Bardiani nuova strategia: sì a stranieri ed esperti

05.11.2020
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Tra le professional italiane, per ora, la Bardiani CSF Faizanè è la più attiva sul fronte del ciclomercato. Dieci nuovi innesti e una rosa che arriva a 22 corridori. La strategia sembra un po’ cambiata rispetto agli ultimi anni, in cui Bruno e Roberto Reverberi andavano a cercare quasi esclusivamente giovani o neoprofessionisti. Quest’anno infatti sono entrati in squadra anche Enrico Battaglin e Giovanni Visconti, quest’ultimo più che un veterano.

Bruno Reverberi, 74 anni, team manager della Bardiani
Bruno Reverberi, 74 anni

La perla Visconti

Visconti è senza dubbio il colpaccio. Corridore di calibro, esperto, dal palmares importante.

«Giovanni – racconta Bruno Reverberi – era già un po’ che voleva andare via. “Dai vengo con voi”, mi diceva al Giro. Dopo la corsa rosa ci siamo risentiti e siamo riusciti a mettere insieme, grazie agli sponsor, quello di cui avevamo bisogno. Siamo contenti di averlo preso. Noi storicamente abbiamo insistito sui giovani, ma forse ne avevamo troppi e ci serviva proprio una figura come quella di Visconti. Una persona a cui piace il suo mestiere, che può stare vicino ai ragazzi nelle corse e soprattutto durante la settimana».

Oltre a Visconti, come accennavamo, c’è il ritorno di Enrico Battaglin. “Battaglia” aveva trovato l’accordo già prima del Giro. Veniva da esperienze nel WorldTour ma non aveva brillato come aveva fatto ai tempi in cui vestiva proprio la maglia della Bardiani. Anche questa sarà una sfida e uno stimolo. Per squadra e corridore.

Al Giro i ragazzi di Reverberi hanno coperto 1.700 chilometri di fuga
Per la Bardiani 1.700 chilometri di fuga al Giro

Anche gli stranieri

Ma che l’aria sia cambiata lo dice anche l’ingaggio di due stranieri: Kevin Rivera, costaricano di 22 anni, e Johnatan Canaveral, colombiano di 24. Soprattutto Rivera si dice abbia dei valori in salita estremamente elevati.

«Abbiamo preso anche degli stranieri – continua Reverberi – perché il livello è altissimo da una parte e basso dall’altra. Oggi i migliori dilettanti passano nelle WorldTour e vanno a fare i gregari. Restano i dilettanti di seconda fascia, ma quelli di adesso poi nel professionismo fanno fatica. Una volta andavi a prendere i Pozzovivo, i Brambilla, i Colbrelli. Se non hai qualità è dura».

«Guardiamo ai risultati: cosa abbiamo vinto noi tre professional italiane? In Italia solo Visconti ha ottenuto un secondo posto al Giro, basta. Savio dice che vince, ma dove? In Malesa, Cina… anzi che quest’anno si è portato a casa una tappa dall’Argentina dove il livello è già diverso. L’unica possibilità che abbiamo è di metterci in mostra al Giro, alla Sanremo perché se dovessimo ripagare gli sponsor con i risultati sarebbe dura».

Due promesse

Un corridore che si potrebbe mettere tra i veterani, ma che certo non è “vecchio” è Andrea Garosio. Da dilettante lui era davvero bravo, poi si è perso un po’ tra WorldTour e infortuni. Ma il saggio manager emiliano rilancia su due giovani. Anzi, su un giovane e un giovanissimo: Samuele Zoccarato (22 anni) e Tomas Trainini (19 anni).

«Zoccarato è un bel corridore. Ha grinta, come piace a me. Quest’anno nell’ultima tappa del Giro d’Italia U23 è andato molto bene sul Mortirolo e Trainini l’ho preso per anticipare un po’ le WorldTour. Questo ragazzo era alla Colpack Continental, alla fine poteva fare, in Italia, un calendario molto simile a quello che posso proporgli io e così l’ho preso».

Tomas Trainini agli europei juniores 2019
Tomas Trainini agli europei juniores 2019

«Qui comando io»

In tanti anni Bruno ne ha avute di soddisfazioni. E’ stato il ponte tra il dilettantismo e il professionismo d’elite. Senza contare che la sua stessa squadra ne ha vinte di belle corse, ma certo Bruno è famoso anche per il suo carattere forte. E per questo chissà che non possa scontarsi con un corridore di personalità come Visconti.

