Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, Imola 2020

Longo Borghini, l’obiettivo è staccarle tutte…

09.01.2021
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Elisa Longo Borghini ha ritrovato le sensazioni, il morale e di conseguenza il sorriso. La conseguenza di tutto ciò sono stati tre vittorie e nove podi, compresi quelli del Giro e dei mondiali. Il dato che più piace sottolineare alla vigilia della stagione olimpica, è che pur avendo davanti un paio di mostri sacri come Van Vleuten e Van der Breggen, la piemontese ha ridotto il gap che da loro la divide.

«Il lockdown le ha fatto bene – disse scherzando Paolo Slongo commentando il suo ritorno ad alto livello – perché finalmente non ha potuto allenarsi troppo».

Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, europei Plouay 2020
Elisa Longo Borghini e Annemiek Van Vleuten, testa a testa agli europei
Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, europei Plouay 2020
Longo Borghini-Van Vleuten, testa a testa agli europei

«Credo in effetti di aver lavorato meno – disse lei – ma non di aver lavorato poco. Con Paolo abbiamo pianificato di fare una media di 18-20 ore a settimana, con un programma per ripartire tranquilli senza perdere troppa condizione. Nelle prime tre corse sono arrivata, seconda, terza e quarta. Poi sono stata in ritiro con la Trek-Segafredo, nello stesso agriturismo dei professionisti con altre due compagne, Ragot e Plitcha. Il bello è che Slongo ha potuto seguirci ogni giorno. Quel ritiro mi ha cambiato la stagione, l’ho vissuto bene e ne sono uscita meglio».

Il gap scende

Abbiamo ripreso il discorso con il tecnico trevigiano, cercando di capire quale Elisa vedremo sulla strada verso Tokyo

«Secondo me – dice Slongo – Elisa ha trovato la vera dimensione, negli anni scorsi si era persa anche lei. Quest’anno si è messa a pari ed è tornata al suo livello. Certo, anche lei ha davanti l’Eddy Merckx delle donne. Lei va forte, però quando trovi la Van Vleuten che fa quello che ha fatto… Però la cosa buona è che a partire dall’europeo il gap si è ridotto. Elisa si è avvicinata molto ed è positivo per il 2021».

Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, Imola 2020
Spalla a spalla finale con la Van Vleuten nella volata di Impla
Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, Imola 2020
Spalla a spalla nella volata di Imola

Sin da junior

La collaborazione tra i due è di vecchia data, ma quando Slongo è passato al Team Bahrain era stato costretto a interromperla.

«Ho lavorato con lei da juniores – spiega – quando è passata fra le elite. Era alla Fassa Bortolo, a Spresiano, e io ho un ufficio a Treviso. E a quelli della zona do sempre una mano. In più avevo lavorato col fratello in Liquigas, così abbiamo cominciato a lavorare insieme. Al primo anno con il Bahrain sembrava che il progetto dovesse essere diverso anche per noi, che fossimo parte in causa in modo più importante. Per cui le ho detto: “Se vuoi io ti seguo, ma mi secca che un’atleta di alto livello come te sia seguita così poco”. Eravamo costretti a rimandare i test, perché magari io non c’ero e non era giusto. Le ho detto che se voleva guardarsi attorno… Così è passata con con Mattia Marcellusi, che sta a Vicenza e lavora con la Ntt. Hanno collaborato per un anno e mezzo, poi non si è trovata bene e ha interrotto».

Elisa Longo Borghini, Fiamme Oro
L’arrivo di Breganze che vale il tricolore su strada 2020
Elisa Longo Borghini, campionato italiano Breganze, 2020
Così a Breganze conquista il tricolore

La svolta del 2017

Slongo tornava dalla Vuelta del 2017, quella di Froome davanti a Nibali. E quando Paolo Longo Borghini lo chiama e gli dice che la sorella non vuole nemmeno andare al mondiale di Bergen, perché non sta in piedi, i due ricominciano a sentirsi.

