Agnoli, parole dure: i corridori meritano rispetto

14.04.2021
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Valerio Agnoli, che alla fine del 2019 ha annunciato il ritiro, sta sostenendo gli esami per il terzo livello. «I corsi organizzati dal Centro Studi in questa fase sono stati spettacolari – dice – ho studiato tanto, ma ne è valsa la pena».

E proprio studiando per diventare direttore sportivo, Valerio ha aperto gli occhi su «una serie di dinamiche e abitudini che quando ci sei dentro ti sembrano normali». E se normali non ti sembrano, cerchi di fartele andar bene per mantenere quello che hai.

Un mondo a parte

«Il mondo del ciclismo è particolare – comincia Agnoli – si viaggia sempre sul filo e qualunque cosa ti dicano, ti sembra che valga mille. Sul piano dell’alimentazione, per come sei trattato e per le frasi che ti dicono. Niente ti scivola veramente addosso. Ora che sto studiando da direttore sportivo, la sensazione che certi approcci non siano troppo corretti mi è venuta. Un direttore sportivo non è uno che ti dice di sperare che un compagno si faccia male, per sperare di correre. E devi stare anche attento a lamentarti, perché i contratti durano sempre poco e non vuoi avere ritorsioni. Se vogliono che tu vada piano, vai piano davvero. Ho saputo che avrei fatto il mio ultimo Giro d’Italia dopo il Tour of the Alps, due settimane prima. Non era nel programma. Magari provi a parlare con i procuratori, ma anche loro arrivano a un certo punto e si fermano, perché devono continuare a lavorare».

La carriera di Agnoli si conclude dopo 16 anni al Tour of Guanxi
La carriera di Agnoli termina dopo 16 anni al Tour of Guanxi
E così nessuno dice niente…

Non troverai nessuno che parla, perché tutti vogliono mantenere quel che hanno raggiunto. Non puoi puntare il dito e non puoi parlare, perché non hai voce in capitolo. Ti mandano il programma e devi accettarlo.

Sono problemi di tutti oppure chi va forte sta meglio?

Se sei un leader, hai il tuo gruppo e in qualche modo il programma lo fai tu e sei al riparo. Ma se sei uno che vince e viene pagato per vincere, se non arrivano i risultati, dopo un po’ rischi che vada male anche a te. Di sicuro il ciclismo che avevo sempre sognato non è come quello che in certi momenti mi è capitato di vivere.

Il ciclismo che avevi sempre sognato l’hai mai visto?

In Liquigas ci davano il programma da gennaio a giugno e cambiava solo se stavi male. Non mi è mai capitato di essere mandato in Belgio, a una corsa che non mi si addicesse, per poi sentirmi anche dire che fossi andato male. E alla fine paga sempre il corridore, la colpa non è mai di chi ha fatto certe scelte sulla sua pelle.

Giro d’Italia 2010, Agnoli con Stefano Zanatta lavorando per la vittoria in rosa di Basso
Giro 2010, Agnoli con Zanatta lavorando per Basso
Andando per esclusione, se alla Liquigas andava bene, restano l’Astana e il Bahrain…

Con il principe del Bahrain mi sono lasciato bene. A volte ci scriviamo su Instagram e mi ha detto che sarebbe contento di incontrarmi, se tornassi giù. In Astana non ho mai avuto grossi problemi. Ci sta che in una squadra chi comanda possa non piacere a tutti. Lo stesso Lefevere, che per me è un mito, potrebbe non essere amato da tutte le persone che lavorano alla Deceuninck. Ma è brutto sentirsi non accettato, percepisci che non c’è fiducia e a quel punto anche la più piccola defaillance viene accentuata. Il corridore è come un calice di cristallo…

In che senso?

Se lo lucidi e lo tieni da conto, continua a splendere a lungo. Il periodo con Zanatta mi è mancato molto, negli anni successivi ho tenuto botta per quieto vivere. E’ così per molti, mi viene il sospetto che sia proprio così nello sport professionistico in genere. Ogni giorno un esame. Tutte le mattine ti svegli e devi salire sulla bilancia, sfido qualsiasi collega a dire che si tratti di un bel momento.

Il problema alimentare c’è, ormai è chiaro…

Sul Teide, nel giorno di riposo, io ero uno dei pochi che prendeva la macchina e scendeva sul mare a mangiare una pizza. Qualche volta è venuto anche Vince (Nibali, ndr). Ma siamo professionisti, sappiamo che con la pizza ci va al massimo una Coca Zero. C’erano altri corridori che non scendevano mai. Sono situazioni che si accavallano. E’ frustrante fare sacrifici e non ottenere risultati. Sei in giro con il 4-5 per cento di grasso, non c’è altro da limare.

