La lunga battaglia di Valgren, corridore più che mai

21.10.2022
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19 giugno 2022. Ultima tappa de La Route d’Occitanie. Una gara come tante. Una caduta come tante. Troppe. Una caduta di troppo per Michael Valgren. Non un corridore qualsiasi, visto che stiamo parlando di un vincitore di Amstel, del bronzo mondiale 2021, insomma di un grande specialista delle classiche. Si capisce subito che le cose non vanno. E’ come una marionetta a cui abbiano tagliato i fili. Forse i soccorritori non se ne rendono subito conto, nello spostarlo e caricarlo sull’ambulanza potrebbero (e il condizionale è d’obbligo) non essere state usate tutte le accortezze del caso.

Il responso immediato è molto pesante: frattura del bacino, lussazione all’anca e un ginocchio a pezzi con tutti i legamenti rotti e anche il menisco. Un bilancio pesantissimo, Valgren lo accetta con l’atteggiamento di chi è ai piedi di una grande salita alpina, sapendo la grande fatica che lo aspetta ma per nulla disponibile a tirarsi indietro.

L’ultimo piazzamento di Valgren, 2° nella seconda tappa della Route d’Occitanie. Due giorni dopo, il crack…
L’ultimo piazzamento di Valgren, 2° nella seconda tappa della Route d’Occitanie. Due giorni dopo, il crack…

Il rischio di una protesi

Il cammino è lungo, lento, insidioso. Fatto di momenti difficili. Drammatici. Come quando il medico gli si è posto davanti e gli ha parlato in maniera cruda: «Michael, la situazione è difficile. La tua anca è a rischio necrosi (morte delle cellule dell’osso, ndr), il che comporterebbe la sua sostituzione con una protesi. Non posso dirti ora se questo avverrà, una risposta ce la potrà dare solamente il tempo. Ma ne occorrerà tanto…».

Sono passate molte settimane da allora e la vita di Michael Valgren è completamente cambiata. L’ha raccontata lui con toni anche drammatici un paio di mesi fa in un’intervista al canale danese TV2 Sport: «Convivo con questo rischio ma non sono nervoso, so che ho un cammino da compiere, non so dove mi porterà, ma so che devo farlo. So che il 15-20 per cento delle persone che hanno subìto un infortunio quantomeno simile al mio hanno dovuto mettere la protesi, ma a questo non voglio pensare.

«Amo il mio lavoro e sto facendo tutto quel che posso per riprendere. Non voglio finire la mia carriera per colpa di un infortunio. Sto lavorando duramente per quel che posso».

Il trionfo all’Amstel 2018, battendo in uno sprint a 3 Kreuziger e Gasparotto
Il trionfo all’Amstel 2018, battendo in uno sprint a 3 Kreuziger e Gasparotto

Giorni fra Tv e fisioterapia

Altro tempo è trascorso. Al Tour è seguita la Vuelta e poi i Mondiali e poi le corse di fine stagione. Tutte viste dalla televisione, nel suo “eremo” di lavoro come chiama il luogo dov’è ancora ricoverato e dove da quattro mesi ormai sta combattendo la sua battaglia. La sua quotidianità è dettata dalla fisioterapia: corre per tre volte un quarto d’ora e poi tanti esercizi per rinforzare bacino e ginocchio.

«Qualche giorno fa – ha raccontato il danese – sono arrivato a completare il giro completo della pedalata e mi dovete credere: nel mio cuore c’era una gioia enorme, superiore anche a quella di una grande vittoria su strada».

Il podio di Leuven 2021 come ultima gioia, terzo dietro Alaphilippe e Van Baarle
Il podio di Leuven 2021 come ultima gioia, terzo dietro Alaphilippe e Van Baarle

La mancanza della bici

Sono passati mesi da quel terribile responso, ma la risposta non è ancora arrivata. Serviranno altri mesi per sapere che non servirà una protesi e altro tempo ancora per tornare a essere un ciclista. Valgren parla proprio di questo, va avanti per la sua strada considerando quel che serve fare, ma è l’identità in questo momento il suo pensiero motivazionale: «Non essere su una bici, non essere un ciclista? Non voglio neanche pensarci.

