. Hanno capito che non si può più aspettare l’ultima salita, perché il livello è alto per tutti. E a proposito di Pantani, ricordo una scena alla partenza da Asiago al Giro del 1998. Io ero compagno di squadra di Zulle che aveva la maglia rosa e lo aveva umiliato a cronometro e staccato a Lago Laceno. Marco venne da me e come sei anni prima io gli dissi che si sarebbe potuto accontentare. Lui mi guardò e mi disse: “Belùn, preparati: oggi gliela cavo!”. A me tornarono in mente le stesse parole di Cavalese, mi venne un brivido lungo la schiena e pensai che sarebbe stata una giornata lunga. Anche quella volta sappiamo bene come andò a finire…».

Chantal Pegolo è nata il 20 febbraio 2007. Nel 2026 correrà nella Isolmant, poi dal 2027 sarà alla Lidl-Trek (foto Ossola)

Pegolo in “prestito” alla Isolmant con le indicazioni della Lidl-Trek

10.12.2025
5 min
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Cinque vittorie su strada, l’argento al mondiale in Rwanda, il bronzo all’europeo in Ardeche, quattro medaglie complessive in pista con la maglia azzurra, compresi il titolo continentale nella corsa a punti e quello iridato nell’eliminazione. Nel mosaico di Chantal Pegolo mancavano un paio di tessere per completare una grande stagione (in apertura foto Ossola). Ed eccole qua. Ad ottobre la diciottenne di Pasiano di Pordenone è entrata nelle Fiamme Azzurre e due settimane fa è stato ufficializzato il passaggio alla Isolmant-Premac-Vittoria in attesa di approdare alla Lidl-Trek dal 2027.

L’ingresso nel gruppo sportivo della Polizia Penitenziaria era nell’aria e Pegolo lo ha fatto in compagnia di Anita Baima e Linda Sanarini, sue compagne di nazionale in pista e su strada. Sembrava fatto anche il trasferimento in una continental italiana prima di andare nel team WorldTour statunitense. Le voci di radio-mercato la volevano alla BePink (dove andrà anche Sanarini con ogni probabilità), ma all’ultimo l’accordo è stato trovato con la formazione guidata da Giovanni Fidanza. E proprio a lui abbiamo chiesto come sarà gestito il “prestito” di Pegolo nella sua (come ci ha anticipato) rinnovata Isolmant.

Nei due anni da junior Pegolo ha ottenuto 13 vittorie e 17 podi dimostrando una grande continuità su ogni terreno (foto Ossola)
Nei due anni da junior Pegolo ha ottenuto 13 vittorie e 17 podi dimostrando una grande continuità su ogni terreno (foto Ossola)
Nei due anni da junior Pegolo ha ottenuto 13 vittorie e 17 podi dimostrando una grande continuità su ogni terreno (foto Ossola)
Nei due anni da junior Pegolo ha ottenuto 13 vittorie e 17 podi dimostrando una grande continuità su ogni terreno (foto Ossola)
Quello di Pegolo è un grande colpo per voi. Come si è sviluppata la trattativa?

Devo premettere che per la prossima annata avevamo già pianificato di ringiovanire la squadra con tanti cambiamenti e poche conferme. Con Chantal è stata una evoluzione rapida e inaspettata. Dal Conscio Pedale del Sile, la sua società tra le junior, avevo preso Comacchio e Montagner, ma sapevo che lei era indirizzata in un’altra squadra e non ho fatto alcun tentativo. Poi la situazione è cambiata e Perego, il suo procuratore, mi ha contattato per chiedermi se potevo prendere anche lei. Ho accettato subito e sarà con noi nel 2026.

Avete avuto indicazioni dalla Lidl-Trek a quel punto?

Sì, certo. Ho parlato subito con Michael Rogers, che è il responsabile del settore femminile della squadra ed è un ragazzo che conosco molto bene perché ce l’ho avuto da corridore quando ero diesse alla T-Mobile nel 2006. Mi ha spiegato il programma che Pegolo dovrà seguire, specialmente sulla preparazione. Tutto si svolgerà alla luce del sole.

