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CST Tires, presenza di prestigio agli eventi bike

14.03.2023
4 min
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Con la Granfondo Internazionale Laigueglia dello scorso 26 febbraio è ripartita la stagione degli eventi bike supportati da CST Tires. Stiamo parlando di una realtà leader a livello mondiale nella produzione di pneumatici per veicoli a motore ma anche per biciclette. Oggi CST è il decimo produttore di pneumatici al mondo e produce ogni giorno 300.000 pneumatici bici e 300.000 camere d’aria.

Nel corso del 2023 gli appassionati di ciclismo avranno l’opportunità di trovare i prodotti bike CST in occasione dei tanti eventi supportati dal brand. CST sarà infatti partner di moltissime granfondo attraverso la fornitura agli organizzatori di prodotti da inserire nei pacchi gara oppure fornendo dei premi per le varie classifiche. CST sarà inoltre presente con un proprio spazio espositivo presso le aree expo delle principali manifestazioni del calendario granfondistico nazionale.

Per farci raccontare qualcosa di più sull’importanza che riveste per CST la partecipazione ad una Granfondo abbiamo deciso di rivolgere qualche domanda a Massimo Parenti, responsabile marketing CST, una presenza costante nei villaggi espositivi di tante manifestazioni granfondistiche.

CST Tires e un’azienda leader nella produzione di pneumatici per biciclette
CST Tires e un’azienda leader nella produzione di pneumatici per biciclette
Da quanti anni il marchio CST è presente con un proprio spazio espositivo ai villaggi expo delle Granfondo e quale è stato il primo evento al quale avete partecipato?

Il primo evento che ha visto CST come espositore è stato il Bike Test organizzato a Sasso Marconi, alle porte di Bologna, credo fosse il 2014. Per alcuni anni abbiamo partecipato solo a Italian Bike Test, che nasceva proprio da quella prima esperienza di Sasso Marconi. Dal 2018 abbiamo iniziato a essere presenti anche nei villaggi expo di diverse granfondo.

Perché per un brand come CST è importante essere presenti alle granfondo?

La risposta è molto semplice. Il mondo delle granfondo ci permette di incontrare il consumatore finale e di avere da lui dei feedback fondamentali per migliorare sempre il prodotto. Il nostro obiettivo è quello di fornire prodotti in grado di rispondere al meglio alle esigenze di chi li dovrà poi utilizzare nelle proprie uscite.

A proposito dell’utilizzatore dei prodotti CST, come è il vostro rapporto con lui? 

Molti clienti finali che ci hanno conosciuto in occasione di una granfondo tornano volentieri a farci visita, confermando che quanto gli abbiamo spiegato in occasione del nostro primo incontro corrisponde alla verità, sia dal punto di vista dell’affidabilità del prodotto che della sua prestazione tecnica. Questo avviene soprattutto nel mondo della mountain bike dove il marchio e i prodotti CST sono molto apprezzati. 

Massimo Parenti responsabile marketing di CST
Massimo Parenti responsabile marketing di CST
Come vi spiegate questo “affetto” nei confronti dei vostri prodotti da parte del mondo offroad?

Tanti consumatori hanno avuto modo di provare i nostri prodotti avendoli magari ricevuti in premio in occasione di qualche gara. Tutto ciò ci ha permesso di far conoscere dei pneumatici CST come il Patrol, il Camber e il JacK Rabbit II

Per quel che riguarda il settore strada e quello gravel che riscontri avete?

I pneumatici gravel stanno avendo lo stesso successo d’interesse di quelli mountain bike, grazie anche ad un’offerta davvero ampia da parte di CST. Riguardo al mondo road al momento stiamo invece scontando il ritardo, dovuto al Covid, dello sviluppo di un nostro prodotto tubeless.  

In base alla vostra esperienza maturata a contatto con l’utilizzatore finale, riscontrate delle differenze tra stradisti e bikers?

Sicuramente il mondo bikers è più curioso verso le novità che può offrire il mercato mentre lo stradista è più conservatore. 

CST lavora a stretto contatto con le granfondo e con eventi legati al mondo bike
CST lavora a stretto contatto con le granfondo e con eventi legati al mondo bike
Passando al lato organizzatori, quali sono le richieste che ricevete da parte loro?

In linea di massima ci viene richiesto di esporre le nostre novità e di dare un servizio informativo sui prodotti che rappresentiamo perché sempre più spesso il consumatore non ha tante informazioni specifiche su quello che ha acquistato oppure vorrebbe acquistare.

Anche quest’anno sarete presenti a Italian Bike Festival. Che giudizio si sente di dare all’edizione dello scorso anno?

Sicuramente siamo di fronte ad un evento giovane e friendly, sulla falsariga della Sea Otter di Laguna Seca o della Rock d’Azur di Frejus. Eventi che nel settore sportivo piacciono di più rispetto alla classica fiera monotona tipica degli anni novanta e della prima parte degli anni duemila.

Dopo aver debuttato alla Granfondo Internazionale di Laigueglia, CST sarà presente ai seguenti eventi: Via del Sale, Nove Colli, Colli della Sabina, Fenix Bra Bra, Legend Cup all’Isola d’Elba, Costa degli Etruschi, Squali-Trek, Mont Blanc, Dolomiti Brenta Bike, Mapei Re Stelvio, Granfondo del Sele, Tre Valli Varesine. Altre manifestazioni si aggiungeranno nel corso dell’anno. Grande chiusura a metà settembre a Misano per Italian Bike Festival.

Ricordiamo che B.I.S. srl è agente esclusivo per l’Italia di CST

CST

LAB71: si presenta l’area “ultra premium” di Cannondale

15.02.2023
2 min
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Si chiama LAB71, una sigla che identifica una nuova famiglia di specifici prodotti Cannondale caratterizzati da prestazioni “ultra premium”: biciclette, quelle inserite in questo selezionato ambito, che nelle intenzioni del costruttore americano sono in grado di superare le migliori aspettative, con dettagli e particolari curati davvero al massimo

Cannondale LAB71 sarà sinonimo di un nuovo livello di prodotti in grado di rappresentare la massima espressione dell’artigianato costruttivo in campo ciclistico. Una sintesi della  più autentica esperienza Cannondale maturata in oltre cinquant’anni di innovazione, di prestazioni e di design. Utilizzando materiali e processi produttivi all’avanguardia, combinati con finiture straordinarie e una selezione curata dei migliori componenti disponibili, i telai e le bici complete LAB71 si collocheranno al vertice della gamma prodotti Cannondale. 

Cannondale LAB71 sarà l’area top di gamma di Cannondale
Cannondale LAB71 sarà l’area top di gamma di Cannondale

Disponibilità dal 1° marzo

«LAB71 rappresenta una progressione naturale per la nostra azienda – ha dichiarato Henning Schroeder, il Senior Vice President of Product Development di Cannondale – e ci piace immaginarlo come un luogo fisico in cui lasciamo che i nostri ingegneri, i nostri designer ed i nostri product manager si scatenino per realizzare le bici dei loro sogni. All’interno del LAB71 prendiamo le nostre piattaforme più innovative, e veloci, e le perfezioniamo con materiali avanzati, componenti scelti appositamente, finiture e dettagli che rivelano livelli assoluti di bellezza». 

