Caro Rivi, per aiutare Fortunato rinunceresti alle fughe?

14.02.2022
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Sabato finalmente Rivi è andato in fuga. Nella tappa di Termessos con arrivo in salita non sarebbe servito stare attorno a Lonardi, così lui e Bais, corregionali e compagni di squadra alla Eolo-Kometa, sono entrati nell’azione che si è giocata la corsa. E stando lì davanti, il gigante di Trento ha respirato la sua aria preferita.

Samuele Rivi è di quelli che i riflettori non li cerca e si meraviglia quando lo trovano. Infatti quando siamo arrivati al furgone e Francesco Caielli, addetto stampa del team varesino gli ha chiesto di scendere, si è sentito chiaramente dall’interno: «Sicuro che vogliano me?».

Insomma, un po’ la sua discrezione e un po’ la tendenza dei media a concedere spazi in base ai punti UCI, quando ce lo siamo trovato di fronte, era quasi in imbarazzo. Poi il ghiaccio si è sciolto.

Nell’anfiteatro di Aspendos, la Eolo-Kometa in posa. Rivi è il primo da sinistra
Nell’anfiteatro di Aspendos, la eolo-Kometa in posa. Rivi è il primo da sinistra
Finalmente all’attacco…

Mi piace particolarmente andare in fuga. Se mi avessero dato il via libera sarei andato volentieri anche nelle prime tappe, ma mi hanno tenuto in gruppo. Cerco di fare quello che mi dicono, poi se c’è la possibilità di attaccare è bello. Perché entri nel vivo della corsa subito e insomma… Penso che senti la corsa in maniera diversa, in una maniera che mi piace molto. Fa parte di me.

Il fuggitivo è il primo che la gente vede arrivare, dopo le staffette e le prime auto.

Ci ho pensato, soprattutto al Giro d’Italia con tanti spettatori. C’era tantissima gente a bordo strada ed era emozionante (nella tappa di Sega di Ala, ha anche riconosciuto suo fratello, che non vedeva da un mese, ndr). Anche io mi ricordo quando andavo sulla strada del Giro e i primi che vedi effettivamente sono quelli in fuga. Hai sempre il tifo di tutta la gente, perché uno può avere come beniamino i grandissimi scalatori o chi va a vincere la classifica generale o la tappa, però la fuga prende sempre il tifo da tutti. Io non penso di aver sentito mai nessuno dire: speriamo che li vanno a riprendere. Ti sostengono sempre e penso che sia bello.

Una fuga che ricordi?

Oddio, ne ho viste tante. Perché ogni volta che c’era il Giro del Trentino o il Giro d’Italia, ero a bordo strada. Però mi piaceva di più andare in zona arrivo, perché poi andavo a chiedere le borracce ai massaggiatori, per provare a portare a casa qualcosa.

E se ti trovi in fuga con uno che non collabora?

Inizia il nervosismo. Se non ci sono le telecamere, può scappare qualche parola (sorride, ndr). Se ci sono le telecamere bisogna darsi un contegno. Però dipende dalle situazioni. Se uno non collabora perché non ce la fa, allora porti pazienza. Però se è un corridore importante che non collabora, allora innervosisce

Ogni cosa a suo tempo

Rivi è alto 1,87, pesa sui 72 chili e sul viso porta la barba incolta e un sorriso buono. Siccome è un ragazzo di spirito, sul bus è lui che sceglie la playlist. Sulla bici è allungato come prima di lui, ad esempio, Leonardo Giordani. E al pari dell’iridato U23 di Verona 1999, anche Samuele va forte in salita. Lui al professionismo c’è arrivato senza vittorie, dopo due anni alla Viris Vigevano e uno al Tirol KTM.

«A volte il corpo – ha detto in una precedente intervista – ha bisogno di tempo per maturare ed ognuno ha i suoi ritmi. E’ fondamentale capire se il ciclismo può essere una strada per il futuro e se si è adatti a farlo: servono tanta testa e dedizione»

Nelle tappe di pianura del Tour of Antalya, Rivi ha lavorato per tenere coperto Lonardi
Nelle tappe di pianura del Tour of Antalya, Rivi ha lavorato per tenere coperto Lonardi
Che inverno è stato?

