EDITORIALE / Si ricomincia dalla Spagna e da qualche nodo

10.01.2022
5 min
Salva

Si ricomincia. Nel giorno in cui si sono riaperte le scuole, con gli stessi interrogativi si rimette in moto il gruppo. Siamo atterrati stamattina all’aeroporto di Valencia e sul volo che ci conduceva in Spagna, abbiamo riconosciuto Andrea Peron diretto al ritiro della Quick Step-Alpha Vinyl per conto di Castelli, Mauro Scovenna e Nicola Minali di DMT verso il UAE Team Emirates e Andrea Pasqualon, che sta raggiungendo la Intermarche-Wanty-Gobert in ritiro.

Il ciclismo virtuale

Anche il ciclismo ha le sue DAD nella forma di conferenze stampa virtuali, come quelle che nei prossimi giorni vedranno tutti i corridori di altre squadre connettersi col mondo. Tutti i giornalisti collegati ascolteranno (e scriveranno, ciascuno ovviamente al suo meglio) le stesse parole. In un momento come questo sarebbe assurdo discutere le scelte in materia sanitaria, ma cogliamo sfumature che non convincono del tutto, visto che per il resto del tempo i corridori sono a casa loro, sulle strade, in mezzo alla gente. Tanto che qualche grosso nome non sarà in ritiro perché alle prese con il dannato virus.

Poi ci sono squadre più coraggiose che – in cambio di green pass, tampone molecolare e test antigenico in loco – permettono ai giornalisti di avvicinarsi. E’ il caso della Quick Step-Alpha Vinyl (in apertura foto dalla pagina Facebook del team) e proprio mentre stiamo guidando verso il loro hotel di Calpe, ripassiamo a mente gli incontri che faremo cercando di ottimizzare la grande occasione. Certe occasioni vanno colte, per l’opportunità professionale di realizzare contenuti solo nostri e per gratitudine verso chi ha ritenuto di aprirci le porte.

Anche il Team Bahrain è in ritiro in Spagna, ad Altea (foto TBV)
Anche il Team Bahrain è in ritiro in Spagna, ad Altea (foto TBV)

Stando all’elenco ricevuto, dovremmo essere i soli italiani presenti, ma questo non vuole essere motivo di inutile vanto: certe ruote le lasciamo ai pavoni. Serve per far capire che anche noi di bici.PRO abbiamo accettato di correre un piccolo rischio e di investire sul nostro lavoro, sulla soddisfazione dei lettori e sulla qualità che solo l’essere presenti permette.

Gli incauti acquisti

Sono bastate poche battute con Nicola Minali all’aeroporto di Bergamo, intanto, per renderci conto che suo figlio Riccardo è sulla porta del ritiro. Squadre lo hanno cercato e poi bidonato. Altre gli hanno offerto nuovamente il minimo dopo sei anni allo stesso modo. E se sei un uomo e il lavoro non lo vedi come un capriccio, certe condizioni dopo un po’ non ti stanno più bene.

Nelle stesse ore, scorrendo i vari social, ci siamo accorti di amici corridori che proprio in questi giorni sono a fare altro. Dovrebbero allenarsi perché sono giovani e forti, ma nessuno li ha confermati e questo, lasciatecelo dire, lo troviamo indegno di un movimento che lascia a casa uomini maturi e già capaci di fare il proprio mestiere, per investire su ragazzini la cui speranza è sfondare, con la spada di Damocle di concludere prima ancora di aver iniziato.

Giorni fa un procuratore ci ha spiegato che coloro che smettono non sarebbero nemmeno dovuti passare. Un bel modo per descrivere la piaga degli ultimi anni e ci dispiace solo non aver avuto la prontezza di un’altra domanda: quando li vendevate alle squadre che ora li hanno scaricati, le avvertivate del bidone in arrivo? E ai ragazzi avevate detto che sarebbe stato meglio cercarsi un altro lavoro?

Riccardo Minali, il primo da destra, sarebbe sul punto di smettere
Riccardo Minali, il primo da destra, sarebbe sul punto di smettere

America e quarantene

Si ricomincia, dunque, con le stesse incertezze di chi stamattina è rientrato a scuola: studente o insegnante. E mentre i ragazzi non sanno se andranno avanti in presenza o dovranno fare ricorso alla DAD, il ciclismo ha già visto la cancellazione della Vuelta San Juan.

«Gli ospedali laggiù – ci ha detto ieri Roberto Amadio, che la organizza – non sono attrezzati come da noi. E non possono permettersi l’esplosione di troppi casi».