«Ah questo è impossibile perché qui comando io e si fa come dico io. Se non ti sta bene quella è la porta. Con me è così. Tenni questo comportamento persino con Van Impe che aveva vinto il Tour. Vai a tirare gli, dicevo. “Perché?”, mi rispondeva lui. Perché te lo dico stasera, tu intanto vai davanti.

«Chi mi ha colpito in tanti anni? Giulio Ciccone. Sapevo che era forte ma non credevo così tanto. E le delusioni, beh quelle potete immaginarle voi…».

Tonelli

Tonelli, il passista sempre più scalatore

27.10.2020
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Alessandro Tonelli, fughe e buona volontà. Il corridore della Bardiani-CSF Faizané lo abbiamo spesso visto nella mischia. In particolare, verso Monselice sugli strappi dei Colli Euganei è stato l’ultimo ad essere stato ripreso dal gruppo, portato su anche dal caloroso tifo che ha da quelle parti.

Alessandro, bresciano, 28 anni, ci parla della sua corsa rosa.

Che Giro è stato?

E’ stato un bel Giro ma difficile, molto duro. Il pubblico, nonostante fosse presente, era poco rispetto al mio primo Giro nel 2018. Ogni giorno una marea di gente. Un vero spettacolo. La cosa bella è che alla mattina, prima del via, con gli altri corridori ci ritrovavamo nelle aree hospitality e chiacchieravamo, scherzavamo. Quest’anno invece bus, presentazione, partenza. Quasi sempre a tutta. Senza contare che qualche contatto in più con l’esterno ce lo avevamo. Comunque siamo riusciti a portarlo a casa e va bene così.

Eri preparato perciò a questa terza settimana così impegnativa?

Nel 2018 mi fermai proprio prima dell’ultima settimana per una forte gastroenterite. Questa volta non sapevo come avrebbe reagito il mio corpo, ma a conti fatti dico che è andata bene. Mi sentivo meglio nell’ultima settimana piuttosto che all’inizio.

Perché: “poco” allenamento? Correre per più giorni con le WorldTour ti dà un altro passo?

No, non credo dipenda dal fatto che ci si alleni poco o che si acquisisca il ritmo WorldTour, ma perché sono riuscito a mantenere i miei valori costanti. E’ un po’ il discorso che si fa con Nibali, fatte le dovute proporzioni. Magari ho meno picchi, ma anche meno down.

La Bardiani era la squadra più giovane. Per loro 1.700 chilometri di fuga
Al Giro la Bardiani ha percorso 1.700 chilometri in fuga
A proposito dello Squalo. Ha ragione lui a dire che sono le nuove leve ad andare forte o è Nibali che è andato piano?

Sono le nuove leve che vanno forte. Basta guardare i tempi di scalata delle salite e i ritmi imposti. Non c’è stato un giorno in cui si è andato piano. Forse nella tappa di Vasto, ma nella prima ora abbiamo fatto 51 e passa di media. E venivamo dalla frazione più veloce della storia del Giro a Brindisi. Per me questi nuovi ragazzi sono più freschi e recepiscono meglio i nuovi programmi di allenamento. Riescono ad esprimerli meglio.

Eri in gruppo e li ha visti pedalare anche in momenti di fatica: chi ti ha colpito?

Jai Hindley, un po’ lo conoscevo e non mi aspettavo un salto di qualità del genere. Ha fatto 3-4 giorni incredibili. E poi, anche se non è giovane, Rohan Dennis. Nelle prime due settimane era dietro a fare gruppetto e poi ha fatto vincere il Giro a Geoghegan Hart.

E tu cosa puoi fare per vincere? Una tappa o una corsa, s’intende…

La mia caratteristica è quella di attaccare e di arrivare massimo in due o tre, perché non sono veloce. E non ho neanche quel cambio di ritmo devastante, però ho una buona tenuta e una buona costanza di rendimento. Se guardo indietro sono soddisfatto del mio Giro. Sono entrato in quattro fughe, ho fatto una top ten e in salita riuscivo a tenere quando restavano una ventina o poco più di corridori.

