Dal 2013 al 2022: Quintana è ancora là. Tenace, tosto, sensibile

17.07.2022
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Sono passati quasi dieci anni da quando abbiamo visto quel duello mitico sul Mont Ventoux tra Chris Froome e Nairo Quintana. Chris era nel pieno del suo “frullatore” e Nairo era un ragazzino che non moriva, per poco, alla sua ruota. Ma anche l’unico in grado di resistere a quelle accelerazioni tremende. Sembrava che i successivi cinque Tour de France fossero già suoi. Invece…

Invece non è andata così. Eppure eccoli entrambi ancora qui. Sulle Alpi si sono visti a corrente alternata. Sul Granon è toccato al colombiano e sull’Alpe al britannico.

In un certo modo possiamo dire che la classe supera l’età. Supera l’età ma non i watt e i ragazzini, anche se Quintana è in ottima posizione nella classifica generale. E rischia seriamente di giocarsi il podio. Proprio su di lui vogliamo concentrarci.

La sfida del Ventoux che lanciò Quintana al grande pubblico. Alla sua ruota Froome
La sfida del Ventoux che lanciò Quintana al grande pubblico. Alla sua ruota Froome

Differenze e similitudini

Il corridore dell’Arkea-Samsic per certi aspetti è cambiato molto, per altri è totalmente identico a quello del 2013.

In cosa è cambiato? E’ senza dubbio più maturo. Rispetto a molti suoi predecessori sudamericani ha pagato meno il salto di qualità. Spesso molti suoi conterranei una volta raggiunta l’agiatezza economica tendevano a mollare, se non a sparire proprio. Uno degli esempi più lampanti è stato Josè Rujano. 

Quintana questa fase l’ha superata. Forse l’ha attraversata nel periodo dei suoi anni migliori, ma sta di fatto che è ancora lì. E sì che poteva rimetterci di più visto che alla fine è stato il primo sudamericano a vincere un grande Giro. E questo gli ha dato una visibilità enorme. Anche una certa pressione mediatica, oltre che economica. Ma ormai è andata e a due terzi del Tour de France è sesto ad un centinaio di secondi dal podio. 

Quella che invece non è cambiata è la sua pedalata. Quella è identica, così come la sua espressione. Che sia “a tutta” o a spasso, Quintana è impassibile. Ed è incredibile. Resta sempre bella la sua cadenza da scalatore, con la gamba che spinge bene il rapporto. Quel femore così lungo che gli consente di girare rapporti da passista… e infatti si difende anche a crono.

E non è cambiata neanche la sua capacità di cavarsela nei ventagli e nelle situazioni difficili di corsa. La maglia rosa del 2014 è sempre rimasta davanti anche in questo Tour.

Anche sul pavè, nonostante sia uno scalatore, il colombiano se la cava alla grande
Anche sul pavè, nonostante sia uno scalatore, il colombiano se la cava alla grande

Un altro ciclismo

Rispetto a quel Nairo del 2013, più che lui è cambiato il ciclismo. Gli attori protagonisti sono altri. Questo sport ha visto uno step ulteriore dal punto di vista scientifico e anche tattico se vogliamo. Una volta c’era la Sky e tutti a ruota, a saltare man mano come birilli sotto il suo forcing. 

Adesso bisogna essere pronti magari a 80 chilometri dall’arrivo e bisogna esserlo nel testa a testa. Chiaramente la questione gambe resta centrale. Ma per chi è cresciuto in un certo modo adattarsi al cambiamento non è così scontato.

«Adesso – ha raccontato Quintana nelle interviste dopo gli arrivi – è così. Un giorno ne salta uno e una volta ne salta un altro. In questo Tour spero che la mia brutta giornata sia passata. E’ vero, spesso sono rimasto solo, sia nella tappa del Granon che in quella dell’Alpe d’Huez. E che ci crediate o no, si consuma molto in queste situazioni. Spero di no, ma penso che alla fine pagherò tutto questo».

Sull’Alpe d’Huez Nairo ha vissuto la sua giornata più dura, staccandosi quasi subito dai big
Sull’Alpe d’Huez Nairo ha vissuto la sua giornata più dura, staccandosi quasi subito dai big

Tra caldo e podio

Nelle sue interviste più volte Nairo ha parlato del caldo. Lui lo soffre molto. Addirittura Michele Bartoli, che lo seguiva fino alla passata stagione, ci parlò di problemi di respirazione al limite dell’asma per il colombiano, quando la colonnina di mercurio sale.

E a ben pensare molte sue grandi vittorie le ha ottenute col freddo: la tappa del Terminillo sotto la neve alla Tirreno del 2015, la frazione di Val Martello con la bufera dello Stelvio l’anno prima. 

«Io e la mia squadra – dice Quintana – continueremo a lottare. Sulle Alpi tutto sommato è andata bene. Mi sono solo un po’ distratto nei primi momenti quando mi sono staccato sull’Alpe d’Huez, ma il ritmo era più alto rispetto al giorno del Granon.

«Guardiamo avanti ma non è facile, perché sui Pirenei sono previste temperature oltre i 35 gradi e questo un po’ mi preoccupa».

Fermo restando che tutto è ancora aperto, e ipotizzando che la maglia gialla sia un discorso a due fra Vingegaard e Pogacar, per il terzo gradino del podio la lotta è ancora di più incerta.

«Sull’Alpe ho pagato un po’, ma il podio resta nella mira», ha detto Quintana.

Secondo Bartoli, Quintana per rendere non deve solo stare bene fisicamente, ma deve sentire anche un buon ambiente in squadra
Per Bartoli, Quintana per rendere bene non deve solo stare bene fisicamente, ma deve sentire anche un buon ambiente in squadra

Questione di clima

La rincorsa a questo podio passa anche dall’esperienza e dalla tranquillità. Non che nei giorni del Tour (e anche in passato) Nairo sia stato un super chiacchierone, però nei momenti dedicati alla stampa non si è mai tirato indietro. E questo è indice di tranquillità. La stessa che ha mostrato nel post tappa di Megeve.

Quel giorno i corridori per tornare ai bus dovevano percorrere i 7 chilometri finali del percorso al contrario. In fondo c‘era una rotatoria e il caos totale. Nessuna indicazione per i bus.

Quintana è stato l’unico che ha chiesto le indicazioni con calma e gentilezza e anche dopo aver imboccato una strada sbagliata non si è alterato, come invece hanno fatto molti suoi colleghi che magari neanche lottavano nelle posizioni di vertice. Una piccola cosa, che però magari conta.

«Quintana – racconta Bartoli – per andare forte ha bisogno del flusso giusto. E il flusso giusto è l’ambiente che funziona in squadra. Un po’ come ero io. Se sente la squadra come una famiglia Nairo rende e bene.

«Per me se sta bene, può ancora lottare a livelli alti, molto alti. Anche perché so come si allena, so che fa la vita da atleta ed è un pro’ vero»