Viviani ablazione 2021

Ablazione, come mai tanti interventi? Risponde il dottore…

14.09.2021
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Le parole di Marco Marcato risuonano ancora nella testa. Il corridore del Uae Team Emirates ha avuto ben due casi di fibrillazione atriale in questa stagione, curata attraverso l’ablazione. Il caso di Viviani a inizio stagione è il più famoso del 2021 (nella foto di apertura con l’equipe medica che l’ha operato). I risultati ottenuti dal veronese sono la migliore risposta come esito dell’intervento. Per Diego Ulissi il caso era più complicato e la ripresa più lenta. E’ chiaro che, con più indizi, è necessario capirci qualcosa di più.

Il tema è delicato e per sbrogliare la matassa il nostro Virgilio è proprio il dottor Roberto Corsetti, più volte da noi interpellato, specialista in cardiologia e medicina dello sport, attualmente Direttore Sanitario del Centro Medico B&B di Imola ma con un passato quasi trentennale nel mondo del ciclismo. Il punto di partenza in questo viaggio all’interno del cuore è capire il suo funzionamento.

Marcato Alps 2021
Marco Marcato, alla sua ultima stagione, contraddistinta da due episodi di tachicardia parossistica in allenamento
Marcato Alps 2021
Marco Marcato, alla sua ultima stagione, contraddistinta da due episodi di tachicardia parossistica in allenamento

L’importanza del ritmo armonico

«Per affrontare il tema delle aritmie è bene partire dal quadro normale ossia dalla condizione di normalità. Il battito cardiaco è stimolato dal nodo seno-atriale che è un piccolo nucleo di cellule all’interno dell’atrio destro. Va ricordato che il cuore è diviso in atrio destro e sinistro nella parte superiore e ventricolo destro e sinistro nella parte inferiore. Il nodo dà il ritmo, è come il computer che comanda il motore. Un ritmo che sarà più lento a riposo, più sostenuto di giorno, estremamente sostenuto sotto sforzo ma sempre ritmico, armonico. Si può variare a seconda dei casi e delle situazioni da 30 battiti al minuto (le bradicardie marcate dell’atleta) fino a 250 sotto massimo sforzo, ma sempre normali».

«Veniamo alle aritmie, che sono battiti fuori posto, inseriti nella ritmica cadenzata come una nota stonata: non è assolutamente detto che questo rappresenti un problema. Le aritmie possono essere singole, doppie, anche di più battiti ma quel che è importante è l’origine di quest’aritmia. Si può dire in maniera semplicistica che quelle atriali o sovraventricolari sono benigne, quelle ventricolari necessitano certamente di maggiori attenzioni sotto il profilo diagnostico e di approfondimenti. Nei casi gravi, infatti, le aritmie ventricolari, provenienti dai ventricoli, la parte bassa del cuore, qualora originate da patologie serie e minacciose possono portare a situazioni drammatiche, come abbiamo ad esempio assistito agli ultimi Europei di calcio (il gravissimo malore occorso al danese dell’Inter Eriksen, ndr)».

Diego Ulissi è stato affetto da miocardite. La sua ripresa è stata lenta, ma completa
Diego Ulissi è stato affetto da miocardite. La sua ripresa è stata lenta, ma completa

Un intervento semplice, ma decisivo

«Tra le aritmie sopraventricolari, ve ne sono alcune che necessitano comunque di essere individuate ed eliminate. Ci riferiamo alle tachicardie parossistiche sopraventricolari, alle tachicardie atriale ectopiche, al flutter atriale e alla fibrillazione atriale (vedi Marcato) sono improvvise accelerazioni del battito cardiaco. A differenza della tachicardia sinusale ha un’insorgenza improvvisa, il cuore aumenta i battiti velocemente e dopo un tempo variabile torna al ritmo fisiologico a frequenze cardiache molto più basse. Non genera arresto cardiaco come può causare la fibrillazione ventricolare, ma se arriva a una frequenza molto alta può dare giramenti di testa, uno stato di pre-svenimento. Ora, trasportando tutto ciò nell’ambito sportivo, se un ciclista è in corsa, può incorrere in una caduta, in un incidente con conseguenze anche gravi perché è incapace di continuare a gestire l’azione».

