Mancano davvero pochi giorni alla seconda edizione dei mondiali gravel in programma il 7 e 8 ottobre in Veneto, esattamente nello splendido scenario della Marca Trevigiana. Nei prossimi giorni conosceremo i nomi esatti dei principali protagonisti che si contenderanno la maglia iridata vinta lo scorso anno da Gianni Vermeersch.
Seppure non come atleta in gara, abbiamo già il nome di un sicuro protagonista della prossima rassegna mondiale. Si tratta di Topeak, marchio specializzato in accessori di alta qualità, ideali anche per il gravel, distribuito in esclusiva in Italia dalla commerciale veneta Ciclo Promo Components.
Topeak sarà sponsor ufficiale dei prossimi mondiali gravel UCITopeak sarà sponsor ufficiale dei prossimi mondiali gravel UCI
Protagonista
Il marchio Topeak sarà sponsor ufficiale della prossima edizione dei mondiali gravel. Una decisione non casuale, ma legata alla volontà del brand di promuovere da sempre il ciclismo in tutte le sue forme, anche nella emergente disciplina del gravel.
Lavorando in stretta sinergia con professionisti del settore ed ingegneri specializzati, Topeak riesce a sviluppare prodotti di alta utilità e stile, ideali per ogni tipo di corsa. Grazie ai costanti feedback degli atleti, l’ampia gamma dei prodotti Topeak spazia dagli attrezzi per la manutenzione ai mini-utensili, dalle borse alle pompe, dalle luci ai supporti bici e tutto ciò che può essere utile per affrontare ogni sfida.
Topeak è un’azienda da sempre presente nel mondo degli accessori dedicati a questa nuova disciplinaTopeak è un’azienda da sempre presente nel mondo degli accessori dedicati a questa nuova disciplina
Ideali per il gravel
Topeak ha di recente inserito a catalogo una serie di prodotti ideali per il gravel che potranno essere di grande utilità per quanti si cimenteranno il prossimo 7 e 8 ottobre nella rassegna iridata. L’ampia scelta di prodotti gravel spazia infatti dal bikepacking ai borselli per smartphone, dai fanalini bici ai mini-utensili, dalle pompe ai portapacchi e ai parafanghi.
Tra questi possiamo segnalare i seguenti tre prodotti: Gravel Gear Bag, Tubular Barbag, Gravel 2Stage.
Topeak Gravel Gear Bag è il kit per il gonfiaggio CO2 e la riparazione delle coperture tubeless, appositamente pensato per tutti gli appassionati di gravel. All’interno di un agile borsello montato sul tubo orizzontale troviamo i seguenti accessori: la chiave multiuso Tubi 11 e l’utensile Power Lever X, 3 strisce per la riparazione delle coperture da 3.5mm x 5cm, un adattatore CO2 AirBooster e abbastanza spazio residuo per 2 cartucce CO2 da 16g e una camera d’aria di ricambio da 700 x 40c.
La nuova borsa al manubrio Tubular Barbag è ideale per chi ama spostarsi in bicicletta. Semplice ed elegante, presenta una lunga zip frontale per facilitare l’accesso ed è perfetta per portare con te tutto il necessario per brevi gite o spostamenti in città.
La mini pompa Gravel 2Stage di Topeak e dotata di un innovativo selettore di pressione che permette di scegliere tra gonfiaggio ad alta pressione o alto volume, per una manutenzione della propria bici gravel senza sforzi.
Per conoscere tutti gli altri prodotti dedicati al mondo gravel basta sfogliare il catalogo Topeak presente all’interno del catalogo generale Ciclo Promo Components 2024. Ricordiamo infatti che tutti i prodotti Topeak sono distribuiti in Italia in esclusiva da Ciclo Promo Components e acquistabili presso i negozi affiliati.