Al Giro 2016, Agnoll si ritira per caduta (e frattura del capitello radiale) il giorno di Asolo. Qui con Nibali in rosa a Torino
Al Giro 2016, Agnoli si ritira per caduta nell’11ª tappa
C’è chi lo faceva.

Io con Brajkovic ho corso all’Astana e mi chiedevo come facesse ad andare in bici con il 2 per cento di grasso. Per questo credo che una figura come il mental coach o uno psicologo, qualcuno al di fuori del sistema, non sia così sbagliato, visto che il ciclismo è così estremo. Quando sono passato professionista nel 2004, gli stimoli ce li cercavamo sfidando i grandi campioni, adesso è dura.

Hai parlato dei diesse: non ce ne sono più oppure non li lasciano lavorare?

Ci sarebbero pure. Penso a Zanatta, a Mario Chiesa che ti cazziava, ma sapeva anche darti una pacca sulla spalla. Persino Mariuzzo, che quandi ti incitava, ti faceva venire i brividi. Guardo Bramati e fa piacere vedere un diesse che spacca la macchina per tirarti fuori il 110 per cento. Ricordo la cronosquadre del 2010, quella in cui io presi la maglia bianca. Zanatta dall’ammiraglia ci gasò così tanto, che ognuno di noi diede più del massimo. Ma oggi pare che contino altre cose. La velocità, la potenza, la forza. Ho letto un articolo sul 54…

L’hai letto giusto qui.

Ricordo che il primo a usarlo era Gasparotto, io l’avrò messo 3-4 volte in tutto. Si va fortissimo. Non ci sono più le piccole corse. L’anno scorso mentre mi scrivevo con Nibali, mi ha fatto notare che aveva fatto la crono del Giro a 400 watt medi. Che cosa poteva farci se gli altri sono andati più forte? Chissà come stava sul pullman…

Cosa succede sul pullman?

Ci sali dopo la corsa. Ti fai la doccia e cominci a pensare a come è andata. Ti rivesti. E mentre infili la tuta, cominci a guardare i distacchi. C’è un mondo sul bus, ci si potrebbe scrivere un libro. Perché proprio in quei momenti serve il diesse che con un solo sguardo sia in grado di capire se qualcosa non va. Non è facile…

Oggi Agnoli è testimonial del cicloturismo nel Lazio e tecnico regionale Fci
Oggi Agnoli è testimonial del cicloturismo nel Lazio e tecnico regionale Fci
Fare il corridore?

Il ciclismo è una cosa fantastica, ma è anche un sogno che può trasformarsi in un incubo. Se non vai, vieni emarginato. Non so se in certi casi sia giusto parlare di mobbing, non so se sia solo la mia esperienza. Mi è capitato di fare dei lavori in salita e poi di piangere in discesa, perché ero convinto di aver fatto bene e invece i dati dicevano il contrario. Certe volte Slongo nemmeno ce li faceva vedere, per paura del condizionamento. Sono sfumature che fanno parte del lavoro.

Che tu hai svolto per quanti anni?

Sedici anni e alla fine mi sono ritrovato senza squadra, ma con tanti bei ricordi. La folla nell’Arena di Verona con Basso in maglia rosa. Le Tre Cime di Lavaredo con Nibali. L’ala di gente all’ultimo chilometro dello Zoncolan. Sono cose che solo chi le ha vissute può capire. Il motivo per cui si fa quel mestiere, con tutto quello che comporta.

Allenatore e… console: cosa fa adesso Agnoli?

05.02.2021
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Rimboccarsi le maniche, non mollare mai, sapersela cavare… quando il ciclista mette insieme tutto ciò diventa un campione. Se invece quell’uomo lo fa nella vita di tutti giorni diventa un’imprenditore… di se stesso. Che poi è come si definisce Valerio Agnoli.

Il corridore laziale, storica spalla di Nibali, ha chiuso la sua carriera con il professionismo a fine 2019 quando ancora vestiva i colori della Bahrain Merida e lo ha fatto in modo un po’ brusco. Ben 16 stagioni da pro’. Fu tra i primi nel ciclismo moderno a passare giovanissimo, non aveva compiuto neanche 20 anni. Valerio avrebbe voluto continuare. Però, come accennato, non si è perso d’animo ed oggi fa tante cose.

