La Pauwels lo molla, Ryan Kamp riparte da solo

06.01.2024
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Il giorno prima della Coppa del mondo di Vermiglio, in quel bianco che sapeva di Natale e buoni sentimenti, Ryan Kamp ha saputo dalla sua squadra che non gli avrebbero rinnovato il contratto. Non è una bella notizia da ricevere quando la stagione del cross è già cominciata e le squadre sono tutte in Spagna per il primo ritiro.

«I dirigenti della Pauwels Sauzen-Bingoal – spiega – mi hanno detto che per il 2024 avrebbero investito sugli under 23 e quindi io a 23 anni ero troppo vecchio per loro. Era tardi, ma lo stesso i miei manager si sono messi a chiamare in giro chiedendo alle varie squadre nelle quali secondo loro sarei stato bene. Le risposte però erano tutte uguali. Non avevano spazio o non avevano budget per ingaggiarmi oppure avevano problemi con qualche sponsor».

I fratelli Roodhoft

Ryan Kamp, che nella sua carriera ha vinto un mondiale U23 di ciclocross e uno nel team relay, oltre a due titoli europei di categoria, si è ritrovato a piedi. Così si è rivolto ai fratelli Roodhoft, titolari della Alpecin-Deceuninck, che non sono riusciti a trovargli un posto in squadra, ma hanno lavorato fino a mettere insieme l’equipaggiamento necessario.

«Abbiamo trovato del buon materiale – racconta Kamp – con la bicicletta Colnago e il gruppo Campagnolo. Non li ho mai usati, ma so che sono materiali molto buoni. Ho ricevuto tutto negli ultimi giorni di dicembre. Non ho ancora firmato un contratto per l’abbigliamento, ma quello che conta è che potrò andare avanti con la stagione del cross. All’estate ci penseremo più avanti, per ora non posso guardare troppo lontano».

La Coppa del mondo

L’obiettivo è portare avanti una buona classifica in Coppa del mondo. Al momento Kamp viaggia in settima posizione, con appena un punto meno di Sweek che lo precede. In testa alla classifica c’è il suo vecchio compagno Iserbyt, ormai inarrivabile.

«Stiamo lottando per la sesta posizione – spiega Kamp – e poi, se sarò fortunato, cercherò di arrivare alla quinta. Questo è il mio primo obiettivo di stagione, ma il vero traguardo per le prossime settimane saranno i campionati nazionali e semmai più avanti i campionati del mondo. Ho avuto poco tempo per sistemare i materiali, in un momento della stagione in cui è tutto molto convulso. Avevo una vecchia bici con le mie misure, ho fatto un bike fit e abbiamo cercato di replicarle. Il passaggio da Shimano a Campagnolo significa anche tenere diversamente il manubrio, ma sto finalmente trovando il feeling. Questo è davvero il momento centrale della stagione e non vedo l’ora di cominciare».

Opzione strada

Il cross in Olanda è una religione quasi come in Belgio e il suo telefono in breve si è riempito di messaggi increduli di tifosi e amici. Come si fa a lasciare a piedi un simile talento della specialità più amata? Una spiegazione fatica a darsela anche Ryan, che ha gli occhi sul cross, ma sa anche che una possibilità potrebbe arrivargli dal mondo della strada. Come per Thibau Nys, che ha due anni meno di lui e si divide fra i due mondi.

«Per i prossimi due anni – dice Kamp – sono abbastanza sicuro che punterò forte sull’inverno e sul ciclocross, ma sento anche che ogni estate sto facendo dei passi avanti. Nel 2023 ho partecipato ad alcune gare da professionista e sono arrivato spesso molto vicino al podio. Anche ai campionati nazionali vinti da Van Baarle sono arrivato pochi secondi fuori dai primi dieci, pur non avendo una grande preparazione. Quindi sono davvero curioso di sapere cosa potrei fare quando mi preparerò sul serio».

Il concetto di manubrio fa passi da gigante anche nel cross

12.12.2023
5 min
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Il manubrio è uno dei punti di contatto che influisce in modo esponenziale sulla bicicletta. Per molti atleti la leggerezza non è fondamentale, per altri è importante anche nel ciclocross. La maggior parte dei corridori cerca il giusto compromesso tra rigidità ed ergonomia.

