Konychev chiude il libro Bike Exchange: ora la Corratec

19.12.2022
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Alexander Konychev è volato lontano dal freddo e dalla pioggia e forse anche un po’ dai pensieri di questo inizio di stagione. Il ragazzone italiano dal cognome russo si trova a Palma de Mallorca per assaggiare un po’ di sole e preparare la nuova stagione. Lui è uno dei nuovi nomi del team Corratec, la neo professional che lavora in grande per scalare presto le classifiche. 

Konychev esce dal WorldTour, è il secondo corridore della Corratec che arriva direttamente dal mondo dei big. Gli ultimi tre anni li ha corsi alla Bike Exchange e, tra sfortune e mancate occasioni, le strade ora si sono separate. 

Konychev è entrato nel professionismo con la Mitchelton Scott nel 2020
Konychev è entrato nel professionismo con la Mitchelton Scott nel 2020
Che cosa ti ha portato alla Corratec?

Ho saputo abbastanza tardi che non sarei rimasto alla Bike Exchange – racconta Konychev – e mi sono guardato un po’ in giro. C’era questo progetto, si tratta di una squadra italiana, giovane. Mi sembrava una buona opportunità per rilanciarmi. 

Con chi hai parlato?

Del progetto ho parlato spesso con Claudio Lastrucci, è una figura molto vicina alla squadra e sono stato suo corridore alla Hopplà-Petroli Firenze. Mi ha consigliato lui di ripartire da qui. 

Che anni sono stati quelli alla Bike Exchange?

Particolari. Nel 2020 il Covid ha rallentato tutto e non ho avuto opportunità di fare molte gare. Nonostante questo negli anni successivi ho potuto vedere dall’interno tante corse importanti, come le Classiche del Nord o la Sanremo. Ho imparato cosa vuol dire fare questo genere di gare e farlo accanto a uomini importanti

Il classe 1998 si è messo molte volte a disposizione dei compagni di squadra
Il classe 1998 si è messo molte volte a disposizione dei compagni di squadra
Cosa ti è mancato allora?

Direi un po’ di continuità nella preparazione, ho avuto parecchi intoppi, come il doppio Covid nel 2021. Poi la stagione scorsa è arrivata la storia dei punti e lo spazio per mettersi in mostra si è sempre più assottigliato. A livello mentale la libertà di fare risultato mi è un po’ mancata, non è semplice. 

Sei passato pro’ a 22 anni, dopo che hai iniziato a correre da junior, non è stato un salto prematuro?

Mah non penso. Magari se avessi avuto qualche occasione in più avrei capito fin dove spingermi al posto che fare da gregario. In futuro cambierà qualcosa, un dettaglio sul quale voglio concentrarmi maggiormente sono le cronometro, negli ultimi anni non ne ho fatte molte. E’ vero anche che le crono si trovano nelle corse a tappe e io non ne ho corse molte. 

Con la continental della Qhubeka stavi facendo bene, un anno in più con loro non ti sarebbe servito?

Mi si è presentata l’occasione del WorldTour e l’ho colta, alla Bike Exchange devo molto. Il livello di gare tra dilettante e WorldTour è estremamente diverso, confermarsi tra i professionisti è sempre difficile. Di vittorie importanti tra i dilettanti ne ho ottenuta una sola, alla Etoile d’Or, a mio avviso quello del professionismo era un passo necessario. 

Konychev ha visto da vicino il mondo delle Classiche ma senza aver l’occasione di mettersi in luce
Konychev ha visto da vicino il mondo delle Classiche ma senza aver l’occasione di mettersi in luce
Forse sarebbe servito un passaggio intermedio, una professional, come la Corratec ora.

Arrivare in una squadra italiana con una mentalità italiana è sempre bello. Il rapporto con i corridori e con lo staff sarà sicuramente più forte. In una realtà più piccola come questa sarà anche più semplice essere seguiti e sentire la fiducia.

Una WorldTour australiana era troppo “fredda”?

