Con Oggiano nel laboratorio Ineos, progettando il futuro

24.04.2025
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L’universo Ineos è estremamente vasto. Non c’è solo il ciclismo, considerando l’impegno fino all’edizione dello scorso anno della Coppa America di vela (e il ritiro della sfida di Ineos Britannia dei giorni scorsi ha destato molto scalpore) come anche quello nella Formula 1 al fianco di Mercedes, rivale sulle due ruote ma strettissima partner sulle quattro. Le commistioni fra i vari campi sono molto strette e a livello di ricerca il lavoro diventa spesso comune.

Direttore Area Ricerca e Sviluppo della Ineos Cycling è Luca Oggiano, dirigente che si è fatto una lunga esperienza all’estero e che tra l’altro ha vissuto sulla sua pelle l’evoluzione sempre più prepotente del movimento norvegese nello sci alpino, passando poi alle due ruote. L’intervista con lui significa entrare in un mondo davvero particolare, dove non si parla solamente di watt, copertoni, allenamento perché per poter emergere in un ambiente così complesso, la commistione fra le varie discipline è massima e non è neanche unica, considerando ad esempio come il lavoro della Visma-Lease a Bike sia alla base della scalata ai vertici mondiali del movimento remiero olandese.

Alla Ineos Grenadiers Oggiano è stato nominato direttore dell’Area Ricerca e Sviluppo
Alla Ineos Grenadiers Oggiano è stato nominato direttore dell’Area Ricerca e Sviluppo
Partiamo dalla tua carica. In che cosa consiste?

Si tratta di seguire e curare tutti i vari prodotti sviluppati dai partner che poi vanno a essere implementati all’interno della squadra. Io mi occupo del lato performance di tali prodotti, più che altro dal punto di vista aerodinamico, quindi Kask, Pinarello, Gobik, eccetera. Affrontando lo sviluppo, la ricerca e l’implementazione all’interno della squadra dei vari prodotti.

Questo lavoro che tu fai quanto prende anche dalle altre esperienze di Ineos e quanto le altre esperienze di Ineos, ad esempio nella vela, sfruttano anche il lavoro che fate voi?

In realtà ci sono stati dei travasi di esperienza, soprattutto per quel che riguarda Mercedes Formula Uno all’inizio della partnership. Il mondo del ciclismo però è diverso, non si può far tutto in “house” come si fa con la vela o la Formula Uno, si lavora in sinergia con diversi partner. La commistione riguarda soprattutto le metodologie, dove c’è un continuo scambio, soprattutto sul piano dell’aerodinamica, ma poi gli ambiti sono diversi. Quindi si va avanti per la nostra strada.

Luca Oggiano ha iniziato la sua carriera di ricercatore in Norvegia, dedicandosi agli sport invernali
Luca Oggiano ha iniziato la sua carriera di ricercatore in Norvegia, dedicandosi agli sport invernali
Quando sei entrato in questo mondo?

Dal lato del ciclismo nel 2017, ma il lavoro sull’aerodinamica riguarda aerodinamica dei tessuti, sviluppo tute e sviluppo prodotti è più datato, dobbiamo risalire alla mia tesi di laurea nel 2005. Qualche annetto di esperienza c’è, lavorando per anni con il team norvegese tra discipline veloci dello sci e pattinaggio su ghiaccio in particolare. Nel 2017 ho accettato la proposta del team Sky.

Da spettatore prima e protagonista poi, quanto è cambiato l’influsso della ricerca e dello sviluppo nel ciclismo?

Credo che uno dei passi più grandi che siano stati fatti è stato quello del riuscire a dare delle metodologie super avanzate, facendo crescere aziende “medio piccole”, come possono essere per esempio quelle dei caschi. In questo sono state implementate esperienze di altri campi come la stessa Formula Uno, dando accesso a nuove strumentazioni. Questo ha portato un enorme miglioramento dello sviluppo del prodotto e quindi anche ovviamente delle prestazioni.

