Le vacanze sui Sibillini, nel regno magico di Scarponi

10.07.2022
7 min
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Oggi il menù di Marche Outdoor ci propone una delle sue portate più succulente, ovvero una pedalata nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, terra di fate e natura incontaminata, ma soprattutto terreno di caccia per veri grimpeurs, con valichi che vanno ben oltre i 1.000 metri di quota.

L’uovo di Sarnano

Il luogo di partenza è Sarnano e il nostro amico Davide, marchigiano doc che dalla piccola Offida (Ascoli) spesso viene a sfidare le salite di questo versante, ci parla di un misterioso “uovo”.

«E’ un reperto archeologico – spiega – ritrovato oltre trent’anni fa in un torrente qua vicino. Andiamo, si trova nella piazza che è in cima al paese».

Sarnano, si parte in salita per raggiungere Piazza Alta
Sarnano, si parte in salita per raggiungere Piazza Alta

E così partiamo, muovendo le prime pedalate tra un nugolo di abitanti chini sull’asfalto che stanno preparando la coreografia per un’infiorata (foto di apertura). Le rampe per salire al centro storico sono davvero micidiali, per cui è d’obbligo per entrambi il rapporto più corto. Dopo aver rotto il fiato sui sampietrini dei vicoli eccoci sbucare in Piazza Alta (nome più che appropriato) e, accanto al Palazzo del Podestà, ecco sbucare l’Uovo di Sarnano dietro l’angolo.

E’ un blocco di calcare alto 1,20 e pesante 3 tonnellate, cavo all’interno e aperto in alto. Sulla sua funzione si sono fatte le ipotesi più varie: un cippo di età augustea o, più probabilmente, un manufatto celtico. Ma anche uno strumento, dopo essere stato riempito d’acqua, per scegliere le coltivazioni più feconde o addirittura per l’osservazione degli astri. Teorie che si intrecciano con i miti della Sibilla e la cultura alchemica di cui i Sibillini sono stati per secoli un punto di riferimento, quando astronomi, alchimisti, eretici e negromanti giungevano da tutta Europa per salire su queste montagne assetati di conoscenza.

San Ginesio resiste

Noi riempiamo le borracce nella fontana riparata dal Palazzo del Podestà e riprendiamo la ripida discesa per lasciare Sarnano e dirigerci verso est, allontanandoci in questo primo tratto dai monti. Un paio di salite e discese ci portano a superare i centri di Gualdo e Sant’Angelo in Pontano, quindi si ritorna verso le montagne che ci attendono nella seconda parte di questo duro percorso, che alla fine misurerà 85 chilometri e 1.900 metri di dislivello.

C’è ancora spazio per la terza salita in successione, quella che porta a San Ginesio, borgo sospeso tra i Sibillini che si ergono a sinistra e la distesa di colline che proseguono nel Fermano e nel Maceratese, a destra. Anche qui sono ancora visibili i segni del terremoto di sei anni fa, ma il paese resiste nei tavolini dei bar in Piazza Gentili dove gli anziani si ritrovano e nei giardini pubblici dove i bambini si rincorrono. Di fronte al bel portale della Chiesa Collegiata di Santa Maria Assunta campeggiano dei poster disegnati di Alberto Sordi, Monica Vitti e altre celebrità del nostro cinema migliore, a promozione del Ginesio Fest in programma per agosto (dal 18 al 25).

Il lago di Fiastra

Scendiamo verso Morichella, la piana si allarga tra campi di grano. Siamo quasi sorpresi di questo ampio tratto di pianura, ma è solo un’illusione perché presto ci addentriamo nella Gola del Fiastrone, con la strada che torna a salire. Le pareti dei Sibillini si avvicinano e noi cerchiamo con lo sguardo una via di fuga verso l’alto tentando di capire in che punto svalicheremo per scendere al Lago di Fiastra.

E’ durante la discesa nel versante ovest della gola che il lago appare dietro una curva a sinistra, senza avvertire, oltre le chiome degli alberi. Lo specchio d’acqua è di un azzurro carico, forte e reso ancora più intenso dal sole a picco. Superiamo la diga da cui parte il trekking per le famose Lame Rosse di Fiastra (singolari successioni sedimentarie caratterizzate da pinnacoli scolpiti dagli agenti climatici) e costeggiamo le piccole spiagge: qualcuno prende il sole, qualcuno si cimenta nel barbecue, qualcuno si regala perfino qualche bracciata nelle sue acque.

A San Lorenzo al Lago riempiamo le borracce poi ci scambiamo uno sguardo con Davide: «Ci siamo…».

