Il Santuario del Ghisallo, la casa sacra dei ciclisti

08.10.2022
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Ci sono dei giorni, come quelli che precedono il Giro di Lombardia, che il Santuario della Madonna del Ghisallo si anima. La gente, gli appassionati in bici soprattutto, iniziano a brulicare. Arrivano in cima, si guardano attorno, il panorama sui due rami del Lago di Como è unico. Ma poi buttano un occhio al vicino museo e alla chiesa, che sanno essere la loro in qualche modo, e vi entrano.

Entrano in quella che appunto è la loro casa. Sono oltre 70 anni che la Madonna del Ghisallo è la protettrice dei ciclisti. Fra tre d’ore o poco più, la 116ª edizione del Lombardia vi transiterà ancora una volta. La cronotabella indica un orario tra le 15 e le 15:45. A quel punto i corridori avranno affrontato 192 chilometri.

Madonna dei ciclisti 

Ma perché proprio quassù vi è il santuario dei ciclisti? Perché questa scalata è da praticamente sempre stata presente nel Giro di Lombardia. Fu inserita la prima volta nel 1919. Per anni ha visto la sofferenza e la gioia di molti corridori. E qui tutti i ciclisti della zona prima o poi passavano. Fu Fiorenzo Magni a spingere perché questo luogo diventasse sacro per i ciclisti.

Oggi un amico del Santuario e del museo del Ghisallo è Carlo Ottolina, appassionato di ciclismo, che presiede la Ciclismo in Rosa squadra femminile di ciclismo paralimpico.

«Non poteva essere diversamente – dice Ottolina – perché il Ghisallo ha un grande significato per il ciclismo e per i ciclisti».

«In questi giorni che precedono il Lombardia, il flusso dei visitatori aumenta. C’è curiosità. Molti sono stranieri. E soprattutto nelle ore che precedono il passaggio della corsa c’è un vero boom. I ciclisti salgono in bici e prima di mettersi a bordo strada, una volta in cima passano al Santuario».

Quanti turisti

Che il flusso sia maggiore è vero. Il Lombardia richiama molti turisti, specie stranieri. Sono diversi i tour operator che organizzano viaggi ciclistici in occasione del Lombardia, cosa che avviene per tutte le maggiori corse al mondo. Un ulteriore richiamo è dato anche dalla granfondo di domani.

Alcuni appassionati, specie quelli con la maggior cultura ciclistica, sanno bene di questo passaggio, paragonabile ad un Kwaremont del Fiandre o a una Foresta di Arenberg della Roubaix. «Per esempio da giorni ci sono due camper, uno belga e uno francese, che hanno chiesto di parcheggiare nell’area tra il Santuario e il museo».

E anche i pro’ durante la ricognizione si fermano o buttano un occhio. Non ultimo Julian Alaphilippe e la sua Quick Step-Alpha Vinyl. L’ex iridato ha donato una sua maglia al museo. Anche all’interno del Santuario ci sono dei cimeli dei grandi campioni.

Tuttavia il nome Ghisallo non è legato al ciclismo, ma ad un conte, appunto il conte Ghisallo, il quale per sfuggire ai briganti si rifugiò in quelle zone. C’era una piccola “cappella” ma forse anche meno dedicata alla Madonna. Il conte si salvò e decise di costruire una vera Cappella in onore della Madonna. Tale storia risale alla prima parte del 1600, così come la chiesetta.

Bartali vinse tre Lombardia. Eccolo sul Ghisallo nel 1952. Quella volta lui, Coppi e Magni arrivarono rispettivamente 36°, 35° e 37°
Bartali vinse tre Lombardia. Eccolo sul Ghisallo nel 1952. Quella volta lui, Coppi e Magni arrivarono rispettivamente 36°, 35° e 37°

Spunta Bartali

Con il passare del tempo arrivò il ciclismo e il Giro di Lombardia ne fece il passaggio simbolo.

«Il legame tra il Santuario e il Lombardia – riprende Ottolina – è di lungo corso e di storie potrebbe raccontarne tante. Tanti piccoli momenti di condivisione. Ma c’è un aneddoto che più di altri ricordo con piacere.

«Parlo di un’edizione del Lombardia degli anni ’90, non ricordo di preciso quale. Ad un certo momento dalla cima si sente un boato e il clamore della folla già a bordo strada che avanzava verso il Gpm appunto. Però non poteva essere la corsa. Era troppo presto. Alla fine gli applausi erano per Gino Bartali che era sul percorso a bordo di una Golf Cabrio. Si fermò, salutò tutti e ripartì».

Bartali era un fervente devoto della Madonna e di certo non è stato insensibile al Santuario. Ginettaccio infatti nel 1949 fu tra i protagonisti dell’ufficializzazione del Santuario della Madonna del Ghisallo come protettrice dei ciclisti. Oltre a lui erano presenti Coppi e, chiaramente, Magni. Eppure quel passaggio non era una novità per Bartali. Nel 1952 Gino vi transitò da solo per l’ultima volta infiammando il pubblico già una quarantina di anni prima del passaggio con la Golf Cabrio.

Macerata Rebirth, fra abbazie e leggende medievali

28.06.2022
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L’appuntamento per questo tour in provincia di Macerata è abbastanza inusuale: non una piazza di una città, di un borgo o un lungomare, bensì un’abbazia romanica, isolata da ogni località: l’abbazia di San Claudio. Arriva Mauro Fumagalli, cicloguida di MarcheBikeLife di cui è titolare. Mauro ha contribuito alla realizzazione di vari percorsi di Marche Outdoor e oggi, dopo la nostra prima uscita sulle strade del Conero, oltre alle sue competenze tecniche, ci mette a disposizione anche qualche chicca storica. 