Per lo stesso motivo il Belgio e l’Olanda hanno chiuso le porte agli spettatori e cancellato eventi, mentre i corridori si fanno saggiamente i conti. Così Van Aert, cui pure un mondiale di cross non spiacerebbe vista la beffa dello scorso anno, ha ritenuto di rinunciare perché la trasferta americana potrebbe esporlo a svariati rischi, non ultimo quello di qualche quarantena inattesa. E parliamo di atleti vaccinati, non di spregiudicati alla Djokovic che in queste ore sta cercando di entrare in Australia senza vaccino e con la flebile attenuante, sostenuta dai suoi legali, di aver avuto il Covid ed esserne quindi immune.

Van Aert ha vinto gare di cross a raffica, ma diserterà i mondiali. Anche lui è in Spagna con la Jumbo Visma
Van Aert ha vinto cross a raffica, ma diserterà i mondiali. Anche lui è in Spagna

L’UCI va avanti

L’UCI va avanti. A molti i mondiali di cross a Fayetteville sembrano un azzardo. Altri hanno scelto la via del coraggio e stanno preparando il necessario.

Il cittì Pontoni ci ha detto di non aver ancora ricevuto indicazioni precise, ma l’Italia ci sarà e porterà un bel gruppo di juniores agguerriti. Seguendo nei giorni scorsi le gare tricolori, abbiamo trovato più entusiasmo e prospettive nelle sfide giovanili piuttosto che in quelle dei più grandi. Perché il livello resterà quello e il movimento italiano rimarrà confinato in una splendida nicchia, se d’estate i nostri specialisti non cominceranno a correre seriamente su strada

Quello che sta facendo Gaia Realini, tricolore ieri fra le U23, e che farà Silvia Persico, la nuova campionessa italiana delle elite, che dopo i mondiali riprenderà su strada con la maglia della Valcar.

Gaia Realini nasce nel cross e si sta facendo largo su strada
Gaia Realini nasce nel cross e si sta facendo largo su strada

Donne a tutto gas

Il ciclismo delle ragazze cresce alla velocità della luce. L’arrivo della Roubaix e il ritorno del Tour alzano il livello delle attese. Sono così tutti sulle spine per l’assenza del Giro Donne, il cui percorso non è stato ancora svelato, mentre il calendario vede la corsa a tappe sovrapporti a troppi altri eventi. E poi c’è quella voce per cui già da quest’anno potrebbe andare nelle mani di RCS Sport.

Il nostro giro di opinioni fra le continental italiane, iniziato con la Isolmant e la BePink nei giorni scorsi, prosegue oggi con la marchigiana Born to Win e andrà avanti con altri tecnici e altre storie.

Il WorldTour ha impresso un’accelerazione pazzesca. Le ragazze vedono finalmente la possibilità di guadagnare sul serio dal proprio lavoro e accettano le offerte di team che si stanno rinforzando per raggiungere il necessario livello tecnico e sostenere un’attività sempre più importante.

Anche qui bisognerà stare attenti tuttavia che le giovani non vengano irretite da facili promesse, salvo poi scoprire dopo un paio di stagioni che dovranno smettere e qualcuno intanto dirà che non erano in grado di essere professioniste.

La storia di Peron, dalla Cento alla conquista del mondo

03.01.2022
7 min
Salva

Chi è Andrea Peron con cui proprio stamattina abbiamo parlato in relazione all’abbigliamento della Quick Step-Alpha Vinyl? Di lui aveva raccontato qualche giorno fa Gianfranco Contri in relazione alla Cento Chilometri a squadre, dicendo che dei tanti a dedicarsi alla specialità, il varesino fosse il più stradista. Per questo lo abbiamo cercato perché ci raccontasse la sua storia, ricordando di averlo conosciuto in una vita precedente quando nel 1992 delle Olimpiadi di Barcellona, vinse la Coppa Fiera Mercatale nella Cuoril di Ennio Piscina. Il più stradista di tutti, dice bene Contri?

«Da junior – risponde – c’era anche Rebellin, poi fra quelli della Cento Chilometri vera e propria anche Anastasia e Luca Colombo hanno fatto qualche anno da professionisti, anche Salvato, Brasi e Andriotto, però forse io sono quello che ha fatto una carriera più lunga. Ho corso per 15 anni e sono riuscito anche a togliermi qualche bella soddisfazione. Ero quello più stradista di tutti, forse è vero…».