Dal 1971, Cannondale ha sfidato le convenzioni in nome delle prestazioni, trovandosi in prima linea per quanto riguarda il tema dell’innovazione nel ciclismo. Partendo dalla rivoluzione dell’alluminio, negli anni ottanta, passando per biciclette da strada e mountain bike aggressive e iconiche. Fino ad arrivare a prototipi fuori dagli schemi, ad atleti e squadre leggendari, le innovazioni rivoluzionarie di Cannondale hanno costantemente spinto il settore in avanti. E nelle intenzioni dei vertici del brand americano LAB71 intende continuare questa personale tradizione…

Cannondale è diventata un punto di riferimento per tutte le discipline del mondo bike
Cannondale è diventata un punto di riferimento per tutte le discipline del mondo bike

I singoli modelli Cannondale LAB71 saranno disponibili nelle specifiche categorie di bici da strada, gravel, Mtb ed e-bike dal prossimo primo giorno di marzo.

Cannondale

Un viaggio curioso nei pensieri di Ganna

28.01.2023
8 min
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In vacanza dopo il mondiale su pista, Pippo Ganna era sparito dai radar. Il 2022 era iniziato a febbraio con l’Etoile de Besseges e si era chiuso il 14 ottobre con l’oro iridato nell’inseguimento individuale. Nel mezzo 67 giorni di corse su strada, il primo Tour, gli europei della crono a Monaco, i mondiali australiani, il record dell’Ora e l’argento del quartetto ugualmente ai mondiali.

Lo abbiamo ritrovato in Argentina, di buon umore, pronto per ripartire e senza più gli occhiali, spariti dopo l’intervento.

Contento di aver ripreso o si stava meglio in ferie?

Ho fatto 5 settimane e mezza di vacanza quest’anno, alla terza ero già in palestra a fare spinning per sudare, perché non riuscire a sudare non mi dava le endorfine che mi servivano, quindi ero un pochettino arrabbiato (sorride, ndr). Diciamo che siamo una categoria cui manca ogni tanto fare lo sforzo. Ti manca fare la fatica, ne hai bisogno. Magari uno da fuori pensa che sei stupido a essere in vacanza e pensi ad allenarti. Ma se mi vedo con la pancia, non riesco a guardarmi allo specchio, quindi era più uno star bene, mantenere la forma. Poi a casa ho ricominciato con i primi blocchi. Ero in ritiro con il team, facevo fatica in salita, mi staccavano e mi aspettavano in cima. Però non me ne vergogno, non era mica la prima corsa di stagione…

Ganna e i bambini: i piccoli tifosi argentini lo hanno cercato ogni giorno
Ganna e i bambini: i piccoli tifosi argentini lo hanno cercato ogni giorno
Infatti quella la stai facendo adesso.

Siamo qua e sono felicissimo della scelta. Ho fatto anche il punto con Dario (Cioni, ndr), ero indietro di circa 32 ore rispetto all’anno passato. Ho fatto l’operazione agli occhi che ha inciso. Ho lasciato una buona settimana di allenamento, vorrà dire che entrerò in condizione una settimana dopo, ma non credo che cambierà qualcosa.

Potrebbe essere un problema per gli europei di febbraio?

No, perché quelli sono sforzi brevi e intensi che ormai ho nelle gambe. Qui ho sofferto un po’ le ore, che mi erano mancate in una settimana fra viaggio e qualche problema di stomaco. Però nei giorni scorsi, quando s’è potuto siamo tornati in bici dopo la tappa e abbiamo preso un’altra mezz’oretta in più di allenamento, che è servita e servirà per il per il futuro. Stiamo lavorando bene.

Qual è stato il giorno più bello del 2022?

Eh, quando è finito il Tour (sorride, ndr). Finalmente ero tranquillo, non dovevo più limare, finalmente potevo rilassarmi un attimo. Come debutto è stato pesante, devo essere sincero. E sapendo poi che è stato il Tour più tirato della storia, ho capito perché ero stanco, perché partivo la mattina e sapevo già di avere mal di gambe. Non è stato bello.

Subito gli europei, poi le classiche, il Giro e i mondiali: tutto in sette mesi. Hai un programma già super definito?

Fino a metà stagione sarà una corsa a tappe continua. Questi europei, l’ho detto a Marco (Villa, ndr), li farò per i punti della qualifica olimpica, quindi arriverò su per fare il quartetto, poi tornerò a casa per concentrarmi sulla strada e stare anch’io un attimo più tranquillo. Perché il 14 riparto per l’Algarve e da lì diretto in altura. Poi Tirreno, Sanremo e classiche. Di nuovo altura e Giro. Mi hanno chiesto quanti giorni sia fuori casa, forse faccio prima a dire quanti giorni ci sono (ride, ndr).

Perché ti piace così tanto la pista?

Per la fatica e la sicurezza che puoi avere in pista. Per il gruppo che si è formato. E per l’ambiente che si crea nelle competizioni. Su strada, li vedi passare: schiocco di dita ed è finita la gara. In pista, hai le 3-4 ore dove vivi la gara fino alla fine. Il bello della pista è quello, che riesci a seguire la corsa in ogni minimo particolare. Per quanto anche la televisione possa farti vedere una corsa in linea, ma non è mai come viverla dal vero.

A gusto tuo, è meglio fare quattro ore su strada o quattro ore di lavoro in pista?

Quattro ore su strada. Quattro ore su pista non le consiglio. Le ho fatte, ma non le consiglio (ridacchia, ndr).

Alcuni colleghi, ad esempio Wiggins, hanno vinto le loro Olimpiadi e poi hanno mollato la pista. A te lo hanno consigliato…

Ci sono le Olimpiadi. Poi alla fine, quando vinci le Olimpiadi, sono tutti lì. Facciano quello che vogliono, a me ormai…

Invece il mondiale come lo vedi? Tu in teoria potresti fare una marea di specialità.

In teoria, ma il calendario è troppo fitto e devi fare delle scelte, che probabilmente ricadranno sul quartetto e sulla crono. Forse il calendario del mondiale è fatto così anche per simulare una futura Olimpiade, vediamo come sarà questa formula e le scelte da fare.

La tua ambizione è la stessa in pista e su strada? 

Sì, ogni volta che metto il numero sulla schiena non lo faccio per partecipare e a 10 chilometri dall’arrivo tirare i remi in barca. Lo faccio per esserci fino al finale. In supporto per il team o se ho carta bianca, per fare la mia corsa.

La Vuelta a San Juan per Ganna è stata l’occasione per recuperare ore e fare ritmo
La Vuelta a San Juan per Ganna è stata l’occasione per recuperare ore e fare ritmo
Senti di dover guadagnare un po’ di sicurezza su strada? Ad esempio per la Roubaix?