Con Ganna ha lavorato a lungo su ogni aspetto per arrivare ai suoi primati su pista
Con Ganna ha lavorato a lungo su ogni aspetto per arrivare ai suoi primati su pista
Tu hai una cultura e radici omnisportive, secondo te l’evoluzione del mezzo che c’è stata nel ciclismo è pari a quella degli altri sport di vostra competenza?

Difficile fare un paragone. Il ciclismo ancora oggi ha comunque una forte componente umana, negli altri quella meccanica è quasi allo stesso livello, quindi incide molto di più. Il ciclismo credo che in questo momento sia lo sport trainante nel suo genere e potrebbe essere ancora più rivoluzionario senza le varie limitazioni poste dall’UCI, che fa un ottimo lavoro, ma tende a limitare la possibilità di spingere dal punto di vista della ricerca e sviluppo per cercare di equalizzare le forze. Ma si vede che nel ciclismo odierno è stata implementata molto della cultura di discipline come Formula 1 ma anche Moto GP.

A breve termine ci saranno altre evoluzioni nel mondo del ciclismo e chiaramente quindi anche nel tuo team?

Sicuramente, considerando che siamo nel pieno di una rivoluzione industriale dettata dall’uso dell’intelligenza artificiale che va di pari passo con l’atleta stesso. Io credo che nell’ambito di caschi, telai, strutture aerodinamiche si possa ancora fare tantissimo. Di pari passo con le limitazioni di cui prima, pienamente legittime, che ti portano spesso a cancellare tutto il lavoro e rimetterti davanti a una pagina bianca, ma più ricco di prima in base alle conoscenze acquisite.

Ineos è partner di primo piano della scuderia Mercedes in Formuna 1 (foto DPPI)
Ineos è partner di primo piano della scuderia Mercedes in Formuna 1 (foto DPPI)
Un lavoro necessario?

L’impegno del massimo organo porta a cercare di minimizzare le differenze tra le varie squadre permettendo uno sviluppo della tecnologia che sta diventando sempre più fruibile anche da team che non hanno dei budget enormi, che sta portando quasi tutte le aziende ad avere un’attenzione più rivolta alla performance del prodotto piuttosto che al design. Secondo me vedremo delle cose interessanti nei prossimi anni.

Secondo te queste evoluzioni andranno a ridurre sempre più la componente umana nella prestazione?

Nel ciclismo probabilmente no, si tratta di uno sport dove ancora la componente umana è fondamentale. Certo, se metti di fronte due Pogacar, quello con i materiali migliori probabilmente andrà a vincere. Ma le differenze grosse, come è anche bello che sia, arriveranno comunque dalla componente umana. La componente dei materiali darà quell’extra, diciamo quel 5-10 per cento in più, ma il resto verrà comunque fuori dalle gambe del ciclista. Ed è questa la strada che comunque l’UCI vuole dettare.

Ha destato sensazione il ritiro della sfida del team Britannia con Ineos dalla Coppa America (foto Cameron Gregory)
Ha destato sensazione il ritiro della sfida del team Britannia con Ineos dalla Coppa America (foto Cameron Gregory)
Le innovazioni nella Formula Uno hanno avuto un ricasco importante dal punto di vista della sicurezza nelle auto di tutti i giorni. Nel ciclismo avviene e avverrà lo stesso?

Sicuramente, se guardiamo tantissime innovazioni nate per il ciclismo professionistico sono diventate di uso comune. Basti pensare al computerino, il Garmin, ormai anche il ciclista della domenica lo usa, guarda i watt, tiene conto di tutto. A parte il lato sicurezza, c’è proprio il lato di gamification, come si chiama in inglese, ovvero il trasformare lo sport in gioco e rende tutto secondo me molto più bello, più divertente. Anche dal punto di vista dell’aerodinamica stessa ci sono ormai varie possibilità per tutti di poter per esempio misurare il proprio coefficiente aerodinamico. C’è questo travaso di conoscenze che anche vent’anni fa erano utilizzate solamente ad altissimo livello, che stanno iniziando a essere fruibili per tutti.

Casa Ineos, il casco non è più un marginal gain

16.01.2024
5 min
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Il casco da bici non fa più parte della categoria marginal gains, ma è uno strumento alla base del pacchetto performance dell’atleta. Fa parte di un puzzle in cui vanno inclusi tutta la bici, l’abbigliamento, la posizione in sella e in cui la variabile più grande resta il corridore. Nell’economia della performance complessiva quanto conta l’efficienza di un casco?

