Tonetti alla Laboral, con una spinta che viene dal cuore

22.11.2023
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Nel raccontare il suo 2023, ci sono state frasi di Cristina Tonetti che ci hanno colpito, quasi spiazzato, che ce l’hanno descritta caratterialmente ancora di più. Negli ultimi anni l’abbiamo conosciuta meglio e per noi trovare la giusta delicatezza per affrontare certi argomenti – che ruotano attorno al suo passaggio alla Laboral Kutxa Fundacion Euskadi – è stato meno difficile del previsto proprio grazie a lei.

Oltre alle potenzialità fisiche della ventunenne brianzola (in apertura con la sorella Greta in una foto tratta da Facebook), abbiamo scoperto suo malgrado quanta forza interiore abbia dimostrato di avere dopo l’improvvisa scomparsa di papà Gianluca ad inizio maggio. Per Cristina ovviamente è stata una stagione non semplice – o turbolenta come ci ha detto lei – che tuttavia ha portato a termine con estrema maturità e senso del dovere.

Qualcuno sostiene che chi riesce a farsi una ragione il più in fretta possibile di ciò che gli succede, bello o brutto che sia, trova la maniera per guardare avanti con più consapevolezza e forza. E Tonetti in questo è stata un caterpillar, come abbiamo capito durante la nostra chiacchierata. Adesso, dopo aver lasciato la Top Girls Fassa Bortolo e goduto delle meritate vacanze, sta già lavorando per la sua avventura in Spagna, in cui è stata da poco a conoscere la sua nuova squadra.

Nel 2024 Tonetti alla Laboral cercherà di conoscere meglio i suoi limiti e le sue caratteristiche (foto Ossola)
Nel 2024 Tonetti alla Laboral cercherà di conoscere meglio i suoi limiti e le sue caratteristiche (foto Ossola)
Cristina com’è andata la prima trasferta a casa della Laboral?

Molto bene. Sono stata nella loro sede nei Paesi Baschi per qualche giorno dopo metà ottobre dove abbiamo fatto visita a sponsor e fornitori. Ho anche conosciuto le mie nuove compagne. Con alcune ci eravamo già incrociate all’Avenir e all’europeo. Poi naturalmente ci sono le altre tre ragazze italiane che conoscevo già e con cui avremo modo di sostenerci a vicenda, grazie soprattutto a Nadia e Debora che sono già lì da un anno (rispettivamente Quagliotto e Silvestri, mentre Laura Tomasi è l’altra nuova arrivata, ndr).

Che impressione hai avuto?

Ho trovato un ambiente familiare, caldo, però con un bel programma e una buona organizzazione. Infatti so che hanno fatto richiesta di diventare WorldTour per il 2024. In base alla risposta che riceveranno, ci hanno fatto vedere come sarà organizzato il team e che calendario verrà fatto. Già prima di firmare il contratto (di due anni, ndr), avevo chiesto a Nadia come si stesse in squadra e lei mi aveva caldeggiato subito la scelta.

Com’è nata la trattativa?

Penso che mi avessero vista in primavera nelle gare in cui ero presente con la Top Girls. E credo di aver fatto vedere qualcosa di me che potesse interessargli. A fine luglio, mentre ero a Livigno in ritiro, mi hanno contattata proponendomi un ingaggio. Ho parlato col loro team manager Aitor Galdos, che parla molto bene l’italiano visto che ha corso da noi (col Gs Garda da dilettante, Nippo e Panaria da pro’, ndr). Mi è piaciuto subito il loro progetto tanto che qualche settimana dopo avevamo già ufficializzato tutto.

C’è stata la possibilità di andare in una formazione WorldTour? Tempo fa Rigato, il tuo ultimo team manager, e il cittì Sangalli dicevano che fossi pronta per questo passo.