Il 7-8 ottobre ancora in Veneto avrà luogo il secondo mondiale gravel della storia. Il primo lo organizzò e anche bene Filippo Pozzato nel 2022. Sembrava dovesse andare così anche quest’anno, dato che l’assegnazione era biennale, invece nel cuore dell’estate qualcosa non è andato come si pensava. Nessuno sa bene come e perché, ma la PP Events del vicentino ha ricevuto una lettera di disdetta da parte dell’UCI. La Federazione italiana si è affrettata a scrivere in un comunicato di non averne responsabilità, mentre il diretto interessato al momento ha scelto di non dire nulla, concentrato sulle sue corse di fine stagione.
Comunque sia, il mondiale gravel 2023 è passato nelle mani di Pedali di Marca, organizzazione trevigiana che fa capo a Massimo Panighel, organizzatore di mondiali Marathon e referente per le tappe dolomitiche dell’ultimo Giro d’Italia. E così dai sentieri di Asiago in cui par di capire che fosse tutto pronto, la sfida si svolgerà sulle colline del Prosecco, avendo però appena due mesi per mettere insieme tutto. Abbiamo intercettato Massimo Panighel, appena uscito dalla banca in cui lavora.
Alla presentazione di Gravel in the Land of Venice, Panighel con il presidente veneto ZaiaAlla presentazione di Gravel in the Land of Venice, Panighel con il presidente veneto Zaia
Quando hai saputo ufficialmente che c’era da mettere mano al mondiale gravel?
Il 4 agosto. E non è vero, come dice qualcuno, che Panighel lavorasse sotto traccia dall’inverno, perché davvero non ne sapevo nulla. Il 2-3 agosto, durante una riunione con il Comitato provinciale per parlare della riforma dello sport, ho chiesto al presidente provinciale se ci fossero notizie: se il mondiale gravel lo avrebbero fatto ad Asiago oppure a Cortina, perché girava anche questa voce. E lui ha fatto un sorriso strano, che ora posso interpretare diversamente. Avevo sentito qualche voce un mese prima, alla Dolomiti Superbike, ma nulla di più. Il primo passaggio ufficiale è stato due giorni dopo quando mi ha chiamato Peter Van den Abeele dell’UCI, mentre ero in vacanza ad Auronzo.
Che cosa significa mettere in piedi un mondiale in così poco tempo?
Prima c’è stato il percorso, che andava disegnato. Ci penso tutte le mattine e tutte le sere quando vado a letto, abbiamo 20-25 giorni di tempo. L’UCI ha visto il percorso l’ultima settimana di agosto. Lo abbiamo disegnato cercando di stare nei limiti che ci hanno imposto, cioè 60 per cento di sterrato e 40 di asfalto. Il tutto, dovendo anche assecondare le richieste dei sindaci, per passare dove hanno piacere o necessità che si passi. Però è un bel percorso.
Fatto come?
Si parte dal Lago delle Bandie, dove c’è stato il mondiale di ciclocross del 2008, poi si passerà una prima volta a Pieve di Soligo e faranno un primo anello nella zona di Revine Laghi, Tarzo e San Pietro di Feletto. Un altro passaggio sul traguardo di Piave di Soligo e si farà un secondo anello nella zona classica del Prosecco, fra Pieve di Soligo e Valdobbiadene. La lunghezza sarà sui 160-170 chilometri per gli uomini con circa 1.800-2.000 metri di dislivello. Quello delle donne lo stiamo ridisegnando adesso, perché abbiamo dovuto fare dei tagli, sarà sui 140 chilometri con 1.600 metri di dislivello. Ma il problema non è tanto per le categorie elite, il fatto è che bisogna disegnare tre percorsi per le categorie master e questo sarà davvero impegnativo. Come sarà un bel lavoro trovare e gestire i volontari, trovare le ambulanze… Non è così semplice.
Il mondiale gravel partirà dal centro Le Bandie, dove si disputò il mondiale 2008 di cross (foto Facebook)Da Pieve di Soligo si andrà verso Valdobbiadene e le colline del Prosecco (foto f. Marquez)Il mondiale gravel partirà dal centro Le Bandie, dove si disputò il mondiale 2008 di cross (foto Facebook)Da Pieve di Soligo si andrà verso Valdobbiadene e le colline del Prosecco (foto f. Marquez)
Quali risposte avete avuto dai Comuni, dai territori, avendo così poco preavviso?