Abbastanza freddo a casa, però poi siamo stati in ritiro con la squadra in Spagna e abbiamo trovato temperature migliori. Comunque un inverno regolare come l’anno scorso. Ci siamo potuti allenare nonostante la situazione del Covid e questo è stato un aspetto positivo.

Hai visto crescere questa squadra, com’è dall’interno?

E’ bello farne parte dal primo anno e sicuramente mi accorgo che siamo più rispettati in gruppo. Però c’è ancora tanto da lavorare, non ci accontentiamo, facciamo sempre il nostro lavoro. 

Bene le fughe, infatti, ma c’è anche da aiutare.

E’ bello, ma è diverso. L’ideale sarebbe poter aiutare i compagni essendo già in fuga (ride, ndr). Per noi comunque è un lavoro, quindi dobbiamo fare quello che dice la squadra. E poi è ovvio che aiutare in modo fondamentale un compagno che vince è una bella soddisfazione.

Con Pellaud e Marengo in una fuga del Giro 2021: nel 2022, se ci sarà, avrà la stessa libertà di movimento?
Con Pellaud e Marengo in una fuga del Giro 2021: nel 2022, se ci sarà, avrà la stessa libertà di movimento?
E qui veniamo a Fortunato: com’è vederlo diventare capitano?

Non fa molto effetto, in realtà, perché il rapporto con noi non è cambiato. E’ un ragazzo molto umile, simpatico. Ha fatto anche una videochiamata l’altra sera, perché in questi giorni ha iniziato anche lui a correre. Era in hotel, sempre sorridente, non è che abbiamo vissuto un grande cambiamento in lui. Poi è chiaro che nel modo di correre, alcune dinamiche cambieranno. Per un’eventuale classifica al Giro d’Italia o comunque altre corse, bisogna comportarsi in maniera diversa. Non ci si può permettere di prendere dietro alcune salite o alcuni punti cruciali della corsa, perché avendo un corridore che può fare da leader in una corsa del genere, ci sarà da aiutarlo nel migliore dei modi.

Rimboccarsi le maniche, insomma…

Ovvio, è bello a volte avere dei riconoscimenti, ma il nostro lavoro è sempre cercare di vincere delle corse e questo non cambia.

La Uno-X cambia faccia agli scalatori: ecco Hindsgaul

12.02.2022
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Alessandro Fedeli, secondo sull’arrivo in salita di Termessos, ha un diavolo per capello. Dice che il vincitore della Uno-X lo ha chiuso nella rimonta, ma Madsen Jacob Hindsgaul rimanda tutto al mittente. E se per il veronese della Gazprom-RusVelo l’eventuale vittoria sarebbe stata per sua stessa ammissione una sorpresa, per il danese del team in maglia giallorossa il compito è riuscito per come l’avevano progettato. Nulla si inventa, neanche al Tour of Antalya.

«Eravamo venuti a vedere la salita nei giorni scorsi – dice ai piedi del podio – l’obiettivo era vincere, per cui dal mattino eravamo molto motivati e sono riuscito a finalizzare. Avevo messo da tempo gli occhi su questa tappa, la forma è buona, ma si tratta pur sempre della prima vittoria da pro’, quindi un po’ di sorpresa c’è. I compagni sapevano di dovermi portare davanti all’ultima curva, perché in un gruppetto di venti potevo vincere. Invece ci sono arrivato in quinta, sesta posizione, più indietro di quanto volessi. Per questo ho dovuto rimontare dall’esterno a tutto gas e un po’ chiudere la traiettoria. Ma spazio per passare ce n’era di certo…».

Le immagini mostrano che Hindsgaul ha effettivamente chiuso la traiettoria, ma anche che rispetto a Fedeli veniva su a una velocità sensibilmente superiore. Per questo alla fine le rimostranze sono durate appena un battito di ciglia.

Turisti per caso

Il primo arrivo in salita della stagione lascia comunque il segno, anche se la pendenza non era da capogiro. Quando la Uno-X si è messa davanti a scandire il passo si è capito comunque che qualcosa bollisse in pentola, mentre dietro i corridori si staccavano come schegge.