«Mi aveva chiamato prima il fratello – conferma – dicendo che Elisa non andava avanti. Diceva di essere in overtraining. Non voleva andare (in realtà la piemontese parteciperà, ma si ritirerà, ndr). Siccome avevo capito che il progetto del Bahrain non aveva le promesse iniziali, le proposi che avremmo potuto ricominciare a collaborare. E dall’anno successivo abbiamo ricominciato. Quest’anno poi la squadra ha anche il femminile ed è stato più facile lavorare insieme. Al primo ritiro ora in Spagna ci sono anche loro. Una cosa è avere l’atleta con te, altro è dire cose e basta. Ha più qualità viverci assieme, fare dietro moto, fare i test. sono cose che pagano. Il suo programma prevede di correre di più e, per come sta andando, potrebbe andare subito forte. Ma fatto un periodo di stacco dopo le classiche, il clou della stagione per lei ci sarà fra Giro d’Italia e Olimpiadi. Vincere di più? Le sue fibre sono rosse, grandissima resistenza e poca velocità, anche se ci lavoriamo. Si deve lavorare sulla tattica di corsa, dovremo staccarle tutte. E la forza davvero non le manca».

Vincenzo Nibali, Domenico Pozzovivo, Etna Giro d'Italia 2020

Slongo cosa dici, lo Squalo morde ancora?

08.01.2021
6 min
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Nibali ha riavviato il grosso motore e Paolo Slongo, il suo allenatore di sempre, che dalla Liquigas lo ha seguito passo dopo passo fino alla Trek-Segafredo, si è messo ad ascoltarne il rumore per capire come riportarlo ai giri giusti. Vincenzo ha dato l’idea di non essersi mai fermato, fra gravel e mountain bike, pervaso da una palpabile voglia di rifarsi. Noi allora abbiamo parlato proprio con Slongo, facendo tutte le domande, anche quelle dei più scettici.

Questa ce la togliamo subito: cosa si risponde a chi dice che Vincenzo non vincerà mai più un grande Giro?

Secondo me (sorride, ndr) fisicamente, per esperienza e tutto, Nibali è ancora competitivo e integro. L’unica cosa che può cambiare è la motivazione. Quest’anno lo vedo sul pezzo, senza far proclami. Abbiamo scelto di tornare alle origini, di non dichiarare degli obiettivi troppo alti per non subire poi i soliti processi. Gli piace ancora andar via in bici, voleva togliersi un po’ di peso. E’ normale che poi sarà lì a lottare. Penso che se uno così continua a correre, la volontà è fare bene.

Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Tra i ricordi più belli, la vittoria del Tour de France 2014. Da sinistra, Martinelli, Nibali e Slongo
Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Slongo con Martinelli e Nibali, a Parigi, nell’estate del 2014
Il 2020 non va considerato?

Ha pagato il lockdown più di altri. La ripresa poteva essere gestita meglio, sapevo anche io che c’era un programma ottimale. Ma la pandemia c’è ancora ed era un rischio troppo grande. Se ne sta già parlando all’estero. In una persona normale non cambia niente, per uno sportivo potrebbe esserci un danno, un abbassamento del VO2Max. Per cui meno rischi si prendono e meglio è. 

Con gli anni si è persa brillantezza?

Col passare degli anni, la resistenza resta, ma perdi un po’ di esplosività e di brillantezza. La cosa più difficile è trovare gli stimoli per lavorare sempre di più. Purtroppo nell’aver a che fare anche con questi giovani talenti, che magari hanno entusiasmo, freschezza e pochi obblighi di famiglia, diventa più difficile per un atleta che è da tante stagioni sempre sulla cresta dell’onda. Gli anni non pesano per l’età, ma anche per gli stimoli.

Da cosa si deduce il calo dell’esplosività?

Dalle sensazioni in corsa, nel vedere che nell’uscita da una curva perdi un metro e fatichi a riprenderlo. E poi nei test. Non è tanto il punto di forza massimale, che rimane quasi uguale. Però se ne fai tre, quattro, cinque… a ogni scatto tendi a calare un po’. E’ quello che cambia con l’andare avanti dell’età.