Ottime, perché fortuna vuole che Fabrizio Cazzola, che è Consigliere federale e fa parte del gruppo ristretto che sta lavorando al mondiale, è di quelle zone quindi conosce benissimo le persone che contano. Un’altra figura cardine è il presidente del Comitato provinciale, Giorgio Dal Bo’, che con la Prefettura e la provincia di Treviso sta portando avanti il discorso delle autorizzazioni. Gli stessi Comuni si sono impegnati a chiedere i permessi nei confronti dei privati, i cui terreni saranno attraversati dai percorsi.
L’organizzazione è in mano a Pedali di Marca?
Diciamo che Pedali di Marca è il referente presso l’UCI, ma abbiamo cercato di fare un comitato di lavoro esteso, coinvolgendo tutte le società della provincia di Treviso, fra cui quella di Lucio Paladin, papà della Soraya. C’è bisogno di tutti, non si può pensare che una sola persona faccia il mondiale, ci vuole la collaborazione di tutto un territorio.
Pensi che ci sarà anche una ricaduta in termini di promozione del territorio?
L’anno scorso, quando venne fuori che Pozzato avrebbe organizzato il mondiale per due anni, ci incontrammo. Io sto portando avanti da tre anni con la Regione Veneto un progetto che si chiama Gravel in the Land of Venice. Abbiamo fatto 80 percorsi nel Veneto dedicati al gravel, più o meno impegnativo, dagli argini alla pianura, la laguna, le colline, la montagna. Proposi di unire le forze, in modo che la gente venisse a vedere il campionato del mondo, ritrovandosi in un territorio dove c’è la possibilità di fare pedalare. Però non se ne fece nulla. La risposta a questa domanda è che se il territorio capisce di avere delle potenzialità, allora il ritorno c’è.
Se lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van AertSe lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van Aert
Di quali potenzialità parliamo?
In quegli 80 percorsi, abbiamo mappato 6.000 chilometri di gravel, ma probabilmente potrebbero essere molti di più. Bisogna capirlo. La Toscana ne ha fatto un business, perché ormai le Strade Bianche sono un’icona, che non ha neppure bisogno di presentazione. Qui avremmo un territorio che è altrettanto valido, ma per avere un ritorno bisogna cogliere l’occasione, non dipende da Panighel. Però facciamo un po’ fatica. Ho visto anche che le tappe del Giro d’Italia a livello personale sono state una bellissima esperienza, ma siamo certi che abbia avuto un ritornoadeguato?
Qual è la tabella di marcia per i giorni che restano?
E’ come quando arriva una fattura con scritto “pagamento a vista”. Spero di fare l’ultimo sopralluogo e chiudere i percorsi nel prossimo fine settimana, cercando anche di accontentare le richieste di Golazo Cycling, la società belga che lavora con l’UCI. Una tabella di marcia vera e propria non la so indicare, perché è tutto urgente. Ci dividiamo i compiti, ognuno porta avanti il suo. Il discorso dell’assistenza sanitaria non è una cosa di poco conto, perché l’evento va avanti per due giorni. Si dovranno gestire circa 500 volontari. Poi c’è la parte della logistica. Va preparata la guida tecnica internazionale per l’UCI. C’è il discorso hotel. C’è tutto il fronte della comunicazione, c’è da trovare lo speaker. Non so chi abbia avuto la bella idea di dare in giro il mio numero, per cui mi stanno arrivando richieste per le iscrizioni che invece gestisce Golazo. Spero che alla fine vada tutto bene e che qualcuno ci dica se non altro che abbiamo fatto un bel lavoro.
Per comunicazione intendi anche quella verso gli utenti?