Abbiamo messo insieme quattro considerazioni di altrettanti atleti, molto differenti nello stile di guida e nel modo di aggredire i tracciati di ciclocross. Manon Bakker (vittoriosa tra le donne a Vermiglio) e Laurens Sweeck, Ryan Kamp e Michael Vanthourenhout. Tutti (e non sono i soli) utilizzano la piega Deda Superzero e nessuno di loro ama particolarmente l’integrato in ambito cx. Cambiano le scelte per quello che concerne l’attacco manubrio: c’è chi lo preferisce più “morbido” e chi invece lo cerca rigido.

Bakker, leggerezza al top

«Ritengo che anche in ambito ciclocross – spiega l’atleta olandese – la leggerezza sia importante. Lo è perché dove si possono risparmiare dei grammi, senza compromettere la sicurezza del componente, è importante farlo e per me una bici leggera è più funzionale. La leggerezza è importante perché influisce anche sulla rigidità complessiva e un manubrio troppo rigido nel ciclocross può essere controproducente.

«Questo è uno dei motivi – prosegue Bakker – che orientano la mia scelta su un binomio non integrato. Inoltre, non utilizzando le leve troppo inclinate verso l’alto, per me è fondamentale avere una piega che mi permetta di appoggiare i polsi sulla piega, visto che per la maggior parte del tempo il palmo delle mani è sui comandi».

Sweeck, compromesso semi-aero

«Al di là delle scelte soggettive e delle sponsorizzazioni – spiega il ciclocrossista belga – il fatto di avere a disposizione una piega con la parte superiore più larga, una sorta di concezione aero, offre dei vantaggi sfruttabili per l’appoggio del palmo delle mani. Un manubrio del genere ti aiuta nel controllo della bici quando è fondamentale tirare con la parte superiore del manubrio.

«Rispetto ai manubri completamente rotondi il feeling è migliore e così anche la sensazione di rigidità. Diventa importante anche la scelta dell’attacco manubrio, a mio parere più rigido è, meglio è».

Kamp, come su strada

«Dal manubrio passa tutto – spiega Ryan Kamp – il giusto manubrio ti permette di guidare bene la bicicletta, di avere un buon feeling e di essere comodo. Ti supporta e ti sostiene, ma nel ciclocross non deve essere estremamente rigido. Preferisco la piega e l’attacco manubrio separati che lasciano sempre un margine di elasticità, rispetto ad un integrato che nel cx può diventare eccessivo, anche se entrano in gioco gli sponsor tecnici e le scelte personali.

«Nel corso della stagione di gare – ci racconta il ventitreenne olandese – uso la bici da ciclocross anche per allenarmi su strada e mi piace avere sempre il medesimo setting».

Vanthourenhout, Superzero e Zero100

«La scelta della tipologia di piega – spiega infine il campione europeo Vanthourenhout – è condizionata dal fatto che a me piace utilizzare i manettini con una inclinazione rialzata. Ho iniziato ad usare il Superzero Carbon e forse non tornerei ad un manubrio rotondo di tipo standard. Se è vero che noi crossisti passiamo buona parte del tempo con le mani alte sui comandi, è altrettanto vero che quando le spostiamo sulla parte centrale dobbiamo avere un manubrio rigido, ma che ci permette di non modificare eccessivamente le caratteristiche della bici sull’avantreno.

«Rigido sì – conclude – ma non troppo. Un’altra caratteristica importante è la larghezza: troppo stretto non è funzionale quando la guida diventa molto tecnica e tutto il corpo si muove in parallelo alla bicicletta».

Kamp 2020

Correre con la bici in spalla può fare la differenza?

09.11.2021
4 min
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Torniamo al Col du Vam e agli europei di ciclocross. Nella gara maschile under 23, quella disputata “tutti in gruppo”, è emerso un particolare tecnico interessante: nei tratti più fangosi (soprattutto sul doppio rettilineo comprendente i box, risultato spesso decisivo) Ryan Kamp preferiva caricarsi in spalla la bici, mentre i belgi avevano maggiormente la tendenza a spingerla. Il risultato era che in ogni frangente simile, l’olandese guadagnava metri che poi i suoi avversari erano costretti a recuperare. E’ vero che i tratti da fare a piedi non erano così tanti, ma alla fine anche questo può avere avuto il suo peso nell’evoluzione della corsa.

