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Modello San Juan, sport e turismo: parla il Governatore

01.02.2023
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Non sarà forse il tema più attuale nel ciclismo che ci aspetta, ma ci sembrava interessante rileggere la Vuelta a San Juan attraverso le parole del Governatore Sergio Uñac, la cui visione sta trasformando la provincia in una meta per grandi eventi sportivi. La costruzione del velodromo. Lo stadio attiguo. La città dello sport. La corsa ciclistica. I campionati del mondo di hockey a rotelle. I campionati panamericani di giugno. I mondiali di ciclismo su pista del 2025. E prima la candidatura di San Juan a Capitale Americana dello Sport 2024. Tutto quello che accade attorno ha messo in moto un meccanismo che sarà forse presto definire virtuoso, ma che nel giro di pochi anni ha cambiato l’economia della provincia.

Resta da capire se basti lo sport per portare prosperità in un territorio afflitto, come il resto del Paese, da una svalutazione spaventosa. La gente interrogata per le strade è in linea con il lavoro di Unac. I detrattori ci sono, ma in più di un’occasione hanno ammesso che anche le riforme sociali hanno portato a dei miglioramenti.

Incuriositi da un politico che mette lo sport al centro del sistema, abbiamo così rivolto un po’ di domande al Governatore Uñac.

Durante al visita ai giornalisti al nuovo velodromo si è potuto approfondire il rapporto fra San Juan e sport
Durante al visita ai giornalisti al nuovo velodromo si è potuto approfondire il rapporto fra San Juan e sport
Ha detto che lo sport non è un cammino per lo sviluppo, bensì il cammino. Qui lo hanno capito tutti?

All’inizio è stato difficile. San Juan ha sempre avuto un’importante base di sviluppo sportivo, più legato al sociale però che all’alto rendimento. Quando abbiamo deciso di aggiungere questa nuova strategia, c’è stata una discussione sociale sul fatto che avremmo investito denaro per impianti sportivi. Ma col tempo, credo che questa fase di perplessità sia stata superata con assoluta calma e normalità. La società sta valorizzando ciò che stiamo facendo. Le persone stanno vivendo meglio, perché stiamo incorporando nuove attività economiche in relazione con lo sport.

Le persone vivono bene a San Juan?

Abbiamo un tasso di disoccupazione pari al 3 per cento. Ma la svalutazione è un fatto e così per aiutare le famiglie che non hanno entrate sufficienti, abbiamo varato una serie di misure di supporto sul fronte della nutrizione e dell’educazione. Ad esempio, a sostegno delle giovani mamme, il Governo della provincia integra le forniture di alimenti sulla base delle prescrizioni dei pediatri. Vogliamo dare a tutti i bambini della provincia lo stesso punto di partenza, affinché poi si possa andare avanti con la meritocrazia.

Ci sono risultati tangibili?

Non è possibile avere risultati rapidi in questo ambito, ma quando ci arriveremo, tutti avranno le stesse possibilità.

La Scuola dello Sport di Punta Negra avvia agli sport acquatici tutti i bambini della provincia
La Scuola dello Sport di Punta Negra avvia agli sport acquatici tutti i bambini della provincia
La costruzione del velodromo è iniziata poco prima della pandemia. Come l’avete vissuta a San Juan?

E’ stato duro, come dovunque. Però credo che abbiamo trovato il giusto equilibrio. Ovviamente il settore sanitario e i settori della polizia hanno cercato di ordinare le normali attività dei sanjuaninos (gli abitanti di San Juan, ndr). L’economia ne ha risentito, ma ne siamo usciti bene. Penso che oggi si possa dire che a livello mondiale la pandemia sia finita. San Juan ha avuto una rapida crescita. Inoltre le attività che abbiamo organizzato sul fronte dello sport, come ad esempio i campionati mondiali di hockey, ci hanno permesso di risalire.

I giornalisti già presenti alla Vuelta a San Juan 2020 hanno notato grandi differenze.

Abbiamo continuato a costruire gli hotel necessari. Ad esempio, nella provincia di San Juan fra due mesi ci sarà l’inaugurazione di un hotel a 5 stelle, mentre altri stanno sorgendo in più luoghi remoti, ma legati allo sviluppo del turismo termale.

A sinistra il Governatore, con Jorge Chica (sottosegretario allo sport) e Giovanni Lombardi incaricato dei rapporti con i team
A sinistra il Governatore, con Jorge Chica (sottosegretario allo sport) e Giovanni Lombardi incaricato dei rapporti con i team
Di quanto tempo c’è bisogno perché sia ultimata la città dello sport?

C’è abbastanza da fare, perché è un progetto molto ambizioso. Anche se abbiamo già lo stadio per il calcio e il velodromo, restano da costruire gli impianti d’acqua, quelli per lo sviluppo dell’hockey su prato e stiamo già iniziando la costruzione di uno stadio polivalente per i bambini con disabilità. C’è il forte impegno della Segreteria di Stato per lo Sport, che arriva anche qui. Credo che serviranno altri cinque anni. La nostra sfida è portare a termine i lavori e raccoglierne un’altra. Poiché tutto ciò è legato alle alte prestazioni, l’idea è che la società inizi a utilizzare gli spazi comuni che avrà nella Città dello sport. E’ necessario collegare queste grandi infrastrutture con la società.

In Italia abbiamo il problema che sport e scuola fanno fatica a comunicare. Come funzione qui?

Stiamo lavorando per creare una connessione fra le scuole e le società sportive. E siccome avevamo il dubbio che i governanti del futuro potessero interrompere questo processo, abbiamo fatto una legge che impone di proseguire. Scuola e sport vanno di pari passo. Abbiamo 270 mila ragazzi entro i 18 anni. Quando abbiamo cominciato solo l’11 per cento faceva sport. Grazie al nostro programma ora il 28 per cento si dedica allo sport federale, mentre oltre il 60 per cento dei ragazzi comunque pratica un’attività sportiva. Ma abbiamo un problema.

Quale?

I ragazzi non crescono più in strada con un pallone o una bici, hanno più spesso in mano un cellulare. Per questo abbiamo creato un programma perché gli sportivi di alto livello come il nostro Tivani vadano nelle scuole a spiegare il bello dello sport.

L’organizzazione di grandi eventi, spiega Uñac, porta lavoro e turismo. I risultati, parlando con la gente del posto, sono tangibili
L’organizzazione di grandi eventi, spiega Uñac, porta lavoro e turismo
Il Governatore pratica sport?