Il lago di Fiastra si schiude all’improvviso lungo la discesa
Il lago di Fiastra si schiude all’improvviso lungo la discesa

Sassotetto, si sale

Inizia la salita verso Sassotetto, una delle più impegnative e suggestive dell’intero Parco. Da questo versante, quello di Bolognola, sono 15 chilometri al 5,5 per cento, ma nella parte centrale le pendenze si tengono costanti al 7 per cento.

I primi chilometri hanno dei tratti in contropendenza che aiutano a… prendere le misure con la salita. Tuttavia, superate le Fonti di Acquacanina, da cui zampilla la freschissima acqua dei Sibillini, inizia la vera sfida. Il Lago di Fiastra è ormai tra i ricordi, mentre ai lati della strada le nostre pedalate sono scandite dai pali giallo-nero che servono ad indicare la carreggiata in inverno, quando l’asfalto è innevato. In lontananza, sulle pendici alla nostra destra, una sterrata bianca sparisce in una vallata laterale mentre davanti a noi si impone il verde profilo tagliente della montagna che culmina ai 2.092 metri del Pizzo Tre Vescovi.

I tornanti di Pintura

A Bolognola superiamo due bar e una chiesa e una fontanella diventa nostra facile preda. L’ascesa continua imperterrita ma, complice la nuova acqua fresca nella borraccia insieme al maestoso panorama montano che si apre sempre più, ci sembra di aver trovato dentro di noi nuove energie per affrontare i tornanti che portano a Pintura.

Da qui parte la mulattiera verso il Rifugio del Fargno, mentre noi proseguiamo su asfalto in direzione dei Piani di Ragnolo. Il panorama rimane sempre da cartolina, ma almeno le pendenze sono più abbordabili. L’ultimo scatto sui pedali serve per arrivare ai 1.440 metri del valico, cui seguiranno 15 chilometri di veloce discesa per rientrare a Sarnano.

“Correte in bici, divertitevi, inseguite un sogno”: benvenuti nel regno di Scarponi
“Correte in bici, divertitevi, inseguite un sogno”: benvenuti nel regno di Scarponi

Lo sguardo di Michele

In cima al punto dove si scollina il Sassotetto, nei pressi di una piccola baita col tetto rosso logoro dalle intemperie, dallo scorso ottobre campeggia un monumento dedicato a Michele Scarponi (a tagliare il nastro d’inaugurazione fu il suo amico Vincenzo Nibali). Leggere la citazione dello sfortunato campione di Filottrano, sopra un disegno bianco-blu che lo ritrae a braccia alzate, è un regalo ulteriore per chi arriva quassù con la sola forza delle proprie gambe. Sono parole semplici: “Correte in bici, divertitevi, inseguite un sogno”.

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Fermo Rebirth, altri due anelli che rubano gambe e cuore

07.07.2022
5 min
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Il secondo anello di Fermo Rebirth, uno dei circuiti di Marche Outdoor dedicati alla rinascita del suo entroterra, si snoda in un’area della regione meno conosciuta, ma non per questo meno accattivante dal punto di vista ciclistico. Nel primo anello abbiamo descritto le colline fermane come un susseguirsi di strappi e discese ed anche in quest’occasione di pianura ce n’è davvero poca. Alla fine si accumuleranno 1.800 metri di dislivello in 74 chilometri. 

Secondo anello, si va

Il percorso inizia a Servigliano, uno dei Borghi più Belli d’Italia, e corre in senso antiorario. Lasciata la spaziosa Piazza Roma ci si muove verso nord, incontrando il primo strappo dopo 3 chilometri. Si tratta di appena un chilometro, ma la sua pendenza media rasenta il 10 per cento, ottima per… rompere il fiato.

La festa della Nzegna a Falerone, ad agosto le otto contrade del paese realizzano carri allegorici con il grano (foto MCH)
La festa della Nzegna a Falerone, ad agosto le otto contrade del paese realizzano carri allegorici con il grano (foto MCH)

Passiamo il paese di Falerone, dove la seconda settimana di agosto viene festeggiata la “Nzegna”, una festa dove le otto contrade del paese realizzano carri allegorici composti prevalentemente da grano. Si continua in direzione di Sant’Angelo in Pontano, che però vediamo solo in lontananza. Infatti svoltiamo a sinistra in direzione sud. Tra i vari saliscendi troviamo un altro chilometro al 10 per cento in località Saline (chilometro 15). Quindi altri 3 chilometri di falsopiano per raggiungere Penna San Giovanni, vera e propria perla dell’antica Marca Fermana. Qui ci fermiamo: merita una visita il settecentesco Teatro Comunale, interamente ligneo.

Profumo di Sibillini

All’orizzonte si ergono i 2.300 metri del Monte Priora, già facente parte dei Sibillini. In una decina di chilometri si superano due vallate, lasciandosi alla propria destra Monte San Martino e pedalando su strade secondarie in cui è davvero raro incontrare un’automobile. Al chilometro 29 ci si immette sulla vecchia Statale Fermana-Faleriense, svoltando a destra e concedendosi 5 chilometri di tregua risalendo il corso del Fiume Tenna.