Neve ai lati della strada, tornanti e il traguardo alla fine della strada, dove un parcheggio per turisti suggerisce la visita all’antica Termessos e alle sue rovine a mille metri di quota. Un viaggetto da turisti da queste parti varrebbe la pena considerarlo, ma mentre i corridori delle retrovie continuano a raggiungere la vetta alla spicciolata, il lavoro ci strappa alla riflessione e ci buttiamo nuovamente nella mischia inzaccherata della terra turca.

Un urlo dopo la vittoria, poi il vincitore danese è rimastro incredibilmente composto
Un urlo dopo la vittoria, poi il vincitore danese è rimastro incredibilmente composto

Vizietto di… famiglia

Nello stesso giorno in cui il compagno Charmig Anthon, 23 anni (1,82 per 66 chili), ha vinto sul traguardo di Qurayyat al Tour of Oman e una settimana dopo la vittoria di Johannessen, 22 anni (1,76 per 64 chili) all’Etoile de Besseges, ecco un altro danese longilineo che vince in salita. Un metro e 87 per 67 chili, magrissimo, sicuro e veloce. Del modo di lavoro della squadra e di questi scalatori danesi e norvegesi ci aveva già raccontato Kurt Asle Arvesen che li guida, ma certo è insolito riscontrare il dominio in salita di corridori di tal fatta.

«Vivo in Danimarca – sorride – in una zona che più pianeggiante non si potrebbe. Non credo serva vivere su un monte per andare forte in salita, puoi prepararti bene nei training camp in montagna e quando sei a casa rilassarti e recuperare gli sforzi. Un esempio può essere Jonas Vingegaard. Anche lui vive in Danimarca, ma è arrivato terzo al Tour. E vincere il Tour è il mio sogno da quando sono salito su una bicicletta da corsa, anche se a dirlo adesso può sembrare che mi dia delle arie».

Non si può che Jacob Hindsgaul Madsen sia superstizioso: ecco la sua Dare, bici norvegese, con il numero 17
Non si può che Hindsgaul sia superstizioso: ecco la sua Dare, bici norvegese, con il numero 17

Subito fra i grandi

Chi segue le cose dei dilettanti lo ricorda vincitore del prologo al Giro di Val d’Aosta del 2019 quando aveva da poco compiuto 19 anni (poi però si ritirò), quindi secondo al Piccolo Giro di Lombardia dell’anno successivo, alle spalle di Sweeny.

«Ho cominciato a correre da junior – dice – e non ho pensato di farne un mestiere fino al piazzamento nel Tour de l’Avenir dello scorso anno. Entrare a 19 anni nel team Uno-X e confrontarmi subito con i corridori del WorldTour all’inizio mi era parso un pensiero selvaggio, perché sono i migliori ciclisti del mondo e fino al 2020 li guardavo sfidarsi in televisione. Nonostante questo, cerco di ricordare a me stesso che sono solo ragazzi come me, che si divertono ad andare in bicicletta. Purtroppo il 2020 non è stato un grande anno e sono stato fra quelli che si è speso tanto nelle sfide virtuali, ma ora è ciclismo vero».

Ottimismo Fedeli

Così vero che, salvo sorprese, domani si porterà a casa anche la classifica generale, mentre Fedeli dopo il podio ha ritrovato il sorriso e ammette lo stupore per una prestazione così buona.

«Di stare bene lo sapevo – ammette – ma non così bene. Salite lunghe non le ho mai fatte negli ultimi anni, a parte da dilettante al Giro di Val d’Aosta, quindi parecchio tempo fa. Tutto bene, sono contento. All’ultima curva sono rimasto chiuso. A metà tappa mi hanno urtato e il cambio ha smesso di funzionare, anche se mi sono fermato per raddrizzarlo. Giornata difficoltosa, in situazione ottimale avrei potuto vincere. Sto bene, sono sereno di testa. Ho trovato la squadra dove mi trovo veramente bene, spero di continuare con questo morale. L’anno scorso ho toccato il fondo quindi adesso vedo tutto roseo, questa squadra è veramente organizzata. Il secondo posto un po’ dispiace, ma sono le prime gare…».