Sono un grande appassionato di ciclismo, vado quasi sempre nei fine settimana. Cioè quando non lavoro e non fa troppo caldo. Grazie a questa passione stiamo facendo crescere la Vuelta a San Juan. La organizziamo prendendo come spunto il Giro d’Italia, il Tour de France e la Vuelta a Espana. Ascoltiamo tutti i consigli. Giorni fa ad esempio, il fotografo Roberto Bettini e il suo motociclista Vito Mulazzani ci hanno spiegato il modo giusto perché gli addetti al percorso segnalino un pericolo. E’ tutto in divenire e noi ci crediamo davvero tanto.

EDITORIALE / Da San Juan uno spunto su cui riflettere

23.01.2023
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Sabato sera, intorno alle 21 ora argentina, davanti al Teatro Bicentenario di San Juan si è svolta la presentazione delle squadre, alla vigilia della corsa iniziata ieri. Niente di nuovo, abbiamo pensato, anche in altre occasioni ci era capitato di assistere a simili eventi. Qui in Argentina, ma anche nei tre anni del Tour Colombia, con stadi gremiti e campioni in parata. Eppure questa volta è stato diverso.

Economia sotto attacco

Cominciamo col dire che la vita in queste regioni sperdute è spesso più semplice che dalle nostre parti. La gente si entusiasma per eventi che spesso da noi passano inosservati. Perciò, dopo aver pensato con la fastidiosa supponenza europea che si tratti di atteggiamenti un po’ sempliciotti, abbiamo fissato i riferimenti giusti e ci siamo resi conto che il problema siamo noi.

E non cominciamo a dire che da noi ci sono problemi maggiori: il peso argentino è in piena svalutazione. Oggi hai un conto in banca, domani non hai più nulla. In banca ti danno 200 pesos per un euro, per strada te ne danno 380. Forse proprio la crisi economica in cui periodicamente versano ha insegnato agli argentini a dare importanza all’essenziale? Oppure ricevere sulle proprie strade così tanti campioni viene davvero vissuto come un privilegio e qualcosa da non perdere?

Lavoro, turismo e sport

Intorno a quel palco c’era tutta la città, anche lungo la fontana grande come un lago in cui si specchiavano il palco e lo stesso teatro. Ed è stato questo, oltre alla spettacolarità di alcune esibizioni, a marcare il segno.

La corsa è un patrimonio della Provincia, terra arida e rocciosa che sfiora le Ande. E anche se le parole del Governatore Sergio Unac, 52 anni, sono quelle di un politico arguto e capace di perseguire i suoi scopi, una riflessione va fatta.

«Voglio dare un enorme grazie – ha detto – a tutti coloro che hanno pensato che San Juan potesse essere una capitale dello sport argentino, al punto da trascendere i confini della nostra amata Repubblica. Personalmente, insieme al gruppo di lavoro, ho sempre detto che lo sport non sia un percorso, ma il percorso per potenziare la provincia di San Juan, in modo che ognuno di noi possa vivere ogni giorno, ogni minuto un po’ meglio. Quando si è trattato di individuare la disciplina che identificherà lo sport di San Juan, abbiamo pensato al ciclismo.

Evenepoel accolto sul palco dal Governatore Sergio Unac, a sinistra, e il sottosegretario allo sport Jorge Chica
Evenepoel accolto sul palco dal Governatore Sergio Unac, a sinistra, e il sottosegretario allo sport Jorge Chica

«Dobbiamo capire che lo Stato ha molteplici obblighi come la salute, la sicurezza e l’istruzione. Ma sono sicuro che se lo Stato promuove lo sport come facciamo nella provincia di San Juan, permetteremo a tutti di vivere un po’ meglio ogni giorno, migliorando la qualità della vita, garantendo una crescita tangibile del turismo e offrendo anche una protezione permanente per l’occupazione e le aspettative presenti e future di ogni cittadino di San Juan».

Il ciclismo al centro

Una presentazione del genere il Giro d’Italia non l’ha mai fatta, quantomeno in tempi recenti. Nessun capo di Governo italiano si è mai affacciato alla partenza di un Giro per raccontare come lo sport sia alla base del benessere di una Nazione e che, opportunamente strutturato e organizzato, possa garantire l’impiego di chi vi è coinvolto.

Il velodromo “Vicente Alejo Chancay” che nel 2025 ospiterà i mondiali su pista e che sabato prossimo visiteremo prima della tappa, a detta degli esperti è il migliore del Sudamerica e probabilmente superiore alla maggior parte degli impianti europei. Si percepisce che dietro ci sia un lavoro importante e che il ciclismo sia una delle voci più solide a bilancio.

«Il ciclismo – ha ribadito il Governatore di San Juan – è il presente e il futuro della nostra amata provincia. Questa 39ª edizione sarà sicuramente la più importante che il ciclismo di San Juan possa ricordare, grazie agli sforzi di tutti coloro che hanno scommesso sulla nostra Provincia. Grazie per averci fatto sentire che le organizzazioni sportive di San Juan sono ancora una volta al servizio dei migliori ciclisti del mondo, che sono qui tutti presenti. Grazie per avermi permesso di mantenere la mia promessa».

Il nuovo velodromo “Vicente Alejo Chancay” ospiterà nel 2025 i campionati del mondo su pista
Il nuovo velodromo “Vicente Alejo Chancay” ospiterà nel 2025 i campionati del mondo su pista

Il Giro e l’Italia

Va bene, lo sappiamo, sono le parole di un politico, ma a fronte delle tante che sentiamo ogni giorno, non ci dispiacerebbe ascoltarle da Giorgia Meloni o dal Ministro dello Sport Abodi. Come non ci sarebbe dispiaciuto sentirle da quelli prima di loro: non si sono viste purtroppo negli anni grosse differenze al riguardo.

Il Giro d’Italia ha un potenziale di storia, cultura, turismo e sport che vive solo per pochi giorni all’anno: capitale di un’azienda privata che lo gestisce per trarne profitto con una visione ovviamente particolare. Cosa fanno le municipalità per trarne nuova linfa? Quando si arriverà a capire, come ad esempio in Francia, che in realtà si tratta del capitale di una Nazione? E che in quest’epoca di agende per il clima e la necessità di ridisegnare le città, legarsi al ciclismo e allo sport all’aria aperta sarebbe il modo più diretto e semplice per unire il Paese, anziché spaccarlo con il solito gioco delle convenienze contrapposte?

Shimano State of the Nation, Italia ed e-bike: che rapporto c’è?

02.12.2022
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In un momento storico come quello che stiamo vivendo ora, il mercato della bici è spesso al centro degli argomenti globali. In una società che si sta orientando sempre di più verso un concetto di sostenibilità e diminuzioni delle emissioni la bicicletta rappresenta il mezzo più spesso tirato in causa. State of the Nation 2022 è uno studio commissionato da Shimano e condotto su oltre 1.000 intervistati in Italia, parte di un campione più ampio di oltre 15.500 persone in 12 Paesi europei, dove è stato dimostrato che l’aumento del costo della vita e le preoccupazioni in materia ambientale sono i fattori principali nell’incoraggiare le scelte di acquisto/noleggio di una e-bike.