«Fino a 25 anni fa, l’unica soluzione per un ciclista era fermarsi, ora però ci sono strumenti cardiologici diagnostici che consentono di individuare il punto preciso dei due atrii dove questa tachicardia ha origine: si procede con uno studio elettrofisiologico endocavitario che consente di confermare la presenza di un “punto difettoso” e l’innesco della aritmia quando si stimolo quel punto. il passo finale è quella che viene definita ablazione transcatetere ossia l’eliminazione del problema mediante l’uso di un catetere che attraverso la radiofrequenza annulla, bruciandolo, il percorso elettrico anomalo».

Tachicardia
Una sintetica illustrazione del sito medicina360.com che spiega i sintomi della tachicardia
Tachicardia
Una sintetica illustrazione del sito medicina360.com che spiega i sintomi della tachicardia

Il caso eccezionale di Bitossi

Fin qui la necessaria spiegazione di un fenomeno che da sempre si accompagna al mondo del ciclismo e non solo e che le gesta di Franco “Cuore Matto” Bitossi hanno reso famoso: «Nel caso di Franco, che si è sottoposto ad ablazione una decina di anni fa, bisogna da un lato dire che furono eccezionali gli specialisti del tempo nell’individuare la sua patologia. Non c’erano gli strumenti di oggi, non c’era altra soluzione che dire a lui e a chi come lui di fermarsi il tempo necessario per far rallentare il cuore. Dall’altro lato, per me hanno un valore straordinario i suoi risultati, a dispetto dei problemi che accusava».

Rispetto ad allora però, i casi di tachicardia e conseguente ablazione sono aumentati, magari a causa delle diverse metodologie di preparazione, delle diverse velocità, dello stress a cui il fisico e la mente sono sottoposti in allenamento come in gara? La risposta di Corsetti è netta: «Per la mia esperienza, ma anche con il conforto delle statistiche, posso dire di no. L’unica differenza è che oggi abbiamo gli strumenti e le metodologie per affrontare e risolvere un problema che allora era fortemente inibente il risultato. Un Viviani nel 1985 non avrebbe potuto ottenere nella stessa maniera i risultati di oggi».

Cardiofrequenzimetro
Il cardiofrequenzimetro è uno strumento ormai basilare, ma il ciclista sa ascoltare il suo cuore anche senza
Cardiofrequenzimetro
Il cardiofrequenzimetro è uno strumento ormai basilare, ma il ciclista sa ascoltare il suo cuore anche senza

Il ciclismo… bestiale del secolo scorso

Secondo Corsetti, il paragone tra i due periodi deve prendere in esame altre variabili: «Il corridore di 50 anni fa aveva bici pesantissime rispetto a quelle di oggi, vestiva le maglie di lana, non aveva maltodestrine o gel, quando affrontava la discesa doveva mettere i quotidiani sotto la maglia per ripararsi dal vento, poi aveva minori possibilità di recupero, si dormiva tutti insieme in grandi stanzoni di collegi… Era un ciclismo “bestiale” rispetto a quello ipertecnologico di oggi».

Parlando di ablazione, su un aspetto Corsetti tiene a mettere l’accento: «Non deve passare il messaggio che la tachicardia parossistica sopraventricolare e le tachiaritmie atriali in genere siano un problema relativo al ciclismo e/o agli sport di endurance. Attualmente seguo 4 ragazzi con lo stesso problema ma sport diversi: ciclismo, calcio, pallavolo e ginnastica ritmica. Il ciclista anzi ha una sensibilità particolare, conosce bene se stesso, sa “ascoltarsi” anche senza strumentazioni e coglie quando qualcosa non va, quando c’è un’anomalia».