A ottobre Pegolo, Baima e Sanarini sono entrate nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre (foto Pordenone Today)
A ottobre Pegolo, Baima e Sanarini sono entrate nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre (foto Pordenone Today)
A ottobre Pegolo, Baima e Sanarini sono entrate nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre (foto Pordenone Today)
A ottobre Pegolo, Baima e Sanarini sono entrate nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre (foto Pordenone Today)
Indicativamente sai già come sarà composto il calendario di Pegolo?

Come prima cosa Chantal andrà in ritiro una settimana a gennaio con la Lidl-Trek per conoscere l’ambiente che troverà fra un anno. Noi faremo il solito calendario italiano attendendo gli inviti e sapendo che in teoria le continental italiane avranno una precedenza sulle formazioni estere. Bisognerà capire il regolamento internazionale dell’UCI che ancora non è stato comunicato. Vedremo poi se ci sarà spazio per inviti in gare all’estero.

Cosa vi dà in più il suo arrivo?

Sicuramente avremo una visibilità migliore perché Pegolo è uno dei migliori prospetti al mondo. La sua presenza potrebbe favorirci in qualche invito in più. Sappiamo che resterà con noi solo un anno, però per noi è davvero un bell’innesto, la vedevo già negli ultimi due anni nelle gare open. Nonostante abbia già dimostrato di andare forte, avremo il compito di farla crescere in modo graduale. Non bisogna forzare il percorso di crescita di queste giovani perché quando passano tra le pro’ si sente il salto. Occorre concedere almeno 2-3 anni di ambientamento.

Pegolo nel 2026 pur essendo nella Isolmant seguirà le indicazioni della Lidl-Trek con cui passerà nel 2027 (foto Ossola)
Pegolo nel 2026 pur essendo nella Isolmant seguirà le indicazioni della Lidl-Trek con cui passerà nel 2027 (foto Ossola)
Pegolo nel 2026 pur essendo nella Isolmant seguirà le indicazioni della Lidl-Trek con cui passerà nel 2027 (foto Ossola)
Pegolo nel 2026 pur essendo nella Isolmant seguirà le indicazioni della Lidl-Trek con cui passerà nel 2027 (foto Ossola)
Per la Isolmant si ripete quasi la situazione che avevate avuto con Realini.

Ci sono alcune similitudini anche se in realtà era un contesto diverso. Realini era venuta con noi dal ciclocross ed è esplosa al primo Giro Donne che aveva fatto nel 2021. Merito suo e credo anche nostro. Per noi poi è stato un privilegio tenerla in “prestito” anche la stagione successiva per farle fare un ulteriore step di maturazione prima di andare alla Lidl-Trek.

Questo tipo di collaborazione con una formazione WorldTour potrebbe aprirvi le porte a diventare un devo team sui generis?

Una cosa simile succede già all’estero dove le grandi squadre hanno accordi con varie società juniores europee (vedi BFT Burzoni con Picnic, ndr). Per molte continental italiane potrebbe essere il futuro e personalmente sarei d’accordo. Anzi in questo senso ho già dato la mia disponibilità a farlo. I migliori talenti juniores nelle nostre squadre avrebbero la possibilità di fare maggiore esperienza senza la pressione di fare sempre risultato. Per me un’operazione come questa di Pegolo potrebbe ripetersi ancora nei prossimi anni.

Ci hai accennato a cambiamenti. Come sarà composta quindi la nuova Isolmant di Giovanni Fidanza?

Abbiamo confermato Curnis, Silvestri e Zanetti. Sarebbe rimasta con noi anche Rossato, ma purtroppo a fine stagione è caduta in allenamento facendosi molto male, rompendosi qualche vertebra. Lei è stata molto sfortunata nelle ultime stagioni e, visto che è da tempo insegnante di ruolo da tempo, ha preferito prendersi del tempo per recuperare. Le altre nuove sono Anita Baima dalla Horizons, Valentina Zanzi dal Vaiano ed infine la ventenne Elvira Radaelli che viene dalla Mtb dove ha corso col Velo Club Monte Tamaro. Ragazza interessante, sarà una scommessa, ma bisogna saper guardare anche ad altre discipline per scoprire nuove atlete su strada.