«C’è una sorta di leggenda attorno all’abbazia di San Claudio – rivela – alla fine del giro di oggi ti dirò».

Restiamo incuriositi, ma è tempo di metterci in viaggio. Di certo questo è un territorio ricco di abbazie, tanto che c’è anche un percorso (da fare a piedi o in bici) che le raccorda tutte. Ad esempio noi muoviamo i primi colpi di pedale in direzione dell’Abbadia di Fiastra, collocata nel bel mezzo dell’omonima riserva naturale vasta quasi 2.000 ettari.

L’Abbadia di Fiastra

La raggiungiamo dopo esserci entrati tramite un tratto nel bosco, un tratto adatto alle bici gravel ma con fondo ben battuto, per cui anche i copertoncini da 28 non hanno problemi. Ai nostri lati superiamo le recinzioni che proteggono gli animali in libertà (tra cui caprioli, faine e tassi) nascosti nei 100 ettari della selva di cerri. Uno di essi però deve avere un privilegio, dato che al bar nei pressi dell’abbazia ci accoglie un pavone che passeggia in tranquillità. Ci guarda per un attimo forse incuriosito dalle nostre bici, poi ci lascia passare. Riempiamo la borraccia proprio alla fontanella davanti alla facciata dell’abbazia dominata dal grande rosone e ripartiamo.

Superiamo Urbisaglia dopo aver fatto una deviazione su ghiaia per ammirare i resti dell’antico teatro romano, risalente al I secolo A.C. quindi l’asfalto riprende con i saliscendi che superano campi di grano che a breve verrà mietuto.

Qui Fiastra. C’è un cammino che unisce tutte le abbazie del maceratese
Qui Fiastra. C’è un cammino che unisce tutte le abbazie del maceratese

In salita a Tolentino

La prossima tappa è Tolentino, ma per metterla nel sacco dobbiamo affrontare un paio di salite che rappresentano le difficoltà maggiori di questo itinerario, che si snoda interamente in un paesaggio collinare. Si tratta di strappi di 3-4 chilometri con pendenze massime dell’8 per cento, ideali per saggiare la gamba senza perdere il feeling con l’ambiente circostante, fatto di profili verdi, campi lavorati e cielo azzurro.

Il Ponte del Diavolo di Tolentino porta con sé un bel carico di leggende
Il Ponte del Diavolo di Tolentino porta con sé un bel carico di leggende

Il ponte del diavolo

A Tolentino entriamo dalla porta sud, posta a controllo del Ponte del Diavolo che attraversa il Fiume Chienti

Perché Ponte del Diavolo?

Perché leggenda vuole che fu costruito in una sola notte dal diavolo, che però chiese in cambio l’anima della prima persona che vi sarebbe transitata. Il costruttore invocò l’aiuto di San Nicola che vi giunse con un cagnolino e una forma di formaggio. Lanciò la forma ed il cagnolino passò sul ponte beffando così il diavolo.

Seppur privi di formaggio, lo attraversiamo anche noi e arriviamo al centro storico del paese che è poco più in alto e, in Piazza della Libertà, ammiriamo l’orologio astronomico formato da più quadranti.

«Adesso ti porto da un amico». Mauro ci guida in un vicoletto per poi sbucare in una piazzetta su cui affaccia un piccolo alimentari. Dentro c’è Giorgio, appassionato di ciclismo, che infatti ha letteralmente tappezzato il soffitto in legno con le pagine di alcune riviste del settore. C’è anche una maglia rosa incorniciata dietro l’uscio, e altre ancora sullo stipite antistante. E’ facile intuire che la sua bottega sia tappa obbligata per i ciclisti in transito.

Fra storia e vigneti

L’uscita da Tolentino attraversa i campi di frumento che nel 1815 furono teatro della battaglia tra le truppe austriache e quelle di Gioacchino Murat, re di Napoli fedele a Napoleone. Per alcuni storici fu la prima del Risorgimento italiano.

Le nostre gravel ci consentono inoltre una deviazione verso la prestigiosa Cantina Pollenza, i cui sterrati ben battuti solcano la vasta tenuta costellata da filari che “covano” le uve del Cabernet Sauvignon, del Sangiovese e del Merlot.

Lo Sferisterio

Sorvoliamo il Castello della Rancia, e, dopo un paio di chilometri sui pedali per salire sulla collina che divide la valle del Chienti con quella del Potenza, eccoci al capoluogo di provincia.

Macerata, circondata dalle mura, ha nello Sferisterio la sua peculiarità: è una vera e propria arena all’aperto dove si svolgono vari spettacoli in un’atmosfera unica, con un’eccellente acustica, stando al parere di cantanti e direttori d’orchestra. Transitiamo poi in piazza della Repubblica dove anche qui svetta un orologio astronomico, anzi planetario, dato che fornisce le posizioni degli astri conosciuti nel XVI secolo, quando fu costruito.

L’acqua non manca neppure in estate: un valore aggiunto per le uscite più lunghe
L’acqua non manca neppure in estate: un valore aggiunto per le uscite più lunghe

La tomba di Carlo Magno

L’ultima parte del tour la pedaliamo sempre sul dorso della collina che funge da spartiacque tra i fiumi Potenza e Chienti.

«Si potrebbe pedalare in cresta – dice Mauro mentre ci dà il cambio – addirittura fino a Civitanova Alta».