Più che sicurezza, parlerei di esperienza. Sapere dov’è il miglior momento per attaccare, dov’è il miglior momento per andare avanti. Faremo delle ricognizioni prima della Roubaix, anche per studiare questi aspetti. Tra sfortuna e mille inghippi, devi essere bravo a reagire. Forse l’anno scorso l’ho fatto con un po’ troppa cattiveria, quindi devo essere capace anch’io a stare più tranquillo in certi frangenti e magari risparmiare, perché nel finale torna tutto. Con il team ho la massima libertà, il massimo supporto. Vedremo cosa faremo in avvicinamento anche di questa gara.

Strada e pista sono due mondi diversi oppure comunicanti?

Il mezzo è abbastanza simile, ma sono mondi completamente diversi. Credo la pista sia un po’ più leggera. L’aria che si respira non ha troppi stress, quelli li ha Villa (ride, ndr). Invece su strada è come avere un fucile puntato con un bel tabellone grosso e rosso dietro di te. Quindi appena sbagli qualcosa, sono tutti pronti a puntare il dito.

Qual è la cosa più bella che ti sei portato via dal record dell’Ora?

Forse il calore della gente. Perché non si può dire che sia stata una bella gara, soprattutto negli ultimi 15 minuti. Ricordo il mal di gambe e al sedere. Però potendo rifarla, la farei uguale e forse più forte. So cosa mi aspetta ora. Potrei magari… Non lo so, non ci penso, non voglio pensarci. 

Nella tappa di ieri all’Alto del Colorado, Ganna ha aiutato Bernal poi ha preso per sé il secondo posto
Nella tappa di ieri all’Alto del Colorado, Ganna ha aiutato Bernal poi ha preso per sé il secondo posto
La fatica ha un buon sapore?

Non la fai con piacere, ma perché sai che serve. Non so a chi piaccia far fatica, devi essere un po’ autolesionista. Più di una volta sei a fare i lavori intensi, dove devi essere veramente vicino al limite, senti le gambe che bruciano, il cuore a tutta, il fiato corto e ti viene da rialzarti. Però dici: «No, mi serve. Perché quando sarò in quella situazione in gara e soffrirò allo stesso modo, sarò pronto, sarò là». Se non lo fai in allenamento, in gara molli.

L’ultima, poi ti lasciamo andare: come lo vedi Egan?

Bene da vicino, da lontano faccio ancora un po’ fatica (ride, ndr). Dopo l’intervento agli occhi devo ancora abituarmi a un modo diverso di vedere, in bici devo prenderci la mano, ma ci vedo benissimo. Tornando a Egan, sembra felice. Lo vedo felice, è tornato se stesso un anno dopo.

Quei 4′ finali su strada che tanto piacciono al pistard

05.10.2022
6 min
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Tre chilometri all’arrivo. Il gruppo è lanciato sul filo dei 60 all’ora. C’è tensione. Si gomita per prendere la posizione che si reputa migliore: chi deve fare il treno, chi l’apripista, chi la volata, chi magari deve proteggere un compagno davanti. E in quei frangenti il dispendio energetico è massimo. Ma è lì che il pistard è avvantaggiato.

Jonathan Milan, l’altro giorno raccontandoci con lucidità i finali delle sue vittorie in volata alla CRO Race, disse che c’era molto della sua attività in pista. «Quei 4′ oltre il limite sul parquet te li ritrovi tantissimo su strada».

E qualche mese prima Paolo Alberati parlando di Fiorelli ci disse come il dispendio energetico massimale incidesse sulla prestazione. Lo stare a ruota. Il limare. E, sempre parlando di Fiorelli, ci disse come il suo atleta di volate negli ultimi due chilometri ne “facesse tre”. Troppe. Per dire che basta un spendere un po’ di più e tutto va a monte.

Paolo Artuso, è uno dei preparatori della Bahrain Victorious
Paolo Artuso, è uno dei preparatori della Bahrain Victorious

Base aerobica…

Paolo Artuso, che di Milan è il coach alla Bahrain-Victorious, ci aiuta a comprendere meglio cosa volesse dire Jonathan e perché avesse ragione.

«Tutto vero – spiega Artuso – ma prima ancora del finale di corsa farei un passo indietro. Per fare quei wattaggi massimali nel finale devi arrivarci fresco. E ci si arriva con due punti primari: l’efficienza di pedalata e l’efficienza lipidica. Devi avere una base aerobica super. Prendendo l’esempio di Milan lui ha vinto dopo 5 ore e mezza di corsa (prima tappa) e dopo 4 ore e passa (la seconda)».

Quando Artuso parla di efficienza di pedalata non si riferisce tanto allo stare ben messi in sella, quanto alla pedalata vera e propria, al rendimento e al dispendio energetico. C’è chi per fare cento pedalate spende “cinque” e chi spende “due”. 

«E per questo ci si lavora, tanto più per un corridore alto (1,94 metri, ndr) come Milan. Una volta si faceva la ruota fissa. Jonathan raggiunge questa efficienza con il lavoro in pista».

«Quando invece parlo di efficienza lipidica, intendo la capacità di utilizzare la benzina dei grassi. Noi abbiamo il serbatoio lipidico che è enorme e quello degli zuccheri che molto più piccolo. Più abituo il fisico ad utilizzare il serbatoio dei grassi e più zuccheri avrò a disposizione nel finale.

«E come mi abituo a bruciare i grassi? Facendo parecchia base aerobica anche “intensa”, quindi Z2 e Z3».

Grazie anche all’agilità un pistard come Milan se l’è cavata in salita
Grazie anche all’agilità un pistard come Milan se l’è cavata in salita

Quell’agilità

«C’è un terzo elemento – continua Artuso – ed è l’agilità. Milan non è arrivato là davanti su percorsi del tutto piatti, ma superando anche delle asperità. Tra l’altro, faccio un inciso, nel giorno in cui ha perso la maglia mi hanno detto che sulla salita di 17 chilometri hanno fatto fatica a staccarlo. E le ha superate bene, senza spendere troppo, grazie all’agilità».

«A 60 rpm una pedalata dura un secondo, a 90 rpm dura 0,66”. La contrazione muscolare quindi più breve e ciò consente maggior ossigenazione ai muscoli. Questa resistenza alle alte cadenza sulle salite di 8′-12′ (oltre all’efficienza lipidica e di pedalata) ha fatto sì che Milan potesse arrivare fresco nel finale e sfruttare le sue doti di pistard».

Gli allenamenti in pista permettono di lavorare meglio sulla forza e le alte intensità
Gli allenamenti in pista permettono di lavorare meglio sulla forza e le alte intensità

Pista e lattato

Ed è qui, che emerge appunto il pistard. Quando lo sforzo è massimo e si va in asfissia.

«A questo punto – va avanti Artuso – subentrano i lavori lattacidi e la pista in tal senso dà una grossa mano, in quanto si fa un lavoro di forza ad elevatissima intensità.

«Nello specifico, prima della CRO Race, in pista Milan ha lavorato su ogni tipo di forza e di resistenza lattacida: partenze da fermo da 125 metri, 250 metri… E lavori da 2.500 metri e fino ai 4.000 metri. Nel complesso un volume “piccolo” ma ad alta intensità. E se si fa un buon recupero succede che vince anche su strada».