Corno alle Scale

Ritorno a Corno alle Scale: la salita e il duello Cunego-Simoni

10.12.2025
5 min
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Il Giro d’Italia torna a Corno alle Scale e, come spesso accade, è l’occasione non solo per rivedere l’arrivo, in questo caso la salita, da un punto di vista tecnico, ma anche per riaprire l’album dei ricordi. E l’album dei ricordi ci riporta immediatamente al primo scontro tutto “made in Saeco” fra Damiano Cunego, poi vincitore di quel Giro d’Italia (era il 2004), e Gilberto Simoni, che quella tappa la vinse.

E il tutto lo rivediamo con Claudio Corti, che all’epoca era il team manager di quella Saeco dalle maglie rosso fiamma, piena zeppa di campioni. Una Saeco che proprio quel giorno a Corno alle Scale visse forse il momento più bello di quell’edizione della corsa rosa, come vedremo.

Corno alle Scale
Claudio Corti (classe 1955) era il general manager della Saeco che dominava in salita, ma anche in volata con Cipollini
Corno alle Scale
Claudio Corti (classe 1955) era il general manager della Saeco che dominava in salita, ma anche in volata con Cipollini
Claudio, partiamo dalla salita: che scalata è Corno alle Scale?

Non è una salita impossibile e arriva dopo una tappa abbastanza veloce, però resta impegnativa nel finale, soprattutto dopo il paese di Gaggio Montano e ancora di più dopo l’ultimo borgo (Madonna dell’Acero, ndr). Comunque si arriva oltre i 1.400 metri, è una località sciistica, e si parte dal basso. E’ una montagna vera. Per noi quel giorno fu una festa.

Perché?

Perché Gaggio Montano è il paese della Saeco. E’ lì che ci sono parte degli stabilimenti, almeno una persona per famiglia ci lavora e quindi vedere i nostri due ragazzi vincere fu una grande festa, una gioia per tutti. La tappa la volle proprio il nostro patron Sergio Zappella. Simoni era maglia rosa uscente… Cunego aveva vinto il giorno prima a Pontremoli, dunque l’entusiasmo era alle stelle.

Ma in quella tappa cosa successe? Primo Simoni, secondo Cunego: furono i primi screzi tra i due?

No, quel giorno forse no. Ripeto: c’era un clima bellissimo. Noi correvamo in casa. Cunego aveva vinto il giorno prima e Simoni conquistò tappa e maglia. Semmai, col senno di poi, ci fu un primo “segnalino” della condizione di Simoni. Gilberto infatti scattò e prese un certo vantaggio, ma non fece il vuoto. Anzi, nel finale Cunego gli rosicchiò del terreno. Era Gilberto ad essere calato o Cunego ad andare forte? Ma sul momento non demmo troppa importanza a questo dettaglio, con tutta l’euforia che c’era.

Quando cambiarono le cose?

Chiaramente nella tappa di Falzes. Ma anche quel giorno bisogna raccontare bene come andarono le cose. Sul Furcia ci si marcava con Yaroslav Popovych, ma l’ucraino non partiva, i due si guardavano. Scattò Cunego e Simoni fu addirittura contento di quell’attacco. Lui stava a ruota, faceva lavorare Popovych e andava bene così. Semmai forse si aspettava di perdere un minuto in meno a fine tappa. O anche che nelle ultime tappe Cunego calasse un po’.

Cosa che si aspettavano tutti: era un giovane al primo grande Giro…

Invece Damiano fu bravissimo e fortissimo per tutto il Giro.

Corno alle Scale
L’arrivo di Simoni a Corno alle Scale. Il trentino vinse con 15″ su Cunego e andò a prendersi la maglia rosa
Corno alle Scale
L’arrivo di Simoni a Corno alle Scale. Il trentino vinse con 15″ su Cunego e andò a prendersi la maglia rosa
Il problema dunque quando avvenne, se a Corno alle Scale e a Falzes erano ancora uniti?

