Un bestione di 191 centimetri per 80 chili. In pratica quando passa in testa Oliviero Troìa si sente lo spostamento d’aria! Nel suo caso, soprattutto se stai scortando Tadej Pogacar, è come stare a ruota di una rompighiaccio. O di una locomotiva, fate voi. E un “piccoletto” come Pogacar non prende aria. Poi sia chiaro. Non lavora solo per lo sloveno. Ha già aiutato a vincere McNulty, Trentin, Gaviria…
Il corridore ligure della UAE Emirates è sempre più un uomo squadra. Lo abbiamo visto in prima linea all’Oman e anche in corse di primissimo piano come la Milano-Sanremo e il Giro delle Fiandre. Alla settima stagione da pro’, tutte in questa squadra, il suo ruolo è ben definito. E sì che il colpo vincente che aveva da dilettante ci sarebbe ancora…
Troìa (classe 1994) è alla sua settima stagione da pro’ Qui uno dei suoi ultimi successi da U23, nel 2016 in Spagna
Gigante prezioso
Oliviero non esce da un super periodo. A fine agosto si era rotto la clavicola (dopo che ne aveva rotta una anche a marzo) e stava lavorando ad un bel finale di stagione.
«In effetti – ci ha detto – quello appena passato è stato un anno un po’ sfortunato. Per fortuna che le cose stanno tornando come devono. La condizione è molto buona e abbiamo un leader molto forte».
Nei giorni del Fiandre, Oliviero chiaramente era vicino a Tadej. Il suo ruolo? Garantire una certa sicurezza in gruppo al leader sloveno, aprirgli la strada nei tratti in pavé e portarlo avanti.
«Dovevo proteggerlo e fargli spendere meno energie possibili, soprattutto nella prima parte della gara». Obiettivo raggiunto alla grande visto che era in testa a fare largo al suo capitano sin quasi al momento cruciale dell’attacco sul Kwaremont.
Uno così, con certe caratteristiche è perfetto per questo ruolo. Garantisce un certo riparo dall’aria. Se c’è da fare a spallate non si sposta così facilmente, ma al contrario può creare i suoi spazi. E se c’è da menare per tanti chilometri o da fare una sparata a 60 all’ora lui è presente. Alla Sanremo, per esempio, ha tirato fortissimo l’imbocco della Cipressa: attacco e prima parte di salita.
Motivazione massima
Ma se oggi il livello medio di cui tanto si parla si è alzato, lo stesso discorso vale per i gregari. Per aiutare bisogna essere all’altezza. Magari qualche tempo fa un corridore con certi valori e certe caratteristiche avrebbe potuto essere un leader.
Troìa ci appare davvero tirato, determinato, concentrato.
«E’ vero – riprende – sono più magro dello scorso anno. Ho lavorato molto durante l’inverno e quest’anno sono arrivato alle corse con un’altra forma. Avendo un leader molto forte, mi sono dovuto anche adeguare».
«Con Pogacar in squadra le cose cambiano parecchio. Con un capitano come lui, che forse è il più forte al mondo c’è anche tutt’altra motivazione nel fare il gregario. Vai oltre il tuo 100%, dai di più di quel che hai».
E ora la Roubaix
Nel frattempo è arrivato anche un figlio e questo ha cambiato un po’ gli equilibri. Si dice che un corridore assesti la sua vita. Che sia ancora più vincolato da certi orari e che in “soldoni” possa fare ancora meglio la vita dell’atleta.
«Con un figlio è tutto più bello. Hai più motivazioni quando arrivi a casa. C’è lui che ti sorride e di conseguenza poi sei più spronato anche a fare il tuo lavoro. Non pensi ad altro: lavoro e famiglia».
Non si sa ancora se vedremo Troìa al Giro d’Italia. Ma una cosa è certa la sua campagna del Nord non è finita. Ci sono ancora due appuntamenti importanti da affrontare: la Scheldeprijs e la Parigi-Roubaix. Non ci sarà Pogacar, ma i leader non mancano alla UAE Emirates. Trentin è in ripresa e magari potrebbe essere la sua buona occasione per tornare ad annusare l’aria là davanti.
«Per ora – conclude Troìa – finisco con la Campagna del Nord, poi con la squadra valuteremo cosa fare. Dovrei disputare un grande Giro. Per ora non sono previsto per il Giro d’Italia, forse più per la Vuelta. Ma c’è tempo…».