«In questo modo per me è più facile allenare un Milan: devo fargli fare “solo” la base aerobica e poi in pista fa i lavori intensi. Ma quando si ha sottomano un atleta così potente e di una certa stazza bisogna stare attenti anche alla parte aerobica. Sapete cosa vuol dire far fare un’ora di medio a Milan? Significa che per 60′ deve fare 430-450 watt. Lì fa, ma fisiologicamente è devastante. Di conseguenza certi carichi devi ridurli un po’. Altrimenti il giorno dopo è stanco e salta tutto. 

«Serve consistenza nell’allenamento. E per consistenza intendo l’allenarsi oggi, più domani, più dopodomani… Non è solo alternare carico e scarico. E’ dare continuità ai lavori».

Una fase calda che precede la volata tra chi cerca di portare fuori il proprio leader e chi sgomita alla sua ruota
Una fase calda che precede la volata tra chi cerca di portare fuori il proprio leader e chi sgomita alla sua ruota

Quattro minuti

E torniamo al punto iniziale: quanto dà una specialità come quella dell’inseguimento (ma non solo) su pista alla strada. Mediamente un inseguimento dura 4′, un po’ meno se a squadra, un filo di più se individuale. Bisogna “dare del tu” all’acido lattico. Conviverci.

«La tolleranza al lattato – dice Artuso – è la capacità dell’atleta di mantenere una situazione non equilibrata (accumulo di acido, ndr) per il maggior tempo possibile. Lavorare sulla tolleranza fa sì che si migliori quando si è a tutta. Sostanzialmente si smaltisce meglio l’acido lattico.

«Come? Facendo alta intensità. Per esempio: 3 serie da 10′ di 30”-30”. Alla fine porti a casa 15′ di fuori soglia. Oppure 3×3′ a tutta in pianura».

L’iridato Viviani nell’eliminazione: è importante essere lucidi quando l’acido lattico avvolge ogni muscolo del corpo
L’iridato Viviani nell’eliminazione: è importante essere lucidi quando l’acido lattico avvolge ogni muscolo del corpo

Ossigeno al cervello

In più c’è una cosa che Paolo Artuso conferma. Nei finali serve freschezza anche mentale e il pistard, che è abituato a limare o nel caso dell’inseguimento a tenere la linea migliore, ne ha da vendere.

«Di certo il pistard è avvantaggiato anche dal punto mentale e della lucidità. Tante volte vediamo delle cadute in discesa: ma perché? Perché “vedono doppio”. Non sono lucidi. Sono meno abituati alle punte di acido lattico e hanno meno ossigeno al cervello. Ne guadagna la guidabilità.

«Concludendo con Milan, il giorno in cui ha fatto la volata di quasi 400 metri non solo è stato bravo a tenerla, ma è stato bravo a tenere la posizione prima del via e a valutare la situazione (Mohoric, suo compagno era davanti e il gruppo rimontava, ndr)».

Milan rompe il ghiaccio con una doppietta… da pistard

29.09.2022
5 min
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Da zero a due. Jonathan Milan fa doppietta alla CRO Race. E’ qui che il campione olimpico del quartetto ottiene le sue prime vittorie da professionista. A conti fatti le premesse perché ciò accadesse c’erano tutte, ma come si sa tra il dire e il fare… c’è di mezzo il mare.

Il gigante della Bahrain-Victorious racconta a caldo il suo secondo successo. La sua addetta stampa, Simona Mazzoleni, lo sta riportando in hotel dopo la premiazione e c’è un po’ di tempo per riordinare le idee e le emozioni.

Come spesso succede dopo le vittorie è l’addetto stampa, in questo caso Simona Mazzoleni, che riporta in hotel il corridore
Come spesso succede dopo le vittorie è l’addetto stampa, in questo caso Simona Mazzoleni, che riporta in hotel il corridore
Prima di tutto Jonathan complimenti. Due belle vittorie. Cosa ci dici?

Bene dai, si prospetta un bel finale stagione. Le sensazioni erano buone già la settimana scorsa e adesso credo di essere nel picco di forma. Sono contentissimo. Mi sono allenato molto duramente per riuscire ad arrivare pronto a questa gara. Gara che per noi della Bahrain Victorious è importante.

Ti aspettavi questi successi?

Sì e no. Sapevo che la condizione fisica era buona e per questo me lo sarei anche potuto aspettare, poi però la gara è diversa. Io mi agito un po’, m’innervosisco e negli ultimi mesi ho lavorato su questo aspetto. Comunque dai, ci speravo!

Come ci hai lavorato, con l’aiuto di un metal coach?

No, da solo. Cosciente di questo mio problema, mentre correvo cercavo di rilassarmi il più possibile. Ho notato che ero agitato nelle gare e perdevo energie nervose. Solo che fino a che non sono passato professionista non me ne ero accorto. Così ho cercato di godermi la corsa, di tranquillizzarmi.

La prima vittoria di Milan (classe 2000) a Ludbreg, battuti Modolo e Maestri
La prima vittoria di Milan (classe 2000) a Ludbreg, battuti Modolo e Maestri
Già diversi podi in volata, ora due vittorie allo sprint: ma Jonathan Milan è un velocista?

Ah, non lo so chiedetelo a lui! Anche io ancora non l’ho capito bene. Diciamo che me la cavo. Anche oggi (ieri, ndr) è stata una volata un po’ anticipata. Sono partito lungo e ho seguito i consigli dei compagni che avevano corso questa tappa qualche anno fa. Matej (Mohoric, ndr) mi ha detto di scattare qualche metro prima. Di andare a tutta fino alla fine e di non guardarmi indietro.

Preciso, così hai fatto…

Rivedendola però, forse sarei partito un pelo dopo. Sarei uscito ai 300 metri di quest’ultima curva, sarei rimasto a ruota, in seconda posizione non più indietro, per sfruttare qualche secondino in più di scia ed essere più veloce sul traguardo.

E infatti hai vinto al fotofinish. Ma anche l’altroieri hai fatto una volata abbastanza lunga. Giusto?

Sì, nella prima tappa siamo entrati all’ultimo chilometro con Matej che stava cercando di fare la differenza in discesa. Io ero dietro e cercavo di stoppare gli altri. In radio gli dicevo che era da solo però vedevo che la sua pedalata non era brillantissima e poi lui stesso me lo ha confermato. Così, ai 300 metri ho visto che il gruppo risaliva forte e piuttosto che rispondere ad un attacco mi sono detto: parto io. Magari ci saremmo mangiati la vittoria… Mi sono preso questa responsabilità e è andata bene.

Quanto c’è del Milan pistard in questi sprint?

Molto. Queste caratteristiche sulla pista le alleni molto. Fai gli ultimi minuti ad un’intensità molto elevata. Però di più non dico altrimenti mi rubano i segreti! Io ho sempre detto che la strada aiuta la pista e viceversa. Se bilanci bene gli impegni arrivano ottimi risultati. Prima della CRO Race, per esempio, sono andato ad allenarmi in pista. Lì ho curato resistenza, forza, agilità e penso che tutto ciò mi abbia aiutato molto per i finali. E per questo ringrazio anche Villa, Bragato e lo staff della nazionale

Sui percorsi un po’ più impegnativi pensi di essere portato? Ti vedremo?