Dopo la tappa di Bormio 2000. Gilberto attaccò da sotto, ma di nuovo, come a Corno alle Scale, non guadagnò molto. Nel finale, se ben ricordo ai due chilometri, lo riacciuffarono. Fu Gontchar che spingeva forte. Cunego andò poi a vincere la volata e quindi la tappa, rafforzando la sua maglia rosa. Lì Simoni si rese conto che non avrebbe vinto il Giro e chiaramente era arrabbiato per aver perso la tappa.

Per di più da un compagno di squadra…

Simoni dopo l’arrivo andò via da solo. Era arrabbiato. Per fortuna quella sera in hotel c’era il patron Zappella. Parlammo io, lui, i ragazzi… e tutto sommato la cosa rientrò. Poi chiaramente ognuno in cuor suo aveva il proprio stato d’animo. Il giorno dopo c’era ancora una tappa tosta.

Quella della Presolana…

Ormai si era deciso: bisognava correre in difesa e portare la maglia a casa. Alla fine noi in Saeco eravamo messi bene. E invece succede che attacca presto Garzelli e Simoni gli piomba sopra. I due scappano. Magari era ferito nell’orgoglio, era il campione uscente. Per fortuna per noi si mise a tirare la squadra di Gontchar.

Corno alle Scale
Cunego, Simoni e nel mezzo patron Zappella, sul podio finale di quel Giro 2004
Corno alle Scale
Cunego, Simoni e nel mezzo patron Zappella, sul podio finale di quel Giro 2004
Perché per fortuna?

Perché così facendo non ci ha posto nell’antipatica situazione di dover scegliere su chi puntare. Lasciare andare Simoni o chiudere su di lui per salvare Cunego? Non sono belle scelte. Poi non ci siamo ritrovati davvero in quella situazione anche perché il vantaggio di Cunego era ampio. Però ci terrei a dire che, tolti alcuni momenti più tesi, per noi della Saeco quello fu un bel Giro. A rivederli quei tempi! Avevamo vinto tanto, avevamo la maglia rosa dell’anno prima e quella di quell’edizione. Fu un Giro piacevole, ecco…

Oggi, Claudio, come si gestirebbe una situazione simile? Come si gestirebbero due capitani, uno dei quali così giovane? Pensiamo, per esempio, ad Almeida e Del Toro…

Quella che si verificò nel nostro caso in quel Giro è stata una particolarità. Quando si era mai visto un ragazzo giovanissimo andare così forte, crescere in quel modo e soprattutto vincere il Giro? Poi mettiamoci anche che forse l’altro non era nella super forma dell’anno prima. E c’è anche un altro elemento: quello non fu un Giro d’Italia con grandissimi nomi… Insomma, è difficile dire cosa accadrebbe oggi. Ma anche se un Del Toro o un Almeida dovessero trovarsi a contendersi la leadership, sarebbe più un’occasione dettata dal momento che una superiorità netta dell’uno sull’altro.

La lettura dei newton migliora l'analisi della performance?

La lettura dei newton migliora l’analisi della performance?

09.12.2025
4 min
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Scriviamo di newton, l’unità di misura della forza, dopo il lancio del power meter Garmin (e del quale uscirà a breve un test dedicato). Si parla di un dato che ha prima di tutto l’obiettivo di aggiungere qualità ed analisi alla lettura della performance. Già in passato avevamo approfondito questo fattore, legandolo però al training indoor.

Torniamo dal Michele Dalla Piazza e puntiamo la lente su un fattore tecnico che assume i contorni di un gamechanger vero e proprio, in un ciclismo sempre più fatto di numeri, ma che a tratti torna a metodologie del passato. La grande differenza è che oggi come oggi ci sono competenze più ampie e un numero infinito di strumenti di analisi.

Cosa rappresentano i newton durante la pedalata?

Sono la forza tangenziale che si applica sul pedale e sono quella forza efficace e necessaria per far avanzare la bicicletta.

Quantificarli ed averli davanti su uno schermo è utile al ciclista?