Quando Fermo Rebirth si lascia il mare alle spalle, la strada sale inesorabilmente
Quando Fermo Rebirth si lascia il mare alle spalle, la strada sale inesorabilmente

Poi si svolta a sinistra ed inizia la principale difficoltà di giornata, ovvero la salita verso Smerillo: 8 chilometri al 6,3 per cento di pendenza media, ma con punte di pendenza massima in doppia cifra, tanto che nella seconda parte dell’ascesa si contano diversi tornanti. Prima dell’abitato di Smerillo si svolta a destra, si svalica a quota 805 metri e si raggiunge il centro abitato di Monfalcone Appennino. Abbiamo da poco superato la metà dell’itinerario ma le maggiori difficoltà sono ormai alle spalle.

Si scende infatti verso Santa Vittoria in Matenano e si tocca Montelparo ed un breve tratto del primo anello di Fermo Rebirth, quindi si continua in discesa verso Monteleone di Fermo. Arrivati in Val d’Ete e superato l’omonimo fiume si risale dalla sponda opposta verso Belmonte Piceno (4 chilometri al 4 per cento), prima di fare ritorno a Servigliano.

Montefalcone Appenninico, famoso per i suoi fossili: il mare un tempo arrivava fin qui
Montefalcone Appenninico, famoso per i suoi fossili: il mare un tempo arrivava fin qui

Terzo anello, si sale

Con il terzo anello di Fermo Rebirth si vanno a lambire i Monti Sibillini, entrando per buona parte nel Parco Nazionale. Ne consegue un itinerario impegnativo, con un dislivello di 1.830 metri in 86 chilometri.

Partenza e arrivo sono situati presso l’Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale, a circa 6 chilometri da Amandola, nei pressi del Lago di San Ruffino. Dopo i primi 6 chilometri pianeggianti, si percorre a ritroso un tratto del secondo anello, quello con lo strappo nelle vicinanze di Monte San Martino e, soprattutto, la salita che porta a Penna San Giovanni (4 chilometri al 7,5 per cento).

L’Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale è partenza del terzo anello di Fermo Rebirth
L’Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale è partenza del terzo anello di Fermo Rebirth

Da qui inizia un lungo tratto vallonato sempre tra i 500 ed i 600 metri di quota, in cui la difficoltà principale è rappresentata dallo strappo di Monte Santa Lucia (3 chilometri al 6 per cento), posto più o meno a metà strada tra i centri di Sarnano e Amandola.

La maga Sibilla

Proprio poco dopo Amandola inizia la principale salita di questo anello, ovvero, gli 11 chilometri al 5 per cento che portano a Montemonaco (940 metri di quota) dopo aver superato anche l’abitato di Montefortino. Siamo praticamente ai piedi del Monte Sibilla che dà il nome a questo massiccio appenninico ma, invece di svoltare a destra per addentrarci alle pendici del Vettore, prendiamo a sinistra la via del più tranquillo ritorno.

Lunga discesa sino a Comunanza (dichiarato “paese della longevità” grazie alla presenza di diversi ultracentenari), dapprima più ripida, poi in falsopiano, quindi ancora un “dentello” di 2 chilometri al 7 per cento prima della picchiata sul Lago di San Ruffino e sull’omonima abbazia per completare questo impegnativo percorso tra fiumi, laghi e montagne, avvolti in un rilassante silenzio.  

Aru e Baroncini, amicizia a sorpresa sulle strade dei Sibillini

25.10.2021
6 min
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Hanno pedalato fianco a fianco per tutto il finale, almeno per 15 chilometri (in apertura nella foto di Martino Areniello). Poi si sono seduti allo Spuntino di Montegallo e hanno continuato a tavola fino al pomeriggio inoltrato, mentre fuori il ristoro andava avanti in una giornata d’autunno al profumo di lenticchia, di farro e d’inverno. Aru e Baroncini: un ex corridore e uno che si sta appena affacciando sulla scena. Due che tecnicamente non si somigliano neanche volendo e che invece si sono scoperti lungo i chilometri di #NoiConVoi2021, pedalata di solidarietà sui Monti Sibillini, nata nel 2016 dopo il primo terremoto e aggrappata con le unghie al suo grande obiettivo.

