L’ultima Vuelta di Gesink, Affini e il gusto per la bici

18.09.2024
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Finita la Vuelta e dopo 18 stagioni da professionista, Robert Gesink ha appeso la bici al chiodo. Non è da tutti trascorrere l’intera carriera nello stesso gruppo: alla fine anche Ulissi ha dovuto rassegnarsi e ha lasciato la UAE Emirates. L’olandese c’è riuscito, con l’aggiunta di un anno nella continental della Rabobank: il team di sviluppo di cui il team si era dotato ben prima di altri.

Con lui alla Vuelta e nei mesi della preparazione, c’era anche Edoardo Affini. Il fresco campione europeo della cronometro ha trascorso la corsa spagnola tirando per Van Aert (finché c’è stato) e mettendo nelle gambe la fatica per le sfide di Hasselt. Però intanto ha potuto osservare gli ultimi giorni da corridore di Gesink e il modo in cui la squadra di sempre lo ha accompagnato alla pensione.

«La sera dell’ultima tappa di montagna – racconta Affini – ci siamo bevuti un bicchiere di vino, perché il giorno dopo c’era la crono, quindi non è che si potesse fare chissà cosa. Invece la domenica sera, siamo stati fuori a mangiare e c’è stato un momento un po’ più rilassato con la squadra e tutto lo staff. Abbiamo fatto un po’ di cinema. Qualcuno ha raccontato degli aneddoti. C’erano i vari capi, poi Robert ha ringraziato tutte le persone che gli sono state vicine durante il percorso, la famiglia e i vari allenatori. Quello è stato il momento della chiusura.

«Invece al via di Lisbona – prosegue Affini – la squadra gli aveva consegnato due bici personalizzate. Sul tubo orizzontale c’erano i vari colori delle maglie che ha indossato nello stesso gruppo. Quindi per esempio l’arancione della Rabobank, il verde della Belkin, il blu di Blanco. Gli hanno fatto la bici da strada e anche quella da cono, in modo che gli resti il ricordo degli ultimi 18 anni».

Sei arrivato nella squadra olandese che Gesink era già in una fase discendente della carriera. Che ruolo ha avuto nel tuo inserimento?

Ci tiene a darti una mano. Essendoci praticamente nato, sa benissimo come lavora tutta l’organizzazione, quindi è stato un buon punto di riferimento per chi, come me, era appena entrato in squadra. L’ho sempre considerato un punto di contatto tra i corridori, i direttori e i manager. E’ comunque uno che si ascolta volentieri.

Cosa sapevi di lui quando nel 2021 sei arrivato alla Jumbo-Visma?

Quando sono passato professionista, aveva già iniziato la carriera da gregario e comunque era uno degli uomini di fiducia dei vari capitani. Però sapevo che era stato una delle grandi speranze del ciclismo olandese. Purtroppo però, ha avuto diversi infortuni che l’hanno segnato. E da quel momento è iniziata la transizione da capitano o comunque da leader a uomo squadra. Che poi si può essere un leader anche nel ruolo di uomo squadra, non solo per i risultati, mettiamola così.

Tra le vittorie più belle di Gesink, la tappa dell’Aubisque alla Vuelta 2016
Tra le vittorie più belle di Gesink, la tappa dell’Aubisque alla Vuelta 2016
Avete fatto insieme la Vuelta, avreste dovuto fare il Giro…

Dovevamo fare il Giro l’anno scorso, però si è ammalato. Dovevamo fare il Giro quest’anno ed è partito, però si è ritirato alla prima tappa per la caduta di Torino. Siamo partiti insieme alla Vuelta del 2022 e per un po’ l’abbiamo fatta assieme, poi però io sono dovuto andare a casa perché ero positivo al Covid. Quindi guardando il quadro completo, con lui ho fatto soltanto la Vuelta del 2024. In compenso, negli ultimi due mesi penso di aver visto più lui che la mia compagna.

Come mai?

Abbiamo fatto il ritiro a Tignes, quindi tre settimane insieme nello stesso appartamento. Poi siamo andati a Burgos e da lì alla Vuelta. Diciamo che ho vissuto molto da vicino i suoi ultimi due mesi da corridore. Eppure negli allenamenti e nella quotidianità non ho visto assolutamente alcun tipo di differenza. Super professionale, super motivato in qualsiasi aspetto. Sulla bici, giù dalla bici, negli esercizi a corpo libero prima di partire e anche dopo. Era sempre sul pezzo, non ha mollato proprio niente.

Pare sia sempre stata la sua grande qualità…

Infatti da quello che mi raccontano i miei compagni e quelli che l’hanno vissuto anche prima, Robert è sempre stato un corridore ultra professionale. E’ un grande amante della bici. Infatti scherziamo spesso o comunque abbiamo scherzato spesso sul fatto che adesso finalmente non dovrà più seguire una tabella, ma potrà fare tutte le ore che vuole. Finora magari c’era l’allenatore che gli diceva di non fare sei ore, ma di farne quattro con una serie di lavori specifici.

Invece adesso?

Invece adesso può prendere la bici e farci tutti i chilometri che vuole. Non credo che si metterà a correre in gravel come Valverde, ma adesso se vuole, può uscire la mattina e rientrare la sera. Abbiamo iniziato a prenderlo in giro sul bus, prima della tappa del sabato, l’ultima di montagna. «Dai che oggi è l’ultima volta che attacchi il numero, l’ultima volta che sei in gruppo. Divertiti!». Tutte stupidate così. Tanto lui sta allo scherzo. Non so cosa farà, ma di certo non scenderà dalla bici.