Un possibile volano per la mobilità urbana che si può tradurre in un futuro prossimo come turismo green nelle città europee o più semplicemente piacere di utilizzare la propria bici elettrica sul territorio. Un modo di intendere le due ruote che ha alle spalle motivazioni che rispecchiano la situazione della società moderna, che muta di anno in anno come si può notare dai dati raccolti.

Un segmento in crescita

In Italia, i timori per l’ambiente e l’aumento del costo della vita sono motivazioni determinanti nella valutazione dell’acquisto di una e-bike. Questo è il quarto rapporto annuale Shimano State of The Nation, che analizza i cambiamenti nella percezione e nella conoscenza delle e-bike in tutta Europa.

Jonathan Davis, PR & Communications Manager di Shimano Europe, ha dichiarato: «Siamo lieti di presentare il nostro quarto rapporto Shimano State of The Nation. Sulla base di un panel di oltre 15.500 persone in tutta Europa, vogliamo esaminare le motivazioni che spingono a utilizzare una e-bike e comprendere meglio l’atteggiamento generale verso il ciclismo. I risultati sono molto interessanti ed evidenziano le tendenze chiave in atto sul mercato. La consapevolezza (e anche l’atteggiamento favorevole), di chi interagisce con le e-bike appaiono in aumento. Ci auguriamo che questo rapporto risulti utile per chiunque lavori nel settore ciclistico e in altri settori, svolgendo un ruolo importante nella crescita del segmento delle e-bike».

L’ambiente in Italia viene particolarmente collegato all’acquisto di e-bike
L’ambiente in Italia viene particolarmente collegato all’acquisto di e-bike

Perché si acquista una e-bike?

E’ stato chiesto di indicare gli elementi capaci di spingere una persona ad acquistare o noleggiare una e-bike oggi, rispetto a 12 mesi fa. E’ emerso come il costo della vita (55%) e gli incentivi all’acquisto delle e-bike (47%) siano fattori importanti nel determinare la scelta. In Italia, la metà degli intervistati ritiene che anche la preoccupazione per l’ambiente sia un fattore motivante, la percentuale più alta rispetto a tutti gli altri Paesi intervistati (51% contro una media del 33% a livello europeo).

In tutta Europa le motivazioni economiche, come il costo della vita (47%) e i sussidi per le e-bike (41%), sono risposte indicate più spesso degli effetti del COVID 19 (18%) come fattori che spingono all’aumento dell’uso delle biciclette elettriche. Questo appare in contrasto con i dati dello scorso anno, quando il 39% degli intervistati in tutta Europa dichiarò che avrebbe valutato l’acquisto o l’uso di una e-bike per evitare i trasporti pubblici per via del Covid-19. Tra coloro che indicano le preoccupazioni ambientali come fattore di scelta, a livello europeo la percentuale risulta più alta nella fascia d’età 18-24 anni (37%) e tra le donne (36% contro il 30% degli uomini), rispetto al 33% complessivo.

Italiani sensibili all’ambiente

In Italia la sensibilità all’ambiente secondo il rapporto e la risposta degli italiani appare forte e più marcata rispetto al resto dell’Europa. Infatti è motivata da ben il 55% delle donne e dal 47% degli uomini, e arriva fino al 55% nella fascia di età 18-24 anni. Non a caso il turismo green è uno dei settori che più sta prendendo piede a livello nazionale. L’utilizzo di un mezzo gentile e alla portata di tutti può essere la chiave per reinterpretare la riscoperta del territorio.

Per tentare di comprendere la percezione generale dell’utilizzo delle e-bike, Shimano ha chiesto: “In generale, a chi pensate che siano destinate le e-bike?”. In Italia le e-bike sono spesso considerate come associate al pubblico più attento all’ambiente (65% rispetto a una media del 52% in Europa). Allo stesso tempo, in Italia il 40% degli intervistati ritiene che le e-bike siano bici per pendolari o comunque associate ai tragitti casa-lavoro. Lo studio ha anche evidenziato come gli italiani siano più interessati alla manutenzione ordinaria delle loro bici rispetto alla media europea, infatti il 29% ha dichiarato di voler fare la manutenzione nei prossimi 6 mesi; inoltre, il 59% del campione ritiene importante mantenere la bici in buone condizioni per farla durare più a lungo.

Shimanolifestyle

In Veneto si respira aria di bicicletta

16.10.2022
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In Veneto la bicicletta trova una delle sue massime espressioni, una terra che da sempre è fucina di talenti e dove la bici fa parte del tessuto produttivo. Il mondiale gravel è stata una sorta di ouverture che ha anticipato le ultime competizioni di alto livello della stagione 2022. Una vetrina importante e un biglietto da visita, ma non c’è solo il gravel.

Il pubblico ad applaudire il passaggio della corsa non manca mai e quello che abbiamo potuto vivere alla rassegna iridata dello scorso week end, è un biglietto da visita da presentare al mondo intero. La conferma che la formula degli amatori che corrono al fianco dei professionisti può funzionare alla grande. E’ il gravel, ma non c’è solo questo.

Cittadella, un affascinante borgo tra modernità e storia
Cittadella, un affascinante borgo tra modernità e storia

Storia ed esigenze attuali

Lo scorso fine settimana, quello della rassegna iridata gravel, il Veneto ha dato una prova di forza incredibile in termini di totalità. Non era semplice mettere insieme le esigenze degli sportivi e della bicicletta, del territorio e di una regione che è anche una delle locomotive d’Europa, per la produzione e l’industria. Al tempo stesso era necessario rispettare i luoghi storici, valorizzandoli e integrandoli nel modo più opportuno all’interno delle attività ciclistiche.

Anche questo è un modo di pensare che strizza l’occhio al futuro, dove lo sport e la bicicletta sposano sempre di più il contesto turistico, diventando un messaggio di promozione per il territorio.

La partenza del mondiale gravel a Campo Marzio Vicenza
La partenza del mondiale gravel a Campo Marzio Vicenza

Veneto, gravel e riscoperta

Dentro e fuori l’asfalto, su e giù per gli argini, i sentieri dei campi che collegano i paesi, utilizzando le vie di comunicazione di una volta. La riscoperta delle “strade zitte” è uno dei nuovi messaggi che nascono grazie al ciclismo e alla bicicletta, sono divertenti e faticose, ma anche fuori dal traffico.