Lo spunto tecnico nasce dalla curiosità legata al nuovo Kask, non ancora ufficiale e già vittorioso in Australia con Narvaez. Approfondiamo l’argomento con Luca Oggiano, amministratore delegato di NablaFlow, genio della ricerca aerodinamica, uomo chiave per il Team Ineos-Grenadiers nell’ambito della ricerca e della performance.

Narvaez vittorioso in Australia con il nuovo casco
Narvaez vittorioso in Australia con il nuovo casco
E’ corretto il suffisso aerodinamico riferito ad un casco da bici?

Non esiste una risposta corretta. Forse usare il termine aerodinamico è eccessivo. E’ altrettanto vero che la ricerca, la tecnologia (e in questo sono da includere gli studi dell’aerodinamica applicata al ciclismo) portano ad usare termini che non appartenevano a questo sport anni addietro. I caschi di oggi non hanno nulla a che vedere con quelli di un’epoca passata. Si lavora sulla riduzione dell’impatto frontale e sul peso che ha l’aerodinamica sull’efficienza. Sopra tutto c’è il caposaldo della sicurezza.

Filippo Ganna e Luca Oggiano (foto Luca Oggiano)
Filippo Ganna e Luca Oggiano (foto Luca Oggiano)
La linea di studio per lo sviluppo di un casco da bici è una oppure ci sono diversi indirizzi?

Dipende sempre da cosa si vuole ottenere dal prodotto e le linee guida vengono dettate dalle aziende. Uno dei segreti è quello di far collimare al meglio i diversi fattori e le tante variabili. A noi vengono chiesti i dati ed i numeri, dalle aziende, dai team e anche dagli staff delle nazionali. Anche le nuove generazioni di corridori sono preparati e cuoriosi, vogliono sapere che cosa indossano.

Una simulazione dell’impatto dello spazio su bici e ciclista (grafico NablaFlow)
Filippo Ganna e Luca Oggiano (foto Luca Oggiano)
Atleta, bici ed equipaggiamenti in generale, quanto conta il casco nel pacchetto totale?

Dipende dalla disciplina. In una cronometro tantissimo, in una prova su strada influisce meno, mediamente il 3/5%, perché in questo secondo caso l’atleta è più esposto all’impatto frontale. Un casco può arrivare ad influire complessivamente fino al 10%. Tantissimo, se contiamo che oggi si vincono le gare con una margine scarso di qualche watt.

Si parla sempre di guadagni di watt, ma la sensazione è quella che man mano la ricerca va ad esplorare nuovi modi per esprimere il potenziale. E’ così?

E’ difficile immaginare quanta ricerca c’è dietro ad un semplice casco, dico semplice proprio perché è complicato pensare a tutte le simulazioni e interazioni. Centinaia, migliaia. Anni addietro i guadagni della performance erano facili, perché il plateau tecnologico non esisteva. Oggi è più complicato. Il livello dei prodotti è davvero elevato e quel plateau tecnologico che ho menzionato si è evoluto. E alla portata di molti, ma dipende anche dagli investimenti. I costi sono elevati e anche questo fattore ha un peso da non sottovalutare. Siamo molti vicini, con le dovute proporzioni, alla F1.

Anche per Ganna orecchie coperte nella sezione superiore (foto Cauldphoto, Cyclingimages, Ineos Grenadiers)
Anche per Ganna orecchie coperte nella sezione superiore (foto Cauldphoto, Cyclingimages, Ineos Grenadiers)
Se dovessimo pensare alla porzione più complicata da sviluppare e disegnare?

L’interno del casco. I parametri da considerare sono tanti, ad esempio i capelli. Studiare la porzione interna di un casco non è semplicemente capire come far passare l’aria o come far indossare il casco. I flussi che passano all’interno del casco si riuniscono a quelli esterni. Se studiati male, mandano alle ortiche tutto il lavoro fatto anche per l’esterno.