Direi che sicuramente fai più fatica a creare un rapporto stretto con i compagni di squadra. Il primo anno, nel 2020, quando era ancora Mitchelton Scott, gli unici italiani eravamo io e Affini. Poi in team così grandi si lavora sempre con lo stesso gruppo, capita di incontrare certi corridori al ritiro di inizio stagione a dicembre e poi a quello di ottobre. 

Un corridore nuovo tende a subire un po’ questo clima diverso?

Un giovane come me che fa fatica a trovare i propri spazi è costretto molte volte a eseguire gli ordini di squadra. Lo si fa anche volentieri perché se aiuti un compagno a vincere è sempre bello. 

Konychev vorrebbe curare di più la cronometro, una disciplina che lo ha sempre appassionato
Konychev vorrebbe curare di più la cronometro, una disciplina che lo ha sempre appassionato
Però è da giovane che uno vuole provarsi, capire e vedere fin dove può arrivare, ricercando i propri limiti…

Esatto, diciamo che si vorrebbe capire fin dove si può arrivare, che vuol dire anche sbattere il muso per imparare. Per fare il gregario il tempo c’è sempre. 

Desiderio per il 2023?

Avere più continuità, al di là delle sfortune mi piacerebbe correre con maggiore costanza e fare tanti giorni di corsa. Il calendario che la Corratec propone è bello e molto ricco, e mi permetterà di fare tante corse, anche minori e mettere giorni di gara nelle gambe. 

Prima corsa?

Vuelta a San Juan, Argentina.

Shayne Bannan, 2012

Bannan saluta e vola in Asia. Ma dove?

24.12.2020
3 min
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Brent Copeland ha spiegato la storia dal suo punto di vista: il team manager sudafricano ha raccontato di essere stato chiamato alla GreenEDGe Cycling su suggerimento di Shayne Bannan, che quel progetto ha creato nel 2012 uscendone in modo inatteso nel 2020. L’equazione fatta nell’ambiente è che la causa della separazione sia stata la dubbia vicenda che per qualche giorno nel cuore dell’estate ha legato il gruppo australiano con la Manuela Fundacion, sponsor spagnolo presentato da Stefano Garzelli.

Quando quella trattativa un po’ fumosa è saltata, Gerry Ryan, proprietario della squadra, ha fatto sapere che avrebbe garantito lui la copertura finanziaria della squadra. Con quel momento è coincisa l’uscita di Shayne Bannan e quella di Alvaro Crespi, manager di lunga scuola, che nell’estate ha anche dovuto fronteggiare un infarto.

Bannan non è un chiacchierone e in questo momento è se possibile più abbottonato. Si capisce che non voglia dire tutto, ma prospetta per sé una situazione inedita di cui avevamo sentito parlare e che adesso ha preso forma.

«Quello che vorrei emergesse – dice – è che non sono vittima di niente. Preferisco parlare della Fundacion e di quello che successo. La verità è che dopo otto anni ero stanco e sentivo la voglia di cambiare. Già da un po’ ero in giro e mi guardavo intorno, pur continuando a vivere in Italia. Quando mi è stato chiesto un parere, ho fatto volentieri il nome di Brent, perché è un amico e ho stima di lui. In GreedEDGE lascio un gruppo di amici, come è normale dopo tanti anni vissuti insieme. Anche con Gerry Ryan rimarrà sempre una grande amicizia».

Mitchelton Scott 2020
Con la Mitchelton Scott, il gruppo GreenEDGE Cycling ha raggiunto gli otto anni di attività
Mitchelton Scott 2020
Con la Mitchelton, 8° anno di GreenEDGE Cycling
Vuoi dire che saresti andato via anche senza quell’episodio?

Molto probabilmente sì. C’è un altro progetto in Asia, non posso ancora dire dove, per cui ai primi di gennaio mi trasferirò per iniziare a lavorare dalla metà del mese. Si tratta di un progetto di sviluppo del ciclismo per conto del Comitato olimpico di un Paese, del quale avevo iniziato a parlare quasi due anni fa e che adesso si sta concretizzando.

Qualcosa legato alle Olimpiadi 2024?