La salita verso il santuario e verso i Colli Berici, il balcone di Vicenza
La salita verso il santuario e verso i Colli Berici, il balcone di Vicenza

I pro’ sono un’opportunità

Torniamo ancora una volta sui passi del mondiale gravel UCI. C’erano tanti atleti professionisti che normalmente svolgono la loro attività su strada, nelle corse di un giorno e pedalando nei grandi giri. E’ stata anche la prima rassegna iridata, in ambito amatoriale, nella quale gli amatori hanno avuto l’opportunità di incolonnarsi alla partenza con i pro e affrontare il medesimo tracciato. Da pelle d’oca, per chi ha avuto la fortuna di vivere questa giornata. Entusiasmo e una fiumana di gente, non solo alla partenza dove l’affollamento è facilmente preventivabile, ma lungo tutto il percorso (a tratti è sembrato di essere in una corsa belga) e all’arrivo in Cittadella. Davvero emozionate, un’occasione ghiotta per capire quanto conta il supporto del pubblico.

Poco dislivello, meglio così

Prima delle gare del week and se ne sono dette e scritte di tutti i colori. La mancanza di un dislivello positivo importante è stato uno degli argomenti più dibattuti. Eppure le facce degli atleti al traguardo non lasciavano dubbi, stremati da una gara impegnativa e tirata fin dalle prime battute.

Buona parte del dislivello era concentrato nei primi 35 chilometri, grazie alla partenza in salita ed un paio di strappi impegnativi posizionati nella cresta collinare dei Monti Berici intorno a Vicenza. Un paio di settori di single-track, dove era fondamentale far correre la bici cercando di evitare i sassi sporgenti. Parecchi i mangia e bevi. La conferma della durezza della competizione arriva anche dai numerosi ritiri.

Poi tanta velocità, tantissimi cambi di direzione e un terreno che variava la sua consistenza senza soluzione di continuità, obbligando a tenere la concentrazione sempre a livelli massimi. Tutte situazioni dove è importante avere il feeling con la bicicletta, capire dove sfruttare il grip, oppure dove era meglio far scivolare le gomme sfruttando l’elasticità dello pneumatico, oltre alle pressioni ridotte. Non facile.

Tutti hanno sofferto, anche gli atleti di vertice, perché era necessario avere tanta forza nelle gambe e dosarla nel modo corretto. Il mezzo meccanico e il setting adeguato di quest’ultimo poteva fare una grande differenza, anche in termini di comfort, fondamentale quando si pedala su terreni morfologicamente differenti tra loro.

E poi il caldo, il vento e la polvere, nemici in più con i quali confrontarsi. Non c’è stata l’epicità della pioggia, ma è stato meglio così, perché anche il pubblico ha potuto godere a pieno del passaggio dei corridori.

L’arrivo iridato in Cittadella, pro ed amatori tutti insieme
L’arrivo iridato in Cittadella, pro ed amatori tutti insieme

In conclusione

La settimana ciclistica che si è svolta in Veneto, a partire proprio del mondiale gravel, dimostra quando il ciclismo giochi un ruolo fondamentale nella politica di promozione della Regione Veneto e delle sue provincie. C’è un senso di coesione in tutto questo, una considerazione non banale che contrasta con le tante divisioni politiche delle quali siamo testimoni in Italia (e non solo). Un esempio da seguire e che deve trovare sostegno e supporto per il futuro, lo scriviamo con forza, perché è bello immaginare che, tutto quello di cui siamo stati testimoni abbia un seguito di successo.

Il Santuario del Ghisallo, la casa sacra dei ciclisti

08.10.2022
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Ci sono dei giorni, come quelli che precedono il Giro di Lombardia, che il Santuario della Madonna del Ghisallo si anima. La gente, gli appassionati in bici soprattutto, iniziano a brulicare. Arrivano in cima, si guardano attorno, il panorama sui due rami del Lago di Como è unico. Ma poi buttano un occhio al vicino museo e alla chiesa, che sanno essere la loro in qualche modo, e vi entrano.

Entrano in quella che appunto è la loro casa. Sono oltre 70 anni che la Madonna del Ghisallo è la protettrice dei ciclisti. Fra tre d’ore o poco più, la 116ª edizione del Lombardia vi transiterà ancora una volta. La cronotabella indica un orario tra le 15 e le 15:45. A quel punto i corridori avranno affrontato 192 chilometri.

Madonna dei ciclisti 

Ma perché proprio quassù vi è il santuario dei ciclisti? Perché questa scalata è da praticamente sempre stata presente nel Giro di Lombardia. Fu inserita la prima volta nel 1919. Per anni ha visto la sofferenza e la gioia di molti corridori. E qui tutti i ciclisti della zona prima o poi passavano. Fu Fiorenzo Magni a spingere perché questo luogo diventasse sacro per i ciclisti.

Oggi un amico del Santuario e del museo del Ghisallo è Carlo Ottolina, appassionato di ciclismo, che presiede la Ciclismo in Rosa squadra femminile di ciclismo paralimpico.

«Non poteva essere diversamente – dice Ottolina – perché il Ghisallo ha un grande significato per il ciclismo e per i ciclisti».

«In questi giorni che precedono il Lombardia, il flusso dei visitatori aumenta. C’è curiosità. Molti sono stranieri. E soprattutto nelle ore che precedono il passaggio della corsa c’è un vero boom. I ciclisti salgono in bici e prima di mettersi a bordo strada, una volta in cima passano al Santuario».

Quanti turisti

Che il flusso sia maggiore è vero. Il Lombardia richiama molti turisti, specie stranieri. Sono diversi i tour operator che organizzano viaggi ciclistici in occasione del Lombardia, cosa che avviene per tutte le maggiori corse al mondo. Un ulteriore richiamo è dato anche dalla granfondo di domani.

Alcuni appassionati, specie quelli con la maggior cultura ciclistica, sanno bene di questo passaggio, paragonabile ad un Kwaremont del Fiandre o a una Foresta di Arenberg della Roubaix. «Per esempio da giorni ci sono due camper, uno belga e uno francese, che hanno chiesto di parcheggiare nell’area tra il Santuario e il museo».

E anche i pro’ durante la ricognizione si fermano o buttano un occhio. Non ultimo Julian Alaphilippe e la sua Quick Step-Alpha Vinyl. L’ex iridato ha donato una sua maglia al museo. Anche all’interno del Santuario ci sono dei cimeli dei grandi campioni.

Tuttavia il nome Ghisallo non è legato al ciclismo, ma ad un conte, appunto il conte Ghisallo, il quale per sfuggire ai briganti si rifugiò in quelle zone. C’era una piccola “cappella” ma forse anche meno dedicata alla Madonna. Il conte si salvò e decise di costruire una vera Cappella in onore della Madonna. Tale storia risale alla prima parte del 1600, così come la chiesetta.

