Torna il Puy de Dome, per la storia e una promessa

06.11.2022
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Christian Prudhomme sa coniugare mirabilmente le esigenze tecniche, quelle economiche e la sua anima da giornalista. Così quando alla presentazione di Parigi il direttore del Tour ha raccontato cosa ci sia dietro al ritorno sul Puy de Dome, pochi hanno avuto il fiato per aggiungere qualcosa.

Pare infatti che quando nel 2004 entrò nell’Aso, per provare la tastiera del computer a lui assegnato, scrisse semplicemente: «Objectif Puy de Dôme». Non si trattava di parole messe lì a caso. Quell’obiettivo veniva da un voto fatto a sua sorella scomparsa prematuramente, le finestre della cui casa a Clermont Ferrand si affacciavano sul giovane vulcano dell’Auvergne (in apertura nella foto di Clermont Auvergne Tourisme).

Prudhomme, qui con Vingegaard all’ultimo Tour, ha con il Puy de Dome un legame particolare
Prudhomme, qui con Vingegaard all’ultimo Tour, ha con il Puy de Dome un legame particolare

Un anno prima

Probabilmente l’intenzione iniziale del Tour era tornare sulla celebre salita nel 2024, per celebrare i 60 anni del duello fra Anquetil e Poulidor che si consumò nel 1964. Tuttavia il divieto al transito è caduto quest’anno e nel dubbio che possa essere ripristinato, si è pensato di battere il ferro ancora caldo.

Il Tour non è salito lassù così spesso. Nel 1952 vinse Fausto Coppi. Nel 1964 ci fu il famoso duello fra i due giganti francesi, con vittoria di Jimenez e Anquetil che tenne la maglia gialla, impedendo allo storico rivale di conquistarla per 14″, nonostante i 42″ guadagnati da Poulidor. Tre anni dopo, nel 1967 arrivò il successo di Gimondi. Nel 1975 vittoria di Van Impe con Merckx colpito dal pugno di un tifoso, che venne poi rintracciato, arrestato e liberato con la condizionale. Nel 1986 fu la volta di Eric Maechler con Lemond in maglia gialla. Infine nel 1988 l’ultima volta si registrò il successo di Johnny Weltz.

«A volte possiamo essere criticati per aver parlato troppo del passato – ha spiegato Prudhomme – ma il Tour è troppo grande per non parlare delle sue fondamenta, che ne hanno fatto la forza e la sua leggenda. Quanto a me, è stato Poulidor che mi ha fatto innamorare del Tour, non posso restare indifferente davanti al Puy de Dome».

Il Tour de France 1964 consegnò il Puy de Dome alla storia per il duello fra Anquetil e Poulidor (foto L’Equipe)
Il Tour de France 1964 consegnò il Puy de Dome alla storia per il duello fra Anquetil e Poulidor (foto L’Equipe)

Strada chiusa

Dal 2012, quando fu messa in funzione la cremagliera panoramica, la strada è stata chiusa al traffico, ciclisti e pedoni compresi. Alla presentazione del Tour, David Gaudu ha detto di non averci mai messo piede, così pure Aurelien Paret-Peintre quando gli hanno chiesto se si potranno fare dei sopraluoghi. Mentre Bardet, che vive nella zona, ne ha parlato come di una ferita aperta.

«E’ la salita del mio cuore – ha detto pochi giorni fa a Parigi – ma dall’introduzione della cremagliera la strada è completamente chiusa. E’ diventata una stretta strada di servizio che non consente il passaggio di bici e auto. Il divieto è incondizionato. L’accesso è aperto solo una mattina all’anno, dalle 7 alle 9, e lo scorso settembre si è svolta una corsa a cronometro (il Trophée des Grimpeurs, ndr) e io ci sono stato con mio padre. Ci siamo svegliati alle 6 ed è stato ancora eccezionale. Ma questa grande affluenza è la prova di quanto sia frustrante per i corridori della zona. Questa salita è davvero un mito per noi».

Una salita vera

Il Puy de Dome infatti è una salita vera. Più di 13 chilometri di scalata da Clermont Ferrand, gli ultimi quattro dei quali in media quasi il 12 per cento.