Dite quelli sui 2.500 metri di dislivello?

Sì quelli. Non pretendiamo che tu vinca sullo Stelvio!

Sullo Stelvio non vinco sicuro! Arrivare a fare bene nelle corse ondulate è un obiettivo. E per corse ondulate io intendo un Fiandre o altre gare del Nord con muri brevi da fare ad elevata intensità. Ma messi tutti insieme ti fanno portare a casa un bel dislivello. E’ lì che io punto ad arrivare.

Con due vittorie su due tappe, Milan guida la classifica generale, quella dei giovani (in foto) e quella a punti
Con due vittorie su due tappe, Milan guida la classifica generale, quella dei giovani (in foto) e quella a punti
E una Sanremo?

Eh, perché no! Sarebbe bello, tanto più che c’è grande intensità nel finale. Si tratta di tenere quelle due salite, andare dietro agli altri e poi giocarsela.

A livello di emozioni come sono state queste vittorie? Forse la prima è stata ancora più forte?

La prima vittoria è stata davvero bella. E’ stato come togliersi un peso dallo stomaco. Già in Polonia avevo raccolto due terzi posti. In Germania ancora un secondo posto. Ero vicino alla vittoria ma volevo togliermi questo “sfizio”, diciamo così, entro fine stagione. E infatti dopo l’arrivo neanche ho esultato troppo. Sono rimasto in silenzio, non ci credevo. Cavolo, è successo veramente, mi dicevo. Un’emozione incredibile. Oggi (ieri, ndr), sarà stato il tempo atteso per l’esito del fotofinish, ma ho esultato un bel po’. Anche se non si è visto.

Con chi sei in stanza?

Sono con Matej. E infatti dopo il brindisi per la prima vittoria, quando siamo tornati in camera abbiamo studiato bene il finale della tappa di oggi (ieri, ndr) e mi ha detto questo aneddoto sull’anticipare un po’. Io l’ho ascoltato ed è andata bene.

Selle Italia rinnova e aggiorna la sua immagine web

26.09.2022
3 min
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Selle Italia ha rinnovato in modo importante la propria immagine sul web. Il sito internet ufficiale del brand veneto, storico costruttore di selle, si è rifatto il look. Ora si presenta con una nuova piattaforma online molto ricca di contenuti e di approfondimenti sia sulla storia centenaria del marchio quanto sui modelli in offerta. Selle Italia da sempre è in grado di accontentare tutte le specialità del ciclismo: dalla corsa alla Mtb, passando per gravel, cross, triathlon e urban. 

Tra le diverse funzionalità che sono state aggiornate, merita di essere posta in evidenza la parte e-commerce, fruibile per Europa e Stati Uniti. Selle Italia sarà in grado di mettere a disposizione degli appassionati di ciclismo e triathlon una panoramica completa della propria offerta.

Quello appena concluso con il “go live” del nuovo sito è un percorso iniziato alcuni mesi fa. Un progetto di remake e di rinnovamento dell’immagine sul canale digital a totale supporto della strategia aziendale di Selle Italia, una strategia appunto che vede nel potenziamento delle attività online il focus su cui puntare per i prossimi anni

Questo è il design del nuovo sito, molto più fruibile ed accattivante
Questo è il design del nuovo sito, molto più fruibile ed accattivante

Accessibile e completo

La nuova piattaforma web è caratterizzata da una veste grafica molto elegante che punta sia sulla completezza delle informazioni a disposizione quanto sulla facilità nella ricerca. Per realizzare questo nuovo sito si è lavorato molto sulla sua “usability“, ovvero sull’accessibilità e sulla facilità di utilizzo a beneficio dell’utente finale, adottando soluzioni tecniche di ultimissima generazione. L’interfaccia è poi stata progettata in modo tale da poter essere intuitiva ed immediata, presentando un menu di facile consultazione. 

Nell’ottica di offrire al cliente un servizio davvero a 360 gradi, il nuovo sito Selle Italia presenta una sezione dedicata allo “store locator” attraverso la quale è adesso possibile visualizzare la mappa dei negozi presenti in tutto il mondo, cercare un singolo store oppure vedere, inserendo la città di interesse, l’elenco dei punti vendita nei quali trovare i prodotti di maggiore interesse.

Il quartier generale Selle Italia di Asolo
Il quartier generale Selle Italia di Asolo

Parlando invece dell’e-commerce, il nuovo spazio commerciale digitale Selle Italia presente sul sito fa della ricchezza dei contenuti e del supporto agli utenti i propri punti di forza. I prodotti sono suddivisi a seconda della categoria di utilizzo (corsa, fuori strada, gravel, triathlon, urban e commuting) e ciascuna scheda di ogni singola referenza presenta una descrizione tecnica molto accurata oltre ad una carrellata di immagini della sella scattate da qualsiasi angolazione.

Selle Italia

Nella polvere con Zoccarato. La differenza fra strada e gravel

22.09.2022
6 min
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Cavarsela da soli. E’ forse questo l’aspetto che più affascina di una prova gravel, almeno dal punto di vista agonistico. Nel gravel da avventura subentrano aspetti come quello della guida sul tecnico o del pedalare in natura. Ma vedere un Samuele Zoccarato che da solo scatta, si alimenta, supera i crampi e deve gestire gli imprevisti è stata una bella emozione.

Il corridore della Bardiani Csf Faizanè ha vinto il primo tricolore gravel della storia. Con lui facciamo un paragone con la strada.

Zoccarato (classe 1998) taglia il traguardo tricolore di Argenta. Nel finale per lui anche i crampi (foto @atphotography)
Zoccarato (classe 1998) taglia il traguardo tricolore di Argenta. Nel finale per lui anche i crampi (foto @atphotography)
Samuele, in passato hai fatto anche un po’ di cross, quanto ti ha aiutato?

Mi ha aiutato a leggere il terreno. Per esempio come affrontare una curva sulla ghiaia. Nel cross si cerca l’erba, perché la gomma tiene di più, quindi o la fai tutta all’interno o tutta fuori, dove di ghiaia ce n’è di meno. Oppure continuare a pedalare in curva: così il posteriore ha più tenuta. O ancora a bilanciare il peso. Su strada si è più statici, nell’offroad ci si sposta avanti o indietro. Nelle curve ti muovi al contrario. Su asfalto ti butti e cerchi di tenere la bici dritta. Fuori strada cerchi di piegare la bici per far aderire la parte laterale della gomma dove i tasselli sono più marcati e penetrano meglio nel terreno. 

Alimentazione: come ti sei gestito?

Ho preso 300 grammi di carbo, 100 l’ora. Li ho presi con 2 borracce di maltodestrine e un po’ di fruttosio, tre barrette e 6-7 gel.

Nelle uscite di curva le distanze si allungano molto più che su strada (foto @mario.pierguidi)…
Nelle uscite di curva le distanze si allungano molto più che su strada (foto @mario.pierguidi)…
Se dovessi paragonare la gara gravel di Argenta (120 chilometri “piatti”) con una gara su strada, a che tipo di corsa la paragoneresti?