Credo sia presto per parlare di Olimpiadi, perché ci sono risorse, ma non c’è un movimento all’altezza. C’è ancora da costruire l’ossatura. E quando poi avrò fatto questo, inizieremo a parlare di sponsorizzazioni tecniche e di ciclismo vero e proprio.

Come è nata l’occasione?

Un po’ li ho stimolati io, un po’ mi hanno cercato loro. C’è dietro un Paese intero, può essere una bella occasione.

Che cosa porti via dall’esperienza GreenEDGE?

Mi sono divertito molto a far partire e sviluppare da zero un progetto che era molto ambizioso. Grazie alla base creata in Italia e agli atleti che abbiamo fatto crescere, la popolarità del ciclismo in Australia è esplosa. Ora si è raggiunto un livello alto, ma c’è ancora tanto da fare. Lo sport è un continuo migliorare, grazie all’evoluzione tecnologica e agli studi che si fanno. Sarà così anche dove andrò, in attesa di poter svelare i dettagli.

VIDEO/Chaves: «L’uomo si adatta ad ogni situazione»

13.12.2020
2 min
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Il piccolo scalatore colombiano ha compiuto 30 anni a gennaio e si affaccia sulla decima stagione da professionista con il solito sorriso. «E' stato molto positivo che si siano corsi i grandi Giri e anche il mondiale. Il ciclismo, come l'uomo, è stato capace di adattarsi». Fra i suoi obiettivi le grandi gare a tappe e un invito spiritoso: non aspettiamolo sul pavé...

Chaves sorride, ma non si vede. La mascherina è il peggior bavaglio al suo proverbiale marchio di fabbrica, ma quello che più conta è che il colombiano della Mitchelton-Scott (così fino al 31 dicembre) è nello stato d’animo adatto per ricominciare la nuova stagione.

In questo video raccolto in esclusiva da Alberto Dolfin, il colombiano traccia il suo bilancio di quello che è stato e la previsione di quello che potrebbe essere. Per la gioia dei tifosi che trattengono il respiro dalla tappa di San Martino di Castrozza al Giro del 2019. Nel 2020 Esteban ha corso il Tour e la Vuelta. E proprio nella corsa spagnola ha lasciato intravedere le cose migliori, con il quarto posto nella prima tappa ad Arrate.

«E’ stata una stagione molto intensa dopo il lockdown – dice in questo video – ma il ciclismo ha dimostrato di sapersi rialzare. Finire i tre grandi Giri e aver fatto anche il campionato del mondo è stato importante. Questo dimostra che le corse si potranno fare anche nella prossima stagione, perché la situazione sembra che si allungherà».

Esteban Chaves, Giro d'Italia 2020
Esteban Chaves, sull’Etna, all’ultimo Giro d’Italia
Esteban Chaves, Giro d'Italia 2020
Scalando l’Etna all’ultimo Giro d’Italia

La profezia è fosca, ma realistica. Basta non lasciarsi buttare giù, fa capire con gli occhi che sorridono al posto della bocca, e fare quello che le restrizioni consentono.

«Non è stato facile né per noi né per nessuno – dice – penso che è stato molto difficile in tutti gli ambiti, ma si è dimostrato una volta in più che gli umani si adattano in modo molto veloce ad ogni situazione e il ciclismo non è un’eccezione».

Il resto lo scoprirete seguendo il video e ascoltando i concetti dalla sua stessa voce. Mentre lui sarà in volo verso la Colombia, portando con sé la sua nuova bici Bianchi, per riabbracciare la famiglia e prepararsi per la prossima stagione.

VIDEO/Yates è guarito e aspetta il Giro

09.12.2020
2 min
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Simon Yates, a Torino per le visite mediche prima di inizio stagione, racconta la sua stagione sfortunata. Prima la Tirreno-Adriatico vinta da dominatore, poi il Giro d'Italia, iniziato con grandi ambizioni e finito in anticipo a causa del Covid...

«Sto bene, bene grazie – dice Simon Yates – ho già ricominciato ad allenarmi per la nuova stagione e non vedo l’ora che inizi».