Prendiamo come soggetto il Kask che abbiamo visto in alcune immagini. Che guadagno può portare la calottatura delle orecchie?

Partiamo dal presupposto che è un casco che nasce per le classiche, dove la velocità media di gara è elevata. Più che sulla calottature delle orecchie, c’è da considerare quanto è il peso che ha la resistenza aerodinamica di un casco, rispetto alla leggerezza.

Spiegaci meglio!

Un casco più pesante, ma con un’efficienza aerodinamica migliore, anche solo dell’1%, mostra dei vantaggi non trascurabili, risultando più efficiente rispetto ad un casco più leggero e con tante aperture. Stiamo argomentando la ricerca della performance migliore. Il nuovo Kask inoltre considera anche l’eliminazione dei cosiddetti rumori aerodinamici, un fattore percepito in modo negativo da diversi atleti.

Una soluzione che vedremo anche in futuro, magari adottata su larga scala sui caschi da strada?

Nel ciclismo come in quasi tutte le altre categorie ci sono i conservatori ed i progressisti. E’ probabile. Di sicuro noi abbiamo smosso le acque con una sorta di trasposizione del casco da crono verso la strada. Il mercato ha come sempre l’ultima parola.

Aerodinamica: manubrio stretto ma gomiti più larghi

21.05.2023
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Qualche giorno fa, parlando della bici di Jonathan Milan, il corridore della Bahrain-Victorious ci aveva confidato che all’inizio della stagione aveva anche pensato di allargare il manubrio, scelta che sarebbe andata diametralmente contro le tendenze attuali. Milan ci aveva detto che aveva pensato a questa opzione per due motivi: la respirazione, in quanto avrebbe aperto un po’ la gabbia toracica, e per far sì che i suoi gomiti sporgessero di meno e quindi facessero attrito. Poi il friulano ha preferito non cambiare ed è rimasto sulla piega da 400 millimetri.

Quando si parla di attrito si passa all’infinito capitolo dell’aerodinamica e qui non può che intervenire Luca Oggiano, amministratore delegato di NabaFlow (azienda specializzata in soluzioni fluidodinamiche), ormai il nostro esperto del settore. A lui abbiamo posto la questione e in effetti è emerso che l’intuizione di Milan non era poi sbagliata. Vediamo perché.

Il manubrio integrato Vision Metron 6D da 400 mm di Milan. Misura abbastanza stretta per un atleta la cui statura supera i 190 cm
Il manubrio integrato Vision Metron 6D da 400 mm di Milan. Misura abbastanza stretta per un atleta la cui statura supera i 190 cm
Luca, un manubrio più largo avrebbe portato vantaggi a Milan?

Prima di tutto dobbiamo fare un distinguo: se parliamo di volata o di fasi normali di corsa. Perché se parliamo di volata e quindi di potenza pura, ha fatto bene a tenerlo più stretto, anche se poi la bici è più complicata da guidare. Mentre se parliamo del pedalare normalmente bisogna vedere. Ci sono moltissimi parametri da valutare.

La tendenza oggi è quella di stringere i manubri per essere più aerodinamici…

Più stringo il manubrio, più guadagno in quanto sono meno esposto al vento: in teoria è così. Poi però bisogna vedere la conformazione degli atleti, che è estremamente soggettiva. E come diceva Milan: «Stringo il manubrio, ma poi esce il gomito». Io credo che oggi si sia arrivati al limite con le misure dei manubri. Non credo si possa andare parecchio oltre.

Gilbert non ha ceduto troppo alla tendenza dei manubri stretti. Era un fautore della piega larga: ne ha avute anche da 440 mm… e i gomiti erano “dentro”
Gilbert era un fautore del manubrio largo: ha avuto anche pieghe da 440 mm… e i gomiti erano “dentro”
L’UCI ha imposto il limite a 360 millimetri, non più stretti…

Ci sono anche per questioni di guidabilità. E’ intuitivo che un manubrio così stretto renda più difficile condurre la bici. Mentre per quel che riguarda l’aerodinamica, io sono uomo di numeri e nel ciclismo i numeri sono individuali. Ogni analisi va fatta sulla persona stessa. Non è detto che manubri più stretti siano più aero per tutti o per forza.