Messi da parte gli ordini d’arrivo e la fredda cronaca, abbiamo pensato di tornare sull’argomento con uno che mastica ciclocross da ormai 35 anni, Luca Bramati che aveva in nazionale tutte e quattro le sue ragazze con due top 10 conquistate: «Il bello è che io non ho mai imparato bene a correre bici in spalla, diciamo che mi arrangiavo. Chi invece era un vero fenomeno era Vito Di Tano: si caricava la bici e andava veloce come se non ce l’avesse, guadagnava tantissimo…».

Vdp Van Aert 2021
Van Der Poel e Van Aert spesso fanno la differenza spingendo sui pedali anche in condizioni impossibili
Vdp Van Aert 2021
Van Der Poel e Van Aert spesso fanno la differenza spingendo sui pedali anche in condizioni impossibili
Quindi è qualcosa che si può imparare…

Diciamo che fa parte molto dell’attitudine personale, non si insegna. Iniziamo col dire che correre con la bici in spalla e spingendola sono due cose profondamente diverse. Quando ti carichi la bici, significa che hai almeno 7-8 chilogrammi addosso, ma soprattutto su un lato, quindi ti costringe a correre squilibrato e sei impossibilitato a muovere il braccio destro (nella stragrande maggioranza si carica a destra, lo fanno anche molti mancini), quindi hai molta meno spinta. Spingendo la bici non hai questo sforzo supplementare, ma è chiaro che in alcuni percorsi come appunto quello olandese con fango così duro e colloso, la bici non scorre come vorresti e ti frena.

E’ vero quindi che il Kamp della situazione era avvantaggiato?

Sì, ma quella è una sua precisa caratteristica. La maggior parte preferisce spingere la bici per non accumulare fatica anzitempo. La bici con il fango si sporca sempre, anche quello contribuisce a frenarla. Gli europei stessi hanno dimostrato che in certe gare molto si gioca anche a livello strategico, nello scegliere il momento migliore per procedere al cambio bici.

Come mai belgi e olandesi sono più avvezzi a correre con la bici in spalla?

Dipende molto dai percorsi che affrontano. I loro tracciati sono sempre con fango o sabbia, che costringono a mettere piede a terra. A volte accade anche da noi. A Silvelle, ad esempio, è sicuramente consigliabile caricarsi la bici, perché con tanto fango proprio non riesci a spingere, a meno che si formi quella classica canalina dentro la quale si prova a far scorrere le ruote finché si può.

Alvarado 2019
Ceylin Del Carmen Alvarado, in un’immagine della scorsa stagione: anche al Col du Vam ha preferito spingere la bici
Alvarado 2019
Ceylin Del Carmen Alvarado, in un’immagine della scorsa stagione: anche al Col du Vam ha preferito spingere la bici
Queste canaline vengono preparate preventivamente dagli organizzatori?

No, sta ai corridori, anche in sede di allenamento per visionare il tracciato, cercare di “costruire” quel passaggio che poi sarà utile in corsa. Un altro esempio che mi viene in mente è Koksijde, uno dei tracciati dove vuoi o non vuoi sei costretto a correre a piedi più che in altre gare.

C’è differenza in questo senso fra le gare maschili e femminili?

Abbastanza. In campo maschile esempi come quello di Kamp ce ne sono molti, anche nel gruppo di testa c’era chi ha provato a correre con la “zavorra”, ma l’olandese era evidentemente più forte e anche più ben impostato fisicamente. Fra le ragazze si tende di più a spingere, anche se quasi tutte sanno correre anche caricandosi la bici in spalla: una delle più forti e rapide è proprio la Brand, che sprigiona potenza.

Brand Europei 2021
La Brand in azione: il suo perfetto assetto di corsa le ha permesso di fare la differenza anche a piedi
Brand Europei 2021
La Brand in azione: il suo perfetto assetto di corsa le ha permesso di fare la differenza anche a piedi
E per quanto riguarda i “tre tenori”?