I magnifici quattro di Stoccarda 1991, da sinistra Colombo, Peron, Anastasia, Contri
I magnifici quattro di Stoccarda 1991, da sinistra Colombo, Peron, Anastasia, Contri

Dall’Italia all’America

Nato a Besnate nel 1971, con la Cento Andrea vinse il mondiale di Stoccarda nel 1991 e prese l’argento a Barcellona, correndo sulle magnifiche e avveniristiche Colnago C35 realizzate con il contributo della Ferrari che l’Italia mise in strada per l’occasione, dopo averle presentate sul circuito di Fiorano. 

Da professionista fece i primi due anni (1993-1994) alla corte di Stanga e poi se ne andò in America con la Motorola, da lì alla Francaise des Jeux, la Once, la Fassa Bortolo e chiuse con cinque anni alla Csc di Bjarne Riis accanto a un altro varesino in rampa di lancio: Ivan Basso. Si ritirò dopo il Lombardia del 2006 (foto di apertura).

Nel 2000 corre alla Fassa Bortolo, qui nella crono finale della Vuelta
Nel 2000 corre alla Fassa Bortolo, qui nella crono finale della Vuelta
Eri uno stradista prestato alle cronometro?

Non mi sono mai visto così, perché la crono ho avuto grande voglia di farla. In quegli anni è stata il mio obiettivo principale, però ho sempre avuto la passione per la strada. Quando sono passato professionista, volevo fare risultati su strada, non fare il passista che tirava e basta. Però l’ho coltivata e ho vinto un campionato italiano di specialità.

Si poteva convivere?

La Cento Chilometri non era una specialità a sé stante, non era un condizionamento perché cambiassi qualcosa o rinunciassi a qualcosa. Non ha assolutamente modificato le mie caratteristiche. Ho sempre creduto che le due cose potessero convivere, anche se quando preparavamo le Olimpiadi o il mondiale, la crono era la priorità e la strada veniva un po’ sacrificata. Però una volta finito quell’obiettivo, riprendevo tranquillamente la solita routine. Nel 1992 vinsi anche delle belle gare su strada.

In qualche misura apriste la strada?

Facevamo parecchio lavoro specifico, però alla fine Zenoni aveva messo in atto una metodologia di allenamento basata non solo sulla potenza. Facevamo tantissimo ritmo, interval training in salita e allenamenti per velocizzare. Cose che davano vantaggi anche su strada. Non si trattava solo di spinta di grandissimi rapporti. A guardare l’evoluzione degli anni, è un po’ la stessa cosa che adesso vediamo con Ganna e prima ancora con Cancellara. Atleti veramente fortissimi e potentissimi a cronometro, che però vanno bene anche su strada.

La festa per i 70 anni del cittì Zenoni, con Pavarini, Colombo, Peron, Contri, Fina, Salvato, Rota, Aldo Fossa e Fusi
I 70 anni di Zenoni, con Pavarini, Colombo, Peron, Contri, Fina e Salvato, Rota, Aldo Fossa e Fusi
Ganna fa ancora più eccezione, essendo anche un pistard…

Prima chi correva su pista la strada non la guardava nemmeno. Invece Pippo ha dimostrato di essere in grado di prendere una maglia rosa e di vincere anche le tappe nei grandi Giri. Zenoni praticamente 30 anni fa aveva già sposato la stessa filosofia. Io non sono mai stato forte quanto Cancellara o Ganna, però era un po’ la stessa cosa. Facevo le crono e su strada riuscivo a difendermi benissimo: non solo in pianura, anche in salita. E’ chiaro che non potevo figurare sul Mortirolo, però al Tour de France dove ci sono le salite pedalabili, ho sempre detto la mia. Anche nelle classiche (nel palmares ha un 7° posto alla Liegi e un 10° al Lombardia, ndr). Non ho mai creduto a quelli che dicevano se fai la cronometro, non puoi fare nient’altro.

A un certo punto te ne andasti in America…

Ero un ragazzo molto aperto all’avventura, desideroso di provare cose nuove con la bicicletta, ma non solo legate alla bicicletta. Avevo spirito di avventura. Quando sono andato a correre all’estero, era la voglia di sperimentare. La curiosità di vedere cosa ci fosse al di là della mentalità classica degli anni 90. Non mi sono mai messo alcuna barriera e questo forse è andato anche a discapito della carriera.

In che senso?