Parte così la nostra chiacchierata con il corridore britannico, che nel 2021 sarà ancora nel gruppo GreenEdge Cycling e correrà separato dal fratello Adam, passato al Team Ineos-Grenadiers. L’incontro si è svolto presso il Centro IRR di Torino (Istituto delle Riabilitazioni Riba), dove Brent Copeland ha convocato Yates e Esteban Chaves, di cui vi racconteremo nel prossimo video.

La collaborazione fra il Centro e il manager sudafricano era iniziata sin dai tempi in cui Brent guidava il Team Bahrain-McLaren e si è pensato bene di non interromperla proprio ora che Brent ha preso in mano la ex Mitchelton-Scott. Che oltre ai vertici ha cambiato anche le bici, passando a Bianchi.

Dottor Riba centro IRR, Brent Copeland
Le visite si sono svolte presso il Centro IRR del dottor Riba, scelto da Brent Copeland
Dottor Riba centro IRR, Brent Copeland
Il dottor Riba del Centro IRR e Brent Copeland

«Il 2020 – prosegue Yates – è stato un anno storto, ma sapevamo i rischi che correvamo per continuare a correre. Al Giro ero in grandissima forma, ma non è andata bene. Vediamo cosa offre l’anno prossimo e magari sarò di ritorno. Abbiamo visto il percorso del Tour, aspettiamo quello del Giro. Torno qui sempre volentieri, perché amo le gare che fate, la gente e la cultura che si respira qui».

Il discorso va poi avanti parlando di quanto sarà strano ed emozionante correre contro suo fratello Adam. E poi anche di Ganna, visto che lo stesso Simon in passato era un inseguitore…

Bianchi Specialissima 2021

Da Scott a Bianchi, inizia il cambio di stagione

24.11.2020
5 min
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Nella Mitchelton-Scott è cambiato quasi tutto. E alla fine, oltre al nome e ai dirigenti, cambieranno anche le bici, che saranno Bianchi. L’annuncio è arrivato poco dopo metà ottobre in pieno Giro d’Italia. L’azienda di Treviglio ha ringraziato e salutato la Jumbo-Visma, che pochi giorni prima aveva abbandonato in massa il Giro d’Italia, prima di vincere la Vuelta. Mentre Scott ha impacchettato le sue cose per trasferirsi alla Sunweb, che a sua volta ha ceduto le Cervelo proprio alla Jumbo di Roglic. In questa girandola di nomi da Fiera dell’Est, qualcuno ha pensato a chi fisicamente ha spostato le bici da una casa all’altra?

In questo video del 2018, Alberto Chiesta descrive la Scott Addict Rc PRO di Simon Yates

Noi abbiamo parlato con Alberto Chiesa, meccanico della squadra australiana che da Scott è passata a Bianchi e che assieme ai suoi colleghi ed un furgone ha ritirato le Scott e consegnato le Bianchi.

Cambia tutto o non cambia niente, a parte il nome?

Normalmente non c’è molta differenza, se non individuare la taglia giusta. Ogni brand ha le sue misure, angoli e lunghezze, e il lavoro da fare è sistemare al meglio i corridori che rimangono, nel nostro caso quelli che avevano le Scott. Per i nuovi è diverso, perché cambiando squadra sanno anche di doversi adattare alla nuova bici. Mentalmente è differente.

Tante differenze di centimetri?

Scott, vado a memoria, fa 47-49-52-54-56-58-61. Bianchi fa 47-50-53-55-57-59-61-63. Sembra poca roba, ma quando ci sei sopra, un po’ si sente.

Partite dalle schede o partite da zero?

Partiamo da quello che abbiamo su carta e poi facciamo il meglio possibile con i vari componenti

Simon Yates 2020
Simon Yates ha vinto la Tirreno-Adriatico 2020 conquistando la tappa di Sassotetto
Simon Yates 2020
Simon Yates su Scott, primo alla Tirreno
Quando avviene questa prima fase?

Di solito si fa un pre-ritiro a fine stagione. Quest’anno si è fatto poco dopo la Vuelta, anzi ne abbiamo fatti due. Una parte in Spagna, una a Varese. Si accontentano tutti, anche se non si può dire che tutti avranno la stessa posizione dell’anno precedente.