L’incidente alla schiena ha lasciato strascichi?

Non ne abbiamo mai parlato tanto, ma lo ha portato a modificare se stesso. Per essere un professionista e fare il mondiale ha cementato le due vertebre, ma ha convissuto più di un anno con i dolorini alla schiena. Adesso ha questa sensazione della spinta di un piede che non è come prima. Sono tutte cose cambiate dal momento di quell’incidente. C’è stata una rincorsa da parte di tutti per cercare di stare bene, ma il segno è restato. Dolori non ne ha più. Nibali è una macchina perfetta, quando è in forma è super sensibile e anche una virgola gli dà fastidio. Dopo quell’incidente di virgole ce ne sono state tante. 

Vincenzo Nibali, caduta Alpe d'Huez, Tour de France 2018
La caduta all’ìAlpe d’Huez del 2018 ha inciso sulla storia sportiva di Nibali, anche se se ne è parlato sempre poco
Vincenzo Nibali, caduta Alpe d'Huez, Tour de France 2018
La caduta all’Alpe d’Huez ha avuto strascichi pesanti
Il calo di esplosività intacca il recupero?

Può incidere. Il ciclismo è un po’ cambiato, è livellato in salita e magari chi è più esplosivo nel finale riesce ad avere vantaggio. Il soffrire di più in corsa ti porta a recuperare un po’ meno. Fisiologicamente Vincenzo recupera sempre bene. La capacità di essere costante nella terza settimana resta, ma può essere condizionata. Al Tour ci sono stati pochi secondi di distacco, la differenza si fa su pochi particolari. Sei sempre là, ma ti può mancare qualcosa per vincere.

Quindi si lavorerà soprattutto sulla brillantezza?

La quantità devi sempre farla, non manca solo esplosività. E’ uno sport di resistenza e ci sono tante varianti, che prima non erano al centro dell’attenzione, mentre quest’anno lo saranno. Senza tralasciare la base di lavoro. Le ore servono, ma tra farne 6 a spasso e 5 fatte bene, non c’è dubbio su cosa sia meglio. Vincenzo ha 36 anni, conta tanto la qualità. Ha un motore diverso, è un discorso di carico crescente e allora, non potendo fare allenamenti di un giorno intero, cresci la qualità dentro le ore.

Secondo Slongo, il Nibali atleta è meticoloso nel lavoro?

Sicuramente è più scrupoloso dei primi anni, magari però può essere che gli stimoli vengano a pesare sempre più. Quando qua c’è stata la prima neve, alcuni atleti sono andati a Calpe e hanno lavorato a 15-18 gradi. Da noi non ci si poteva allenare più di tanto, quindi facevi 13-14 ore di bici più palestra. Gli altri in Spagna ne facevano 25-28. Il nocciolo è che a febbraio quelli andranno di più, poi alla Parigi-Nizza o alla Tirreno anche gli altri verranno fuori. Ormai non si inventa più niente.

Vincenzo Nibali, cronometro Valdobbiadene, Giro d'Italia 2020
L’ultimo Giro d’Italia per Slongo non è un metro di paragone attendibile
Vincenzo Nibali, cronometro Valdobbiadene, Giro d'Italia 2020
L’ultimo Giro non va tenuto in considerazione
L’obiettivo è partire forte?

Essere subito un po’ più brillante anche per il morale, se non a febbraio, per marzo. Non cambia tanto. Quelli con cui ci confrontiamo sono spesso in ritiro, praticamente dopo ogni gara. Serve motivazione per stare in ritiro due settimane.

Basta Teide?

Io rispetto la persona, ma ho anche metodo. E secondo me, per il mestiere che è il ciclismo, il lavoro e la vita da atleta hanno sempre pagato e sempre pagheranno. Il cambiamento che stiamo facendo nasce però dal voler rispettare la sua psicologia. «Se una cosa mi pesa e non la voglio fare, è meglio non farla. Cerchiamo alternative per poter essere lo stesso competitivi». Perciò, invece di fare due ritiri, ne faremo uno. Prima era lui che seguiva le indicazioni, adesso è più parte in causa nelle scelte.