Bartali vinse tre Lombardia. Eccolo sul Ghisallo nel 1952. Quella volta lui, Coppi e Magni arrivarono rispettivamente 36°, 35° e 37°
Bartali vinse tre Lombardia. Eccolo sul Ghisallo nel 1952. Quella volta lui, Coppi e Magni arrivarono rispettivamente 36°, 35° e 37°

Spunta Bartali

Con il passare del tempo arrivò il ciclismo e il Giro di Lombardia ne fece il passaggio simbolo.

«Il legame tra il Santuario e il Lombardia – riprende Ottolina – è di lungo corso e di storie potrebbe raccontarne tante. Tanti piccoli momenti di condivisione. Ma c’è un aneddoto che più di altri ricordo con piacere.

«Parlo di un’edizione del Lombardia degli anni ’90, non ricordo di preciso quale. Ad un certo momento dalla cima si sente un boato e il clamore della folla già a bordo strada che avanzava verso il Gpm appunto. Però non poteva essere la corsa. Era troppo presto. Alla fine gli applausi erano per Gino Bartali che era sul percorso a bordo di una Golf Cabrio. Si fermò, salutò tutti e ripartì».

Bartali era un fervente devoto della Madonna e di certo non è stato insensibile al Santuario. Ginettaccio infatti nel 1949 fu tra i protagonisti dell’ufficializzazione del Santuario della Madonna del Ghisallo come protettrice dei ciclisti. Oltre a lui erano presenti Coppi e, chiaramente, Magni. Eppure quel passaggio non era una novità per Bartali. Nel 1952 Gino vi transitò da solo per l’ultima volta infiammando il pubblico già una quarantina di anni prima del passaggio con la Golf Cabrio.

Macerata Rebirth, fra abbazie e leggende medievali

28.06.2022
6 min
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L’appuntamento per questo tour in provincia di Macerata è abbastanza inusuale: non una piazza di una città, di un borgo o un lungomare, bensì un’abbazia romanica, isolata da ogni località: l’abbazia di San Claudio. Arriva Mauro Fumagalli, cicloguida di MarcheBikeLife di cui è titolare. Mauro ha contribuito alla realizzazione di vari percorsi di Marche Outdoor e oggi, dopo la nostra prima uscita sulle strade del Conero, oltre alle sue competenze tecniche, ci mette a disposizione anche qualche chicca storica. 

«C’è una sorta di leggenda attorno all’abbazia di San Claudio – rivela – alla fine del giro di oggi ti dirò».

Restiamo incuriositi, ma è tempo di metterci in viaggio. Di certo questo è un territorio ricco di abbazie, tanto che c’è anche un percorso (da fare a piedi o in bici) che le raccorda tutte. Ad esempio noi muoviamo i primi colpi di pedale in direzione dell’Abbadia di Fiastra, collocata nel bel mezzo dell’omonima riserva naturale vasta quasi 2.000 ettari.

L’Abbadia di Fiastra

La raggiungiamo dopo esserci entrati tramite un tratto nel bosco, un tratto adatto alle bici gravel ma con fondo ben battuto, per cui anche i copertoncini da 28 non hanno problemi. Ai nostri lati superiamo le recinzioni che proteggono gli animali in libertà (tra cui caprioli, faine e tassi) nascosti nei 100 ettari della selva di cerri. Uno di essi però deve avere un privilegio, dato che al bar nei pressi dell’abbazia ci accoglie un pavone che passeggia in tranquillità. Ci guarda per un attimo forse incuriosito dalle nostre bici, poi ci lascia passare. Riempiamo la borraccia proprio alla fontanella davanti alla facciata dell’abbazia dominata dal grande rosone e ripartiamo.

Superiamo Urbisaglia dopo aver fatto una deviazione su ghiaia per ammirare i resti dell’antico teatro romano, risalente al I secolo A.C. quindi l’asfalto riprende con i saliscendi che superano campi di grano che a breve verrà mietuto.

Qui Fiastra. C’è un cammino che unisce tutte le abbazie del maceratese
Qui Fiastra. C’è un cammino che unisce tutte le abbazie del maceratese

In salita a Tolentino

La prossima tappa è Tolentino, ma per metterla nel sacco dobbiamo affrontare un paio di salite che rappresentano le difficoltà maggiori di questo itinerario, che si snoda interamente in un paesaggio collinare. Si tratta di strappi di 3-4 chilometri con pendenze massime dell’8 per cento, ideali per saggiare la gamba senza perdere il feeling con l’ambiente circostante, fatto di profili verdi, campi lavorati e cielo azzurro.

Il Ponte del Diavolo di Tolentino porta con sé un bel carico di leggende
Il Ponte del Diavolo di Tolentino porta con sé un bel carico di leggende

Il ponte del diavolo

A Tolentino entriamo dalla porta sud, posta a controllo del Ponte del Diavolo che attraversa il Fiume Chienti

Perché Ponte del Diavolo?

Perché leggenda vuole che fu costruito in una sola notte dal diavolo, che però chiese in cambio l’anima della prima persona che vi sarebbe transitata. Il costruttore invocò l’aiuto di San Nicola che vi giunse con un cagnolino e una forma di formaggio. Lanciò la forma ed il cagnolino passò sul ponte beffando così il diavolo.

Seppur privi di formaggio, lo attraversiamo anche noi e arriviamo al centro storico del paese che è poco più in alto e, in Piazza della Libertà, ammiriamo l’orologio astronomico formato da più quadranti.

«Adesso ti porto da un amico». Mauro ci guida in un vicoletto per poi sbucare in una piazzetta su cui affaccia un piccolo alimentari. Dentro c’è Giorgio, appassionato di ciclismo, che infatti ha letteralmente tappezzato il soffitto in legno con le pagine di alcune riviste del settore. C’è anche una maglia rosa incorniciata dietro l’uscio, e altre ancora sullo stipite antistante. E’ facile intuire che la sua bottega sia tappa obbligata per i ciclisti in transito.

Fra storia e vigneti

L’uscita da Tolentino attraversa i campi di frumento che nel 1815 furono teatro della battaglia tra le truppe austriache e quelle di Gioacchino Murat, re di Napoli fedele a Napoleone. Per alcuni storici fu la prima del Risorgimento italiano.

Le nostre gravel ci consentono inoltre una deviazione verso la prestigiosa Cantina Pollenza, i cui sterrati ben battuti solcano la vasta tenuta costellata da filari che “covano” le uve del Cabernet Sauvignon, del Sangiovese e del Merlot.

Lo Sferisterio

Sorvoliamo il Castello della Rancia, e, dopo un paio di chilometri sui pedali per salire sulla collina che divide la valle del Chienti con quella del Potenza, eccoci al capoluogo di provincia.

Macerata, circondata dalle mura, ha nello Sferisterio la sua peculiarità: è una vera e propria arena all’aperto dove si svolgono vari spettacoli in un’atmosfera unica, con un’eccellente acustica, stando al parere di cantanti e direttori d’orchestra. Transitiamo poi in piazza della Repubblica dove anche qui svetta un orologio astronomico, anzi planetario, dato che fornisce le posizioni degli astri conosciuti nel XVI secolo, quando fu costruito.