Ad una corsa nervosa, con strade strette e brevi strappi. Una gara in cui è importante stare davanti, perché sulle stradine all’uscita della curva il gruppo si allunga e prendi la frustata. In una corsa piatta su strada come quella di Argenta puoi anche stare tutta la corsa a ruota e risparmiare energie.

Perché? 

Perché in entrata e in uscita di curva c’è sempre quello meno bravo che rallenta un po’ di più. E poi la distanza nello stare a ruota è maggiore. Su strada pochi centimetri, nel gravel un metro. Prima di andare in fuga avevo visto che all’uscita di ogni curva dopo la frustata si staccava qualcuno. Tra il ventesimo e il primo c’erano già 100 metri.

Quanto conta il gioco di squadra?

Conta meno che su strada. L’idea del capitano in coda a sette uomini non è fattibile. Quando ne hai uno o due che ti proteggono nei momenti che contano sei apposto.

Qui una situazione simile alla foto precedente, ma su asfalto. Gli spazi sono molto più stretti
Qui una situazione simile alla foto precedente, ma su asfalto. Gli spazi sono molto più stretti
Come è stato restare da solo per tanti chilometri?

Non difficilissimo. Sono abituato a questi sforzi. Spesso in allenamento faccio lavori specifici di 40′, un’ora, da solo a ritmi ben al di sopra del medio. E poi con il tempo ho imparato anche a dissociarmi mentalmente: guardare il paesaggio o i tuoi piedi che girano… Se inizi a pensare che sei solo, che vorresti un cambio, si fa dura.

Non avevi il potenziometro, ma che tipo di sforzo è stato? Hai parlato di tre ore a tutta…

Avevo la fascia cardio. Nei primi 50 chilometri c’era il vento a favore per andare via avrei dovuto fare i 55 all’ora. Quando il vento è diventato contro sono scappato a 40 all’ora. Appena scattato sono andato a tutta, oltre la soglia, almeno fino a che non ho avuto un margine di sicurezza. Poi mi sono gestito, comunque ero sempre sulla soglia. Anche per questo alla fine ho avuto i crampi. Magari con il potenziometro non li avrei avuti.

Però magari con il potenziometro avresti mollato. Non è che certe volte questo strumento si trasforma in un limitatore?

Con il potenziometro sai che valori puoi tenere. Se vai oltre non riesci ad arrivare in fondo. E’ “matematica”. Semmai questo discorso può valere su qualche strappo o una breve salita, in cui provi a tenere un po’ di più. Credo che controllare i watt sia importante.

Passiamo ai rapporti… 

Avevo il 50-34 anteriore e l’11-28 posteriore: erano perfetti. Viste le velocità ci poteva stare bene anche un monocorona da 46, ma poi non sarebbe stato lo stesso con la scala posteriore: troppa differenza tra un dente e l’altro.

Ma il 34 lo hai usato?

No.

E allora perché non montare un monocorona da 50 denti?

Essendo piatta si poteva fare. Pensavo anche a qualche salita. Un 50×28 è comunque duro e con un monocorona devi usare una scala 11-40/42: i salti tra sono ampi, anche di 5 denti.

Il 50×11 del gravel corrisponde al 53×11 della strada?

Non servono i rapportoni. Con un 46×11 a 90 rpm vai comunque a 45 all’ora. Ma è vero che su un rettilineo in asfalto andavo a 48. Quindi ad Argenta come ripeto il 50 era ideale. La differenza di velocità credo sia 5 chilometri orari.

Ti è piaciuto il fatto di pedalare in autonomia?

Sì molto, specie per il tipo di corridore che sono. A me piace prendere aria. Magari un velocista si sarebbe spaventato. Io invece non ho avuto paura di prendere vento in faccia. Ho spinto e fino a che non ho avuto i crampi ho guadagnato. Poi mi sono dovuto gestire.

Quindi nessuna sensazione di essere “solo nell’oceano”…

No, però devo ammettere che c’era un guasto meccanico, che mi preoccupava: la rottura della catena. Per il resto avevo tutto l’occorrente per intervenire sulla bici. Semmai sono stato ingenuo a non prendere la borraccia dopo il primo rifornimento e mi sono trovato senza acqua. E comunque in situazioni di bagarre, succede anche su strada nonostante l’ammiraglia al seguito. Un errore così nel gravel si avverte di più.

L’approccio mentale com’è stato? Si dice che i chilometri nel fuori strada passino più lentamente…

Per me invece passano più velocemente, perché sei sempre impegnato nella guida. Su strada a volte non sai come far passare il tempo.

Zoccarato preferisce il manubrio da strada per questioni di feeling di guida e di aerodinamica
Zoccarato preferisce il manubrio da strada per questioni di feeling di guida e di aerodinamica
Chi è il “gravelista” ideale per Zoccarato?

Chi sa guidare bene la bici. Rispetto ad un crossista deve avere picchi di potenza più alti nel lungo periodo. Non deve aver paura di stare al vento e fare fatica. Un corridore che per performare non deve limare.

Riguardo alla bici, cambieresti qualcosa?

No, okay così. Arretramento e altezza sella erano identici a quella da strada. L’unica differenza era il manubrio un po’ più alto. Anche la distanza sella-manubrio era uguale. Rispetto al cx non si deve accorciare molto: la componente aero conta. Nel cross è prioritaria la maneggevolezza di guida.

Altri dettagli? Magari il doppio nastro. Oppure la piega specifica per il gravel?

Il doppio nastro non mi piace. Per le vibrazioni già bastano le geometrie delle bici e le gomme più larghe. Preferisco il manubrio da strada, voglio la piega stretta.

Arzuffi-Braidot: metti una stradista e un biker a tavola insieme

16.09.2022
6 min
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Esiste la dieta unica per il ciclista? No, specialmente se si parla di discipline differenti come la strada e il cross o mtb. Per scoprire i piccoli dettagli che valgono la vittoria, abbiamo intervistato una coppia polivalente: Alice Arzuffi, campionessa italiana donna elite di ciclocross 2020, che gareggia anche su strada, e Luca Braidot (i due sono insieme in apertura, foto Instagram), che nel cross country quest’anno ha conquistato due prove di Coppa del mondo, il bronzo mondiale concludendo la stagione al primo posto nella classifica UCI.

Su strada, Arzuffi punta alle tappe di salita: qui al Giro d’Italia
Su strada, Arzuffi punta alle tappe di salita: qui al Giro d’Italia

Il peso e la dieta

Per cominciare abbiamo chiesto di valutare da 1 a 10 l’importanza del peso nella performance delle due discipline: strada, con le gare a tappe che costringono i ciclisti a rimanere in sella per molte ore, e cross, assimilando il ciclocross di Alice al cross country di Luca, con sforzi intensi e di durata tra l’ora e l’ora e mezza.

«Su strada 10. Si sa che è determinante – inizia Alice – soprattutto per chi come me, punta alle tappe di salita. Nel cross posso permettermi anche uno o due chili in più».