Una rivoluzione?

Si lavora seguendo un progetto, ma si lascia a Vincenzo, per sua richiesta, un po’ più di libertà nell’interpretare l’allenamento. C’è una linea guida, ha pedalato, sicuramente ha fatto un bell’inverno. Anche la palestra quest’anno l’ha interpretata bene, come qualche anno fa.

Vincenzo Nibali, Lugano 2020
Un ottimo inverno, per ripartire subito forte
Vincenzo Nibali, Lugano 2020
Un ottimo inverno per ripartire forte
Farete più gare?

L’idea è di correre di più. E magari, se facciamo il Giro, ci sarà un ritiro fra marzo e aprile, prima delle corse di avvicinamento, anche se il programma deve essere ancora definito. Certo il metodo di sempre, già collaudato in tanti anni, fa dormire più tranquilli. Però allo stesso tempo da allenatore devo saper cambiare anche io e mettere sul tavolo quello che si può fare.

Che rapporto c’è fra Slongo e Nibali?

E’ sempre stato abbastanza costruttivo, non è mai stato accondiscendente da parte mia. E’ stato anche difficile. Abbiamo fatto un confronto a fine anno per mettere dei paletti. Ho sempre voluto una cosa schietta, mi sono sempre messo in gioco. Gli ho detto che se vuole cambiare, non cade il mondo. E’ un rapporto vero e deve essere così. Un allenatore e il corridore devono dirsi quello che pensano. Allora è costruttivo, migliori, ti metti in gioco e vai avanti.

Elisa Longo Borghini, Het Nieuwsblad 2019

Se la Longo sorride, per le altre sono guai…

30.10.2020
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Chi la incontra di tanto in tanto, si è stupito nel vedere che quest’anno Elisa Longo Borghini sia come sbocciata. La piemontese ha vissuto la ripresa con un sorriso nuovo e questa leggerezza le ha portato anche risultati eccellenti. Campionessa italiana a crono. Due tappe e terzo posto finale al Giro Rosa Iccrea. Seconda ai campionati europei, terza ai mondiali di Imola 2020. Perché ciò sia successo è quello che abbiamo cercato di scoprire con lei, alla vigilia dei campionati italiani per i quali è una delle favorite d’obbligo.

Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno Elisa ha già conquistato la maglia tricolore della cronometro
Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno già tricolore della crono
Quasi in vacanza?

Quasi. Dopo l’italiano ci sarebbe la Vuelta Espana, dal 6 all’8 novembre, ma per la situazione attuale mi chiedo se sia il caso di correrla.

Che stagione è stata?

Pazzesca, forse la parola giusta è balorda. Sono partita il 5 luglio per il ritiro al San Pellegrino e fino a settembre sono stata a casa a dir tanto 12 giorni. Uno stress fisico e mentale mai visto prima. Dal ritiro siamo andate in Navarra, poi alla Strade Bianche, quindi un ritiro a Isola 2000 e da lì il Giro dell’Emilia, gli europei, Plouay, Giro d’Italia e mondiali. Ste stai bene, vai liscia, se hai un intoppo butti via l’annata.

Secondo Giorgia Bronzini, il lockdown ti ha impedito di sfinirti in allenamento.

Credo in effetti di aver lavorato meno, ma non di aver lavorato poco. Con Paolo Slongo abbiamo pianificato di fare una media di 18-20 ore a settimana, con un programma per ripartire tranquilli senza perdere troppa condizione. Nelle prime tre corse sono arrivata, seconda, terza e quarta.

Ritiro di San Pellegrino con Nibali e compagni?

Ed è andata molto bene. Ero nello stesso agriturismo con altre due compagne, Ragot e Plitcha e il gruppo Giro degli uomini della Trek-Segafredo. Il bello è che Slongo ha potuto seguirci ogni giorno. Quel ritiro mi ha cambiato la stagione, l’ho vissuto bene e ne sono uscita meglio.