E questo ti dà fiducia nel prossimo anno?

Sì, è un bello stimolo. Soprattutto per lavorare bene in salita. Essendo un po’ calato di peso durante il Giro sento di averne guadagnato in resistenza quando la strada sale, ma anche di aver perso qualcosa in pianura. Devo trovare il giusto compromesso. Se prima si parlava delle mie caratteristiche posso dire che se a metà anno ero più passista che scalatore adesso è il contrario.

Quanto peso hai perso durante il Giro?

Un chilo e mezzo: sono passato da 67,5 a 66 chili.

Tappa di Monselice: eri davanti a giocartela…

Sia lì che a San Daniele sono stai dei bellissimi momenti. A Monselice mi hanno ripreso a 15 chilometri dall’arrivo. Conoscevo bene quelle strade in quanto ho corso per tre anni alla Zalf e salire per quelle rampe con tutta quella gente che mi incitava sono sensazioni che porto ancora con me. A San Daniele discorso simile: ho fatto decimo, ma nel finale proprio non avevo più le gambe. Sono contento di questa terza settimana, come ripeto, per come ha reagito il mio corpo. Mi dispiace di non essere riuscito ad azzeccare altre fughe.

I prossimi obiettivi?

Il sogno è quello del WorldTour: lo so bene io, lo sa la mia squadra. Prima però devo dimostrare quanto valgo e trovare una certa continuità di rendimento e di piazzamenti. Per l’anno prossimo sarò ancora alla Bardiani.

Portaborraccia BMC

Perché cadono così tante borracce?

09.10.2020
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Durante il Giro d’Italia è emerso con forza il problema delle borracce che vengono perse dai corridori e rotolano fra le ruote del gruppo. L’episodio che ha accesso i riflettori su questo problema è la brutta caduta che ha costretto Geraint Thomas al ritiro. Noi di bici.PRO abbiamo sentito in merito Nazzareno Berto, attuale meccanico del Team Bardiani CSF Faizané ed ex professionista dei primi anni 80.

Cambio di materiali

Il punto che ci interessa approfondire con Berto è capire se è cambiato qualcosa nella forma o nei materiali utilizzati.
«Una volta i portaborraccia erano in alluminio e si potevano stringere e allargare in base alle necessità, ora con i materiali nuovi questo non si può più fare. Quelli in plastica quando sono nuovi sono molto duri, quasi si fatica ad infilare la borraccia, però dopo un po’ si smollano». Il primo punto che emerge anche dall’esperienza di Berto è che i materiali sono cambiati. Ma non sono solo i materiali ad essere cambiati «In più c’è da dire – aggiunge Berto – che la forma dei nuovi portaborraccia è sicuramente molto bella esteticamente, ma forse quelli vecchi erano più funzionali. Quelli di oggi danno meno copertura alla borraccia rispetto a quelli di una volta».

Giro d'Italia 2020, borracce, team CCC
Portaborracce e borracce, tema dibattuto al Giro
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Attenzione ai dossi

Nazareno Berto fa una riflessione molto interessante anche sulle strade. «Quando correvo io e fino a pochi anni fa, sulle strade non c’erano tanti dossi. Adesso i corridori per superarli spesso saltano con la bicicletta e al momento della ricaduta capita che la borraccia voli via».

Un altro fattore che influenza la tenuta delle borracce è proprio la natura della sede stradale. Infatti come sottolineato da Berto, i dossi sempre più numerosi possono costituire una variabile importante. Proprio in tema di imperfezioni del terreno, il meccanico della Bardiani ci ha svelato un accorgimento che apportava durante la campagna del nord, dove il pavé è la regola.
«Quando dovevamo fare le gare sul pavé, prendevamo della carta vetrata e con del biadesivo l’attaccavamo al portaborraccia. In questo modo cercavamo di evitare di perdere le borracce nei tratti di pavé. Solo che anche questa soluzione con i materiali e le forme moderni non si può più fare».

Chi si ricorda i portaborraccia in alluminio o i primi realizzati in plastica, saprà che spesso c’erano delle piccole parti in gomma. Proprio su queste veniva posto il biadesivo. Oggi la gomma non è più fra i materiali presenti sui portaborraccia.
Chissà se qualche azienda non stia già pensando a un ritorno alle vecchie soluzioni.