E’ un problema, perché la gente potrebbe aver preso impegni diversi. Ci fosse stato almeno il secondo mese a disposizione, sarebbe stato diverso, ma il secondo mese a disposizione era agosto ed era tutto fermo. E’ chiaro che più vai avanti e più diventa difficile gestire ad esempio le prenotazioni. Magari c’è il belga che ha aveva prenotato una settimana a Peschiera del Garda, e ora deve disdire, magari perdendo la caparra. Per questo ci sono cose che non capisco.
Panighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsiPanighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsi
Quali cose?
Ho firmato altri contratti con l’UCI. A fine settembre 2023 avremmo dovuto pagare la prima rata per il mondiale Marathon che organizzeremo nel 2026. L’abbiamo posticipata, dovendo pagare quella del mondiale Gravel, ma in ogni caso so benissimo che se ritardi un giorno, ti chiamano subito. In queste cose non si affonda da soli, ci sono anche altre componenti. Forse ci saranno sotto questioni politiche che a me sfuggono, io da uomo di sport sto dando una mano per venirne fuori.
Non resta che lavorare?
Quello che stiamo facendo. Noi abbiamo anche un mondiale nel 2026. C’è un velodromo a Spresiano che speriamo prima o dopo abbia conclusione, in cui si dovrebbe svolgere un mondiale su pista. Stiamo lavorando tanto col gravel, perché è una disciplina emergente che porta tanta soddisfazione, in fondo basterebbe che ognuno facesse bene il proprio compitino. Io provo a fare il mio e intanto lavoro anche in banca. La tipa di Golazo non voleva crederci, ho dovuto spiegarle che ho una moglie e dei figli da far mangiare e tutto il resto per me è volontariato. Ma non sono convintissimo che ci abbia creduto…
Con una lettera inviata ai corridori della Gazprom e al CPA, l'UCI spiega che la situazione resterà immobile fino alle sentenza del TAS. Che ancora tace
Abbiamo provato la BMC Kaius per un lungo periodo, testando differenti setting e portando questa bici all’interno di diversi contesti ambientali e gare.
La Kaius si conferma un proiettile ovunque. E’ una bicicletta tanto tirata, a tratti estrema, quanto agile, leggera e fluida nella guida, che esprime una stabilità inaspettataanche sui tratti particolarmente smossi e rocciosi.
La Prevot al riscaldamento pre-mondiale La Prevot al riscaldamento pre-mondiale
La versione One 01
E’ la top che propone il catalogo. Per intenderci è la bicicletta che veste il primo iride gravel della storia, grazie a Pauline Ferrand Prevot. La pluricampionessa francese non è stata l’unica ad utilizzare la nuova Kaius al mondiale gravel: anche Van Avaermat si è presentato al via con questa bicicletta.
Dal punto di vista dell’utilizzo, la BMC Kaius nasce in modo specifico per le competizioni gravel. A tratti sembra una bicicletta road race, di quelle super performanti e con le gomme un po’ più grandi. Talvolta una bicicletta gravel che esprime delle performances elevate è accostabile ad una road endurance, in questo caso lo step è addirittura superiore.
Lo sterzo, il manubrio e le asole sull’orizzontale per un piccolo bag (foto Jérémie Reuiller-BMC)Un cockpit estremo nel design, ma davvero gratificante da usareI foderi posteriori di concezione aeroLa zona centrale, molte forme diverse dei tubiSi può montare anche il deragliatoreLo sterzo, il manubrio e le asole sull’orizzontale per un piccolo bag (foto Jérémie Reuiller-BMC)Un cockpit estremo nel design, ma davvero gratificante da usareI foderi posteriori di concezione aeroLa zona centrale, molte forme diverse dei tubiSi può montare anche il deragliatore
Velocità, reattività e agilità
La Velocità non è espressa e contestualizzata “solo” nello spingere forte sui pedali ed andare veloce. Nella Kaius emerge da subito, fin dalle prime pedalate, quando la bicicletta sembra scappare via da sotto la sella. E’ piuttosto rigida, ma non è estrema e non “picchia” eccessivamente nella zona del sopra-sella. Non è una spacca polsi. E’ semplicemente facile da lanciare, anche quando la velocità è bassa, oppure è necessario cambiare ritmo in modo repentino. Merito di un pacchetto ben congeniato e di una geometria azzeccata al 1000%.