Ovvero fino al mare. E invece noi sterziamo a destra e ci rilassiamo in discesa per ritornare all’abbazia di San Claudio. Eccola, sbuca dietro un grande albero che regala un po’ d’ombra a questa stradina secondaria, sola nel bel mezzo della vallata del Chienti.

Mauro, ma qual era la leggenda che ci dicevi quando siamo partiti?

In realtà – risponde la nostra guida togliendosi il caschetto – più che una leggenda potrebbe essere una vera rivoluzione storica. Secondo le tesi del Professor Carnevale, scomparso lo scorso anno, qui ci sarebbe nientemeno che la tomba di Carlo Magno.

Colline e salite come strappi lungo questo anello di Macerata Rebirth
Colline e salite come strappi lungo questo anello di Macerata Rebirth

Un motivo in più

Possibile? E’ una bufala dei nostri tempi? In realtà gli studi del professore sono andati avanti per oltre venti anni, ritenendo che la vera Aquisgrana, il centro della corte del Sacro Romano Impero, non fosse nell’odierna Aachen, in Germania, ma in quest’angolo di Marche in cui oggi risplende l’abbazia. Gli stessi storici tedeschi hanno dovuto fare delle… aperture. Mancano ovviamente delle prove certe, dei ritrovamenti di reperti o documenti, ma il dibattito è aperto. E se un domani si dovessero riscrivere i libri sul Medioevo, avrete un motivo in più per inforcare la bici e venire a pedalare tra queste colline ammantate di storia… 

Macerata Rebirth ha altri due anelli, il primo e il terzo, con percorsi che si avventurano sui crinali delle colline e verso le prime montagne, consultabili a questo link.

Osttirol a portata di bici, per famiglie ed agonisti

30.04.2022
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Nei giorni del Tour of the Alps abbiamo solcato valli incantevoli. Alcune molto conosciute, altre meno, almeno per il pubblico italiano. Tra queste ci ha colpito non poco la porzione dell’Osttirol.

Si tratta della zona austriaca che si prolunga dalla Val Pusteria, arriva fino a Lienz e da una parte, a Nord, risale verso il Grossglockner, e dall’altra, a Sud, torna ancora verso l’Italia, verso la Carnia per la precisione.

Anche i pro’ del Tour of the Alps hanno beneficiato delle ampie pianure che circondano Lienz
Anche i pro’ del Tour of the Alps hanno beneficiato delle ampie pianure che circondano Lienz

Pianura, l’elemento in più

Per chi ama andare in bici il piatto forte sono senza dubbio i paesaggi. Il Grossglockner che sfiora i 3.800 metri e altre 265 vette che superano i 3.000 metri. E poi boschi, fiumi, cascate, ampi pascoli e cittadine scrigno da visitare, a partire da Lienz stessa.

Ma c’è un elemento che a nostro avviso marca la differenza dell’Osttirol con altre zone di montagna: ed è la pianura. Può sembrare un controsenso visto che parliamo di un paesaggio montano in cui a rubare la scena sono le salite, ma non è del tutto così. Le salite, tranquilli, non le tocca nessuno!

Visto che parliamo principalmente di turismo con bici da strada o comunque da viaggio (per la Mtb servirebbe un libro a parte, tanti sono percorsi e opportunità), la pianura è qualcosa che agevola non poco gli spostamenti. Rende fruibile quella zona ad una pletora molto più ampia di utenti.

Meno fatica, possibilità di coprire chilometraggi maggiori e piace persino ai ciclisti dall’animo agonistico che possono svolgere i loro lavori specifici tra una salita e l’altra o “fare scarico”.

Drava, la spina dorsale

E la pianura è quella che segue i principali corsi d’acqua. La Drava scende dolcemente dal confine con la Val Pusteria. La pista ciclabile è collegata a quella che muove verso Brunico. E’ questa la spina dorsale dei percorsi su asfalto dell’Osttirol. E’ quella più famosa e battuta. Anche perché ci si può organizzare con il ritorno in treno, in entrambe le direzioni la si percorra.

Solitamente si va dal confine italiano a Lienz. In questo modo la strada tende sempre a scendere. Il percorso in questione è segnalato come R4. Partendo da Dobbiaco e arrivando fino a Nikolsdorf, paesino a Sud di Lienz, il percorso misura 63 chilometri e circa 600 metri di dislivello a scendere e 300 a salire. Pertanto è molto facile.

Verso il Grossglockner

Se il percorso della Drava è quello più “family friend”, quello lungo l’Isel oltre che strizzare l’occhio alle famiglie, lo strizza anche anche ai più esperti. Seguendo il corso di questo fiume, che proprio a Lienz va a gettarsi nella Drava (le due arterie ciclabili sono collegate), oltre alla pianura ci sono tante scalate e “vallecole” laterali in cui avventurarsi.

Da Lienz a Matrei in Osttirol, è tutta pianura ma di qua e di là le alternative non mancano. Si può scoprire la più dolce Virgental, che parte ad ovest di Matrei, oppure risalire le arcigne pendenze del Grossglockner a ovest.  E’ questa per esempio, la strada che all’ultimo Tour of the Alps hanno percorso i corridori e dove ha vinto Miguel Angel Lopez.

Ogni anno la Dolomiten Radrundfahrt raduna migliaia di partenti
Ogni anno la Dolomiten Radrundfahrt raduna migliaia di partenti

Per gli agonisti

Il Grossglochner è di certo l’attrazione maggiore per gli scalatori: c’è anche il Glocknerrunde, anello di 180 chilometri e 4.700 metri di dislivello che gira attorno alle falde del più grande massiccio austriaco. Ma è bellissimo anche il Giro del Passo Stalle (famoso per la sua biodiversità), che tra l’altro si estende anche in Italia proprio attraverso questo valico.