Quando sono andato alla Motorola, l’ho visto come un’esperienza di vita. Avevo voglia di viaggiare, andare a scoprire cosa ci fosse negli Stati Uniti e presi l’opportunità di andare in questa squadra che faceva tanta attività anche in America. Se avessi pensato con uno schema classico, magari avrei accettato alcune delle belle offerte da team italiani. Sarebbe stato un approccio più classico, però per il mio modo di essere, per l’Andrea Peron di allora scelsi un’altra strada. Di cui non mi pento assolutamente.

Ha corso con la Motorola nel 1995 e 1996, centrando quattro vittorie
Ha corso con la Motorola nel 1995 e 1996, centrando quattro vittorie
Ti ritrovasti in squadra anche un giovane Armstrong?

Giovanissimo Armstrong, però aveva già vinto il campionato del mondo di Oslo e anche un paio di tappe al Tour. Abbiamo corso due anni insieme, poi lui si è ammalato di cancro, nel 1996 si è operato e la squadra ha chiuso come aveva già comunicato. Quando è tornato, ha vissuto una piccola parentesi con la Cofidis e alla fine è andato alla Us Postal, ma a quel punto avevamo preso strade diverse.

Il ricordo più forte di quegli anni è l’arrivo di Pau al Tour del 1995…

Il giorno dopo la scomparsa di Fabio Casartelli, tutta la squadra schierata davanti al gruppo. E due giorni dopo, la vittoria di Lance a Limoges. Fu un’esperienza toccante, forse la prima a contatto diretto con la perdita di una persona cara. Non un familiare, ma una persona molto vicina. Io con Fabio condividevo allenamenti, gare, la camera alle corse, momenti belli e momenti brutti di una carriera sportiva. E’ stata un’esperienza anche pesante, che ovviamente mi ha fatto anche crescere.

Sotto quale punto di vista?

Soprattutto quando sei nello sport, vedi tutto come un sogno. Non ti aspetti mai che il collega con cui cinque minuti prima stavi scambiando quattro chiacchiere o una battuta mentre eri in salita, quando comincia la discesa non lo vedrai più. Perché tu fai una curva e lui la fa in maniera diversa e la sua vita finisce lì. Fabio è spesso nei miei pensieri, come altre persone che sono scomparse lungo il cammino della vita. Purtroppo la morte è una parte di noi stessi, con cui dovremo avere a che fare o prima o dopo. L’importante è essere grati della vita che abbiamo ogni giorno, perché appunto non sappiamo cosa ci può succedere.

Tre giorni dopo la morte di Casartelli, a Limoges la vittoria di Armstrong
Tre giorni dopo la morte di Casartelli, a Limoges la vittoria di Armstrong
Dopo aver smesso, hai cominciato subito con lo sci alpino, le scalate…

E’ stato un ritorno verso la passione della montagna. Quando ero piccolino, sono sempre andato in montagna, ho sempre scalato e fatto alpinismo, ma l’ho lasciato un po’ da parte durante la mia carriera agonistica. E quando ho smesso di correre, ho ripreso a fare quelle cose che non potevo fare durante la mia carriera.

Come è stato smettere?

Dopo la bici, non volevo continuare in una squadra. Angelo Zomegnan (direttore del Giro d’Italia dal 2005 al 2011, ndr) mi diede la possibilità di lavorare in Rcs e ci sono rimasto per quattro anni. Poi è arrivata Castelli. Conoscevo l’azienda e sono entrato collaborando con il settore corsa e lo sviluppo dei prodotti. Sono nel ciclismo, insomma, ma a modo mio. E poi seguo anche Karpos, il marchio outdoor.

Qual è il tuo apporto?

Ci metto del mio nel creare i capi, do i miei consigli. Seguo lo sviluppo dei prodotti con le squadre. Provo anche qualcosa, ma è giusto che i feedback decisivi li diano i professionisti. Corridori e alpinisti. Io posso valutare, ma sono loro quelli che li usano e li portano tutti i giorni al limite.

E la tua curiosità si è assopita ?

Neanche un po’, avevo in programma dei viaggi, ma il Covid ha fermato tutto. Se si fosse spenta, adesso sarei in poltrona e non in giro per il mondo…

Quick Step con Castelli: inizia un’altra fase di sviluppo

03.01.2022
4 min
Salva

«Alla Quick-Step Alpha Vinyl – dice Patrick Lefevere, annunciando la collaborazione fra la squadra e Castelli – abbiamo sempre cercato di innovare e trovare nuovi modi di pensare per aiutarci a migliorare, quindi siamo lieti di poter costruire questa partnership. Come noi, hanno una lunga e ricca storia nel ciclismo, eppure stanno ancora spingendo per essere i migliori, in continua evoluzione e alla ricerca di nuovi modi per migliorare il loro abbigliamento e rimanere al top. Il ciclismo è spesso una battaglia di condizioni e poter partecipare alle gare più importanti del mondo con il miglior abbigliamento tecnico disponibile, sarà un enorme vantaggio per i nostri ciclisti. Siamo lieti che si uniranno alla famiglia Wolfpack».