«Fino ad ora – ha spiegato Prudhomme – c’era un rifiuto formale al Tour di scalare il Puy de Dome e lo abbiamo sempre rispettato. Questo rifiuto era dettato dalla volontà di tutelare il luogo, dato che la catena dei Puys fa parte del patrimonio mondiale dell’Unesco dal 2018. E noi ovviamente non vogliamo danneggiare la Francia». 

L’ultimo blocco politico è saltato però l’anno scorso, riaprendo definitivamente le porte agli organizzatori che però si sono impegnati a osservare una serie di prescrizioni.

«Non ci saranno spettatori negli ultimi 4 chilometri – ha spiegato Prudhomme – da dopo il casello in poi. Quindi, anche se la strada è stretta, sarà molto più larga rispetto all’Alpe d’Huez e gli 80 centimetri che il pubblico lascia ai corridori per farli passare».

Il Puy de Dome è lungo 13 chilometri: gli ultimi 4 hanno pendenza intorno al 12%
Il Puy de Dome è lungo 13 chilometri: gli ultimi 4 hanno pendenza intorno al 12%

Senza pubblico

La strada è stretta e una sbarra vieta l’accesso a qualsiasi bicicletta, ma intanto il 3 settembre si è svolta una prima gara ciclistica al Puy de Dome: una cronometro amatoriale nell’ambito del Trophee des Grimpeurs, che scala le più grandi salite dell’Alvernia. Tuttavia a causa dello spazio limitato in cima, Prudhomme ha immediatamente escluso una cronometro, ma si è reso conto della necessità che il gruppo arrivi frazionato a quegli ultimi e strettissimi 4 chilometri finali, per cui la scalata finale sarà preceduta sicuramente da altri momenti di selezione. Allo stesso modo in cui il Tour si è impegnato a gestire i tifosi: compito ben più gravoso.

«Ovviamente non vedremo mai più 400.000 spettatori sulle rampe del Puy de Dome – ha spiegato – e sarà interessante vedere quei 4 chilometri terribili senza pubblico. Forse dovremo circondare con la Gendarmerie i 10 chilometri della circonferenza della montagna. Quando sono salito lassù per celebrare il ritorno del Tour, ci siamo detti che sarà per forza spettacolare assistere ad un arrivo in salita lassù senza la folla che tanto ha contribuito alla fama del Puy de Dome. Ma tutte le grandi storie hanno un prezzo. Questo è quello che dovremo pagare per tornare lassù».

Tappa e maglia, storia di un successo nato dal dolore

27.06.2021
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Immenso Van der Poel, cos’altro vuoi dire? E immenso ancora di più alla luce delle cose successe ieri. Dell’insuccesso e delle critiche, che a volte sono troppo frettolose. Ma si diceva anche stamattina, Mathieu impara in fretta e in quello scatto rabbioso e nella tattica di tutta la giornata c’è stato tanto dei ragionamenti della serata scorsa, davanti al dolore dei suoi compagni e quello che lo scavava nell’animo.

E alla fine per Mathieu è arrivata la maglia gialla promessa a suo nonno Poulidor
E alla fine per Mathieu è arrivata la maglia gialla promessa a suo nonno Poulidor

Eroico “Sbara”

Kristian Sbaragli divide la stanza con l’olandese e quando ieri sera si sono ritrovati a commentare la tappa andata male, non c’è stato bisogno di troppe parole. Mathieu l’ha guardato e ha visto il compagno che avrebbe dovuto tenerlo davanti nel finale con 4 punti sul mento, le labbra aperte internamente perché nella caduta ha battuto i denti (e per fortuna non li ha rotti) e contusioni al costato e al ginocchio. Un quadro di dolore. Kristian non ha neppure cenato se non con qualcosa di liquido, eppure stamattina alla partenza ha messo nei pedali tutto quello che gli restava in corpo, resistendo alla tentazione di mollare.

L’idea della fuga

La Alpecin-Fenix sta tornando in pullman verso l’hotel e le parole di Sbaragli sono le prime, perché lo sforzo della tappa gli ha decongestionato le labbra e adesso riesce a parlare.