Cambia soltanto il telaio o i componenti seguono a ruota?

Telaio, selle e attacchi, perché Scott portava con se la sua parte accessori.

Di quali bici parliamo dunque?

I più correranno con la nuova Specialissima, presentata alla fine del Giro d’Italia. Altri avranno anche l’Oltre. Gruppi Shimano Dura Ace Di2 disco, attacchi Vision di Fsa e selle Fi’zi:k ma di questi si occupa direttamente Bianchi che ha il contatto con le aziende fornitrici.

La Jumbo-Visma non usava freni a disco, però…

Esatto, mentre noi con Scott sì. Non so se Bianchi spingesse per questa soluzione e loro non volessero, queste a volte sono scelte dei team. Anche Pinarello ha le bici pronte con i dischi, ma Ineos vuole i rim-brakes.

Manubrio Vision Metron 5D
Le nuove Bianchi del team avranno manubrio Metron 5D di Vision
Manubrio Vision Metron 5D
Vision Metron 5D per le nuove Bianchi
Dal tuo punto di vista?

Capisco che un’azienda voglia sviluppare quel che sul mercato sembra tirare di più. Dal punto di vista del meccanico, il disco va bene fra gli amatori, meno per il professionista.

Come mai?

Sicuramente funziona benissimo e ormai abbiamo anche imparato a cambiare le ruote velocemente con il perno passante. Ma quando arrivi in hotel la sera, è sempre tardi. Se non ci sono problemi, la bici è perfetta. Ma se qualcosa non funziona, non finisci più. Se c’è stata una caduta e qualcosa si è storto il lavoro si complica di molto.

Mitchelton aveva già usato selle Fi’zi:k in precedenza?

Sì e questo è positivo, anche se i modelli nel frattempo sono cambiati. Per cui i nostri hanno individuato dei modelli a catalogo e abbiamo fatto la nostra richiesta, mentre loro hanno proposto di provare anche un modello nuovo che si chiama Argo. Adesso siamo nella fase in cui i corridori provano e poi scelgono.

Attacchi e manubri?
Roglic Vuelta Bianchi
Con la Vittoria della Vuelta, Roglic ha salutato il marchio Bianchi
Roglic Vuelta Bianchi
Con la Vuelta, Roglic ha salutato Bianchi

Si userà l’integrato, il Metron 5D, ma anche una combinazione di attacco più manubrio, ugualmente aero. La scelta è soggettiva, ma tante volte dipende dalle misure. Ad esempio per le ragazze, che usano manubri più stretti da 38, l’integrato non viene fatto. Va da 40 a 44.

Ci sono differenze di montaggio fra Scott e Bianchi?

Non troppe. Il nostro responsabile è stato in Bianchi e gli sono state indicate le particolarità di cui tenere conto, per cui imparato il sistema Bianchi, si procede spediti. Detto questo, facciamo questo lavoro da così tanto tempo, per cui già alle corse ci siamo informati con i colleghi che usavano Bianchi. Abbiamo chiesto e osservato. Nessuno di noi è novellino e alla fine le bici nel montaggio sono abbastanza simili fra loro.

Da quanto tempo lavori nel professionismo?

Con le squadre dal 2007, ma faccio il meccanico da 40 anni.

Nel 2020 la Jumbo-Visma ha usato per le crono (qui Roglic alla Vuelta) la Bianchi Aquila Cv
Per le crono Roglic ha usato l’Aquila Cv
Avete già messo mano anche alle bici da crono?

Stiamo cominciando. Gli atleti hanno la prima bici da strada, che a norma non potrebbero ancora utilizzare, ma sappiamo come funziona. Quelle da crono vengono subito dopo. Ci sono anche qui geometrie un po’ diverse, ma ho visto che con le misure arriviamo vicini al passato. Sono io che faccio il primo montaggio e valuto queste cose. Le prime vanno agli atleti australiani, che fra poco tornano a casa e devono fare il campionato nazionale. Agli altri più o meno arrivano tutte insieme.