«Nella mtb cross country – svela Luca – ci sono tante più variabili in gara. Il peso conta, ma è più importante la testa. Io sono sempre stato magro, ma ora con l’aiuto della nutrizionista, mangio gli alimenti giusti e sono sicuro al 100% che ho energia a sufficienza fino a fine gara, a differenza degli anni passati».

Braidot ha vinto due prove di Coppa del mondo e il bronzo ai mondiali di Les Gets (foto Michele Mondini)
Braidot ha vinto due prove di Coppa del mondo e il bronzo ai mondiali di Les Gets (foto Michele Mondini)

Prima di strada e cross

Se si vuole curare il dettaglio a tavola, bisogna considerare di adattare la dieta al soggetto, a ciò che ha in programma, e non è sufficiente fare sempre lo stesso carico di carboidrati.

«Prima delle gare su strada, specialmente quelle a tappe – dice Alice – sono molto rigorosa. Gli ultimi giorni prima dell’appuntamento prediligo i carboidrati di riso e pasta riducendo le verdure. Il giorno della gara poi mangio 3h45’ prima e rispetto al cross mangio di più. Se la gara è in tarda mattinata, faccio una colazione abbondante con dolce e salato. Invece se è più tardi nel pomeriggio, mi prendo una piccola porzione di riso con albicocche disidratate. Per le gare di cross sto più leggera e a differenza della strada non mangio assolutamente più nulla nelle tre ore prima, ad eccezione di un gel in partenza».

Il riso, uno dei pasti a base di carboidrati più usato dagli atleti: anche da Arzuffi
Il riso, uno dei pasti a base di carboidrati più usato dagli atleti: anche da Arzuffi

Prima della Mtb

In mtb Luca fa un’ulteriore distinzione tra la gara della domenica su distanza olimpica, quindi di 80 a 100 minuti circa e la short track, una gara sprint di 20-25 minuti che gli stessi atleti affrontano al venerdì sera e che, come una sorta di qualifica, determina l’ordine di partenza della domenica.

«Da venerdì sera aumento i carboidrati – spiega – eliminando però la verdura. Scelgo poi proteine più leggere come il pollo, l’albume o il pesce bianco. Nel pasto pre gara cerco di cuocere pasta o riso mantenendo più amido possibile, tipo risottando la pasta, e senza aggiungere sale. Completo con una piccolissima porzione di proteine, sempre delle più facili da digerire. Un’ultima differenza è che nella gara della domenica mangio anche una barretta 2 ore prima e un gel alla partenza, nelle short track solamente il gel, non meno di 15 minuti prima».

Dal venerdì sera prima della gara, Braidot punta su proteine leggere come il pollo
Dal venerdì sera prima della gara, Braidot punta su proteine leggere come il pollo

Crisi di fame o crisi di sete

Se su strada la difficoltà è di introdurre sufficienti quantità di nutrienti per preservare la gamba anche nei giorni successivi, nel cross il problema riguarda più l’idratazione, soprattutto per il XC in cui le gare si svolgono sotto il sole estivo.

«Su strada cerco di raggiungere i 60-80 grammi di carboidrati all’ora, usando gel, barrette e bevendo almeno una borraccia di malto e fruttosio», rivela Alice.

«Io invece – continua Luca – prendo un gel ogni 15 minuti circa, quando passo dai box. E’ quello generalmente l’unico punto in cui i percorsi, altrimenti tecnici ed impegnativi, concedono un attimo per rifornirsi».

Lo scorso anno Braidot si è sperimentato in gravel nella Serenissima
Lo scorso anno Braidot si è sperimentato in gravel nella Serenissima

La dieta per il recupero

La compostezza degli stradisti si nota soprattutto nel recupero, quando con un calendario fitto di gare, spesso a tappe, non si può lasciare nulla al caso.

«Su strada appena tagliato il traguardo – spiega Alice – il massaggiatore è li che ci aspetta con il “recupero”, una borraccia con le soluzioni di carboidrati e proteine che diversi brand offrono. Dopo essermi cambiata mangio del riso freddo con delle proteine, un panino o a volte dello yogurt con i cereali come merenda, per poi cenare in hotel. Nel cross invece tendo a prendere solamente degli amminoacidi e a mangiare qualcosa di completo e sano a cena». 

In mtb sembra tutto più semplice, perché non avendo gare a tappe o particolarmente ravvicinate c’è tempo per recuperare, ma Luca confessa che anche nel XC non c’è niente da sottovalutare.

«Come Alice nel ciclocross – spiega Luca – dopo gara prendo amminoacidi e faccio un pasto completo. Devo però stare più attento al recupero dopo la short track, che essendo una gara serale, condiziona la qualità del mio sonno, nonostante non sia un amante dei gel alla caffeina. Con la dottoressa Martinelli, sto ancora lavorando per trovare la combinazione di alimenti migliore per me dopo la short track».

Alice Maria Arzuffi si divide fra cross e strada
Alice Maria Arzuffi si divide fra cross e strada

Due approcci diversi

Riassumendo, possiamo dire che tendenzialmente per uno sforzo di endurance bisogna preparare il fisico con più anticipo, con un buon carico di carboidrati, una giusta quantità di proteine e una corretta idratazione.

In una gara più corta ed intensa, è invece più importante essere reattivi fin da subito, senza appesantimenti da pasti troppo abbondanti o ricchi di verdure e proteine difficili da digerire. Per quanto riguarda i gel alla caffeina? Non sono essenziali. Luca e Alice preferiscono assumerli solo se ci sono meno di 25 gradi, e sempre con parsimonia per evitare tachicardie e crampi.

Nutella, thè, gel e tanta testa: la ricetta di Viviani per Monaco

16.08.2022
6 min
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«Oggi in bici ho avuto un giorno di down – dice Viviani – abbiamo fatto 50 minuti in pista per provare i rapporti della madison, ma non ne avrei avuto per fare di più».

E’ il pomeriggio dopo l’eccezionale accoppiata fra la prova su strada e l’oro europeo nell’eliminazione. Viviani parla con tono sereno e ancora rimugina sul settimo posto nella volata di Monaco. Il prossimo impegno è l’americana di oggi con Scartezzini, ma la curiosità sulla domenica di Elia è ancora tanta. Soprattutto in relazione a come abbia fatto per recuperare dopo le 4 ore e mezza su strada, prima di scendere finalmente in pista.

Viviani è stato schierato su strada per sostituire Nizzolo, dolorante per una caduta
Viviani è stato schierato su strada per sostituire Nizzolo, dolorante per una caduta

Pane, Nutella e thè

«Il giorno prima della corsa su strada – racconta Viviani – ho chiesto a Diego Bragato (responsabile azzurro della performance, ndr) se fosse fisiologicamente possibile sostenere il doppio impegno. Quando mi ha detto di sì, è scattato il piano. Perciò finita la corsa, abbiamo fatto il debriefing sul pullman e in quelle fasi, invece di mangiare come si fa dopo una corsa, ho bevuto acqua e zuccheri. Poi sono salito in macchina con Amadio e sono andato nell’hotel vicino alla pista. Siamo partiti alle 16 e arrivati alle 16,30. Massaggio alle 17, per cui in quella mezz’ora, ho mangiato quel che ho trovato. Un toast. Una fetta di pane e Nutella e due biscotti. E ho bevuto del thè».