«Stamane – dice – siamo partiti per vincere. Come squadra avevamo il compito di fare il massimo perché Mathieu prendesse il muro nella posizione giusta. Poi negli ultimi chilometri, quando sta bene… lui è lui. Per come è andata ieri avevamo solo tanto rammarico, così stamattina s’è parlato di fare quel che poi s’è fatto. L’attacco al primo passaggio doveva servire a portare via un gruppettino e inventarsi una tappa diversa, ma alla fine sono venuti quei secondi di abbuono ed è andata bene lo stesso».

Oltre il dolore

Lui è lui. In queste sette lettere c’è la devozione del gregario e insieme il riconoscimento di una forza e una classe che tutto il gruppo è andato a tributare a Van der Poel dopo l’arrivo. Alaphilippe si è fermato. E come ieri Mathieu si era congratulato con lui, oggi il francese è andato a riconoscergli la superiorità di giornata. Poi è arrivato Pogacar, che l’ha abbracciato a lungo, come si fa con un grande avversario nei cui confronti hai anche e soprattutto stima.

Sul traguardo Pogacar si volta. Roglic è in scia, Alaphilippe poco dietro
Sul traguardo Pogacar si volta. Roglic è in scia, Alaphilippe poco dietro

«Non stavo bene per niente – riprende Sbaragli – avevo dolore da tutte le parti, ma toccava nuovamente a me e così sono partito con l’idea di vedere per strada come stavo. La squadra mi ha chiesto di fare il massimo. Non ho avuto grandissime gambe, ma ho dato tutto e anche altro. La pressione in questi giorni s’è sentita, anche se come squadra non abbiamo più tantissimo da dimostrare. Siamo concentrati, perché il Tour è lungo, ma siamo anche ben preparati, perché chi è qui ci sta lavorando da gennaio. L’obiettivo era vincere una tappa, la maglia gialla è stata la ciliegina sulla torta. Certo che Mathieu sentiva questo fatto di suo nonno Poulidor e ha sentito anche le critiche. Hanno parlato di fallimento, ma ieri è pur sempre arrivato a 8 secondi, avendo perso i compagni per una caduta. I campioni si riconoscono anche per queste reazioni. Invece le critiche per noi sono diventate benzina».

Sera di festa

Mathieu raggiungerà l’hotel più tardi in ammiraglia, essendo rimasto fermo con il protocollo, le interviste in zona mista e poi l’antidoping. Vederlo indicare il cielo e crollare in lacrime ha dato la misura di quanto siano grandi e potenti le motivazioni che animano un atleta e di come dietro certe imprese ci siano ancora il bambino, la famiglia, il nonno, le parole e i racconti di una vita.

«E allora stasera un po’ si farà festa – dice Sbaragli – niente di clamoroso, ma il brindisi ce lo siamo proprio meritato. Domani proveremo a vincere ancora con Merlier in volata, dovremo essere concentrati, ma la tappa e la maglia gialla valgono un festeggiamento. Io per fortuna non ho niente di rotto e adesso spero che il dolore passi e di riprendermi bene nei prossimi due, tre giorni. Non è iniziato bene questo Tour, ma sono convinto che possa cambiare. E giornate come questa aiutano parecchio».

E mentre Sbaragli raccontava e Van der Poel si sottoponeva a rituali e controlli, Alaphilippe molto deluso lasciava a bocca asciutti i cronisti in attesa, con tanto di scuse del suo addetto stampa che è riuscito provvidenzialmente a registrarne alcune battute. Tanto è dolce e toccante la vittoria, per quanto può essere beffarda la resa. E’ la storia del Tour, una delle tante maestose storie del ciclismo. Domani, potete scommetterci, saranno di nuovo qui per provarci ancora.

Van der Poel si brucia alla fiamma del Tour, ma oggi ci riprova

27.06.2021
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Ha poggiato la mano sulla spalla di Alaphilippe, poi è franato sul manubrio. Mathieu Van der Poel non ci gira intorno, per cui le sue prime parole sono state nette: «Non avevo gambe, la storia è semplice».