Loro la differenza la fanno soprattutto in bici, anche se hanno un ottimo rendimento anche a piedi e si allenano specificamente per questo. Sempre a Koksijde, Van Der Poel e Van Aert hanno la capacità di riuscire a spingere sui pedali fin sotto al muro e questo serve per guadagnare secondi preziosi. Ma c’è un altro aspetto importante da considerare…

Quale?

Il clima. In questi giorni nei quali si parla tanto di cambiamento climatico, è vero che una volta il tempo era spesso più favorevole rispetto ad oggi, soprattutto in dati periodi dell’anno. Ma oltre che in senso temporale, la differenza si vive geograficamente: in Olanda e Belgio gareggiare con la pioggia e il fango è quasi la prassi e questo comporta che i pezzi da fare a piedi siano anche abbastanza lunghetti, da noi questo accade molto meno…

Brand Vam 2021

Backstedt e Brand, titolo vinto grazie ai particolari

06.11.2021
6 min
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Olanda batte Belgio 2-0, questo il verdetto della prima delle due giornate degli europei di ciclocross al Col du Vam, eppure in terra olandese chi ha impressionato di più è stata una ragazzina britannica, quella Zoe Backstedt che avevamo imparato a conoscere a Leuven quando vinse di forza il titolo mondiale junior su strada. Ora, a quella maglia iridata (ma la sua collezione è ampia e comprende anche la pista) ha aggiunto quella continentale.

Non è solo e tanto la vittoria che ha colpito, quanto il modo come l’ha raggiunta, schiantando la concorrenza già nel primo giro. Su quei 13” di vantaggio alla fine della prima tornata la Backstedt ha costruito la sua vittoria continuando a spingere fino a moltiplicarli in 1’06” sull’olandese Bentveld. Probabilmente quella tattica è stata di ispirazione anche per chi è molto più grande e smaliziata, come l’iridata Elite Lucinda Brand (l’arrivo di quest’ultima nella foto di apertura).

Backstedt Vam 2021
Altra grande impresa della Backstedt, che ora vanta titoli su strada, pista e ciclocross
Backstedt Vam 2021
Altra grande impresa della Backstedt, che ora vanta titoli su strada, pista e ciclocross

Una vittoria costruita in settimana

«E pensare che una settimana fa avevo finito la gara di Coppa del mondo a Overijse sulle ginocchia – ha ammesso la Backstedt a fine gara – ero a terra fisicamente e ancor più moralmente, ma col passare dei giorni ho sentito il mio fisico ritrovare le sensazioni giuste e sul percorso olandese è andato tutto al meglio. Qui basta un errore e perdi la gara…».

Venturelli cresce

Dietro, bravissima l’azzurra Federica Venturelli, sesta al suo primo anno nella categoria (e seconda fra le 2005): attenzione a questa ragazza, che da allieva ha vinto in ogni disciplina e sulla quale Alessandro Guerciotti, che l’ha appena portata nel suo team, è pronto a giurare

«Avrebbe potuto andare ancora meglio – racconta a fine gara Luigi Bielli, “aiutante in capo” del cittì Daniele Pontoni e impegnato direttamente sul percorso – ma un piccolo infortunio rimediato a inizio stagione a Jesolo ha un po’ ostacolato il suo percorso di avvicinamento. Qui però ha dimostrato il suo talento: lei è una passista e sui tratti scorrevoli andava più forte di tante altre. Ma anche in salita si è ben difesa».

Venturelli Vam 2021
Federica Venturelli, sesta partendo dalla settima fila, un grande esordio internazionale
Venturelli Vam 2021
Federica Venturelli, sesta partendo dalla settima fila, un grande esordio internazionale

Under 23: decisivo l’ultimo giro

Gara dallo sviluppo tattico ben diverso quella degli under 23. Qui nessuno ha provato a fare la differenza all’inizio tanto che si è formato in testa un gruppo di 11 corridori. Fra loro il nostro Filippo Fontana che nella penultima tornata ha anche provato a smuovere le acque. L’unico che provava a sfiancare i favoriti belgi (in 7 davanti, alla ricerca di un titolo che manca dal 2017) è stato il britannico Mason, ma è stato proprio lui a pagare quando la gara è esplosa nell’ultimo giro, dove i belgi Vandeputte e Nys (campione europeo su strada e questo connubio ciclocross-road ricorre spesso al Col du Vam) sono stati saltati sulla salita finale dalla volata lunga dell’olandese Ryan Kamp, confermatosi così sul trono di categoria. Per i due avversari la beffa è stata accolta con grande disappunto, per Nys un bronzo che sa di amaro.