I corridori del team belga avranno a disposizione maglie e body da strada (foto Wout Beel)
I corridori del team belga avranno a disposizione maglie e body da strada (foto Wout Beel)

Squadra nuova

Il comunicato va avanti con varie spiegazioni, finché la palla passa ad Andrea Peron, direttore della performance di Castelli. Ed è proprio con lui che abbiamo parlato per farci raccontare che cosa significhi passare in così breve tempo da uno squadrone come il team Ineos Grenadiers a quello belga, dovendo riporre nel cassetto abitudini costruite in anni di collaborazione, per crearne di nuove.

«Si ricomincia da zero – dice Andrea, varesino classe 1971, pro’ per 15 stagioni – se non altro per l’organizzazione dei prodotti e la loro distribuzione agli atleti. Il meccanismo per il resto è abbastanza collaudato. Andiamo dalla nuova squadra e mettiamo sul tavolo i prodotti sviluppati negli ultimi anni. Loro portano la dotazione precedente e ci spiegano quali siano le abitudini dei loro atleti. E poi insieme verifichiamo se ci siano dei punti di contatto e cosa possiamo offrirgli del nostro pacchetto. Posso dire che rispetto ai precedenti, offriamo un catalogo più ampio, frutto delle nostre ricerche. Quindi si decidono i prodotti che useranno e da quel momento si inizia a ragionare con i singoli atleti».

La squadra dal 2022 passa da Vermac ad abbigliamento Castelli (foto Wout Beel)
La squadra dal 2022 passa da Vermac ad abbigliamento Castelli (foto Wout Beel)

Anche su misura

La Quick Step-Alpha Vinyl sta per iniziare il secondo ritiro della nuova stagione, dopo quello di Calpe svolto a dicembre e da lunedì prossimo anche Andrea sarà in Spagna per seguire le richieste dei corridori.

«Con il 70-80 per cento dei ragazzi – prosegue Peron – si ricorre a taglie standard. Poi si mette mano ai casi più complicati, come esempio gli atleti molto alti e molto magri, oppure quelli con il quadricipite più grosso e via dicendo. Per loro si ricorre a lavorazioni personalizzate. Diciamo che proprio guardando alla Quick Step, il più particolare di tutti è Kasper Asgreen. Nella squadra c’è una figura che filtra richieste e problematiche (lo stesso ruolo che alla Trek-Segafredo è di Leslie Zamboni, ndr) e si tratta di Ricardo Scheidecker, responsabile dei materiali. E’ una figura importante, perché deve conoscere la materia ed essere in grado di entrare nei dettagli tecnici».

Per il 70-80% dei casi valgono le taglie standard, con il resto si personalizza (foto Wout Beel)
Per il 70-80% dei casi valgono le taglie standard (foto Wout Beel)

Nuovo body da strada

E proprio i dettagli tecnici, come diceva bene Lefevere in apertura, sono quelli che fanno la differenza. Non è difficile ricordare le sperimentazioni che Castelli ha condotto negli anni a favore di Ineos e poi per ricaduta della nazionale italiana. Il lavoro fatto con i team appartiene al know-how aziendale.

«Grazie a Ineos – riconosce Andrea – il nostro reparto di ricerca e sviluppo ha continuato a progredire, mettendo a punto una grande tecnologia di cui ora godrà la Quick Step. Allo stesso modo in cui sono certo che fra tre anni, potremo dire che grazie alla collaborazione con questi ultimi, avremo fatto altri progressi. Le sinergie sono alla base del successo reciproco. Come concezione, i prodotti che forniamo loro sono gli stessi che aveva Ineos, ma ovviamente ne hanno la versione più nuova. Ogni anno si migliora qualcosa. Il pacchetto è completo e si adatta a ogni situazione. Magari i belgi, specializzati nelle classiche, stresseranno i giubbini come la Gabba più di altri. E ad esempio abbiamo già messo a punto con loro un body da strada per le gare di un giorno, che verrà bene anche nei Giri».