Un’eredità scomoda

Sembrava tutto perfetto. La Fosse aux Loups era un insolito Qwaremont da assalire per arrivare a giocarsi il Fiandre. Invece la magia non si è ripetuta e la favola della vittoria e della maglia gialla da dedicare a suo nonno Raymond Poulidor, per la quale l’Uci aveva consentito il cambio di maglia, si è infranta su quell’ultima salita. Come se la maledizione del nonno si fosse abbattuta anche sule spalle del nipote. C’è poesia anche in questo. Poesia e le necessarie analisi, perché non accada di nuovo.

Il primo Tour è una centrifuga, con pressioni e trappole che non si vedono. Come nella prima Roubaix, come in ogni posto in cui i segreti sono più delle evidenze. Però una certezza c’è: Mathieu impara molto in fretta e ieri sera avrà già capito il suo errore.

Giro di Svizzera al top, non c’è partita fra Vdp e Alaphilippe
Giro di Svizzera al top, non c’è partita fra Vdp e Alaphilippe

Posizione sbagliata

Che cosa ha sbagliato Van der Poel? Basta riguardare il film della corsa e incrociarlo con le sue parole dopo l’arrivo. Il segreto del finale di tappa lo aveva raccontato ieri Hirschi, anche se pure allo svizzero è andata piuttosto male. Si arrivava all’attacco della salita della Fosse aux Loups dopo una discesa piuttosto veloce da una località di nome Le Stum. Da quel punto e fino alle prime rampe del finale, serviva avere accanto dei compagni in grado di tenerti davanti e poi di lanciarti. Una strategia che Alaphilippe ha attuato alla perfezione. Tanto che in fondo alla discesa, il francese era già in terza ruota con Asgreen e Devenyns pronti a fare la loro parte. Van der Poel invece era intorno alla 30ª posizione.

Alla partenza della prima tappa, tutti gli occhi su Mathieu
Ma la squadra dov’era? La Alpecin non ha retto il confronto con la Decuninck-Quick Step

Recupero prodigioso

Il ragazzo è un portento, non c’è molto altro da dire. Scorrendo le immagini si vede infatti che in una ventina di secondi riesce a risalire in quinta posizione, ma non osiamo immaginare a prezzo di quali energie. Da quel momento e fino all’arrivo, la corsa diventa una prova di apnea e se il cuore pompa già al doppio dei battiti, non sono i circa 30 secondi di recupero che Van der Poel riesce a concedersi a dargli il tempo di recuperare.

«Alaphilippe ha attaccato nella parte più ripida – racconta – il punto perfetto per lui, esattamente dove me lo aspettavo. Il piano era di seguirlo, ma le mie gambe erano sparite. Sono scoppiato, impossibile seguire Julian».

Ma la squadra dov’era? La Alpecin non ha retto il confronto con la Decuninck-Quick Step
Ma la squadra dov’era? La Alpecin non ha retto il confronto con la Decuninck-Quick Step

Doppio fuorigiri

Il ragazzo è un portento, lo ribadiamo. E piuttosto che arrendersi, decide di scoppiare un’altra volta. Se sei abituato alle strappate del cross, cosa vuoi che sia un altro fuorigiri nel giro di così poco tempo? Succede infatti che alle spalle di Alaphilippe si muovano le due star del Tour, Pogacar e Roglic, evidentemente intenzionati a lottare anche per le briciole. E Van der Poel ci riprova, ma ancora una volta le gambe e il cuore, soprattutto il grande cuore che nei giorni scorsi si era caricato di sentimenti e di pressioni invisibili e infide, gli dice basta.

«Ha pensato tanto a suo nonno – dice il suo addetto stampa – non so quanto sia stato pesante. Ha detto che oggi cercherà di farlo il meno possibile. Se ieri è stata una giornata condizionata dai nervi, allora oggi proviamo a essere più leggeri. Se sono state le gambe, allora per Mathieu il favorito sarà nuovamente Alaphilippe. Le tappe si somigliano molto».