Agnoli a Maranello con i piloti Alessandro Pier Guidi (a sinistra) e Nicklas Nielsen (al centro)
Agnoli a Maranello con il pilota danese Nicklas Nielsen

Allenatore di piloti

«Eh sì, devi saperti rigenerare – spiega Agnoli – Tra le mie iniziative c’è quella di collaborare con Med-Ex, medical partner della Scuderia Ferrari. Con l’utilizzo della bici cerchiamo di riprodurre sotto l’aspetto fisico e psicologico quel che succede in un gran premio. Ma di più non posso dire, con i motori di un certo livello ci sono norme severe sulla privacy».

Per il ciociaro questa è un’opportunità ghiotta e stimolante a quanto pare. Lui li segue quindi per quel che concerne l’allenamento, dà loro consigli e spesso ci esce in bici. E’ stato così anche all’autodromo di Vallelunga a fine 2020 quando lui e i suoi piloti hanno svolto sedute particolari, come si è visto dai social. Sedute evidentemente volte alla necessità di essere lucidi e reattivi durante i Gran Premi.

Quel che sta proponendo Agnoli è particolare. E’ un po’ quel che ha fatto McLaren quando è entrata nel ciclismo con Bahrain (anche se adesso è uscita). Solo che Valerio lo sta facendo al contrario: porta la bici nei motori. Questo è un ambito di lavoro molto e curioso. Un aspetto diverso: la bici applicata ad un altro sport, un bel laboratorio.

Valerio Agnoli, 36 anni, ha chiuso la carriera nella Bahrain Merida a fine 2019
Agnoli, 36 anni, ha chiuso la carriera nella Bahrain Merida a fine 2019

Addio amaro

Agnoli ha entusiasmo. Non ha lasciato vincere la delusione per essere rimasto a piedi, anzi l’ha trasformata in grinta. Quella che lo contraddistingueva da corridore.

«Devi essere imprenditore di te stesso, nella vita normale non hai il procuratore – racconta Agnoli – quel che fai, lo fai da solo. A quanto pare, proprio i procuratori si erano strappati i capelli pur di trovarmi una squadra, ma non ci sono riusciti. Neanche un’offerta… Se poi ci aggiungi un diesse che ti dice: per correre devi sperare che cada un tuo compagno, allora capisci che forse doveva andare così. Quale diesse? Era uno dell’Est… Io per non aggravare la situazione non ho voluto fare polemica. Mi sono ritrovato man mano a fare gare di secondo piano, salvo poi sapere che sarei partito per il Giro una settimana prima del via».

Ma se dopo la carriera Agnoli sperava di stare più tranquillo si sbagliava, per fortuna! Oltre al progetto con i piloti infatti Valerio è anche presidente della struttura tecnica del Comitato Fci del Lazio e collabora con Visit Lazio.

«Giusto qualche giorno fa, il neopresidente del Comitato regionale del Lazio, Maurizio Brilli, mi ha contattato e mi ha offerto questa carica. In pratica sono il capo dei Ct del Lazio. Io ho accettato subito e la mattina dopo gli ho presentato subito delle idee».

Agnoli è testimonial del turismo laziale
Agnoli è testimonial del turismo laziale

Il “console” Agnoli

«E poi c’è il discorso sul turismo, un qualcosa di grande – racconta con passione Agnoli – i video che abbiamo fatto con Visit Lazio hanno avuto oltre 2,5 milioni di interazioni. Per ora il progetto ha riguardato solo la provincia di Frosinone. Dovevamo toccare tutti e 91 i Comuni della provincia e per ora siamo oltre i 50. Il Lazio ha posti incantevoli e il tema della mobilità alternativa che coinvolge anche il food è forte e in crescita. Mi definisco un console della mia terra, più che un ambassador!».

«Il progetto con Visit Lazio è nato durante il lockdown grazie alla consigliera al turismo della Regione Lazio, Sara Battisti, nell’ambito del progetto “Ripartiamo dal Turismo”. Abbiamo proposto idee, girato dei video ogni settimana e alla fine quel che producevamo finiva sulle pagine social della Regione, pagine che hanno oltre 200.000 follower ciascuna, quindi una bella visibilità. In più sono già pronti dei percorsi permanenti. I file già ce li ho».

Insomma Valerio Agnoli, non si risparmia. «Ah dimenticavo! Sto ultimando anche il corso da direttore sportivo di terzo livello».