Ringrazio Lucio e Paolo per la considerazione che hanno sempre avuto per me. Oltre a loro so che qualcun altro lo sosteneva, però io ho sempre pensato che sarebbe stato un salto troppo affrettato. Meglio fare le cose per gradi, magari dove posso ritagliarmi un po’ di spazio poco per volta. E poi devo dire la verità. Il Giro Donne purtroppo l’ho corso troppo sotto tono. Ero l’ombra di me stessa e probabilmente era scemato l’interesse generale per me. Fortuna che la Laboral ha apprezzato il mio lavoro fatto prima.

Avevi tuttavia una motivo molto serio per non essere al massimo della forma psicofisica.

E’ vero. E’ fuor di dubbio che la morte di mio padre mi abbia condizionato tanto, ma non mi è mai piaciuto usare come scuse quello che mi capita durante una stagione. E questo ho voluto considerarlo uno di quei casi per non avere troppe giustificazioni.

Ti fa grande onore questa considerazione. Come sei uscita da quel periodo?

A maggio non mi sono voluta fermare. E’ stata una scelta durissima, ma necessaria perché probabilmente non sarei riuscita più a ripartire. Ho tenuto botta moralmente finché ho potuto poi ho pagato. Dopo il Giro Donne ero svuotata, però le tre settimane di altura a Livigno con le compagne di nazionale mi hanno rigenerata. Il ciclismo in quei mesi mi ha tenuto lontano da casa e mi aiutato a non pensare a cosa era successo. E’ stata una stagione formativa a livello umano, che mi ha fatto crescere tanto. In ogni caso sto meglio e sento di avere una maggiore motivazione, più profonda, quando corro.

Quanto è pronta Cristina Tonetti al 2024?

Inizio questa avventura con tanti stimoli. Non ho paura di adattarmi a nuovi contesti, anche se dovrò imparare bene lo spagnolo. So che potrò confrontarmi con più frequenza con rivali di livello maggiore. Ci sono alcune novità e tra le tante figure ho cambiato preparatore atletico. Mi seguirà Luca Quinti che lavorerà con la supervisione della Laboral. Per dire, al Giro dell’Emilia sono andata in fuga da lontano. Al primo passaggio sul San Luca sono riuscita a restare con tutte le migliori scalatrici e intanto mi chiedevo cosa ci stessi facendo lì in mezzo (sorride, ndr). Dove non arrivo con i valori, ci arrivo con la grinta. Ecco, cercheremo di capire meglio quali sono i miei limiti e le mie caratteristiche.

Ti sei fissata qualche obiettivo in base al calendario?

Al momento sappiamo che faremo due ritiri di circa dieci giorni con la squadra ad Altea. Il primo a metà dicembre, il secondo a gennaio. Sappiamo che inizieremo la stagione tra Maiorca, Valenciana e Tour UAE poi vedremo più avanti. Personalmente oltre alla mia crescita, vorrei vestire nuovamente la maglia della nazionale, magari con qualche responsabilità in più.

Quagliotto, cosa significa correre in un team basco?

19.05.2023
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In questi giorni l’attività di Nadia Quagliotto è frenetica, come per tutte le cicliste coinvolte nella lunga serie di corse spagnole. Tanti impegni ravvicinati, soprattutto con l’immissione quasi forzata della Vuelta spostata da settembre e portata da 3 a 7 tappe. La veneta di Montebelluna però ha fatto buon viso a cattivo gioco: per lei d’altronde è quasi come correre in casa, ora che fa parte della Laboral Kutxa Fundacion Euskadi.

La scelta fatta lo scorso anno di trasferirsi in un team basco aveva stupito molti. Un vero salto per lei dalla Bepink, anche se un assaggio di ciclismo spagnolo lo aveva vissuto nel 2020, quando aveva militato nella Cronos Casa Dorada, ma quella era stata una stagione strana, praticamente aveva potuto disputare solo il Giro d’Italia.

«Quando sanno che corro in un team basco – racconta la ventiseienne veneta – molti rimangono stupiti, eppure per me non è stato un salto nel vuoto. E’ un ottimo team, sono molto professionali e mi hanno accolto bene, sono quasi coccolata in questo gruppo».