Ma se proprio amate le sfide c’è la Dolomiten Radrundfahrt, con partenza e arrivo a Lienz. E’ una granfondo (quest’anno si disputa il 12 giugno). I suoi percorsi sono davvero un tuffo nel cuore dell’Osttirol, soprattutto quello più corto da 112 chilometri e 1.870 metri di dislivello.

Questo va da Lienz a Oberdrauburg e da lì a Strassen attraverso la selvaggia Lesachtal per rientrare poi a Lienz.

Mentre il giro lungo, misura ben 228 chilometri e 5.450 metri di dislivello. Si tratta di un “doppio anello”. Il primo scala prima il Plockenpass e poi lo Zoncolan. Sì, avete capito bene: sconfina in Italia. Rientrati a Lienz per la strada percorsa al contrario, va poi a comprendere l’intero percorso corto di cui abbiamo parlato prima.

Parkade: Austria e Italia

La cosa bella è che di fatto questo giro grande riprende parte del Parkade. Sono tre arterie principali, tutte ben segnalate, che dall’Osttirol portano al Mar Adriatico. Quasi tutte piste ciclabili super mantenute. 

Ecco le tre direttrici: Lienz-Trieste (230 chilometri); Lienz-Grado (192 chilometri) e Lienz-Venezia (255 chilometri). Ci sono partenze scandite con delle guide e trasporto di bagagli al seguito, oppure si possono fare in autonomia. in ogni caso è un bellissimo progetto transfrontaliero. E’ rivolto soprattutto alle ebike, ma anche alle bici tradizionali. E a proposito di ebike: le colonnine di ricarica in Osttirol sono tantissime e in continua espansione. 

Su maps.osttirol ci sono l’elenco delle colonnine e di tutti i percorsi. E per tutti intendiamo anche quelli per escursionisti a piedi e biker…

Osttirol

Gravel in the land of Venice: ascoltiamo Panighel

15.04.2022
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Una coast to coast in Veneto? Eppure è possibile! Non c’è solo quella da un mare all’altro, ma anche quella che va da un mare, l’Adriatico, ad un lago, quello di Garda. E da chi poteva nascere questa “folle” ed entusiasmante idea se non dal genio di Massimo Panighel?

Siamo in Veneto, terra di sapori, di vini, di Dolomiti, ma anche di cultura. Ed è l’insieme di tutto ciò il fil rouge di Gravel in the land of Venice.

Campagne, colline, borghi, Ville Palladiane… la rete di Gravel in the land of Venice è infinita
Campagne, colline, borghi, Ville Palladiane… la rete di Gravel in the land of Venice è infinita

A tutto gravel

La bici è un grandioso mezzo turistico. Noi scriviamo sempre di professionisti e di gare, anche di altre categorie, ma la sezione turismo si è resa necessaria proprio perché non potevamo trascurare questo gigantesco settore delle due ruote a pedali, tanto più in Italia.

The Land of Venice è ormai la piattaforma del Veneto in generale per la sua promozione turistica. Gravel in the Land of the Venice è la rete cicloturistica ideata da Massimo Panighel.

Si tratta di un progetto in collaborazione con la Rete d’imprese Cycling in the Venice Garden. La rete prevede, per ora, un qualcosa come 1.350 chilometri, suddivisi in 20 diversi percorsi i cui chilometraggi oscillano tra i 50 e gli 83 chilometri.

«Ma – dice Panighel – per fine anno contiamo di arrivare a quasi 80 percorsi. I tracciati li sto mappando io stesso per due motivi. Il primo è che è un divertimento anche per me. Il secondo, è sono responsabile di questi percorsi e devo essere certo che siano ben fruibili e sicuri. E che non manchi la qualità dei paesaggi».

Pronta già una maglia di questo “circuito” di percorsi…
Pronta già una maglia di questo “circuito” di percorsi…

Sensi e eccellenze 

«Inoltre – continua Panighel – io ho ben in mente l’idea, e le caratteristiche, che i cicloturisti devono condividere lungo ogni percorso. Ognuno punta ad un qualcosa: cultura, vini, sapori, paesaggi… Ebbene, abbiamo voluto collegare i sensi e le eccellenze. E’ un bel “gioco”».

Un percorso, per esempio, passa per i vigneti: ebbene vista e gusto (prevedendo una sosta indicata) devono essere soddisfatti.

«Penso, per esempio, alla Villa Palladiana di Vicenza o al Lago di Fimon che è un’oasi naturale in mezzo ai Colli Berici, o alle trattorie e ai ristoranti che ci sono lungo i percorsi».

Intanto, Gravel in the land of Venice, sta già riscuotendo un buon successo. Complice anche la voglia di ripartire, come notiamo anche dalle prenotazione per questa prima Pasqua (quasi) libera dal Covid.

«Abbiamo preparato un brevetto – continua Panighel – Un brevetto che si raggiunge concludendo 12 percorsi in un anno. A quel punto si riceve una maglia, una medaglia e un attestato. Non è un qualcosa di agonistico, ma ci si pone però un obiettivo da portare avanti nel corso anno. Un obiettivo perseguibile in assoluta libertà, senza stress. Bisogna completare un percorso in ognuna delle sette province venete e poi aggiungerne altri cinque a scelta».

«Noi vorremmo che il brevetto, ma in generale Gravel in the land of Venice, richiamasse flussi anche da fuori. Che strizzasse l’occhio anche ai ciclisti delle Regioni vicine. Anche per questo la tracciatura è gratuitamente disponibile e aperta a tutti».

