Allo Stablinski Velodrome si è da poco conclusa la qualificazione dell’inseguimento individuale, gara splendida che non si capisce per quale motivo sia stata tagliata fuori dal programma olimpico. Evidentemente lo skateboard attira di più. Chi attiri non si sa, visto che neanche gli skater sapevano ci fossero i Giochi per questa disciplina, ma tant’è e non possiamo fare altro che goderci ancora di più questa specialità in veste iridata. Specialità che in questo pomeriggio ci ha regalato sorprese clamorose: Filippo Ganna non va in finale per l’oro.
Si annunciava un triello fra Ganna, Lambie (il primatista del mondo) e Jonathan Milan. E invece succede che Pippo parte malissimo. E’ 24° su 24, al termine della prima tornata. Rimonta, ma non basta. E allora le speranze sono tutte riposte nel friulano con il quale abbiamo scambiato qualche parola in questi giorni francesi.
Jonny in finale
Stamattina quando ha lasciato l’hotel Jonathan era molto tranquillo. «Nessuna tensione», ci aveva detto con quella sua tipica aria serafica. Aveva dormito bene ed era carico per i 4.000 metri che lo attendevano. Dopo le prove di riscaldamento con Pippo, prima alla sua ruota e poi a parti invertite, al fresco campione europeo di specialità non restava che attendere il via.
Jonny parte forte, ma non fortissimo. Anche se Villa è di parere opposto. Poi va in progressione. Si distende. E nel finale sigla un buon 4’05”, che sembra essere davvero un ottimo tempo sulla pista non particolarmente rapida dello Stablinski. Il problema è che Ashton Lambie fa meglio di lui di oltre due secondi. Per entrambi una prova solida, ma nelle gambe del primatista mondiale abbiamo visto più forza.
Però è anche vero che la finale è un’altra cosa e Milan inizia ad essere abituato alla pressione. E poi c’è un piccolo dato a cui attaccarsi. Nel chilometro finale l’americano è calato un po’ di più rispetto all’azzurro e chissà che questa non possa essere una preziosa chiave di lettura e un bel segnale.
I consigli di Lamon
Ma prima di pensare alla finale di questa sera, non si può non fare un piccolo passo indietro al trionfo di ieri sera. Un trionfo che ha visto Milan nel ruolo di lanciatore, cosa un po’ insolita per uno della sua stazza e con leve tanto lunghe. Oltre al cambio tra Bertazzo e Lamon questa è stata una news curiosa. A Tokyo questa delicata fase era stata affidata a Francesco Lamon, divenuto ormai un esperto del lancio.
«E’ una novità – dice Milan – ma dovevamo farla. Avevo fatto la partenza solo una volta. Un paio di anni fa in Coppa del mondo in Australia. Feci due tirate di un giro e mezzo. A Montichiari invece l’avevamo provata. Ma un conto è la gara e un conto l’allenamento. Ieri sera ho fatto due giri un po’ la prima volta e qualcosa in più dopo. Tutto secondo i programmi. Non abbiamo sbagliato niente».
«Certo Lamon le fa sempre bene, non che io sia andato male. Anzì, ho fatto un’ottima prova, ma lui in generale è un’altra cosa. Ieri mi ha dato un sacco di consigli: Jonathan non partire troppo forte, qui fai così, lì fai così, se vai lungo poi è un problema per Ganna. Mi ha preso da parte e abbiamo parlato per un’ora. Anche se è dispiaciuto per non esserci stato (comunque Lamon ha fatto il primo turno, ndr) al gruppo ci tiene molto».
E il gruppo tiene a lui, visto che ieri sera appena scesi di bici Milan se lo è stretto sotto il braccio. E’ stato il primo che è andato a cercare. E poco dopo anche gli altri si sono uniti all’abbraccio e tutti insieme hanno sollevato Francesco.
Pista “strana”
Ma questi sono anche momenti di dietro le quinte. In un velodromo si parla di tutto e così si scopre che: «Che è una pista strana», dice Jonathan Milan che di fatto riprende le parole di Martina Fidanza. Il gigante friulano ci spiega che l’anello dello Stablinski ha delle curve molto strette che non sono il massimo per fare velocità.
«Non che sia una pista lenta, ma di sicuro non è veloce come quella di Tokyo. E’ anche caldo, ma… insomma non credo che il record del mondo uscirà da qui. E poi vedi – e indica la curva che precede l’arrivo – all’ingresso c’è una specie di gobba. E’ molto fastidiosa.
«Okay, ormai abbiamo capito dove sta e come fare, ma in allenamento ci riesci, in gara no! In gara sono 16 curve diverse… Nel quartetto dovevi stare anche attento al cambio, rischi che ti spari un po’ fuori, sopra la linea rossa».
Rapporti più corti
E anche in virtù di questa situazione tecnica della pista, si è intervenuti un po’ sulle bici. A cominciare dai rapporti. Gli azzurri hanno optato per un 62×14, tutti. Nel complesso quindi si viaggia un po’ più agili rispetto a Tokyo.
«Esatto, un po’ per la pista e un po’ perché la condizione non è la stessa – conclude Milan – Non abbiamo il record del mondo in questo momento nelle gambe. A Tokyo addirittura io avevo usato il 64 in semifinale e finale, gli altri il 63. Però stiamo bene. Il fatto che per due volte abbiamo fatto 3’46” e che abbiamo finito in quattro la dice lunga».
Adesso non c’è che da attendere la finale dell’inseguimento individuale. L’appuntamento è per le 20:36, noi stiamo fremendo per questo Italia-Stati Uniti, ovvero Milan-Lambie. E non scordiamoci che in ballo c’è anche un bronzo con Pippo. Il mondo ci guarda. Noi tifiamo…