L’acqua non manca neppure in estate: un valore aggiunto per le uscite più lunghe
L’acqua non manca neppure in estate: un valore aggiunto per le uscite più lunghe

La tomba di Carlo Magno

L’ultima parte del tour la pedaliamo sempre sul dorso della collina che funge da spartiacque tra i fiumi Potenza e Chienti.

«Si potrebbe pedalare in cresta – dice Mauro mentre ci dà il cambio – addirittura fino a Civitanova Alta».

Ovvero fino al mare. E invece noi sterziamo a destra e ci rilassiamo in discesa per ritornare all’abbazia di San Claudio. Eccola, sbuca dietro un grande albero che regala un po’ d’ombra a questa stradina secondaria, sola nel bel mezzo della vallata del Chienti.

Mauro, ma qual era la leggenda che ci dicevi quando siamo partiti?

In realtà – risponde la nostra guida togliendosi il caschetto – più che una leggenda potrebbe essere una vera rivoluzione storica. Secondo le tesi del Professor Carnevale, scomparso lo scorso anno, qui ci sarebbe nientemeno che la tomba di Carlo Magno.

Colline e salite come strappi lungo questo anello di Macerata Rebirth
Colline e salite come strappi lungo questo anello di Macerata Rebirth

Un motivo in più

Possibile? E’ una bufala dei nostri tempi? In realtà gli studi del professore sono andati avanti per oltre venti anni, ritenendo che la vera Aquisgrana, il centro della corte del Sacro Romano Impero, non fosse nell’odierna Aachen, in Germania, ma in quest’angolo di Marche in cui oggi risplende l’abbazia. Gli stessi storici tedeschi hanno dovuto fare delle… aperture. Mancano ovviamente delle prove certe, dei ritrovamenti di reperti o documenti, ma il dibattito è aperto. E se un domani si dovessero riscrivere i libri sul Medioevo, avrete un motivo in più per inforcare la bici e venire a pedalare tra queste colline ammantate di storia… 

Macerata Rebirth ha altri due anelli, il primo e il terzo, con percorsi che si avventurano sui crinali delle colline e verso le prime montagne, consultabili a questo link.

Osttirol a portata di bici, per famiglie ed agonisti

30.04.2022
5 min
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Nei giorni del Tour of the Alps abbiamo solcato valli incantevoli. Alcune molto conosciute, altre meno, almeno per il pubblico italiano. Tra queste ci ha colpito non poco la porzione dell’Osttirol.

Si tratta della zona austriaca che si prolunga dalla Val Pusteria, arriva fino a Lienz e da una parte, a Nord, risale verso il Grossglockner, e dall’altra, a Sud, torna ancora verso l’Italia, verso la Carnia per la precisione.

Anche i pro’ del Tour of the Alps hanno beneficiato delle ampie pianure che circondano Lienz
Anche i pro’ del Tour of the Alps hanno beneficiato delle ampie pianure che circondano Lienz

Pianura, l’elemento in più

Per chi ama andare in bici il piatto forte sono senza dubbio i paesaggi. Il Grossglockner che sfiora i 3.800 metri e altre 265 vette che superano i 3.000 metri. E poi boschi, fiumi, cascate, ampi pascoli e cittadine scrigno da visitare, a partire da Lienz stessa.

Ma c’è un elemento che a nostro avviso marca la differenza dell’Osttirol con altre zone di montagna: ed è la pianura. Può sembrare un controsenso visto che parliamo di un paesaggio montano in cui a rubare la scena sono le salite, ma non è del tutto così. Le salite, tranquilli, non le tocca nessuno!

Visto che parliamo principalmente di turismo con bici da strada o comunque da viaggio (per la Mtb servirebbe un libro a parte, tanti sono percorsi e opportunità), la pianura è qualcosa che agevola non poco gli spostamenti. Rende fruibile quella zona ad una pletora molto più ampia di utenti.

Meno fatica, possibilità di coprire chilometraggi maggiori e piace persino ai ciclisti dall’animo agonistico che possono svolgere i loro lavori specifici tra una salita e l’altra o “fare scarico”.

Drava, la spina dorsale

E la pianura è quella che segue i principali corsi d’acqua. La Drava scende dolcemente dal confine con la Val Pusteria. La pista ciclabile è collegata a quella che muove verso Brunico. E’ questa la spina dorsale dei percorsi su asfalto dell’Osttirol. E’ quella più famosa e battuta. Anche perché ci si può organizzare con il ritorno in treno, in entrambe le direzioni la si percorra.

Solitamente si va dal confine italiano a Lienz. In questo modo la strada tende sempre a scendere. Il percorso in questione è segnalato come R4. Partendo da Dobbiaco e arrivando fino a Nikolsdorf, paesino a Sud di Lienz, il percorso misura 63 chilometri e circa 600 metri di dislivello a scendere e 300 a salire. Pertanto è molto facile.

Verso il Grossglockner

Se il percorso della Drava è quello più “family friend”, quello lungo l’Isel oltre che strizzare l’occhio alle famiglie, lo strizza anche anche ai più esperti. Seguendo il corso di questo fiume, che proprio a Lienz va a gettarsi nella Drava (le due arterie ciclabili sono collegate), oltre alla pianura ci sono tante scalate e “vallecole” laterali in cui avventurarsi.

Da Lienz a Matrei in Osttirol, è tutta pianura ma di qua e di là le alternative non mancano. Si può scoprire la più dolce Virgental, che parte ad ovest di Matrei, oppure risalire le arcigne pendenze del Grossglockner a ovest.  E’ questa per esempio, la strada che all’ultimo Tour of the Alps hanno percorso i corridori e dove ha vinto Miguel Angel Lopez.

Ogni anno la Dolomiten Radrundfahrt raduna migliaia di partenti
Ogni anno la Dolomiten Radrundfahrt raduna migliaia di partenti

Per gli agonisti

Il Grossglochner è di certo l’attrazione maggiore per gli scalatori: c’è anche il Glocknerrunde, anello di 180 chilometri e 4.700 metri di dislivello che gira attorno alle falde del più grande massiccio austriaco. Ma è bellissimo anche il Giro del Passo Stalle (famoso per la sua biodiversità), che tra l’altro si estende anche in Italia proprio attraverso questo valico.

Ma se proprio amate le sfide c’è la Dolomiten Radrundfahrt, con partenza e arrivo a Lienz. E’ una granfondo (quest’anno si disputa il 12 giugno). I suoi percorsi sono davvero un tuffo nel cuore dell’Osttirol, soprattutto quello più corto da 112 chilometri e 1.870 metri di dislivello.