Nadia ha un contratto di due anni con il team basco, dove le straniere sono 4
Nadia ha un contratto di due anni con il team basco, dove le straniere sono 4
Correre in un team basco non è la stessa cosa di una squadra spagnola, c’è una forte componente identitaria…

La squadra femminile è un po’ diversa dall’Euskaltel, lì ci sono solamente 3-4 corridori non baschi e l’apertura è anche abbastanza recente. Nel team femminile si è invece sempre cercato di avere porte più larghe, anche se il nocciolo del gruppo resta basco. Ora è arrivata a farmi compagnia anche Debora Silvestri, proveniente dalla Zaaf. Poi ci sono anche una ciclista tedesca e una lettone.

Si sente il fatto che dietro c’è un popolo che cerca fortemente di difendere la propria identità e cultura?

Sì, per i Paesi Baschi è molto importante l’attività che facciamo. Nel team si parla comunque spagnolo, anche perché quando parlano l’euskadi non si capisce nulla… Chi non è di qui è comunque perfettamente integrato e questa è una cosa che mi piace e aiuta nelle prestazioni.

Alla Vuelta la veneta ha finito in crescendo, risultando la migliore del suo team
Alla Vuelta la veneta ha finito in crescendo, risultando la migliore del suo team
In squadra hai un ruolo di leader?

Diciamo che sono una di quelle deputata a portare a casa il risultato, siamo 2-3 le capitane della squadra, che ha al suo attivo 18 atlete. Per noi la Vuelta è stata molto importante, anche se non è finita come volevamo: puntavamo alla top 10 della classifica a squadre, ma abbiamo chiuso al 12° posto: prime fra quelle non appartenenti al WorldTour.

Con il tuo 30° posto finale sei stata comunque la migliore del team. E’ davvero così difficile correre contro le formazioni della massima serie?

La differenza c’è, è indubbio. Corrono più amalgamate e unite, ogni mossa anche delle capitane è studiata a tavolino, si lavora molto per arrivare a quel punto. Noi cerchiamo di migliorare proprio su questo aspetto. Alla Vuelta avevamo iniziato bene, anche se il ritardo accumulato nella cronosquadre del primo giorno era stato pesante. Le ultime tappe erano le più difficili, ci siamo difese, ma probabilmente riuscire a fare meglio non era possibile.

Alla Durango-Durango Emakumeen di partedì, la veneta è stata la migliore con un 25° posto
Alla Durango-Durango Emakumeen di partedì, la veneta è stata la migliore con un 25° posto
Sei soddisfatta finora della tua stagione?

Sì, anche perché non era iniziata nel migliore dei modi. Ho sofferto per una gastroenterite, fino al Trofeo Binda avevo fatto tutto per bene e la condizione era in crescendo, poi non ho più potuto gareggiare per un mese.

Il tuo miglior risultato è stato il 4° posto alla ReVolta, sempre in Spagna…

Sì, anche se il podio mancato è stata una sorta di rivincita. Prima avevo sfiorato per tre volte la top 10 e a un certo punto cominciavo a pensare che la stagione fosse stregata… E’ vero che tra un 10° e un 11° posto non c’è grande differenza, neanche a livello di punteggi Uci, ma per me contava molto. Un po’ mi rodeva anche se dimostravo di esserci…

Seconda in una tappa del Giro nel 2019, la Quagliotto è ancora alla ricerca della sua prima vittoria
Seconda in una tappa del Giro nel 2019, la Quagliotto è ancora alla ricerca della sua prima vittoria
Che differenze hai trovato rispetto al ciclismo italiano?