Marcato 2021

Marcato chiude dopo 17 anni, ma ha molto da dire

05.09.2021
4 min
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Il 2021 di Marco Marcato è stato davvero un calvario. Io suo ruolino di marcia dice che aveva iniziato anche in maniera sostenuta, con ben 6 gare nel periodo delle classiche del Nord, poi è arrivato il Tour of the Alps e dopo del corridore di San Donà di Piave si sono perse le tracce, fino a ritrovarlo al Giro di Polonia. Era giusto capirci qualcosa, ma le parole che Marco ci ha confidato vanno oltre quello che ci aspettavamo…

«Ad aprile ho avuto un episodio di aritmia e mi sono dovuto sottoporre a un piccolo intervento di ablazione per fibrillazione atriale – racconta Marcato – sono rimasto fermo oltre un mese per poi riprendere piano piano, alla fine ero tornato a “riveder le stelle” in Polonia ma ho avuto un altro caso e d’accordo con medico e società abbiamo deciso di chiudere la stagione e conseguentemente la carriera».

Marcato Nord 2021
Marcato alla Bredene Koksijde Classic 2021, chiusa al 27° posto. In Belgio il trevigiano vanta il posto d’onore al Giro di Vallonia 2010
Marcato Nord 2021
Marcato alla Bredene Koksijde Classic 2021, chiusa al 27° posto. In Belgio il trevigiano vanta il posto d’onore al Giro di Vallonia 2010
Quindi non ti vedremo più in giro?

Non come ciclista professionista, ma non è una decisione causata dai problemi fisici, avevo già detto a inizio stagione che sarebbe stata l’ultima, ho fatto 17 anni di professionismo e credo possano bastare… certamente non avrei voluto chiudere così, non era il finale che mi aspettavo, ma bisogna anche saper accettare quel che arriva, la salute viene prima di tutto, solo che avrei voluto chiudere bene, magari partecipando al Giro del Veneto che passava sotto casa mia. Lo guarderò…

Il problema che hai avuto al cuore che conseguenze ha nella vita di tutto i giorni?

Nessuna ed anzi vorrei ringraziare il Dott.Alessandro Zorzi e tutto lo staff dell’Ospedale di Padova per tutto l’appoggio che mi hanno dato. E’ frutto dello stress psicofisico della mia attività, abbassando i livelli tutto torna alla normalità. Anche adesso non è che ho smesso di andare in bici, ma fatto in tranquillità.

E ora, che cosa succede nella vita di Marco Marcato?

Continuerete a vedermi in giro, questo è sicuro… Sono già d’accordo con il team (la Uae Team Emirates, ndr) che mi ha supportato in tutto e per tutto e che mi ha offerto di continuare a lavorare nella struttura. Si apre un altro capitolo, tutto da scoprire.

Marcato Uae 2021
Alla Uae dal 2017, Marcato resterà nello staff della squadra in un ruolo da definire
Marcato Uae 2021
Alla Uae dal 2017, Marcato resterà nello staff della squadra in un ruolo da definire
Che cosa vorresti fare?

Mi piacerebbe molto lavorare con i giovani: ho visto negli ultimi anni come la mia esperienza sia stata sempre fonte di consigli da parte dei ragazzi, degli ultimi arrivati in squadra e vorrei continuare su questa strada, rendermi utile per agevolare chi fa il passaggio di categoria che non è sempre facile.

Dovendo fare un consuntivo di 17 anni di attività?

Posso ritenermi più che soddisfatto, avendo preso tanto da questo mondo al quale spero di aver restituito. Ho iniziato con tante aspettative, correndo anche da leader e prendendomi le mie soddisfazioni, soprattutto nelle corse del Nord che esaltavano le mie caratteristiche, poi ho capito che potevo ritagliarmi un ruolo più stabile stando nell’ombra e alla fine devo dire che chiudo in ampio attivo.

Quanto è cambiato il ciclismo in questi 17 anni?