L’avantreno è un ottimo supporto alle azioni in fuori-sella e quando si sposta il corpo in avanti. Lo sterzo ha un angolo aperto al pari di una mtb marathon e offre stabilità, così come il rake avanzato della forcella che completa il concetto appena espresso. Nell’insieme diventano un riferimento anche alle alte velocità in discesa e quando è necessario portare la bicicletta alla corda nei cambi di direzione. Il tutto si riflette anche su una agilità degna di nota che coinvolge anche il retrotreno.
La BMC Kaius è reattiva, reattività ampiamente sfruttabile anche restando seduti in sella. Non è solo per via di un allestimento super performante, di un valore alla bilancia ridotto (abbiamo rilevato un peso ben al di sotto degli 8 chilogrammi) e di un prodotto che non lascia nulla al caso anche in fatto di design funzionale alla performance.
La Kaius ha tanta trazione e copia il terreno. Certo, è fondamentale agire in modo corretto sui tubeless, ma il vantaggio di una bicicletta race oriented che mantiene la traiettoria e al tempo stesso permette qualche correzione senza scomporsi è un fattore da considerare tra i primi posti della scala valori.
Una gran bici anche in discesa e stabile alle alte velocità (foto Jérémie Reuiller- BMC)Una gran bici anche in discesa e stabile alle alte velocità (foto Jérémie Reuiller- BMC)
Quel manubrio tanto stretto
Al primo impatto mette quasi paura, un po’ di timore, soprattutto se facciamo degli accostamenti con la categoria off-road mtb. Eppure prendere confidenza con questo cockpit full carbon è semplice (per chi è abituato all’agonismo), molto più di quanto ci si aspetta. Sopra, dove ci sono i manettini del cambio è largo 38, a metà della piega 40 centimetri e termina a 42. E’ un manubrio da gara.
Sopra obbliga a chiudere le spalle e invita a rannicchiarsi guadagnando velocità. Se si è ben impostati sulla bici non è sacrificante e la cassa toracica non si comprime, ma è necessario avere uno svettamento sella/manubrio adeguato, in modo da lasciare aperto il muscolo del diaframma. Ci siamo trovati particolarmente a nostro agio e abbiamo sfruttato una posizione che ci ha aiutato a scaricare in modo ottimale il peso su glutei e sulle gambe.
Il flare della piega è di 12°, senza angoli vivi. Significa che le mani scivolano verso il basso con facilità e in modo rapido, anche in discesa sullo sterrato. Significa che le braccia cambiano posizione senza sovraccaricare i polsi. L’apertura del manubrio è buona e le mani non si accartocciano al suo interno, come capita con alcuni manubrio gravel che costringono a portare le mani troppo distanti dalle leve. Ne guadagnano sicurezza, prontezza e comfort e facilità di cambio delle posizioni.
L’abbiamo anche portata in garaL’abbiamo anche portata in gara
Bikepacking, no grazie
Lo avevamo scritto già in occasione del suo lancio ufficiale e le tante ore di test lo confermano. La BMC Kaius, a prescindere dall’allestimento non è una bici da viaggio, non è una bicicletta adatta al bikepacking. Questo non significa che è scomoda, ma il suo DNA race lo si vede, lo si percepisce e lei lo mette in mostra senza se e senza ma.
E poi non ci sono neppure le asole per il montaggio delle borse, solo le due viti sull’orizzontale per il piccolo bag, soluzione mutuata dalla URS.
La Kaius della Prevot al Mondiale Gravel in VenetoLa Kaius della Prevot al Mondiale Gravel in Veneto
Tre gomme diverse
L’abbiamo provata con le 36, con le 40 e anche con le 45. Più che la sezione degli pneumatici è da considerare la qualità della gomma stessa e di come esprime la sua elasticità, fattore non secondario in ambito off-road. Pneumatici con una carcassa troppo dura e gonfiati in modo eccessivo limitano la sfruttabilità della bici, della sua trazione e della stabilità anteriore. Le 45 non tutte ci stanno (dietro), in particolare quelle che hanno ramponi laterali abbondanti.