Luca, ci rendiamo conto di parlare parecchio a braccio, ma se dovessimo fare una stima, che differenze ci sono per ogni misura di manubrio? Quindi 420, 400, 380 millimetri…

Io credo che tra una misura e l’altra si possano guadagnare 5 watt a 50 all’ora. Ma attenzione, è un valore da prendere assolutamente con le molle. E’ una stima. E varia moltissimo da atleta ad atleta.

Chiarissimo, ma ci facciamo comunque un’idea, quindi continuiamo a ragionare così. Quanto possono incidere i gomiti che sporgono di cui parlava Milan? Poniamo che rispetto all’asse frontale del manubrio sporgano di 5 centimetri verso l’esterno…

Potrei dire che c’è un aumento dell’impatto frontale tra l’1% e il 3% e quindi tra i 5 e i 10 watt sempre a 50 all’ora. Ma qui le variabili relative all’atleta sono ancora di più. Bisogna capire che l’aerodinamica è molto particolare. Prendiamo l’esempio del gomito. Non è solo il suo impatto con l’aria che conta, ma anche le scie che crea sul resto del corpo, i flussi… E’ uno studio di una complessità enorme.

Per Oggiano ogni modifica che riguarda un cambiamento di posizione dovrebbe essere controllato in galleria del vento
Per Oggiano ogni modifica che riguarda un cambiamento di posizione dovrebbe essere controllato in galleria del vento
Milan ci ha anche detto che si è abbassato di uno spessore, quindi 5 millimetri rispetto all’inizio dell’anno…

In questo caso il vantaggio è frontale. Lui ha ridotto l’area frontale, ma in aerodinamica conta molto la forma, il coefficiente CD. Io posso anche ridurre l’impatto frontale, ma al tempo stesso vedere che il CD aumenta per questioni di flussi. Faccio un esempio: io ho un metro quadrato di aria frontale e tu di due. In teoria tu sei il doppio più resistente di me all’aria. Ma poi tutto dipende dalla forma.

Chiarissimo…

Nei nostri studi in galleria del vento, capita spesso che un atleta che si abbassa, come ha fatto Milan, poi sia meno efficiente. Vero, ha ridotto l’impatto frontale, ma è meno efficiente perché i flussi tra parte frontale e parte posteriore fanno più attrito. Per questo è molto importante sempre verificare ogni cambiamento. E per questo servono le simulazioni, i test in pista, in galleria del vento. Non a caso io sono un sostenitore della teoria che non tutto va bene per tutti (sia per i materiali che per le posizioni, ndr) e che, in aerodinamica specialmente, tutto è legato al soggetto.

Oggiano, il mago dell’aerodinamica al lavoro per Parigi

26.02.2023
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Il nome di Luca Oggiano salta fuori per la prima volta parlando con Dario Cioni dopo il record dell’Ora di Ganna. Si capisce presto che l’ingegnere sardo, amministratore delegato di NabaFlow (azienda specializzata in soluzioni fluidodinamiche), è una figura chiave negli sviluppi aerodinamici di casa Ineos. In realtà la sua collaborazione inizia ben prima, ma pochi lo sanno. C’è lui dietro lo sviluppo dei body da crono e le tante innovazioni introdotte di volta in volta dalla squadra britannica.

Qualche giorno fa, alla vigilia dei campionati europei di Grenchen, Oggiano era a Montichiari con la nazionale. E così, incuriositi circa il suo ruolo, lo abbiamo raggiunto nel suo ufficio di Stavanger, sul mare norvegese, dove vive ormai da 15 anni. Moglie e figli norvegesi, due battute sul sentirsi a volte come Checco Zalone e si comincia.

Il record dell’Ora di Ganna, lo scorso ottobre, è stato anche il risultato del lavoro di Luca Oggiano e NabaFlow
L’Ora di Ganna, lo scorso ottobre, è stata anche il risultato del lavoro di Luca Oggiano e NabaFlow
Buongiorno Luca, l’incarico con la Federazione è in qualche modo il seguito della collaborazione con Ganna?