Anche quest’anno, per NoiConVoi le borracce Andriolo, realizzate a tempo di record
Anche quest’anno, per NoiConVoi le borracce Andriolo, realizzate a tempo di record

Dieci anni giusti

Il primo è nato il 30 luglio del 1990. Il secondo il 26 agosto di dieci anni dopo. Il primo ha vinto bene da U23, spingendo parecchio in salita e con le diete, poi si è portato a casa la Vuelta, due podi al Giro, la maglia tricolore e un assaggio della gialla. Il secondo ha appena conquistato l’iride degli U23 e debutterà nel 2022 con la Trek-Segafredo. Giusto dieci anni dopo il battesimo del sardo, che passò con l’Astana nel 2012. Numeri che tornano e pensieri che si accavallano.

Baroncini con Gaetano Gazzoli, organizzatore del Gp Capodarco
Baroncini con Gaetano Gazzoli, organizzatore del Gp Capodarco

Aru da Lugano

Il corridore che smette te lo immagini finito. Scavato, demotivato e scarico. Aru è arrivato sorridendo di buon mattino, con un paio di chili in più rispetto alla Vuelta, ma in gran forma. Ha viaggiato da Lugano con Maurizio Anzalone, compagno fra i dilettanti, amico e lo scorso anno sua spalla nell’avventura del cross. Potrebbe correre anche subito, ma forse il sollievo nel suo sguardo deriva proprio dall’aver preso la decisione di smettere. Diventerà testimonial di brand del ciclismo, alcuni che già lo hanno sostenuto, e poi non nasconde che gli piacerebbe fare qualcosa per il ciclismo in Sardegna.

«Baroncini – dice – mi è parso veramente bravo. Non lo lo conoscevo e veramente mi ha fatto un’ottima impressione. Mi ha fatto piacere scambiarci due parole. Un bravo ragazzo si vede subito. E lui sembra una persona intelligente, umile, per niente montato, anche dopo una vittoria così importante come il mondiale. Benvenga, sicuramente questi sono buoni presupposti per un gran futuro». 

Tratti in comune

Anche Fabio ai suoi 21 anni era così. Semplice, piedi per terra. Ambizioso come si può essere dopo aver assaporato la grande vittoria, ma abbastanza intelligente da stare al suo posto.

«Mi ha chiesto un po’ di tutto – racconta – abbiamo parlato un po’ della della mia carriera, un po’ di vacanze visto che il periodo si avvicina. Mi ha chiesto qualche consiglio per quanto riguarda l’avvicinamento ai professionisti. E un po’ davvero mi ci rivedo. Ha un bell’entusiasmo, ma anche la sua semplicità mi ha fatto molto piacere. In un periodo in cui, non è per criticare, le nuove leve hanno meno i piedi per terra e si vedono alcuni ragazzi un po’ esaltati. E questo non mi piaceva molto…».

Baroncini, padre e figlio

Baroncini è arrivato con suo padre Carlo da Massa Lombarda, entrambi altissimi. #NoiConVoi aveva avuto al via la maglia di campione d’Europa di Marta Bastianelli, mai però quella iridata nella quale il romagnolo sembra ancora più statuario. La strada è lunga, i presupposti perché possa percorrerla bene ci sono tutti.

Al via, il campione del mondo ha realizzato la sua storia su Instagram e posato per tante foto. Ha fatto due chiacchiere con Gilberto Simoni, che lo ha visto correre a San Daniele del Friuli e insieme hanno commentato il lungo inseguimento. Poi, dopo aver affrontato con… dignità gli ultimi tre chilometri di salita piuttosto impegnativa, il romagnolo ha posato per qualche foto all’interno delle strutture donate dopo il terremoto da associazioni emiliane e romagnole, accolto per questo come un eroe.

«Con Fabio – dice – abbiamo parlato un po’ di tutto. Mi ha dato un po’ di dritte anche per come arrivare ai primi ritiri. Gli ho chiesto se ci sia tanta fretta, oppure si possa fare con calma. Mi ha detto che comunque è meglio arrivarci un pelo pronti. Poi abbiamo parlato del più e del meno, anche della vita fuori corsa. Di come gestire le interviste, perché comunque lui ha tanta esperienza su quelle. Non lo conoscevo, mi ha fatto piacere».

Aru, ricordo di Scarponi

Prima di andare, Aru e Baro si sono guardati intorno per l’ultima volta e poi sono partiti verso casa.

«Fa un certo effetto – dice Baroncini – vedere ancora sulle case i segni del terremoto».

«Sinceramente – dice Aru – un giorno è troppo poco per vedere tutto, ma sicuramente il motivo di questa manifestazione è molto importante. Per troppi anni ho rimandato l’appuntamento. Della prima edizione ricordo che mi parlò Scarponi, l’ho detto a qualcuno poco fa in gruppo. Nel 2017 eravamo ancora in squadra insieme e mi raccontò di quando venne nel 2016 per la prima edizione…»

Michele avrebbe partecipato anche nel 2017, la storia è nota. Ma la sua vita si fermò ben prima. Troppo presto. Per questo la manifestazione porterà per sempre il suo nome.