L’ottima trazione/stabilità che esprime la bicicletta permette di sfruttare molto bene anche gli pneumatici “semi-tassellati” che si trovano in commercio.
Facile adottare una posizione al pari di una bici stradale di alto livello (foto Jérémie Reuiller- BMC)Facile adottare una posizione al pari di una bici stradale di alto livello (foto Jérémie Reuiller- BMC)
In conclusione
Che piaccia oppure no, la BMC Kaius è una bici da gara e non lo nasconde. Mantiene fede ad un design e ad un impatto estetico che è parte integrante dell’azienda svizzera e BMC è da categorizzare come race brand. La Kaius non ha fronzoli, non ha mezze misure e concettualmente non è paragonabile alla URS. Anzi, a nostro parere la BMC in questione è più vicina ad una bici da strada.
Ci piace la soluzione, non presente sulla URS, di poter montare la doppia corona anteriore (il deragliatore si può alloggiare nella sua sede), a nostro parere un vantaggio e un dettaglio che può fornire tanti vantaggi nei termini di sfruttabilità per un delta di pubblico molto ampio. Anche per chi vuole usare questa bicicletta con le gomme un po’ più strette sull’asfalto.
Il prezzo è di quelli molto importanti, non accessibile a tutti, ma è pur vero che l’allestimento del test non richiede aggiunte e/o modifiche, se non un power meter. Focalizzandoci sulla spesa e sul rapporto qualità/prezzo/performamances è davvero interessante la versione BMC Kaius 01 Two, quella con lo Sram Force eTap 12v.
Siamo sulle colline vicentine su una terrazza naturale che vede la Pianura Padana accarezzata dai raggi del tramonto autunnale. A pochi chilometri il mondiale gravel ha fatto il suo esordio immerso nella curiosità generale. Vediamo Peter Sagan che sta parlando con il suo migliore amico che gli ha fatto una sorpresa percorrendo 800 chilometri per venire a seguirlo in questa corsa iridata. Gabriele Uboldi, addetto stampa del fuoriclasse slovacco, ci viene incontro e fa le presentazioni con il campione.
Qui Peter Sagan insieme al suo addetto stampa Gabriele UboldiQui Peter Sagan insieme al suo addetto stampa Gabriele Uboldi
Sagan ci accoglie con il sorriso e con la spensieratezza di chi sa che la stagione è finita e che questo mondiale ha tutta l’aura di un’esperienza nuova. Il primo passo di una disciplina che dirotta verso l’agonismo e il palcoscenico dei pro’. Premiamo rec sul registratore, Peter raccontaci…
Come sei arrivato a questo mondiale?
Mah… Bene, ho provato solo i primi 30 chilometri e fatto solo i 15 chilometri finali del percorso. La condizione era buona anche se siamo tornati da tre giorni dal Giappone e tra fuso orario e tutto non è facile riprendersi dal jet leg.
All’arrivo Peter ha chiuso a 5 minuti dal belga Vermeersch in 14ª posizioneSagan era tra i big alla partenza che hanno attirato maggiore interesse del pubblicoAll’arrivo Peter ha chiuso a 5 minuti dal belga Vermeersch in 14ª posizioneSagan era tra i big alla partenza che hanno attirato maggiore interesse del pubblico
Per la gara hai scelto la bici da corsa, come mai?
Sì, la Roubaix. E’ un percorso abbastanza tecnico. Se prendi una bici gravel puoi fare percorsi più impegnativi tipo Mtb. Però io credo che serva qualcosa di molto veloce e scorrevole. Le strade sono lineari, c’è tanto asfalto e quindi bisogna stare attenti alla velocità.