La Vuelta di Roglic è un’altra sfida alla cattiva sorte

22.08.2022
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Non c’è una risposta chiara alla domanda su come stia Roglic e desta sollievo il fatto che la Vuelta sia partita dall’Olanda con percorsi perfetti per prendere il ritmo. Senza salite né troppo vento. Già alla vigilia della cronosquadre si ragionava sul fatto che Primoz all’80 per cento sia uno dei migliori cronoman della squadra, cercando poi di capire se riuscirà ad arrivare al suo massimo, per puntare al poker di maglie rosse consecutive.

Sta di fatto che quel corridore così forte che in certi momenti assomma su di sé le sfortune di Paperino e una costanza quasi commovente nel rialzarsi ogni volta, ha fatto breccia nei cuori dei tifosi.

Prima di ritirarsi dal Tour, Roglic era stato decisivo nel giorno del Granon, aiutando Vingegaard a fiaccare Pogacar
Prima di ritirarsi dal Tour, Roglic era stato decisivo nel giorno del Granon

Preparazione non ideale

Il primo problema su cui stanno ragionando i tecnici della Jumbo Visma è che a causa del ritiro dal Tour e i dolori alla schiena, conseguenza della caduta nella tappa del pavé, lo sloveno abbia saltato una parte significativa della preparazione. E quando ha ricominciato, anche la sua resistenza era diminuita, proprio a causa dello stesso dolore.

«La sua preparazione non è stata certo ideale – dice Merijn Zeeman, suo tecnico, al belga Het Nieuwsblad – ma è stato così anche negli ultimi due anni. L’anno scorso ci sono state di mezzo le Olimpiadi, che hanno reso tutto complicato. Due anni fa aveva chiuso il Tour con un terribile colpo psicologico (la maglia gialla persa alla penultima tappa, ndr), ma ciò non ha impedito a Primoz di vincere la Vuelta. Credo che Primoz sia il miglior corridore al mondo nel lasciarsi alle spalle delusioni».

La Jumbo Visma è arrivata alla Vuelta in formazione rimaneggiata, ma sempre fortissima
La Jumbo Visma è arrivata alla Vuelta in formazione rimaneggiata, ma sempre fortissima

Il dolore alla schiena

Quello che va capito è come stia effettivamente la schiena, dato che si è temuto a lungo che a causa del dolore Roglic avrebbe rinunciato alla Vuelta. Lo sloveno dice di avere ancora problemi nel fare certi movimenti, ma non c’è una diagnosi precisa dell’infortunio o almeno la Jumbo-Visma non aggiunge altro perché si tratta di informazioni che attengono alla sua privacy.

«Non c’era necessità medica di lasciare il Tour – dice però Mathieu Heijboer, preparatore del team – ma è comprensibile che a un certo punto Primoz non ce l’abbia più fatta. E’ stato grande a resistere così a lungo e che sia stato così prezioso per Vingegaard nella tappa che ha deciso il Tour (quella del Granon, ndr). In ogni caso, posso dire che Primoz è sicuramente pronto per la Vuelta. Ed è chiaro che stiamo andando al 100 per cento con lui per la vittoria finale».

Il dubbio su cui si ragiona è se la preparazione di Roglic sia stata all’altezza della sfida
Il dubbio su cui si ragiona è se la preparazione di Roglic sia stata all’altezza della sfida

Mollare mai

Si scopre adesso che l’ipotesi di non partire non sia stata mai presa seriamente in considerazione e che per scongiurarla Roglic si sia sottoposto a un intenso lavoro di recupero.

«Il punto centrale – prosegue Merijn Zeeman – era che dovesse essere in forma. E sebbene il dolore non sia sparito del tutto, Primoz ha voluto comunque affrontare la sfida. In una prima fase si è concentrato prevalentemente sul recupero fisico e mentale. Quando poi ha ottenuto il via libera per iniziare ad allenarsi, ha ripreso il filo della preparazione. Non si è allenato in quota, come avrebbe fatto normalmente. Ma stiamo comunque parlando di un atleta con qualità speciali, perché Primoz è sempre lì dopo le battute d’arresto».

La maglia a Gesink

Oltre ai dubbi sulla condizione del capitano, l’invincibile armata giallo-nera ha dovuto fare i conti con alcune defezioni e convocazioni dell’ultima ora. Normalmente al suo fianco ci sarebbe stato infatti Steven Kruijswijk, che però si sta riprendendo a sua volta dopo la caduta del Tour in cui ha riportato fratture alla clavicola e alla spalla. Koen Bouwman, l’uomo delle due tappe al Giro, era atteso, ma ha avuto problemi al ginocchio. Rohan Dennis è stato dichiarato in forma all’ultimo minuto dopo fastidiosi disturbi allo stomaco.

«Molte cose sono state incerte – ha spiegato Zeeman – ma siamo qui con una squadra forte. L’inizio in Olanda è stato molto speciale nel mostrarci subito al nostro pubblico. Nella cronometro a squadre “Rogla” ha lasciato il primo posto a Gesink, perché non è solo un vincitore, ma anche un vero uomo squadra. Quello che abbiamo fatto al Tour ha superato di gran lunga le nostre aspettative, ma puntiamo anche al massimo nella Vuelta».