La seconda vita di Mattia Cattaneo, s’è già detto, è iniziata con l’approdo alla Deceuninck-Quick Step. E se il 2020 ha avuto come per tutti il freno del Covid, la stagione in corso sta mostrando il bergamasco sotto una luce finalmente limpida. Il Tour de France concluso in dodicesima posizione, con il secondo posto di Tignes, il quarto di Quillan e le due crono in crescendo – 8° a Laval, poi 6° a Saint Emilion – lo hanno riproposto all’attenzione del grande gruppo come fu alle origini quando ci mise piede. Il terzo posto al tricolore di Faenza unito agli altri bei risultati di stagione nella specialità hanno detto chiaramente che il rapporto fra Mattia e il cronometro sta tornando quello di un tempo. E la cosa genera interesse. Perché abbiamo fatto l’occhio con Ganna e Affini (al lusso ci si abitua presto), ma ritrovare fra i migliori un atleta che sa anche difendersi sulle grandi montagne suona decisamente insolito. L’ultimo a ben vedere è stato Nibali.
Passione crono
Mattia è in partenza per San Sebastian, nell’ennesima sostituzione che gli è stata chiesta quest’anno. E così riempiendo la valigia, ci racconta il suo rapporto con le sfide al tempo.
«Penso di aver sempre avuto una predisposizione per la crono – racconta – sin da quando ero allievo, ma con Rossato al tempo della Trevigiani ho iniziato a lavorarci bene. Mi piace tutto. Sia lo sforzo solitario, sia tutto il lavoro che c’è dietro su posizione e materiali. La bici da crono la uso regolarmente un paio di volte a settimana, anche tre se c’è da preparare un appuntamento. Non la mollo neppure a dicembre, ci lavoro molto. Faccio esercizi per la posizione, anche a secco…».
La usi due volte a settimana, facendo cosa?
Se esco due volte, il primo faccio lavori specifici per tre ore, tre ore e mezza. La seconda volta faccio un’ora e mezza sulla bici normale e un’ora e mezza su quella da crono. Sono fortunato perché ho una buona posizione di base, anche se arrivato in Deceuninck ho cambiato parecchio per trovare la miglior aerodinamica.
Specialized ci lavora parecchio.
C’è tanto lavoro che non si vede, giornate intere a fare aggiustamenti della posizione e prova di materiali. La nostra è una delle bici più veloci, per cui anche noi dobbiamo imparare ad assecondarla.
Sei uno che il salita tira il rapporto, si dice invece che a crono si debba puntare sulla frequenza…
Ma io pedalo allo stesso modo, mai super agile. E poi la crono dura al massimo un’ora, in cui devi dare tutto. Su strada non metterei mai il 58, a crono ormai è la regola.
E’ una bici comoda?
Dipende da cosa intendiamo per comodo, ma direi che non lo è particolarmente. Stare in posizione è difficile, però dipende anche da quanto sia estrema. Per questo faccio tanti lavori giù dalla bici, allenandomi per stare stretto con le spalle. La mia posizione comporta tanto stress, ma se ti alleni, starci sopra diventa più facile.
Si dice che se sei scomodo non rendi al massimo.
Dipende da quale obiettivo hai. Se sei Cavendish e dalla crono non hai niente da pretendere, ci sta che cerchi una posizione comoda. Se parti per stare davanti, difficile che tu possa essere anche comodo. Puoi cercare una via di mezzo, ma dipende dai corridori. E’ molto soggettivo. Gente come Kung o Roglic va fortissimo, ma non credo siano comodi.
Se è così estrema, come si fa a cambiare posizione durante un Giro?
E’ il motivo per cui durante la settimana passo spesso da una bici all’altra. Dipende da quanto ti alleni. Mi cambia poco. Sento che ho una posizione diversa, ma non mi stravolge. Per fortuna sono piuttosto flessibile, perché a parte la lunghezza delle pedivelle che resta quella, le altre misure e gli angoli sono tutti diversi.
Hai raggiunto il top della posizione o ci lavorerai ancora?
Sono previsti dei lavori e degli studi per migliorare ancora. Penso che cambierò ancora qualcosa. Lavorerò sui materiali, ci sono interventi da fare.
Vai meglio nelle crono secche o in quelle nelle corse a tappe?
Sembrerà strano, ma vado meglio nei giri, forse grazie al fatto che recupero bene. Nella crono secca sono meno performante, ma sono migliorato tanto. Al prologo dello Svizzera, ad esempio, sono arrivato terzo ed era come fosse una crono secca.
Ci sono dei rituali prima di una crono?
Certo, sempre uguali. La mattina provo il percorso il più lentamente possibile. Memorizzo le curve, cerco di capire quali si possono fare forte e quali sono pericolose, quelle da fare in posizione e quelle in cui frenare. Poi mangio sempre le stesse cose e mi scaldo allo stesso modo.
Come ti scaldi?
E’ sempre uguale e in base alla lunghezza della crono metto o tolgo qualcosa. Faccio ripetute, qualcuna in più se la crono è breve, di più se è lunga. La base è identica e mentre mi scaldo bevo soltanto acqua, niente sali. E cerco di mangiare poco. Nelle crono voglio essere vuoto.
Perché?
Perché faccio fatica a digerire, per questo mangio poco, sennò sto male. Né gel né sali, solo acqua. All’italiano, Bramati mi diceva di prendere la borraccia, ma ho finito la gara senza bere un sorso.
Non c’è rischio di calare restando così vuoto?
Forse un minimo calo l’ho avuto all’italiano, ma impercettibile e perché era caldo a quel modo.
Quando ti scaldi ascolti musica?
Sempre la stessa, di solito musica dance o comunque ben ritmata. Non riuscirei a scaldarmi con la lirica, però magari qualcuno lo fa.
Ruote?
Sempre le stesse, ma mi rendo conto di essere particolare anche in questo. All’inizio del Tour sono venuti a chiedermi che ruote e che copertoni volessi per la prima tappa, gli ho risposto che avrei usato le stesse cose per tutto il Tour. A crono è lo stesso. Lenticolare dietro e alto profilo davanti, a meno che non ci sia tanta salita e allora si può valutare l’alto profilo anche dietro, per un fatto di peso.
Ti sarebbe piaciuto andare alla crono di Tokyo.
Mi sarebbe piaciuto molto, ma i tempi della convocazione probabilmente lo hanno impedito.
Ti piacerebbe andare al mondiale?
Mi piacerebbe riuscire a guadagnarmi la convocazione per una cronometro. E’ un’aspirazione che ho da un po’, ma adesso è supportata da qualche bella prestazione. Sarei quasi più contento di arrivare in azzurro per la crono che per la gara su strada…
Niente da dire. Dopo il bel Tour a Tokyo ci sarebbe stato bene davvero, ma la tagliola olimpica che prevedeva la consegna dei nomi entro il 5 luglio lo ha tagliato fuori. Ha davanti Ganna e Affini. Eppure su un percorso duro come gli ultimi, anche Cattaneo avrebbe potuto dire la sua. Rivederlo forte e motivato come ai bei tempi fa pensare che crescerà ancora. E allora il ritorno alle origini sarà davvero completo.