Sul piano generale il livello italiano è superiore, come qualità e attività. Qui al di là della Garcia non ci sono altre grandi campionesse, in Italia di atlete al top ce ne sono tantissime e questo è un fattore importante anche per chi arriva dopo, per le più giovani, c’è maggior spirito di emulazione. In Spagna poi c’è il problema del calendario troppo concentrato. I team si sono lamentati soprattutto dopo lo spostamento della Vuelta, perché si è realizzato un tour de force quando poi l’attività negli altri mesi è molto diradata. Chi non è nel WorldTour non può girare così tanto per l’Europa…

Quali sono i prossimi obiettivi?

Vedremo che cosa proporrà il nostro calendario, dopo la lunga parentesi spagnola. Io vorrei sfruttare al meglio la condizione trovata alla Vuelta e magari essere davanti a cercare il risultato pieno. Credo che me lo merito io e ce lo meritiamo come squadra.

Quagliotto diventa “basca”. Biennale con la Laboral Kutxa

25.11.2022
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Abentura berria in basco significa nuova avventura. E’ quella in cui è pronta a tuffarsi Nadia Quagliotto a partire dal 2023 con la Laboral Kutxa Fundaciòn Euskadi.

Dopo due stagioni alla BePink, la venticinquenne trevigiana di Madonna della Salute di Maser (in apertura foto Ossola) ha firmato un biennale con il team continental basco per un trasferimento di mercato che profuma di inedito e di deja-vu allo stesso tempo. E’ proprio Quagliotto a spiegarci tutto, ormai rigenerata dal periodo di riposo durante il quale ha girato il Mediterraneo su una nave da crociera insieme al fidanzato.

Nadia, facciamo un bilancio generale degli ultimi due anni.

Sono stati buoni tutto sommato, anche se avrei voluto dare di più. Principalmente devo ringraziare Walter (Zini, il team manager della BePink, ndr) che mi ha preso dandomi la possibilità di correre e rimettermi in mostra. Arrivavo dalla sfortunatissima esperienza alla Casa Dorada proprio in Spagna dove oltre alle vicissitudini del Covid abbiamo avuto problemi economici con la squadra. In pratica avevo corso meno di un mese. Nel 2021 ho trovato la condizione solo dopo il Giro Donne centrando un podio in Francia, quest’anno invece è iniziato molto bene, ma non è proseguito allo stesso modo.

Cosa è successo?

A marzo ho vinto due tappe e la generale del Trofeo Ponente in Rosa in Liguria. Avevo un bello stato d’animo, ero in forma e volevo restare il più regolare possibile. Però ad aprile a Chambery sono rimasta coinvolta in un incidente stupido. Mi hanno tamponato in un rallentamento e ho battuto il ginocchio destro contro il manubrio. Mi sono dovuta ritirare, saltando così anche Freccia Vallone e Liegi. Mentre cercavo di recuperare ho fatto gli esami del sangue perché sentivo di non stare bene. I valori hanno riscontrato le difese immunitarie basse. Ed infatti ho preso il covid poco dopo. Da lì in avanti ho dovuto sempre rincorrere la condizione.

Braccia alzate al Trofeo Ponente in Rosa. Qui Nadia vince a Ceriale la sua seconda tappa e la generale (foto Ossola)
Braccia alzate al Trofeo Ponente in Rosa. Qui Nadia vince a Ceriale la sua seconda tappa e la generale (foto Ossola)
Ti abbiamo vista però alle corse…

Sì certo. Le ho fatte tutte, ma ho sempre fatto schifo (dice sorridendo, ndr). Non riuscivo a spingere come volevo. Mi sono sentita meglio ad agosto inoltrato. Non ho fatto risultati però almeno non facevo più così tanta fatica. Insomma, sono un po’ di anni che per un motivo o l’altro non riesco a farne bene uno dall’inizio alla fine o come voglio io.

Tornerai a correre per un team spagnolo. La prima volta dicevi che non era andata bene. Perché?