«La mia vita però è cambiata tanto, sono passato da 25-30 ore settimanali in sella a settimana al quasi nulla e questo sento che non mi fa bene al sistema cuore-polmoni, per questo ogni conquista, ogni minuto in più passato in movimento è un’iniezione di fiducia. L’allenamento dà energia, io mi sentivo svuotato senza. Gli esercizi di fisioterapia non sono la stessa cosa: sono la mia arma contro il dolore fisico, mi danno la spinta, ma mi manca il sudare, il faticare, il sentire il cuore. Ma sentirlo davvero…».

Valgren è nato il 7 febbraio 1992 a Osterild. Nel WT dal 2014. Da pro’ ha vinto 8 corse
Valgren è nato il 7 febbraio 1992 a Osterild. Nel WT dal 2014. Da pro’ ha vinto 8 corse

«Mi rivedrete…»

Rispetto a qualche settimana fa la situazione sembra migliorata, la sua mobilità è aumentata. La squadra, l’EF Education EasyPost non gli ha mai fatto mancare il suo sostegno. Lo ritiene sempre uno dei suoi effettivi di punta, lo aspetta fiduciosa. Come lo aspettano i tifosi, quei tanti che attraverso la sua carriera fatta di sfide coraggiose, di attacchi e di inseguimenti. Di 8 vittorie, alcune delle quali pesanti. Dal 2018 ai mondiali non era mai andato oltre l’11° posto, quelli di Wollongong li ha visti di notte, davanti allo schermo con un groppo in gola grosso così. La sua scalata alpina è ancora lunga, ci sono tanti tornanti da affrontare, ma Michael ha ancora tanta forza dentro di sé: «Aspettatemi, prima o poi tornerò…».

Ciccone in Francia, puntando su tricolori, Olimpiadi e Vuelta

11.06.2021
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L’ultima volta che l’abbiamo visto, Ciccone si stava rialzando a fatica dopo l’arrivo di Sega di Ala al Giro d’Italia. La caduta in cui era rimasto coinvolto stava iniziando a presentare il conto. Per cui se in sella e a caldo gli era riuscito di stringere i denti e arrivare al traguardo, sia pure a 7’58” da Daniel Martin (foto di apertura), quel breve tempo seduto per terra aveva dato all’adrenalina il tempo di scendere e anche il gesto più semplice sembrava impossibile. Lo avevano aiutato a vestirsi il dottor Magni e Paolo Barbieri, l’addetto stampa della Trek-Segafredo, accompagnandolo con lo sguardo mentre dolorante scendeva in bici verso i pullman fermi ai piedi della salita.

«Quella notte – racconta sul lettino dei massaggi alla Route d’Occitanie da cui ha ripreso a correre – ho avuto dissenteria e febbre alta. Non so se sia stato legato alla caduta o alla somma delle cose. Mi sono svegliato il giorno dopo che ero morto, ma lo stesso ho provato a vestirmi per andare alla partenza. I pullman erano a un chilometro dal foglio firma e nel fare avanti e indietro ho capito che non ce l’avrei mai fatta ad arrivare a Stradella. E a quel punto ho alzato bandiera bianca».

A Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casa
A Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casa

Bene sul Giau

Da allora, mentre smaltiva i postumi della botta alla mano e alla schiena, l’abruzzese ha fatto i conti con cinque giorni di virus intestinale che l’hanno debilitato. Poi finalmente le cose hanno ricominciato a girare in un verso accettabile, al punto da preparare la valigia e ricominciare a correre. Sembra una vita, ma il Giro è finito da meno di due settimane.