Questo va da Lienz a Oberdrauburg e da lì a Strassen attraverso la selvaggia Lesachtal per rientrare poi a Lienz.

Mentre il giro lungo, misura ben 228 chilometri e 5.450 metri di dislivello. Si tratta di un “doppio anello”. Il primo scala prima il Plockenpass e poi lo Zoncolan. Sì, avete capito bene: sconfina in Italia. Rientrati a Lienz per la strada percorsa al contrario, va poi a comprendere l’intero percorso corto di cui abbiamo parlato prima.

Parkade: Austria e Italia

La cosa bella è che di fatto questo giro grande riprende parte del Parkade. Sono tre arterie principali, tutte ben segnalate, che dall’Osttirol portano al Mar Adriatico. Quasi tutte piste ciclabili super mantenute. 

Ecco le tre direttrici: Lienz-Trieste (230 chilometri); Lienz-Grado (192 chilometri) e Lienz-Venezia (255 chilometri). Ci sono partenze scandite con delle guide e trasporto di bagagli al seguito, oppure si possono fare in autonomia. in ogni caso è un bellissimo progetto transfrontaliero. E’ rivolto soprattutto alle ebike, ma anche alle bici tradizionali. E a proposito di ebike: le colonnine di ricarica in Osttirol sono tantissime e in continua espansione. 

Su maps.osttirol ci sono l’elenco delle colonnine e di tutti i percorsi. E per tutti intendiamo anche quelli per escursionisti a piedi e biker…

Osttirol

Gravel in the land of Venice: ascoltiamo Panighel

15.04.2022
5 min
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Una coast to coast in Veneto? Eppure è possibile! Non c’è solo quella da un mare all’altro, ma anche quella che va da un mare, l’Adriatico, ad un lago, quello di Garda. E da chi poteva nascere questa “folle” ed entusiasmante idea se non dal genio di Massimo Panighel?

Siamo in Veneto, terra di sapori, di vini, di Dolomiti, ma anche di cultura. Ed è l’insieme di tutto ciò il fil rouge di Gravel in the land of Venice.

Campagne, colline, borghi, Ville Palladiane… la rete di Gravel in the land of Venice è infinita
Campagne, colline, borghi, Ville Palladiane… la rete di Gravel in the land of Venice è infinita

A tutto gravel

La bici è un grandioso mezzo turistico. Noi scriviamo sempre di professionisti e di gare, anche di altre categorie, ma la sezione turismo si è resa necessaria proprio perché non potevamo trascurare questo gigantesco settore delle due ruote a pedali, tanto più in Italia.

The Land of Venice è ormai la piattaforma del Veneto in generale per la sua promozione turistica. Gravel in the Land of the Venice è la rete cicloturistica ideata da Massimo Panighel.

Si tratta di un progetto in collaborazione con la Rete d’imprese Cycling in the Venice Garden. La rete prevede, per ora, un qualcosa come 1.350 chilometri, suddivisi in 20 diversi percorsi i cui chilometraggi oscillano tra i 50 e gli 83 chilometri.

«Ma – dice Panighel – per fine anno contiamo di arrivare a quasi 80 percorsi. I tracciati li sto mappando io stesso per due motivi. Il primo è che è un divertimento anche per me. Il secondo, è sono responsabile di questi percorsi e devo essere certo che siano ben fruibili e sicuri. E che non manchi la qualità dei paesaggi».

Pronta già una maglia di questo “circuito” di percorsi…
Pronta già una maglia di questo “circuito” di percorsi…

Sensi e eccellenze 

«Inoltre – continua Panighel – io ho ben in mente l’idea, e le caratteristiche, che i cicloturisti devono condividere lungo ogni percorso. Ognuno punta ad un qualcosa: cultura, vini, sapori, paesaggi… Ebbene, abbiamo voluto collegare i sensi e le eccellenze. E’ un bel “gioco”».

Un percorso, per esempio, passa per i vigneti: ebbene vista e gusto (prevedendo una sosta indicata) devono essere soddisfatti.

«Penso, per esempio, alla Villa Palladiana di Vicenza o al Lago di Fimon che è un’oasi naturale in mezzo ai Colli Berici, o alle trattorie e ai ristoranti che ci sono lungo i percorsi».

Intanto, Gravel in the land of Venice, sta già riscuotendo un buon successo. Complice anche la voglia di ripartire, come notiamo anche dalle prenotazione per questa prima Pasqua (quasi) libera dal Covid.

«Abbiamo preparato un brevetto – continua Panighel – Un brevetto che si raggiunge concludendo 12 percorsi in un anno. A quel punto si riceve una maglia, una medaglia e un attestato. Non è un qualcosa di agonistico, ma ci si pone però un obiettivo da portare avanti nel corso anno. Un obiettivo perseguibile in assoluta libertà, senza stress. Bisogna completare un percorso in ognuna delle sette province venete e poi aggiungerne altri cinque a scelta».

«Noi vorremmo che il brevetto, ma in generale Gravel in the land of Venice, richiamasse flussi anche da fuori. Che strizzasse l’occhio anche ai ciclisti delle Regioni vicine. Anche per questo la tracciatura è gratuitamente disponibile e aperta a tutti».

Uno scorcio del Lago di Fimon, incastonato nei Colli Berici
Uno scorcio del Lago di Fimon, incastonato nei Colli Berici

Terre Nobili

E a questa rete si affianca la ciliegina sulla torta di un evento, il Terre Nobili, in programma dal 23 al 30 settembre. Si tratta di un’avventura “unsupported” che porta a scoprire le bellezze della parte centrale del Veneto.

«Lo abbiamo chiamato Terre Nobili – spiega Massimo Panighel-  perché il percorso si snoda tra le eccellenze del Veneto. Una terra dalla bellezza disarmante, composta da vigneti e vini pregiati, laghi, natura, siti Unesco e preziosissimi borghi, scrigni di storia e cultura da vivere e scoprire. Ogni anno però il tema cambierà. Intanto partiamo con i siti Unesco, appunto».

«Il percorso della Terre Nobili – spiega ancora Panighel – inanella 7 dei 9 siti Unesco presenti in Veneto, la regione che ne ha di più. Mancano all’appello quelli di Prosecco e Dolomiti, ma posso dire che c’è già pronto un evento in chiave futura che li coinvolgerà. Si chiamerà Olimpica e dalle Dolomiti si arriverà al Parco del Delta del Po’. Questo parco è ufficialmente classificato in Emilia-Romagna anche se per gran parte si estende in territorio veneto».

Il percorso della Terre Nobili di settembre
Il percorso della Terre Nobili di settembre

Che avventura

Terre Nobili dicevamo: un’avventura in programma a settembre. Si parte da Caorle, si arriva a Peschiera del Garda e si ritorna, passando per i Colli Euganei per un totale di 700 chilometri.