Enormemente, due mondi completamente differenti. Io passai che non sapevo neanche che cosa fossero cardiofrequenzimetro e watt, oggi invece vedi ventenni che arrivano subito al top, lavorano come professionisti. Io posso dire di aver trovato la vera maturazione intorno ai 27-28 anni, adesso i tempi sono enormemente abbreviati. Si va sempre di più verso un ciclismo specialistico nel quale si va sempre a tutta, tanto che ci si comincia ad allenare già a metà ottobre quand’io cominciavo a metà dicembre…

Marcato Tours 2012
La vittoria più prestigiosa di Marcato, la Parigi-Tours 2012. L’anno prima era giunto secondo
Marcato Tours 2012
La vittoria più prestigiosa di Marcato, la Parigi-Tours 2012. L’anno prima era giunto secondo
Malori parlava di vietare il consulto dei watt in corsa, per rendere le gare un po’ più soggette all’inventiva. Sei d’accordo?

E’ come con l’introduzione dell’elettronica nella Formula 1. Dà grossi vantaggi, ma viene meno l’istinto del campione, è così anche nel ciclismo, ma non solo per i watt, anche per le radioline, che sicuramente sono utili per la sicurezza, ma appiattiscono un po’ le corse. Io sarei per togliere i potenzimetri e utilizzare le radio solo su un canale a disposizione dell’organizzazione per comunicazioni legate alla sicurezza. Credo che così ci sarebbe molto spettacolo in più e si vedrebbero azioni diverse.

Qual è stato il momento più bello della tua carriera?

Dal punto di vista personale la vittoria alla Parigi-Tours del 2012, iscrivere il mio nome in un albo d’oro così prestigioso è stato qualcosa di magico, ma come emozioni, quello che mi è rimasto nel cuore è stato l’arrivo ai Campi Elisi dello scorso anno, con Pogacar in maglia gialla. Per com’era arrivata, per tutto il lavoro che avevamo sostenuto in squadra, l’abbiamo sentita tutti un po’ nostra, mi sono sentito parte di quell’impresa.

Il saggio Marcato, un po’ maestro, un po’ guerriero

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«Quando avevo poco più di 20 anni – sorride Marcato – facevo un allenamento di sei ore e il giorno dopo, non dico che avevo già recuperato, però stavo bene. Adesso quando faccio un allenamento importante di sei ore, magari ho bisogno di due giorni per recuperare. E’ una differenza che fa pensare».

Il Tour of the Alps si avvia alla conclusione, il dialetto trentino ha preso il posto dell’ingombrante tedesco dei giorni scorsi e il caffè al bar ha un gusto più accogliente. Il veneziano del Uae Team Emirates ha appena firmato il foglio di partenza e, mentre parla, un angolo della memoria va indietro, cercando la prima volta che lo incontrammo. Probabilmente fu nel 2004, quando correva alla Bata di Rino Baron con Leonardo Moser e lo stesso Michelusi che ora allena Aru alla Qhubeka-Assos, ma bisognerà controllare. Di sicuro la sua storia nel ciclismo, vissuta spesso con il sorriso, ha radici profonde.

Al Tour of the Alps, per Marcato lavoro per la squadra e tanta salita
Al Tour of the Alps, per Marcato lavoro per la squadra e tanta salita

«Doveva essere la stagione della ripresa – dice – e in parte lo è, di certo rispetto a quella passata, perché le corse ci sono. E noi come movimento ciclistico internazionale abbiamo dimostrato di poter correre in sicurezza. Ci sono stati tanti sforzi da parte delle squadre e degli organizzatori, abbiamo fatto vedere che il ciclismo si può fare. E per me è lo stesso. Poter correre è quello che più voglio fare e avere questa opportunità, sia pure fra tamponi e il resto, fa molto piacere».

Però… che cosa ci fa un uomo del Nord sulle montagne del Trentino?

Ho fatto la prima parte lassù. E archiviate le pietre sono venuto qui a fare un po’ di salita e un po’ di fatica. Non sono qui a preparare il Giro, la carta di identità parla chiaro. Ci sono tanti giovani e tante pedine da giocare, nei grandi Giri e nelle altre corse. Se me lo chiederanno, sarò pronto e ben felice di partecipare, ma giustamente prima vengono gli interessi di squadra.

