Gianni Savio non ci sta. Il manager piemontese è un vero fiume in piena e torna sull’esclusione della sua Androni Giocattoli Sidermec dal Giro d’Italia. E’ la vigilia del Trofeo Laigueglia, prima tappa della Ciclismo Cup, vale a dire il “campionato italiano a squadre” e la rabbia non accenna a diminuire neanche con la stagione che entra nel vivo.
Risultati e progetti
«Certamente è la più grande vergogna sportiva nella storia del Giro d’Italia – parte “a tutta” Savio – e motivo questa dura affermazione con dei dati. E’ stata esclusa la migliore squadra professional italiana degli ultimi quattro anni, non dell’ultima stagione: delle ultime quattro.
«Quelli che riporto sono dati oggettivi che mi consentono di esprimere un giudizio così duro nei confronti di una scelta che è stata “ver-go-gno-sa”. Veniamo ai risultati. Negli ultimi quattro anni siamo stati la prima squadra professional italiana nel ranking mondiale Uci. La prima professional italiana nel circuito europeo e la prima nella Ciclismo Cup, che abbiamo vinto per tre anni consecutivi dal 2017 al 2019, l’anno scorso ci ha battuto solo la UAE, che comunque è una WorldTour. Siamo stati la professional plurivittoriosa a livello mondiale con 35 vittorie nel 2019 e lo scorsa stagione, ovviamente ridotta, siamo comunque stati la seconda a livello mondiale superati solo dalla Alpecin Fenix.
«A questi risultati si aggiunga il fatto che proprio su indicazione di Mauro Vegni, noi da anni abbiamo un progetto vero con il quale abbiamo scoperto e lanciato tra i professionisti giovani talenti, che sono poi approdati nel WorldTour. Ballerini, Masnada, Cattaneo, Sosa, Bernal che addirittura ha vinto il Tour. Lo abbiamo lanciato a 19 anni tra i pro’ e lo abbiamo fatto crescere gradualmente».
Androni e il Giro onorato
«Ma non basta ancora. Ecco perché parlo di un’infamia. Abbiamo sempre onorato il Giro d’Italia. E potrei elencare vittorie e podi finali conquistati delle classifiche dei traguardi volanti e dei chilometri in fuga. Apro una parentesi. Qualcuno, Vegni, ha detto che andare in fuga significa solo fare pubblicità ai propri sponsor. Rispondo dicendo che è un nostro dovere professionale promuovere i marchi delle aziende che ci sostengono.
«Ma a parte questa premessa, noi siamo sempre andati all’attacco con un fine ben preciso: la vittoria di tappa. E ne abbiamo vinte. L’ultimo è stato Masnada a San Giovanni Rotondo nel 2019. E se non si vince la tappa, le nostre fughe hanno sempre l’obiettivo del podio finale per le altre classifiche: maglie, traguardi volanti e chilometri in fuga. Cosa che siamo riusciti a conquistare lo scorso anno con Simon Pellaud e Mattia Bais, tra l’altro neoprofessionista.
«Quest’anno abbiamo confermato tutti i migliori corridori della scorsa stagione e, coerenti con il nostro progetto giovani, abbiamo lanciato altri talenti. Cito il colombiano Santiago Umba, segnatevi questo nome, l’ucraino Andrii Ponomar. E abbiamo inserito corridori di esperienza come l’argentino Sepulveda, proveniente dalla Movistar, e il velocista Matteo Malucelli».
Regolamento univoco
Ma da Rcs, il primo destinatario del suo sfogo, sono arrivate comunicazioni? C’è stata una sorta di “spiegazione”?
«Nessun contatto, nessun dialogo con Rcs. Abbiamo inviato due email a Mauro Vegni e Paolo Bellino, entrambe senza risposta. Cosa contenevano queste mail? Erano una richiesta di partecipazione alle corse Rcs Sport esponendo i nostri requisiti».
Nasce l’esigenza, quindi di avere un regolamento univoco, per ovviare a questo problema. Ma come?
«E’ molto semplice – riprende Savio – c’erano tre wild card e noi comprendiamo che esistano delle esigenze aziendali. Quindi okay che una venga assegnata alla Eolo-Kometa che è una potenza economica e che porta al Giro e alle altre corse Rcs Sport risorse economiche importanti. Nulla da dire, anche se è all’esordio nella categoria professional ed è un dato di fatto che non ha la storicità che abbiamo noi, ma – ripeto -, è comprensibile. Quanto è assolutamente incomprensibile è che delle tre wild card almeno una, e dico una, venisse assegnata secondo una meritocrazia sportiva perché fino a prova contraria dovremmo (uso il condizionale) trovarci in un settore sportivo, non commerciale o finanziario. Gli organizzatori dovrebbero contemperare esigenze di carattere commerciale e altre di carattere etico sportivo. Questo è il nocciolo della questione. Ed è qui che è stato superato ogni limite».
Replica a Cassani
E adesso? Come motiverà Gianni Savio i suoi ragazzi e la sua squadra?
«Io credo di essere un motivatore – riprende Savio – e credo che anche in questo caso ci siano dei dati che lo dimostrino. Ho sempre detto loro di pensare alla Ciclismo Cup, è importante. In più fino a qualche tempo fa esisteva un accordo tra Lega e RCS secondo il quale la squadra campione d’Italia aveva diritto di partecipare al Giro dell’anno successivo. Invece è stato abbattuto anche questo ultimo baluardo della meritocrazia. Quindi come si motiva un atleta? E’ difficile. Ho sempre detto ai corridori: restiamo uniti e compatti perché nella Ciclismo Cup non solo ci giochiamo il titolo di campioni italiani ma giochiamo soprattutto la partecipazione al Giro del prossimo anno. Ma adesso? Non posso più farlo. “Ma come – mi potrebbero dire – siamo stati i primi per tanti anni e ci hanno… premiato con l’esclusione dal Giro…”. Cosa risponderei?
«Domattina (oggi per chi legge, ndr) sul pullman farò la riunione e assegnerò i compiti. Dirò ai ragazzi che non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, perché – e rispondo a Davide Cassani che stimo – perché sono gli organizzatori che si sono sbagliati. E lo sanno sanno…
«Dirò ai miei ragazzi di correre secondo la nostra filosofia. Una filosofia di corsa grazie alla quale abbiamo migliaia e migliaia di tifosi in tutto il mondo e la rivolta sui social ce lo ha dimostrato. Tifosi che ci seguono con entusiasmo e passione. Dirò che dovremo interpretare la corsa con grande determinazione, per onore la gara, le aziende che ci sostengono e appunto i tifosi stessi».
Ballerini nel cuore
«Poi chiaramente servirà anche intelligenza – conclude Savio – Non si può andare allo sbaraglio. Ci sono dieci WorldTour. Cito solo quattro nomi. Bernal, Kwiatkowski, Nibali e Quintana… e ne ho detti solo quattro! E se non dovessimo vincere noi, ma lo farà un Bernal, sarà un po’ come se avrà vinto uno dei nostri. L’altro giorno ho mandato un messaggio a Davide Ballerini dopo il suo trionfo in Belgio, dicendogli proprio questa cosa, e che ero orgoglioso. Lui mi ha risposto con un bel messaggio e mi ha fatto molto piacere: ha dimostrato di essere una grande persona oltre che un grande corridore.
«Sapete cosa dirò ai ragazzi? Che il ciclismo è un sport affascinante perché imprevedibile. Oggi corriamo al cospetto dei più grandi campioni al mondo, ma non dobbiamo pensare di partire già battuti… perché può succedere l’imprevedibile».