«All’inizio sono stato a casa dei miei in Abruzzo – racconta – perché dovevo andare a Roma per le visite olimpiche al Coni, poi sono tornato a Monaco. I primi 3-4 giorni in bici sono stati brutti, avevo sensazioni pesanti. Poi sono arrivati i primi segnali positivi. Pensare che mi sono nuovamente dovuto ritirare dal Giro mi fa girare le scatole, perché quest’anno è stato davvero inaspettato. L’anno scorso avevo avuto il Covid, ci stava e anzi sarebbe stato un miracolo se l’avessi finito. Quest’anno stavo bene, l’avevo preparato bene, non ero stanco. La condizione reggeva, l’avevo visto sul Giau. E’ stata davvero una mazzata, anche se essere a quel punto ancora con ottime gambe resta una bella cosa che mi dà tranquillità per il futuro».

Bene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a Bernal
Bene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a Bernal

Nibali e Tokyo

Come capita spesso nel ciclismo, è la strada più che i corridori a cambiare i piani. Il programma iniziale per la Trek era infatti che Ciccone fosse d’appoggio per Nibali, mentre la Vuelta sarebbe stata il suo primo banco di prova come leader in un grande Giro.

«Ma non parliamo al passato – sorride – il programma non cambia. Vincenzo ha avuto addosso la sfortuna da prima del Giro e anche durante. Ha pagato tutto insieme e per lui che ha vinto tutto, è più difficile essere lì e non riuscire a risollevarsi. Il momento non è facile, ma non dimentico che l’anno scorso il progetto Tokyo era nato attorno a lui e secondo me merita ancora quella maglia, anche se capire dai media come siano le cose è sempre difficile. Le Olimpiadi, per le quali ho fatto anche il vaccino, sono un obiettivo anche per me, se ne ragionava dal 2019. Adesso il discorso è arrivare bene al campionato italiano, questa corsa serve per non buttare giù la condizione del Giro. Poi valuteremo in che modo arrivare in Spagna».

Quarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul Giau
Quarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul Giau

Ma Remco vale

Il 2021 ha rimesso parzialmente le cose a posto e Ciccone si è ripreso il suo nella scala gerarchica del gruppo, dopo che il 2020 aveva fatto vacillare le certezze di tanti sotto i colpi dei giovanissimi.

«Ma lo stesso – riflette – quei supergiovani restano dei fenomeni. L’età media in cui si è competitivi si è abbassata di tanto. Noi da junior andavano al mare, loro fanno già la vita dei professionisti. Anche Evenepoel tutto sommato non è uscito affatto male dal Giro, anche se si è ritirato. Non ha preso schiaffi, considerato da dove veniva e l’incidente che aveva alle spalle, è andato anche forte. Non puoi andare alla partenza del Giro d’Italia dopo 10 mesi senza corse e pensare di giocartelo. Non so come e perché abbiano fatto i loro programmi, ma Remco resta un grande corridore».

Ciccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto Vendrame
Ciccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto Vendrame

Dal Tourmalet a Imola

La prima tappa in Occitanie l’ha vinta Vendrame, cui evidentemente portiamo fortuna, dato che con bici.PRO aveva in qualche modo annunciato la vittoria del Giro e l’altra sera ci aveva raccontato dei suoi piani per l’Occitanie. Giulio ha concluso nel gruppo a 4 secondi dal veneto e guarda già avanti.

«Lo sapete come sono – ride – se sto bene, non resto a guardare. Correre per fare ritmo non appartiene al mio dna e qui ci sono le salite. C’è anche il Tourmalet… Ho ancora il buon sapore di alcuni giorni del Giro. Quello in Abruzzo è un gran ricordo, quello di San Giacomo è stato il migliore. Perché nella valle ho sprecato tanto, ma sulla salita finale ho risposto io a tutti gli attacchi di Bernal. Il Giro mi ha dato tante indicazioni. Posso essere lì con loro e nel mezzo ho gestito bene una crisi a Montalcino. Ora perciò guardiamo ai prossimi giorni e poi al campionato italiano che mi ingolosisce tanto. Gli acciacchi del Giro mi hanno un po’ rallentato, pensiamo a ritrovare il colpo di pedale e poi ne parliamo…».