Chi ha portato le Bianchi ha anche ritirato le Scott?

Esatto, abbiamo fatto tutto nello stesso viaggio. Noi da Varese siamo andati dai due italiani, Konychev e Colleoni. Poi Matthews, Stannard e Mezgec in Slovenia. E da Zeits che sta a Montecarlo.

Ci sarà una bici a parte per la Roubaix?

No, la normale bici da strada. Del resto quando vincemmo con Hayman nel 2016, aveva una bici da strada. Di sicuro parecchi anni fa con i telai su misura era diverso. Potevi personalizzare in base ai singoli corridori e ai percorsi. Partivi dalla scheda e ognuno aveva la sua bici.

Scott Centric Plus

Nuovo Scott Centric Plus, più leggero e sicuro

23.10.2020
< 1 min
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Il marchio svizzero ha lanciato il nuovo Centric Plus, un casco utilizzato dai professionisti del Team Mitchelton-Scott che ne apprezzano il design che favorisce l’aerodinamica e l’eccellente areazione. Rispetto alla versione precedente è stato completamente ridisegnato. Gli ingegneri Scott hanno lavorato per combinare la ventilazione, la leggerezza e un alto livello di sicurezza. Il Centric Plus ha la qualità di essere versatile, infatti oltre che dai professionisti della strada, viene usato anche dai campioni della mountain bike, uno su tutti Nino Shurter.


Il nuovo Centric Plus è dotato di numerose prese d’aria per favorire la traspirabilità e vanta un peso di 220 grammi. Questo valore è di 30 grammi inferiore rispetto al vecchio Centric. Anche il sistema di regolazione 270 Halo è stato studiato per dare un’ampia gamma di microregolazione. Questo permette di trovare la migliore posizione per ogni tipologia e forma di testa. Fra i miglioramenti c’è anche l’aggiunta di un anello gommato che fornisce una presa ottimale anche quando si indossano i guanti.


Un’attenzione particolare è stata posta sulla sicurezza con l’adozione del sistema Mips. I tecnici Scott svizzero hanno lavorato a stretto contatto con quelli di Mips e hanno integrato questo sistema nel casco. Il Mips è un sistema che aumenta la protezione contro il movimento rotatorio trasmesso al cervello in caso di impatti angolari. Il Mips riduce il movimento rotatorio assorbendo e reindirizzando le energie e le forze che potrebbero essere trasmesse al cervello in caso di caduta.

Prezzo di euro 199,90

scott-sports.com

Valentino Sciotti

Sciotti, il ciclismo costa poco e rende bene

10.10.2020
2 min
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Valentino Sciotti, il signor Vini Fantini, si aggira per le partenze e fra i pullman come nel giardino di casa. I suoi marchi sono sulla maglia di Israel Startup Nation e Vini Zabù-Ktm. E il prossimo anno, se tutto va come pensa, i Vini Fantini saranno anche sulla maglia di Chris Froome. Impossibile non fregarsi le mani. Un po’ perché il ciclismo è la sua grande passione. Ma soprattutto perché tra i soldi spesi e quelli ricavati, il rapporto è così vantaggioso da chiedersi come mai anche altri non si precipitino sulla torta a due ruote.

damiano_cima_giro19
Al Giro d’Italia del 2019, la vittoria di Damiano Cima a Santa Maria di Sala
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Al Giro d’Italia del 2019, la vittoria di Damiano Cima a Santa Maria di Sala
Perché si investe sul ciclismo?

Sia per passione sia per tornaconto. Ma di sicuro è l’investimento che rende di più a livello sportivo. In termini di costo/contatto sono i soldi spesi meglio.

C’è differenza fra la resa di una professional e di una WorldTour?

Hanno entrambi dei ritorni molto buoni. I numeri sono diversi e il tipo di esposizione è diverso. Quindi l’uno o l’altro, ciascuno nel suo, non fa un’immensa differenza.

Quanto rende partecipare al Tour de France?

Se tu pensi che una gara come il Tour raggiunge più di un miliardo di persone e tu vendi un bene di largo consumo, che si presta ad essere consumato da una platea molto ampia, capisci bene che davvero non ci sia un investimento che abbia un costo più basso.