La bici scelta era la Specialized Roubaix utilizzata per le classiche del Nord e l’EroicaLa bici scelta era la Specialized Roubaix utilizzata per le classiche del Nord e l’Eroica
Scorrevolezza e velocità quindi sono determinanti?
Se prendi come esempio l’Eroica, noi la corriamo con la bici normale. Se parti da quel setup, e prendi una bici Roubaix con le stesse gomme, si adatta bene per questo percorso.
Dinamiche di corsa completamente nuove per il gravel…
Sì, è difficile da dire, perché è una corsa tutta nuova. Ci sono corridori da tutte le discipline e non c’è una vera e propria organizzazione di squadra come per le corse professionistiche. Io credo che molto importante sia la partenza come nella Mtb. E’ altrettanto importante in queste gare stare nel primo, secondo, massimo terzo gruppetto fin da subito.
Quali erano i tuoi favoriti alla vigilia?
Sempre i soliti. Van der Poel sapevo che fosse capace di fare tutto. Van Avermaet mi ha detto che ci avrebbe puntando tanto, non ha fatto i mondiali su strada e lo ha trasformato in un vantaggio. Sono tanti i professionisti della strada, erano tutti favoriti.
Vedi la disciplina gravel nel tuo futuro affiancato ad una stagione su strada?
Io credo che la gravel sia ancora più dura di una classica. Tipo Roubaix o Fiandre. Ho tutto l’inverno per decidere come programmare la stagione.
Un Sagan provato dopo il traguardo e come lui molti altriUn Sagan provato dopo il traguardo e come lui molti altri
Hai fatto una buona stagione, quali obiettivi hai per la prossima?
Non ho fatto una stagione tanto buona… Questo inverno sarà prezioso per staccare e ricaricarsi. Non so ancora cosa farò e quali obiettivi avrò. Al primo ritiro, quando andrò con la squadra, parlerò del programma e vedremo insieme come organizzare il calendario. Adesso non ci ho ancora pensato.
Com’è andato questo primo anno in TotalEnergies?
Mi sono trovato molto bene. Anche con i problemi di salute che ho avuto a inizio anno, mi hanno sempre supportato. Sono molto contento dell’organizzazione della squadra da parte di tutti, staff e compagni. Pensavo di trovare un’altra situazione e invece sono stato molto sorpreso positivamente dalla squadra e di quello che c’è dietro.
Che effetto ti fa vedere Nibali e Valverde dire addio al gruppo? Con Vincenzo hai condiviso anche un periodo in squadra insieme…
Rimarranno per sempre parte del movimento. Vincenzoè uno dei pochi corridori che ha vinto i tre grandi Giri e anche le classiche. Ci mancherà perché ha dato tanto al ciclismo, soprattutto al ciclismo italiano. La vita è così, nasci come una stella, dopodiché ognuno arriva alla sua fine. E’ importante che la decisione l’abbia presa lui. Se è così, va più che bene.
Per lo slovacco la prova mondiale è stata sotto le aspettative della vigiliaPer lo slovacco la prova mondiale è stata sotto le aspettative della vigilia
Il mondiale di Sagan
A laurearsi campione del mondo è stato il belga Gianni Vermeersch dopo una fuga durata 140 chilometri insieme a Daniel Oss secondo all’arrivo. A completare il podio Mathieu Van der Poel che da super favorito, beffato dalla fuga, ha regolato il gruppetto degli inseguitori conquistando un bronzo che gli è valso l’onore di averci provato.
Per Sagan l’epilogo seppur positivo non ha rispettato le attese. Peter ha infatti chiuso 14° a cinque minuti dalla testa. Inneggiato tra i big fino alla vigilia forse il campione slovacco ha accusato il jet lag delle ultime trasferte stagionali e il finale affaticato di una stagione che conta due vittorie. Di buono rimane il fatto che la sua presenza ha attirato pubblico ed è stata onorata con impegno e voglia di mettersi in gioco come ha testimoniato il suo volto impolverato che abbiamo scorto dopo la linea d’arrivo. Ora per Peter è tempo di ricaricare le pile e pensare al 2023.
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