Uno scorcio del Lago di Fimon, incastonato nei Colli Berici
Uno scorcio del Lago di Fimon, incastonato nei Colli Berici

Terre Nobili

E a questa rete si affianca la ciliegina sulla torta di un evento, il Terre Nobili, in programma dal 23 al 30 settembre. Si tratta di un’avventura “unsupported” che porta a scoprire le bellezze della parte centrale del Veneto.

«Lo abbiamo chiamato Terre Nobili – spiega Massimo Panighel-  perché il percorso si snoda tra le eccellenze del Veneto. Una terra dalla bellezza disarmante, composta da vigneti e vini pregiati, laghi, natura, siti Unesco e preziosissimi borghi, scrigni di storia e cultura da vivere e scoprire. Ogni anno però il tema cambierà. Intanto partiamo con i siti Unesco, appunto».

«Il percorso della Terre Nobili – spiega ancora Panighel – inanella 7 dei 9 siti Unesco presenti in Veneto, la regione che ne ha di più. Mancano all’appello quelli di Prosecco e Dolomiti, ma posso dire che c’è già pronto un evento in chiave futura che li coinvolgerà. Si chiamerà Olimpica e dalle Dolomiti si arriverà al Parco del Delta del Po’. Questo parco è ufficialmente classificato in Emilia-Romagna anche se per gran parte si estende in territorio veneto».

Il percorso della Terre Nobili di settembre
Il percorso della Terre Nobili di settembre

Che avventura

Terre Nobili dicevamo: un’avventura in programma a settembre. Si parte da Caorle, si arriva a Peschiera del Garda e si ritorna, passando per i Colli Euganei per un totale di 700 chilometri.

Tanti? No! Perché si può scegliere in base alla disponibilità di tempo e di volontà. E sta proprio in questo l’originalità di Terre Nobili: può essere vissuto come una staffetta. Si può decidere di arrivare a Peschiera del Garda dove per il ritorno si darà il cambio ad un compagno di avventura.

Oppure si può anche fare in team composti da quattro persone disposte in altrettante stazioni di cambio (Caorle, Padova, Peschiera del Garda e Montegrotto Terme). E poi c’è chiaramente anche la tradizionale formula da soli, in autonomia, quella che più amano i gravelisti puri.

Gravel in the Land of Venice

All’Elba con Velasco: mare e montagna. Vero spettacolo!

11.03.2022
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Ma chi l’ha detto che l’Isola d’Elba è solo mare? La splendida isola toscana è un vero paradiso per gli amanti dell’avventura sportiva: canoisti, trekker, subacquei, ma soprattutto ciclisti… Addirittura questa isola ha visto crescere un professionista, Simone Velasco, oggi in forza all’Astana Qazaqstan.

Simone è di Procchio, paesino nella costa settentrionale dell’Elba. Uno di quelli che spuntano quasi all’improvviso, tra un golfo ed un altro, immersi nel verde della macchia mediterranea. E’ lui il nostro “Cicerone”.

L’anello Occidentale

«Partiamo – inizia Velasco – col dire che l’Elba non è un’isola enorme (anche se è la terza per estensione in Italia, ndr) e si riesce a girarla tutta, ma proprio tutta in bici. Io ho i mei giri e chiaramente non possono essere molti, ma ci si può divertire. E tanto…

«Quando posso faccio il giro dell’Anello Occidentale o della Costa del Sole. Si parte da Procchio e si e si arriva a Marina di Campo, una cinquantina di chilometri in cui si può ammirare il paesaggio elbano in tutto il suo splendore. In pratica si percorre la Sp dell’Anello Occidentale: Procchio, la spiaggia di Cavoli, Pomonte, la spiaggia di Fetovaia e si prosegue verso Marina di Campo».

A Pomonte c’è un relitto a poca distanza dalla costa che è meta di molte escursioni con dei piccoli traghetti con scafo a vetro per ammirarlo.

Periplo: 140 chilometri

«All’Elba di pianura ce n’è ben poca – racconta Velasco – però volendo si possono evitare le pendenze più dure.

«Il giro completo dell’isola misura 140 chilometri. E negli ultimi anni, da quando è stata aperta la strada di Falconaia, c’è anche qualche chilometro in più, costeggiando Bagnaia e Nisporto. Il dislivello complessivo è di 2.500 metri, ma come ho detto le salite sono abbordabili, specie se le si affrontano col proprio passo».

Percorrere il periplo di un’isola ha sempre un grande fascino. Si ha un senso di potenza e di libertà allo stesso tempo, difficili da spiegare. Solo la curiosità del ciclista forse può comprenderli sino in fondo.

Il bello del giro dell’Elba è che si possono ammirare anche due geologie distinte: i graniti della parte occidentale e le rocce sedimentarie di quella orientale. Il tutto sempre accompagnato dagli odori della macchia mediterranea e da scorci unici. Il verde acceso delle pinete, il blu profondo o turchese del mare. 

Spazio agli scalatori

Ma non solo salite facili. Anche l’Elba ha il suo Mortirolo e si chiama Monte Capanne (1.019 metri sul livello del mare).

«Il Capanne è il monte vero e proprio – spiega Velasco – in bici si arriva invece sul Monte Perone a quota 630 metri. E il dislivello non è poco visto che si parte da zero (in pratica è come scalare il Pordoi da Arabba, ndr).

«Il Perone ha due versanti, entrambi sui 10 chilometri. Quello da Marciana Marina lo faccio spesso in allenamento ed è un po’ più regolare. E’ il lato classico per così dire. Pensate che qui si tiene anche una cronoscalata amatoriale ogni anno. La prima parte va su al 6-7%, poi dopo il bivio per Poggio e Marciana Alta si prosegue con tratti al 12-13%. Poco prima della cima c’è un tratto di respiro, che annuncia l’impennata finale».