Ci sono termini concreti di riscontro?

Io ho aperto parecchi mercati grazie al ciclismo. Ho aperto la Turchia, ne ho aperti tanti in Sudamerica. In Belize non mi volevano nemmeno ricevere perché il mio interlocutore era in campagna elettorale. Ma appena ha letto il nome Fantini, ha chiesto alla segretaria di informarsi se fosse quello del ciclismo.

E quando lei ha detto di sì?

Il tipo è arrivato di persona, si è presentato. E ha cominciato a dire: «Io sono un fan, sono un appassionato». Si è girato verso la segretaria e ha detto: «Questi vini li voglio dentro».

Da sponsor, c’è una vittoria che le è rimasta dentro?

Sull’Etna c’è andato vicino Visconti, ma sicuramente quella dell’anno scorso di Damiano Cima. E’ stato un giorno da prendersi l’infarto.

Dispiaciuto di non avere più una squadra tutta sua?

Non ho rimpianti. Lo sponsor deve fare lo sponsor, il team manager il team manager e via dicendo. Io ho altre preoccupazioni. Devo dare il 100 per cento di me stesso per il resto. Arriverà Froome? Penso di sì, si deciderà a breve.

Simon_Yates_crono_Palermo_Giro2020

Yates: Algeri svela il mistero del 2019

04.10.2020
2 min
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Incontro per caso con Vittorio Algeri, tecnico della Mitchelton-Scott, alla partenza della tappa di Alcamo. L’imminente arrivo di Agrigento un paio di anni fa avrebbe solleticato la fantasia del suo Simon Yates. Ricordate il Giro vinto poi da Froome? Yates annichilì tutti nelle prime due settimane, poi iniziò a vacillare e alla fine venne spinto giù dalla classifica proprio da Chris e dalla sua impresa sul Colle delle Finestre.

Simon abbozzò, Vittorio fece la sua analisi. Digerirono la sconfitta, poi Yates andò alla Vuelta e la vinse. Salvò la stagione, ma nelle sue gambe rimase un carico di fatica che avrebbe dovuto smaltire. Tuttavia non lo fece.

Simon_Yates_Giro2020
Nella tappa di Agrigento, adattissima a lui, è rimasto coperto dietro i compagni
Simon_Yates_Giro2020
Nella tappa di Agrigento, adattissima a lui, è rimasto coperto dietro i compagni

«Dopo allora – dice Algeri – Yates ha cambiato preparatore. Quando un corridore fa una stagione così impegnativa, poi deve avere il tempo di recuperare. Il corpo umano non è inesauribile. Invece a gennaio era già a tutta, pronto a lavorare per trovare più resistenza nelle tre settimane. Il guaio è che se fai certi lavori su un organismo fresco, la condizione migliora. Se lo fai su un ragazzo già in crisi, ottieni il risultato opposto».

Yates: esplosività a rischio

Si spiega così l’opaco 2019 del fenomenale Simon Yates, dice Algeri, che lo scorso anno iniziò il Giro con il secondo posto nella crono di Bologna. Poi sparì dai piani alti. Ricomparve a Courmayeur, con un secondo posto. Poi l’indomani a Como, con il terzo. Ma da uno così ti aspettavi la vittoria, invece alla fine chiuse con l’ottavo posto. Poi andò al Tour. Vinse la tappa di Bagneres de Bigorre e quella di Foix, ma chiuse la classifica al 49° posto.

«Dal 2018 – prosegue Algeri – abbiamo fatto tesoro di tante esperienze. Ci siamo resi conto delle forze che abbiamo sprecato e capito che se si punta alla terza settimana, nelle prime due è bene stare tranquilli. Per cui, unitamente al cambio di preparatore, Yates ha capito anche di doversi nascondere. A Bologna l’anno scorso si è salvato, perché le doti di esplosività le ha sempre avute. Eppure, con quel tipo di lavoro, stava perdendo anche quelle. Era necessario fermarsi e ripartire. Quello che abbiamo fatto».