Van der Poel a caccia della gialla per suo nonno Poulidor

25.06.2021
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Presentate le squadre, il Tour de France 2021 inizia a muovere i primi passi. E fra le dichiarazioni di… guerra più esplicite, quella di Mathieu Van der Poel non lascia adito a dubbi. Mathieu vuole vincere domani la prima tappa, per conquistare la maglia gialla e dedicarla a suo nonno Raymond Poulidor.

Ovviamente, come tutto ciò che riguarda il professionismo e uno dei suoi personaggi più mediatici, la dichiarazione di intenti è supportata anche da una campagna a metà fra il marketing e la beneficienza, battezzata “MerciPoupou”.

Così in occasione della presentazione di ieri sera a Brest, la Alpecin-Fenix ha indossato una divisa ispirata ai colori indossati da Raymond Poulidor durante tutta la sua carriera, con la francese Mercier.

Il testimone

Tra il 1962 e il 1976, Poulidor ha partecipato per 14 volte al Tour de France e per 8 lo ha concluso sul podio di Parigi, senza aver indossato per un solo giorno la maglia gialla. E’ successo anche in occasione del suo ultimo arrivo sugli Champs Elysées nel luglio del 1976, quando conquistò il terzo posto dietro Van Impe e Zoetemelk.

Oggi, 45 anni dopo, suo nipote Mathieu Van der Poel ne raccoglie il testimone e sta per fare il suo debutto al Tour de France. Se c’è un motivo che ha convinto l’olandese (tutto proiettato verso le Olimpiadi della mountain bike) ad accettare la sfida, c’è proprio la possibilità di rendere omaggio al nonno scomparso nel novembre del 2019.

Ora tocca a lui inseguire il sogno giallo e raccogliere l’eredità che suo nonno ha lasciato a lui e all’intero mondo del ciclismo. Le generazioni si susseguono, ma le aspirazioni rimangono identiche. 

Una lunga storia

Gli sponsor della Alpecin-Fenix hanno aderito all’istante alla campagna. «Non potevamo lasciarci sfuggire questa opportunità – ha raccontato il team manager Philip Roodhooft – per tanti motivi. A 45 anni dalla fine dell’incredibile carriera di Raymond Poulidor, suo nipote Mathieu inizia per la prima volta al Tour de France. Questa è un’occasione unica per lui e il suo team per rendere omaggio a suo nonno e a uno dei ciclisti più iconici che il mondo del ciclismo abbia avuto.

«Il fatto che i nostri partner supportino “Merci Poupou” dimostra il loro impegno a lungo termine. Alpecin è lo sponsor ciclistico più storico con una storia di 75 anni, mentre Fenix e Canyon non cercano solo un ritorno commerciale sul loro investimento. Vogliono principalmente supportare la squadra e i corridori che inseguono i loro sogni. Sogni che hanno trovato la loro origine nel patrimonio ciclistico a cui tutti siamo stati presentati dai nostri (nonni) genitori».

Qualche scatto fotografico di una parte del team, alla vigilia della presentazione (foto Alpecin-Fenix)
Qualche scatto fotografico di una parte del team, alla vigilia della presentazione (foto Alpecin-Fenix)

Per beneficienza

L’inziativa, si diceva, ha finalità benefiche. E’ stato infatti sviluppato un sito completamente dedicato allo scopo. Su www.mercipoupou.com i fan potranno infatti acquistare una maglia replica MerciPoupou o un cappellino. Il ricavato della vendita online sarà devoluto a organizzazioni e progetti di beneficenza che sostengono bambini e adolescenti nello sport: i dettagli saranno svelati in pillole durante il Tour de France, per tenere alta l’attenzione sul progetto..

«Per mio nonno»

Le parole di Van der Poel, che ricordiamo nelle immagini toccanti al funerale di suo nonno, sono di grande ispirazione.

«Mio nonno – dice – ha riconosciuto presto la mia gioia per il ciclismo e ha sempre detto che io e mio fratello David avevamo più talento di lui. Oggi vorrei che potesse essere qui e vivere questo momento insieme alla nostra famiglia. Lo sognava da tempo, ma sono sicuro che è orgoglioso come sempre. Sono lieto di potergli rendere un omaggio definitivo in modo così emozionante e che potremo dire tutti insieme: MerciPoupou!».