«Il versante di Marina di Campo invece si potrebbe dividere in due vie: San Piero e Sant’Ilario. Quest’ultimo è un po’ più costante. Entrambi vanno su intorno al 6-7 per cento di pendenza media. Quando poi si ricongiungono c’è dapprima un tratto molto facile e poi… l’inferno: 4 chilometri durissimi, con punte al 20%».

In vetta lo scenario è incredibile e si ha una vista che spazia dalla costa italiana a quella della Corsica, si vede l’Argentario e tutto l’arcipelago toscano. E’ un qualcosa d’indescrivibile.

Elba e Mtb: che connubio

Ma se per la bici da strada l’Elba è un paradiso, per la Mtb è il tempio, una meta ormai dal richiamo mondiale. Merito dei tanti sentieri, ma anche dei due bike park. Il Capoliveri Bike Park e quello del Monte Capanne.

«La zona del Perone si presta di più al gravity – spiega Velasco – vale a dire ai sentieri più tecnici, con salti, drop, rock garden… insomma più da enduristi. Mentre per il cross country il vero totem è la zona di Capoliveri, il suo bike park sul promontorio del Monte Calamita. Tanto che l’anno scorso vi si è tenuto persino il campionato del mondo marathon.

«I ragazzi di Capoliveri sono bravissimi. Hanno fatto un lavoro incredibile e ci sono sentieri per ogni livello. Non a caso ha un fortissimo richiamo turistico. Il promontorio del Monte Calamita e tutto quel tratto che si estende verso Sud è chiamato Costa dei Gabbiani».

E Velasco la Mtb la conosce bene. E’ proprio sulla ruote grasse che ha iniziato la sua carriera. Anche per questo i sentieri dell’isola li conosce a menadito.

«E’ davvero bello girare in Mtb. Vedo moltissime ebike, ideali per risalire anche il Monte Perone o la zona di Rio nell’Elba (porzione orientale, ndr). Anche lì ci sono molti sentieri.

«A me piacerebbe fare il tratto della GTE (Grande Traversata Elbana) che va da Rio a Pomonte. Mi piacerebbe farlo a piedi in un solo giorno. Dei miei amici ci sono riusciti. Sarà l’obiettivo del prossimo inverno!»

Che ci si vada per allenarsi (anche d’inverno il clima è ottimale), per fare della passeggiate, per andare in Mtb o per stendere l’asciugamano sulla spiaggia: l’Elba è pronta ad accogliervi. Non mancano guide, nolo bici e strutture bike friendly. E tra cultura e natura c’è davvero tanto da scoprire.

Visit Elba

Monte Carpegna: la palestra del Pirata aspetta la Tirreno

28.02.2022
5 min
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«Il Carpegna mi basta». Chi lo disse? Marco Pantani… Per lo scalatore di Cesenatico il Monte Carpegna, a cavallo tra la Romagna e le Marche, era il suo “Stelvio”, la sua palestra preferita. La salita più bella e più dura. Quella dove preparava le sue sfide e testava i suoi muscoli.

Il prossimo 12 marzo, lassù vi transiterà la corsa dei Due Mari, vale a dire la Tirreno-Adriatico. Evento che quest’anno per una grossa fetta sarà ospitato nella regione Marche.

Cicloturisti e pro’

Qui il cicloturismo ha un’incidenza sempre maggiore. Ci si punta molto. E anche il fatto di averne fatto testimonial un certo Vincenzo Nibali la dice lunga su questo intento delle Marche.

Il sindaco di Carpegna, Mirco Ruggeri, lo scorso sabato ha fatto gli onori di casa nel presentare la tappa che arriverà appunto a casa sua, la Apecchio-Carpegna, una frazione che è uno spaccato delle Marche. 

Questo borgo ducale è pronto a vestirsi a festa. La Tirreno è una grande opportunità per questa cittadina e per far conoscere al popolo del ciclismo il territorio del Montefeltro. Un territorio che può offrire molto a chi pedala.

E andiamo quindi a scoprirelo anche noi. Si tratta di una “fetta di terra” mossa come poche. Non ci sono picchi vertiginosi, ma neanche pianura. L’entroterra e l’Appennino da una parte (Ovest) e le colline che man mano degradano verso l’Adriatico dall’altra (Est): un dolce continuo saliscendi.

Marche Outodoor (il portale del cicloturismo della Regione) inserisce questa cima tra le sue proposte ufficiali. Qui paesaggio, natura e sport si fondono come in pochi altri luoghi d’Italia.

Salita feroce

Il Carpegna, come dicono proprio in Marche Outodorr, è: «Una salita feroce, senza sconti». Il traffico è sempre molto scarso, per non dire assente e nel weekend diventa una metà quasi di “pellegrinaggio” ciclistico.

E allora scopriamola questa scalata.

Si tratta di un’erta di 6 chilometri che arriva a 1.358 metri di quota. Si parte attacca fuori l’abitato di Carpegna (ad oltre 700 metri di quota) e da lì si sale. La prima parte è la meno ostica, anche se un chilometro al 7,2% di pendenza media non scherza. Poi le pendenze diventano da grimpeur puri. 

Per 5 chilometri solo in qualche breve tratto, solitamente negli ampi curvoni (come quello nella foto di apertura), si scende al di sotto del 10%, altrimenti si danza sempre sul 12%, con un paio di punte al 15%. Cinque chilometri possono sembrare pochi, ma con queste pendenze chi va in bici sa bene che non è proprio così.