Tanti? No! Perché si può scegliere in base alla disponibilità di tempo e di volontà. E sta proprio in questo l’originalità di Terre Nobili: può essere vissuto come una staffetta. Si può decidere di arrivare a Peschiera del Garda dove per il ritorno si darà il cambio ad un compagno di avventura.

Oppure si può anche fare in team composti da quattro persone disposte in altrettante stazioni di cambio (Caorle, Padova, Peschiera del Garda e Montegrotto Terme). E poi c’è chiaramente anche la tradizionale formula da soli, in autonomia, quella che più amano i gravelisti puri.

Gravel in the Land of Venice

All’Elba con Velasco: mare e montagna. Vero spettacolo!

11.03.2022
7 min
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Ma chi l’ha detto che l’Isola d’Elba è solo mare? La splendida isola toscana è un vero paradiso per gli amanti dell’avventura sportiva: canoisti, trekker, subacquei, ma soprattutto ciclisti… Addirittura questa isola ha visto crescere un professionista, Simone Velasco, oggi in forza all’Astana Qazaqstan.

Simone è di Procchio, paesino nella costa settentrionale dell’Elba. Uno di quelli che spuntano quasi all’improvviso, tra un golfo ed un altro, immersi nel verde della macchia mediterranea. E’ lui il nostro “Cicerone”.

L’anello Occidentale

«Partiamo – inizia Velasco – col dire che l’Elba non è un’isola enorme (anche se è la terza per estensione in Italia, ndr) e si riesce a girarla tutta, ma proprio tutta in bici. Io ho i mei giri e chiaramente non possono essere molti, ma ci si può divertire. E tanto…

«Quando posso faccio il giro dell’Anello Occidentale o della Costa del Sole. Si parte da Procchio e si e si arriva a Marina di Campo, una cinquantina di chilometri in cui si può ammirare il paesaggio elbano in tutto il suo splendore. In pratica si percorre la Sp dell’Anello Occidentale: Procchio, la spiaggia di Cavoli, Pomonte, la spiaggia di Fetovaia e si prosegue verso Marina di Campo».

A Pomonte c’è un relitto a poca distanza dalla costa che è meta di molte escursioni con dei piccoli traghetti con scafo a vetro per ammirarlo.

Periplo: 140 chilometri

«All’Elba di pianura ce n’è ben poca – racconta Velasco – però volendo si possono evitare le pendenze più dure.

«Il giro completo dell’isola misura 140 chilometri. E negli ultimi anni, da quando è stata aperta la strada di Falconaia, c’è anche qualche chilometro in più, costeggiando Bagnaia e Nisporto. Il dislivello complessivo è di 2.500 metri, ma come ho detto le salite sono abbordabili, specie se le si affrontano col proprio passo».

Percorrere il periplo di un’isola ha sempre un grande fascino. Si ha un senso di potenza e di libertà allo stesso tempo, difficili da spiegare. Solo la curiosità del ciclista forse può comprenderli sino in fondo.

Il bello del giro dell’Elba è che si possono ammirare anche due geologie distinte: i graniti della parte occidentale e le rocce sedimentarie di quella orientale. Il tutto sempre accompagnato dagli odori della macchia mediterranea e da scorci unici. Il verde acceso delle pinete, il blu profondo o turchese del mare. 

Spazio agli scalatori

Ma non solo salite facili. Anche l’Elba ha il suo Mortirolo e si chiama Monte Capanne (1.019 metri sul livello del mare).

«Il Capanne è il monte vero e proprio – spiega Velasco – in bici si arriva invece sul Monte Perone a quota 630 metri. E il dislivello non è poco visto che si parte da zero (in pratica è come scalare il Pordoi da Arabba, ndr).

«Il Perone ha due versanti, entrambi sui 10 chilometri. Quello da Marciana Marina lo faccio spesso in allenamento ed è un po’ più regolare. E’ il lato classico per così dire. Pensate che qui si tiene anche una cronoscalata amatoriale ogni anno. La prima parte va su al 6-7%, poi dopo il bivio per Poggio e Marciana Alta si prosegue con tratti al 12-13%. Poco prima della cima c’è un tratto di respiro, che annuncia l’impennata finale».

«Il versante di Marina di Campo invece si potrebbe dividere in due vie: San Piero e Sant’Ilario. Quest’ultimo è un po’ più costante. Entrambi vanno su intorno al 6-7 per cento di pendenza media. Quando poi si ricongiungono c’è dapprima un tratto molto facile e poi… l’inferno: 4 chilometri durissimi, con punte al 20%».

In vetta lo scenario è incredibile e si ha una vista che spazia dalla costa italiana a quella della Corsica, si vede l’Argentario e tutto l’arcipelago toscano. E’ un qualcosa d’indescrivibile.

Elba e Mtb: che connubio

Ma se per la bici da strada l’Elba è un paradiso, per la Mtb è il tempio, una meta ormai dal richiamo mondiale. Merito dei tanti sentieri, ma anche dei due bike park. Il Capoliveri Bike Park e quello del Monte Capanne.

«La zona del Perone si presta di più al gravity – spiega Velasco – vale a dire ai sentieri più tecnici, con salti, drop, rock garden… insomma più da enduristi. Mentre per il cross country il vero totem è la zona di Capoliveri, il suo bike park sul promontorio del Monte Calamita. Tanto che l’anno scorso vi si è tenuto persino il campionato del mondo marathon.

«I ragazzi di Capoliveri sono bravissimi. Hanno fatto un lavoro incredibile e ci sono sentieri per ogni livello. Non a caso ha un fortissimo richiamo turistico. Il promontorio del Monte Calamita e tutto quel tratto che si estende verso Sud è chiamato Costa dei Gabbiani».

E Velasco la Mtb la conosce bene. E’ proprio sulla ruote grasse che ha iniziato la sua carriera. Anche per questo i sentieri dell’isola li conosce a menadito.

«E’ davvero bello girare in Mtb. Vedo moltissime ebike, ideali per risalire anche il Monte Perone o la zona di Rio nell’Elba (porzione orientale, ndr). Anche lì ci sono molti sentieri.

«A me piacerebbe fare il tratto della GTE (Grande Traversata Elbana) che va da Rio a Pomonte. Mi piacerebbe farlo a piedi in un solo giorno. Dei miei amici ci sono riusciti. Sarà l’obiettivo del prossimo inverno!»

Che ci si vada per allenarsi (anche d’inverno il clima è ottimale), per fare della passeggiate, per andare in Mtb o per stendere l’asciugamano sulla spiaggia: l’Elba è pronta ad accogliervi. Non mancano guide, nolo bici e strutture bike friendly. E tra cultura e natura c’è davvero tanto da scoprire.

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