Prima del Tour of the Alps, Marcato ha fatto il suo… giro sul pavé del Nord
Prima del Tour of the Alps, un giro sul pavé del Nord
Un tempo la parola “giovane” si associava alla freschezza, ma anche all’inesperienza. Possibile che oggi sia sinonimo di “invincibile” e che sappiano già tutto?

Quelli che passano sono molto informati. Un po’ perché magari, fin da quando sono juniores, hanno metodologie di allenamento avanzate. Però sicuramente ci sono corse e corse. Nelle classiche del pavé conta tanto l’esperienza e nonostante si sia già pronti a livello tecnico e fisico, sapere dove limare, dove essere davanti al momento giusto, dove recuperare è fondamentale. Soprattutto nelle corse di sei ore, dove la posizione in gruppo fa la differenza. Mentre magari in altre corse, con tante salite o l’arrivo secco, la freschezza di un giovane viene fuori e può fare la differenza.

Quali obiettivi si possono avere allora a 37 anni?

Un obiettivo concreto per me è fare una bella stagione, visto che comunque è la mia 17ª da professionista, e cercare sempre di dare il massimo per la squadra. Ci sono stati anni in cui ho provato a vincere e a prendermi le mie soddisfazioni personali, però sono anche consapevole dei miei limiti. Oggi il mio obiettivo è aiutare i compagni, essere presente e magari insegnare qualcosa ai giovani. Fa sempre piacere, mi inorgoglisce sapere che mi vedono come punto di riferimento e mi ascoltano.

Alla Vuelta del 2019 Marcato con Pogacar, a ruota di Valverde, assistendo il giovane campione
Alla Vuelta del 2019 con Pogacar, a ruota di Valverde, assistendo il giovane campione
A proposito di giovani, che effetto fa andare a correre con Pogacar in squadra?

Sicuramente vai alle corse per vincere e già questo ti dà morale, uno stimolo in più per dare il 110 per cento. Tadej trascina un po’ tutti. Sai che comunque sarà presente, sai che ogni tuo sforzo viene ripagato e penso che questo sia la cosa più bella e più importante per ottenere risultati e vivere tutte le corse in armonia.

Parliamo di un giovane che ha bisogno di ascoltare o di un giovane che non è più giovane?

E’ uno che a livello di testa è molto forte. Sa dove può arrivare e ha ben chiaro il suo percorso. Magari man mano che si presenteranno le occasioni, ci potranno essere dei momenti in cui avrà bisogno di essere indirizzato o corse in cui potrà avere bisogno di un consiglio. Già alla Vuelta di due anni fa, mi è capitato di dividerci la stanza per un mese. Ci si parlava spesso. E uno che ascolta. Non dà mai nulla per scontato. Fu la Vuelta da neoprofessionista, con tre tappe vinte e il podio.

Marco Marcato ha scortato Pogacar al Tour 2020, arrivando a Parigi in giallo
Ha scortato Pogacar al Tour 2020, arrivando a Parigi in giallo
Ci pensi mai a cosa farai da grande?

Ci si pensa sì, al dopo. Ho 37 anni quest’anno. Il ciclismo è sempre più stressante, devi fare l’atleta per 365 giorni all’anno, non è semplice. Nonostante questo, dico che finché mi alzo al mattino e ho voglia di fare sacrifici e di allenarmi e sono competitivo, perché smettere? Però comunque la testa rivolta al dopo c’è. Vedremo se si presenteranno delle occasioni, anche rimanere nell’ambiente, mi farebbe piacere.

A casa tutto bene?

Sì, dai. Le bimbe, Aurora e Alice, vanno a scuola e questa è una gran cosa, soprattutto in questi giorni in cui mia moglie Elisa è sola a casa. Le scuole chiuse e la didattica a distanza sono state una bella prova. Adesso sembra che le cose vadano meglio e poi stasera torna a casa papà per dare una mano…