Lungo la scalata, su asfalto e muretti, si susseguono le scritte che ricordano appunto il Pirata, Marco Pantani. La vegetazione va e viene, ma nel chilometro finale è alquanto fitta. Un Cippo, unilmonumento dedicato al re del Giro e del Tour 1998, indica la fine della salita.

E l’altro versante? E’ meno ostico (pendenze tra il 5% e il 7%), più regolare e anche più corto: 4,5 chilometri. Almeno se si prende in considerazione il tratto che percorrerà in discesa, chiaramente, la Tirreno-Adriatico. La corsa infatti arriverà fino al Passo della Cantoniera di Carpegna e da lì svolterà a sinistra prima di transitare sull’arrivo e di ripetere la scalata. 

Mentre sarebbe una salita ben più lunga se una volta giusti alla Cantoniera si svoltasse a destra e si attaccasse la salita da Ponte Baffoni, in fondo alla Val Marecchia. Si tratterebbe di una scalata di quasi 15 chilometri.

Sapori e cultura

Ma il territorio di Carpegna e del Montefeltro è anche altro. Marche Outdoor intende la sua regione come un grande giardino da scoprire, magari anche lasciandosi guidare dalle stagioni. L’inverno nella più bassa costa, l’autunno in collina, l’estate in montagna. Il Montefeltro va bene quasi sempre.

In ogni caso i percorsi selezionati da Marche Outdoor prevedono sempre strade secondarie a bassa percorrenza: un aspetto determinante a nostro avviso.

Nella zona del Montefeltro però occhio a non trascurare altri due aspetti: l’arte e la cucina. Castelli, rocche e borghi sono un invito per il cicloturista. Interessantissima è la Geoteca, un museo di fossili, proprio a Carpegna. Così come lo sono i piatti a base di tartufo, il formaggio di fossa o il prosciutto DOP di Carpegna.

Marche Outdoor

La festa, il divertimento, la scoperta: venite nel mondo di Bike Division

26.02.2022
6 min
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Andrea Tonti ha smesso di correre nel 2010, per la precisione il 3 ottobre 2010. Dopo 12 anni passati a pedalare in tutto il mondo con il numero attaccato sulla schiena ha deciso che bisognava continuare a farlo… ma senza numero! Il ciclismo non era per lui solo un mestiere, ma anche passione, ed ecco nascere Bike Division.

Due cuori e un lavoro

Cerchiamo di conoscere meglio la sua storia. Una storia che sa veramente di occasioni prese al balzo.

«Eh sì – dice Tonti – 3 ottobre 2010, campionato del mondiale di Melbourne (quello vinto da Thor Hushovd, ndr). Dopo un paio di anni è nata Bike Division. Mia moglie Michela aveva un’agenzia di viaggi, un tour operator e non abbiamo fatto altro che unire le nostre due competenze lavorative.

«Lei conosceva le modalità dei viaggi, delle prenotazioni… io conoscevo le esigenze dei ciclisti, cosa poteva piacergli…».

E Bike Division è nata subito sotto una buona stella. Il primo (ed unico) evento all’inizio fu la granfondo di New York, ma le cose andarono subito bene e fu un crescendo costante fino all’arrivo del Covid.

«Prima della pandemia eravamo arrivati ad avere 40 eventi e sei dipendenti fissi. Nel frattempo sono cambiati anche gli interessi di Bike Division, non solo più agonistici per gli amatori, ma anche per i cicloturisti veri e propri che pedalano in modo slow».

Sul territorio…

E qui entra in ballo anche l’importanza del territorio. La sede di Bike Division è ad Ancona, Marche. Questa regione crede ed investe molto nel ciclismo, basta vedere la presenza della Tirreno-Adriatico di quest’anno o pensare al fatto che Nibali ne sia il testimone. Inoltre poco più a Nord c’è la Romagna, che è una bandiera in quanto ad ospitalità: per il ciclista e non solo…

«La disponibilità del territorio – riprende Tonti  fa la differenza. In una vacanza cicloturistica conta parecchio: la cultura dell’accoglienza, i percorsi che proponi, la loro mappatura, se ci sono grandi eventi… Poi noi come tour operator siamo in grado anche di creare un viaggio nel nulla offrendo i servizi necessari chiaramente».

Per Tonti gli eventi comunque sono forse il primo traino. Lui stesso riporta l’esempio della Nove Colli e della Romagna.

«Le Alpi e le Dolomiti hanno fatto la storia del ciclismo e sono delle icone, ma in territori ciclisticamente meno noti come la Romagna, la Nove Colli ha inciso parecchio, poi c’è stato anche Pantani… ma hanno trovato lo spunto per andare avanti su questa strada. Ogni anno ci arrivano 12.000 persone che si trovano bene, che fanno passaparola, che rilanciano sui social media…».

Bike Division al Giro. Si ha l’opportunità di percorrere le strade dei campioni
Bike Division al Giro. Si ha l’opportunità di percorrere le strade dei campioni

Al Giro d’Italia

In questi anni, come abbiamo detto, Bike Division ha organizzato molti viaggi, molti eventi… giusto pochi giorni fa Tonti era alle Canarie con un grande gruppo, ma la ciliegiena sulla torta si chiama Giro d’Italia, di cui Bike Division è uno dei tour operator ufficiali.

«Rcs mette a disposizioni delle “experience” a stretto contatto col Giro – spiega Tonti – Anzi, nel Giro. L’accesso alle aree ospitality, al percorso… e noi mettiamo a disposizione gli altri servizi».