Giro d’Italia: frustrante essere sempre dietro Van Vleuten e poi Van der Breggen?

Non provo fastidio, semmai mi dispiace per la seconda tappa, dove per il caldo torrido ho perso qualche minuto di troppo. Da un lato la classifica è andata, dall’altro senza quel blackout non mi sarei divertita tanto nel resto della corsa.

Traduci, per favore?

Ho perso tanto tempo e ci è successo quello che al Giro degli uomini è capitato alla Ineos-Grenadiers dopo aver perso Thomas. Ci siamo guardate in faccia e ci siamo dette che avremmo puntato alle tappe. E’ iniziato per noi un Giro divertente, magari un po’ meno per le ragazze che hanno dovuto tirare. Non tutti i mali vengono per nuocere, ma intanto abbiamo vinto tre tappe con la musica a tutto volume e tante risate.

Può essere la chiave per affrontare le prossime corse importanti?

Di sicuro un po’ di leggerezza non guasta, anche se essere sempre controllati tende a disperderla.

Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei e poi terza ai mondiali di Imola
Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei
Davvero al mondiale non avresti potuto seguire Van der Breggen quando è partita?

Sono stata colta di sorpresa. Non avevo considerato Anna, perché avevo testa solo per Annemiek Van Vleuten, che mi ha mandato fuorigiri e poi ha bloccato la corsa. A quel punto ho aspettato la squadra, ma era già tutto scritto.

In che posizione collochi questa stagione?

Al netto del marasma generale, è strano, ma la metto in pole position. Non ci credo neanche io, per come si era messa. Ero serena, lo sono ancora. Amo correre, penso di essere fatta per correre. Essere stata per tanto tempo sui rulli, sia pure per una buonissima causa, mi ha fatto capire quanto io ami andare in bicicletta. Volevo correre e forse la paura di perdere ciò che più amo mi ha fatto cambiare anche stato d’animo.

Bello anche il tuo piglio al mondiale nel rispondere a Van Vleuten, secondo cui le olandesi vanno più forte perché sono più libere di scegliere il loro sport.

Semplicemente non la trovavo una ricostruzione congrua con la realtà. Loro hanno un maggior bacino di utenza, per cui vengono fuori più ragazze di talento. Non è un fatto di emancipazione e forse non era nemmeno quello che intendeva.

Che inverno sta per cominciare?

Metterei la firma ora per un buon periodo di preparazione e una stagione come l’ultima. Di sicuro mi allenerò il giusto e lo farò con leggerezza.

Come arrivi al campionato italiano?

Bene, con la testa leggera. Il tricolore è sempre una corsa particolare e so benissimo che mi guarderanno. Vado forte, forse c’è anche il terreno per fare selezione. Andrò a farci prima qualche giro per capire.

Cosa ti è parso del Giro di Ganna?

Del Giro e della sua stagione. La nostra provincia del Vco è tornata dai mondiali con due medaglie ed è stato bello seguire Pippo al Giro. Come ho già detto a Imola, siamo simili. Entrambi nati nella stessa terra, entrambi figli di sportivi, entrambi legatissimi alla famiglia. Lui ha vinto tanto, ma resta sempre uguale. E quando lo senti parlare in inglese, capisci che è di Vignone. Ed è bello anche questo…

Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020

Piancavallo gela il ciclismo dei numeri

18.10.2020
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Martinelli davanti al pullman dell’Astana sulla cima di Piancavallo si ferma volentieri a parlare, poco più avanti Slongo ha appena detto la sua davanti a quello della Trek-Segafredo. I due, che hanno in comune anni di lavoro con Nibali, questa volta sono su posizioni opposte.

Giovani e vecchi

Di colpo è come se il solco fra corridori giovane e più esperti venga scavato dall’assuefazione alla tecnologia. Tanto sembrano smaliziati e aggressivi i primi, quanto bloccati sui numeri gli altri. Oppure certe volte semplicemente i numeri sono l’alibi più utile?