Dopo l’allenamento alla vigilia, Viviani ha chiesto a Bragato se fosse possibile il doppio impegno strada-pista (foto FCI)
Dopo l’allenamento alla vigilia, Viviani ha chiesto a Bragato se fosse possibile il doppio impegno strada-pista (foto FCI)

Da Montichiari a Monaco

Bragato si aggancia al discorso e spiega perché abbia risposto di sì alla domanda di Elia sulla fattibilità del doppio impegno. Dimostrando che spesso al dato oggettivo si debba sommare la personalità dell’atleta.

«La settimana scorsa – dice – avendo saputo che Elia non avrebbe corso su strada, a Montichiari abbiamo lavorato per l’eliminazione. Abbiamo ricreato le situazioni di gara, lui in bici e io in moto. Soprattutto abbiamo simulato le dinamiche di corsa. L’eliminazione non è il computo dei watt medi, ma il modo in cui si ottengono. E’ molto particolare da allenare, per questo si studiano i dati. E devo dire che Elia stava molto bene. Tanto che quando mi ha chiamato Bennati, per chiedermi se fosse in condizione per correre su strada, io gli ho risposto che era pronto.

«Da quel momento, Viviani si è concentrato sulla strada, mettendo l’eliminazione nel cassetto. Solo il giorno prima, come ha detto, ha cominciato a pensare all’accoppiata. Gli ho detto che se la corsa su strada non fosse stata particolarmente dura, piena di scatti e di attacchi, allora avrebbe avuto il tempo per recuperare. Una situazione che in qualche modo mi ha ricordato quello che si fa nei turni fra un quartetto e l’altro. Fisiologicamente l’eliminazione non era da fare. Ma quando uno così si mette in testa di volerlo fare, tutto diventa possibile. Il campione è fatto così!».

La corsa di Monaco ha avuto un andamento regolare e questo ha reso possibile il recupero di Viviani
La corsa di Monaco ha avuto un andamento regolare e questo ha reso possibile il recupero di Viviani

Le cosce doloranti

Elia prosegue nel racconto, facendo sembrare appunto assolutamente normale quel che al pubblico e agli addetti ai lavori è parso davvero sorprendente.

«Aver fatto quella settimana in pista – racconta – è stato decisivo, ma sono certo che se non fosse stata l’eliminazione, ma ad esempio la madison, probabilmente non avrei corso. L’eliminazione è una gara breve, era forse l’ultima occasione di mettere la maglia iridata e sarebbe stata la prima maglia di campione europeo per l’Italia in questa edizione.

«Per cui, dopo aver mangiato, sono andato ai massaggi. Sentivo di avere in particolare le cosce affaticate, per cui ho chiesto che con il massaggio si lavorasse di più lì, confidando nel fatto che poi avrei avuto i rulli per sciogliere. E intanto ho riguardato per dieci volte la volata, massacrandomi per capire che cosa avremmo potuto fare di diverso. Alle 18,30-18,40 sono arrivato in pista».

Bragato gli ha confermato che il doppio impegno fosse fisiolgicamente possibile e Viviani ha deciso di provare
Bragato gli ha confermato che il doppio impegno fosse fisiolgicamente possibile e Viviani ha deciso di provare

L’incubo dei primi giri

Bragato lo ha lasciato in hotel mentre iniziava a reintegrare, con la raccomandazione di darci dentro con i carboidrati. Non era il pasto di uno che deve recuperare, ma la base di uno che doveva correre ancora.

«E’ arrivato in pista un’oretta prima di correre – spiega il tecnico veneto – anche per vedere la pista, che non aveva mai provato. Si è vestito, è salito sui rulli e a quel punto ha iniziato a fare mente locale sulla gara, perché fino a quel momento aveva continuato a parlare della corsa su strada. Di sicuro era stanco, le gambe erano provate. Gli ho detto che avrebbe dovuto tenere duro nei primi 10-15 giri. Ed ero convinto che se fosse riuscito a… scollinarli, avrebbe potuto vincere. I primi giri, anche quelli a vuoto, sono così veloci che possono diventare una trappola. Se Elia aveva la gamba, con quella motivazione non c’era nulla che in pista potesse fermarlo.

«Ma confermo che aver girato in pista la settimana prima lo abbia aiutato per abituarsi al colpo di pedale e al rapporto della pista. A parti invertite, cioè uno stradista messo in pista senza preparazione specifica, non avrebbe tirato insieme nulla. I lavori specifici hanno pagato. E anche se nei primi giri non ci ha capito molto, aver fatto il punto con Villa sugli avversari è stato utile. Senza contare che nell’eliminazione erano gli altri a doversi preoccupare di lui».

I primi giri velocissimi potevano essere il punto debole per Viviani, che invece ha stretto i denti
I primi giri velocissimi potevano essere il punto debole per Viviani, che invece ha stretto i denti

Le scale di corsa

Viviani completa il racconto. E’ ormai nel velodromo e ha indossato il body. Le gambe fanno ancora un po’ male e sono il grosso punto interrogativo.

«Prima di salire sui rulli – racconta – dovevo andare al bagno e c’erano le scale. Le ho fatte di corsa per capire le mie sensazioni. Poi sono salito sui rulli e ho fatto 30 minuti di riattivazione e lavoro sulla cadenza. Non ho mangiato niente di più. Trattandosi di uno sforzo di 10 minuti, ho preferito arrivarci leggermente vuoto. Così ho preso un gel prima di iniziare a girare sui rulli e uno 15 minuti prima di correre.

«Nei primi giri, più che la fatica, mi sono sentito confuso dallo stare in pista. Ho rischiato a girare in basso, ma ho risparmiato tante energie. Ho corso con il 60×16 e sicuramente sono riuscito ad adattarmi grazie ai lavori fatti prima a Montichiari. E alla fine è andata bene. Avrei preferito vincere su strada, ma siamo contenti lo stesso. Pronti per la madison e poi per Amburgo».

L’adattamento al 60×16 della bici da pista è stato possibile grazie ai lavori specifici della scorsa settimana
L’adattamento al 60×16 della bici da pista è stato possibile grazie ai lavori specifici della scorsa settimana

Un settembre caldissimo

La classica tedesca è saltata nelle ultime due edizioni a causa della pandemia e Viviani ne è stato il vincitore nelle tre stagioni precedenti.

«Mi piacerebbe che fosse la corsa del ritorno a un certo livello – sorride – poi andrò a Plouay, anche se è un po’ dura. E poi c’è da capire se andrò al Tour of Britain. Quello per noi della Ineos Grenadiers è come il Tour de France, il posto bisogna guadagnarselo. Per cui il programma di settembre sarà da vedere. Andrò là oppure farò le classiche italiane e magari anche il mondiale. E soprattutto farò ancora tanta pista. A ottobre ci sono i mondiali, un altro momento molto caldo della mia stagione…».