«Faccio un esempio della giornata tipo al Giro con Bike Division. Al primo giorno si raccoglie tutta la gente che arriva in aeroporti, stazioni… e ci si ritrova in hotel. Se qualcuno ha noleggiato la bici si fa il bike fitting affinché possa pedalare bene. Poi si fa conoscenza, si fa un briefing in cui si va a spiegare i percorsi e cosa si farà, quindi tutti a cena e poi in camera.

«La mattina successiva, non so intorno alle 7:30 colazione e alle 9 si parte per il Giro. Si va al villaggio di partenza. Solitamente si fa poi un trasferimento sulle nostre navette e si percorrono gli ultimi 60-90 chilometri della tappa (dipende da orari e percorso), sempre con le navette al seguito che danno assistenza e le guide. All’arrivo ci si cambia, si va in hotel e poi si assiste all’arrivo dei corridori. 

«Nel frattempo i cicloturisti consegnano le loro divise sporche nel sacchetto ai nostri operatori e la sera dopo cena gli vengono riconsegnati puliti e asciutti. E si ricomincia».

I pacchetti per il Giro d’Italia solitamente sono suddivisi per settimane. Ma c’è anche chi in passato ha pedalato per 12 giorni con Bike Division al seguito della corsa rosa.

La GF Nibali

Se gli eventi sono importanti oggi forse quello “ammiraglia” è la granfondo Vincenzo Nibali. E dire che il tutto era nato come una festa.

«Una festa – conclude Tonti – per noi dello staff e dei nostri amici che viaggiano con noi in tutto il mondo per chiudere la stagione a casa, per fare qualcosa anche da noi. Invece anche qui il livello si è alzato molto. Nibali è diventato uomo immagine del cicloturismo delle Marche e abbiamo colto la palla al balzo per organizzare questo grande evento. Sempre a fine stagione».

E gli eventi di Bike Division sono moltissimi. Le più importanti granfondo nel mondo, ma anche un capodanno a Lanzarote o una pedalata nei borghi del Lazio o della Toscana. Un giro in gravel o la rincorsa alle tappe della Tirreno-Adriatico. Basta solo scegliere dove e quando, allacciare il casco e iniziare a pedalare…

Bike Division

Fiandre: un luogo tutto da scoprire… in bici

21.02.2022
3 min
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Le Fiandre sono uno dei luoghi più iconici al mondo quando si parla di arte, cultura e soprattutto ciclismo. La bici scorre lenta e ci fa da comodo mezzo di trasporto tra i festival del mare del Nord e le mostre di arte contemporanea e fiamminga della città di Bruges. Con il piacere di fermarsi ogni tanto e mettere le gambe sotto al tavolo per assaporare tutti i piatti della tradizione. Il tutto è fattibile grazie alle Icon Cycle Route, nove itinerari che si snodano lungo i territori fiamminghi, ognuno con le sue caratteristiche.

Gli itinerari si snodano lungo percorsi ciclabili attraverso tutto il territorio delle Fiandre
Gli itinerari si snodano lungo percorsi ciclabili attraverso tutto il territorio delle Fiandre

Bruges e l’arte contemporanea

Ogni tre anni la Triennale di Bruges apre le porte della città all’arte ed all’architettura contemporanea. Una mostra che permette ad artisti ed architetti di sbizzarrirsi presentando nuove installazioni temporanee.  La città, capoluogo delle Fiandre Occidentali, dal 2000 è diventata patrimonio dell’UNESCO e nel 2002 è stata capitale europea della cultura. Non sorprende quindi vedere la città proliferare di innovazione e di attività legate alla cultura. 

Le Fiandre sono famose anche per il cioccolato, alimento presente nella regione da più di cinquecento anni (foto sito Visit Flanders)
Le Fiandre sono famose anche per il cioccolato, alimento presente nella regione da più di cinquecento anni (foto sito Visit Flanders)

Le Fiandre: cibo, leggende e… birra

Le Fiandre sono famose non solamente per mostre e musei, ma anche per un’altra tipologia di arte, quella culinaria. Da queste parti, da più di 500 anni, si può assaggiare una grande prelibatezza: il cioccolato. Nei primi del ‘900 il maitre Jean Neuhaus fece un ulteriore passo in avanti, inventando il primo cioccolatino ripieno che chiamò “pralina”.

Oltre a gustare il famoso cioccolato potrete anche perdervi tra le 1.600 tipologie di birre artigianali prodotte in questo territorio. Sul suolo fiammingo si contano più di 220 birrifici attivi, e potrete assaggiare quasi 700 profili aromatici diversi al grido di: Schol! …che corrisponde al nostro Salute!

Visit Flanders, Fiandre, Turismo, Anversa, Antwerpen
Davanti al municipio di Anversa, la statua della leggenda secondo cui la città avrebbe preso il suo nome (foto sito Visit Flanders)

Ultime ma non meno importanti ci sono le leggende che caratterizzano questi luoghi. Ed è proprio da una di queste che si dice che Anversa (Antwerpen in fiammingo, ndr) abbia preso il suo nome. Si narra infatti che un gigante ostacolasse il passaggio delle navi dal fiume Schelda tagliando la mano a coloro che non pagavano il pedaggio. Così un soldato dal nome Barbo lo sfidò e vinse liberando la città dalla sua tirannia, e in segno di vittoria lanciò la mano del gigante nel fiume. Dalla combinazione di “hand” (mano) e “werpen” (lanciare) ebbe vita il suo attuale nome di Antwerpen.

Visit Flanders

Per conoscere i nove itinerari visitare il sito:

https://www.vlaanderenmetdefiets.be/en/