Fontana, affaticato nel finale, ha chiuso nono a 35”: «Ha pagato i tanti fuori giri tenuti per rimanere attaccato ai primi – riprende Bielli – Non è ancora al massimo della forma e gli è mancato un po’ di fondo dopo la stagione di Mtb. Anche Toneatti si è ben disimpegnato, ha fatto una gara tutta in rimonta, chiudendo 15°».

Quando a decidere è il pit stop…

Dicevamo della Brand. Nella gara femminile le olandesi questa volta sapevano di non potersi giocare il titolo fra di loro, vista la presenza dell’ungherese Blanka Vas reduce dal trionfo di Overijse. La magiara si è subito ritrovata avvolta da una nuvola arancione, ma non è stato questo a determinare l’esito della corsa. Tutto si è deciso all’inizio del secondo giro. La Vas come altre del gruppo di testa ha svoltato ai box per il cambio bici, la Brand invece ha saltato il pit stop rilanciando anzi l’azione. La magiara si è accorta dell’offensiva, ma cercando di riacquistare velocità ha sbagliato traiettoria. Così ha perso quei metri che hanno favorito la fuga dell’iridata, a quel punto diventata imprendibile.

Un dato tecnico-tattico che non è casuale. Nella ricognizione Pontoni aveva sottolineato come il gioco dei box potesse incidere sulla gara. Posizionati all’esterno, costringono gli atleti a percorrere metri in più il che costa naturalmente tempo, per questo la scelta del cambio bici va ben ponderata per non giocarsi la gara, sarà molto importante nelle prove di domenica.

Podio Elite Vam 2021
Il podio della gara femminile con la Brand fra la Vas e la Kastelijn
Podio Elite Vam 2021
Il podio della gara femminile con la Brand fra la Vas e la Kastelijn

Dietro la Brand, arancione sbiadito…

La Vas nel finale è stata più accorta e ha pensato a gestire le avversarie. In verità le olandesi protagoniste in Coppa non hanno vissuto una delle loro giornate migliori (la stessa Brand dopo il ritorno dagli Usa aveva saggiamente tirato i remi in barca), con la magiara erano rimaste solo la Kastelijn e la Alvarado, quelle finora meno in vista, ma quest’ultima si è tirata fuori da sola con un’errore di guida, l’altra nulla ha potuto contro la progressione della Vas, che a 20 anni coglie la prima di quella che si annuncia una lunga serie di medaglie.

Tra Arzuffi e Persico

In chiave italiana è stata bella la sfida fra Arzuffi e Persico per il primo posto nazionale. Alla fine l’ha spuntata la tricolore per 8”, ma entrambe sono finite nella top 10, mentre la Lechner, partita fortissimo, ha chiuso solo tredicesima.

Più che l’altimetria del percorso, a mettere in difficoltà le nostre sono state le canaline scavatesi nel fango denso. Le portavano (ma non solo loro) a sbagliare direzione con improvvisi scarti del manubrio: «Quello della Persico è il maggior rammarico della giornata – dice Pontoni – era partita benissimo ed era a ruota della Vas, ma è caduta danneggiando il cambio. E’ stata anzi bravissima a insistere e, nonostante un altro scivolone , a chiudere nelle dieci. Speriamo che tanta sfortuna venga ripagata domani.

«Nel complesso siamo comunque soddisfatti della prima giornata – conclude il cittì – e un encomio va a tutti i meccanici: tra box e centro di gara ci sono 1.600 metri, il che ci ha costretti a un lavoro enorme. La logistica non è ideale, ma di questi tempi, pur di gareggiare, bisogna fare buon viso».