Assolutamente. Non è un valore o meglio un campo fondamentale per chi si allena in modo sommario. Non è fondamentale per chi fa training considerando esclusivamente, o quasi, i watt. Può essere un valore che aumenta la qualità per l’atleta che non lascia nulla al caso. I newton dicono al ciclista quanto stress muscolare si sostiene ad ogni colpo di pedale. I newton aiutano l’allenatore a distinguere la fatica metabolica dalla fatica meccanica.

Fatica metabolica e fatica meccanica, cosa significa?

La fatica metabolica è quella del sistema cardiovascolare e respiratorio. Quella meccanica è maggiormente legata ai muscoli ed incide sul generare la forza efficace. Troppa fatica meccanica, significa un decadimento della qualità della forza efficace.

La lettura dei newton migliora l'analisi della performance?
Michele Dalla Piazza con il padre Alfiero, un vero punto di riferimento
La lettura dei newton migliora l'analisi della performance?
Michele Dalla Piazza con il padre Alfiero, un vero punto di riferimento
Per capire meglio, c’è una relazione tra newton e forza espressa dalle gambe?

La relazione c’è, ma va sempre capita. Quando si pedala si generano diverse componenti di forza. Quella tangenziale, quella menzionata in precedenza, quella davvero efficace e perpendicolare alla pedivella è quella misurata dal power meter. Le altre forze generate non rientrano nella misurazione. Una gamba può generare, ad esempio, 500 newton in totale, ma solo 300 sono tangenziali e quindi il power meter rileva e comunica 300.

Newton e grafici della pedalata sono connessi tra loro?

Sì. Anche in questo caso si parla di strumenti che, una volta appreso come funzionano e come devono essere letti, permettono di capire come viene generata la forza e quanta ne viene prodotta.

Puoi fare un esempio?

Mettiamo a confronto due ciclisti a 250 watt. La differenza è come vengono erogati questi 250 watt. Il primo atleta genera i 250 a 60 rpm medie, mentre il seconda a 100 rpm medie. Il primo ciclista produrrà una fatica meccanica più accentuata, il secondo è portato ad una fatica metabolica maggiore, ma con minore forza ad ogni giro di pedale.

I Newton applicati alla pedalata, un nuovo gamechanger?
Un primo approccio per capire come funzionano i newton allenandosi all’aperto
I Newton applicati alla pedalata, un nuovo gamechanger?
Un primo approccio per capire come funzionano i newton allenandosi all’aperto
Uno strumento per definire l’atleta?

Conoscere i newton, legando il dato al range di efficienza del corridore è uno strumento che permette ad un allenatore di profilare il ciclista.

Un dato utile per capire quale sia il range ottimale di pedalata?

Certamente. Nella letteratura scientifica esistono due concetti, la cadenza preferita e quella più efficiente. Non coincidono quasi mai.

Perché?

Per l’aspetto metabolico una cadenza più bassa che richiede maggiore forza per giro è di solito la più efficiente. Percependo una sorta di sovraccarico, non di rado il ciclista sceglie una cadenza più alta. Questa richiede meno forza e potremmo dire che è una specie di compromesso tra lo stress muscolare e quello metabolico.

I Newton applicati alla pedalata, un nuovo gamechanger?
Il grafico cartesiano menzionato da Dalla Piazza
I Newton applicati alla pedalata, un nuovo gamechanger?
Il grafico cartesiano menzionato da Dalla Piazza
E’ possibile capire realmente quali sono le rpm di un individuo/ciclista?

E’ possibile creando un modello prestativo, basato su gare ed allenamenti, un vero e proprio piano cartesiano. Da una parte i Newton medi, dall’altra le rpm. Incrociando i dati si capisce molto bene a quali range di forza pedala in modo ottimale, delta più efficiente di pedalata, combinazioni naturali di forza/velocità. Ovviamente da qui si parte per la costruzione di un training specifico, creato sul profilo del corridore.

Per concludere, quale è il ciclista più efficiente?

Quello che converte più forza totale in forza tangenziale, perché produce più watt a parità di sforzo.