Jakob Fuglsang, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fuglsang a Piancavallo nel gruppetto di Nibali a 1’36”
Jakob Fuglsang, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fuglsang a Piancavallo con Nibali a 1’36”

«Questa generazione di giovani – dice Martinelli – va più forte e non ha paura di menare. Sento invece corridori più anziani che continuano a parlare e snocciolare valori. C’è solo da menare e semmai guardare i numeri la sera. Si va tanto forte. Oggi abbiamo detto a Felline di tirare a 420 watt. Lui ha fatto 7 chilometri a 430 watt e quando è calato a 415, lo hanno subito passato. Ed erano in 25. C’è ancora da scalare lo Stelvio e da quello che ho visto oggi, non so quanti ci arriveranno. Nibali l’ho visto come ho visto il mio. Quando accelerano, non hanno numeri sufficientemente alti e si staccano. Quando a Fuglsang ho detto di stringere i denti, ha detto che non ne aveva».

Il tempo passa

Slongo a quei numeri li legge per spiegare il passo falso di Nibali, che ha pagato 1’36” a Geoghegan Hart e Kelderman. La sensazione che già ieri non fosse brillante nella crono è tornata quando Vincenzo, asfissiato dal ritmo frenetico della Sunweb, si è rialzato a circa 7 chilometri dall’arrivo e si è attaccato alla borraccia.

«Per la corsa è andato male – ha detto il suo allenatoreper i suoi valori è andato discretamente. Il ritmo di Sunweb era così forte che ha dovuto mollare. Kelderman è uno dei pochi che ha la squadra compatta. Sicuramente diventa l’uomo faro ».

Domenico Pozzovivo, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fra i corridori esperti in difficoltà, anche Pozzovivo, 12° a 1’54”
Domenico Pozzovivo, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Anche Pozzovivo in difficoltà: 12° a 1’54”

Quel che si fatica a capire è se il miglior Nibali di oggi sia tanto lontano dal Nibali degli anni d’oro.

«Se prendo la crono di San Marino dell’anno scorso in cui andò bene – ha spiegato Slongo – o quella di Logroño alla Vuelta del 2017 in cui arrivò terzo e fu vinta da Froome, come wattaggi medi siamo in quei valori. Anche oggi penso che Vincenzo sui 20 minuti abbia fatto uno dei suoi best della stagione. Siamo in linea con un Nibali competitivo nei grandi Giri, ma va dato atto che attualmente c’è chi va più forte. Non so se sia da attribuire a un corridore vecchio, anche se per me ha ancora tanto da dare. I valori sono quelli di un bellissimo Nibali».

La terza settimana

L’ammissione, sia pure solo accennata dopo l’arrivo di Piancavallo, lascia riflettere. In questi momenti si deve aver fede nella possibilità di riscatto. Nibali venne già dato per spacciato nel 2016 dopo la tappa di Andalo, poi però la storia andò diversamente. I quattro anni passati nel frattempo non sono una distanza banale, ma Slongo non molla la presa

«Il morale non è male – ha detto – perché Vincenzo è nei suoi valori e per questo proveremo a inventarci qualcosa. E’ un Giro dove i primi sono ad un altissimo livello, bisognerà aspettare per vedere se qualcuno va in crisi. Sfrutteremo il lavoro degli altri e cercheremo fino alla fine di cogliere l’attimo, come è nel nostro stile. Il Giro per i primi 7-8 è tutto aperto, con le tappe che ci aspettano. Nella terza settimana può succedere che qualcuno vada in crisi. Noi non possiamo migliorare più di tanto, la nostra forza negli anni è stata la costanza. Perché non pensare che Vincenzo rimanga uguale e gli altri invece scendano?».

La speranza non muore per prima e con il riposo che bussa, coltivarla può essere un utile esercizio. Poi però, quando si tornerà a combattere, dimenticarsi dei numeri potrebbe essere un altro esercizio su cui applicarsi.