A settembre 2019 ero in uscita dalla Alè Cipollini ed ho fatto il contratto con la Casa Dorada che aveva davvero buoni propositi. Mi aveva aiutato ad essere ingaggiata Asja Paladin (sorella di Soraya, ndr) che aveva firmato prima di me. C’era anche Alessia Vigilia. Tante belle parole del proprietario che sono rimaste tali. Abbiamo iniziato a capire che ci sarebbero stati problemi quando a febbraio 2020, prima che scoppiasse la pandemia, non avevamo ancora la licenza UCI. Poi si è fermato tutto. Nel mezzo ci hanno detto che l’avrebbero presa, ma così non è stato. Siamo riuscite a correre il Giro Donne e ancora non so con quali risorse economiche perché di fatto la squadra stava fallendo. Loro hanno continuato l’anno successivo in un qualche modo, io però avevo già chiesto di essere liberata. Mi ero guardata attorno. Andai alla BePink, ma ero già stata contattata dalla Laboral Euskadi.

Raccontaci pure…

Verso fine 2020 loro hanno fatto un sondaggio per me visto che acquisivano la licenza UCI, ma ero già in parola con Zini e forse ero ancora un po’ scottata da quello che era successo. Stavolta invece, quando mi hanno chiamata tra giugno e luglio, mi hanno subito dato delle rassicurazioni. Il loro general manager è Aitor Galdos Alonso, che è stato pro’ con Euskaltel e Caja Rural ma che ha vissuto e corso in Italia per tantissimi anni (dilettante nell’Unidelta poi pro’ con Nippo e Panaria, ndr). Lui continua a tranquillizzarmi visto il mio precedente (sorride, ndr). Pensate che il mio nome ad Aitor glielo aveva suggerito Monica Guajardo, che fa radio-corsa in Spagna e che è la sorella di Juan Mari lo speaker della Vuelta e di altre gare. Eravamo rimaste in contatto dal 2020. Alla fine qualcosa di buono quell’anno c’è stato.

Hai già conosciuto il resto della squadra?

Sì, abbiamo fatto quattro giorni ad Eibar dal 16 al 19 novembre. Niente bici, ma solo visite da Orbea, altri fornitori e sponsor. Abbiamo fatto diverse riunioni tutti assieme ed individuali per conoscerci meglio. Ho avuto una buonissima impressione e la conferma dei riscontri che mi avevano dato. Vogliono crescere e diventare più internazionali. E’ per questo che hanno preso me, Laizane (lettone, già ex Vaiano, ndr) e la tedesca Schweikart che vive a Maiorca da tanti anni. Il loro obiettivo è diventare WorldTeam dal 2024. Hanno una struttura rodata alle spalle per merito del team professional, l’Euskaltel Euskadi, e quello U23. Il budget ce lo hanno grazie all’appoggio della Laboral Kutxa, la banca che poi da il nome alla nostra squadra (e che ha rinnovato l’accordo fino al 2029, ndr) ed anche al supporto di Mikel Landa, che è uno dei soci della Fundación Euskadi.

Andrai in Spagna a vivere?

No, resterò a casa. Lì ho i miei ritmi, le mie abitudini e le mie zone dove allenarmi. In effetti sono piuttosto schematica ma il mio fidanzato Simone (Ravanelli in uscita dalla Drone Hopper Androni, ndr) sta cercando di farmi aprire alle cose nuove. Naturalmente rientrerò a casa ogni volta che non sarò in ritiro o in giro con la squadra per le gare.

Con che ruolo ed obiettivi Nadia Quagliotto va alla Laboral?

Dobbiamo ancora stilare un programma agonistico, ma mi hanno detto che potrò giocarmi le mie carte senza troppe pressioni. Insieme ad altre 2-3 ragazze ci divideremo i compiti di prime punte. Questo almeno nella prima stagione, poi vedremo quella successiva. La mia intenzione, come dicevo prima, sarebbe quella di fare delle annate senza intoppi. Sono sicura che se riuscirò a mantenere una continuità di rendimento potrò raggiungere dei risultati. Tutte le gare andranno bene per farlo. E magari di conseguenza potrei anche farmi notare da Paolo (il cittì Sangalli, ndr) per tornare a vestire la maglia azzurra.