Lavoriamo verso Parigi, per implementare alcune delle esperienze che sono state fatte con Filippo e con il gruppo di Villa più che altro per la pista. Un misto di sviluppo per la posizione degli atleti, ma anche i materiali e il coordinamento dello sviluppo aerodinamico, sia per il quartetto femminile sia per quello maschile.

Questo significa che per Parigi si lavora a nuovi materiali?

Il problema è che abbiamo tempistiche ridotte. Va consegnato tutto prima dei mondiali di agosto, quindi ci sono alcuni progetti in fase di sviluppo e altri che sarà complicato implementare. Non posso dire proprio tutto nei dettagli, ma ci sono lavori sugli atleti e sulla posizione che possiamo continuare a sviluppare anche dopo la data di agosto. Invece per i materiali abbiamo questo limite, quindi alcune cose saranno nuove e le vedrete un po’ più avanti. Altre invece saranno un’ottimizzazione di quello che c’è già.

Che tipo di lavoro stavate facendo a Montichiari?

Siamo andati per fare la scansione 3D completa degli atleti e fare l’ottimizzazione delle posizioni in maniera digitale, che è la base del lavoro che abbiamo fatto anche con Ganna. Utilizziamo tecniche di animazione misti a simulazioni sul cloud, con software proprietario che è stato utilizzato anche per tutto quello abbiamo fatto nel record di Filippo.

Quali vantaggi si hanno?

Si ottimizzano prima di tutto i tempi, perché si riesce a fare centinaia di simulazioni in maniera molto fluida e si riducono anche i tempi dei test degli atleti. Non si va più in galleria a testare 50-60 possibili posizioni, magari anche un pochino a caso, ma si lavora avendo già un’idea abbastanza chiara di quello che si vuole cambiare o migliorare per quel che riguarda la posizione degli atleti. Lo stesso approccio viene fatto con i materiali e quello che si può sviluppare. Il cambiamento più grosso però è successo tre anni fa.

Che cosa è successo tre anni fa?

Abbiamo iniziato a implementare le tecnologie della Formula Uno, fondamentalmente. Simulazioni 3D, fatte in maniera molto più accurata, molto più veloce, molto più scalata. Gli studi sull’aerodinamica si sono evoluti. Se uno riesce a ottimizzare l’aerodinamica in qualsiasi frangente, i vantaggi sono palesi. Saranno chiaramente superiori nella pista, leggermente inferiori nelle crono. In ogni caso, più diminuisce la velocità e minore è l’influenza dell’aerodinamica. Quando si va in salita, ad esempio, non diminuisce solo la velocità, ma non si tiene una posizione costante. Insomma, ci sono tanti altri fattori che diventano determinanti.

Quindi l’aerodinamica nelle gare in linea è meno incisiva?

In una classica, per esempio, o in una delle frazioni nelle quali si sta davanti e si tira, l’aerodinamica ha un ruolo fondamentale. Insomma, le medie al Tour de France dell’anno scorso erano paurose. Ecco, a quel livello l’aerodinamica ha un ruolo abbastanza importante. Come pure in alcuni sprint.

Il lavoro di Luca Oggiano e di NabaFlow con la nazionale tende a ottimizzare la resa aerodinamica
Il lavoro di Luca Oggiano e di NabaFlow con la nazionale tende a ottimizzare la resa aerodinamica
Il ciclismo è il focus principale della vostra azienda?

Siamo una startup nata tre anni fa, quindi siamo piccolini. Lo sport è uno dei nostri business principali. L’idea è quella di trasferire allo sport professionistico le tecnologie arrivate dalla Formula Uno. Poi però lavoriamo anche con ponti, con la fluidodinamica all’interno dei palazzi, quindi all’interno delle città. Pale eoliche, fluidodinamica per quel che riguarda le strutture offshore. Quindi la nostra attività è anche implementare metodologie e tecnologie in un ambiente molto più grande. Siamo molto focalizzati sul green shift, cerchiamo di aiutare le aziende a risparmiare il cemento e l’acciaio.

Come procederà il lavoro con la nazionale?

L’idea è di ottimizzare i tempi. I test delle simulazioni saranno la base per fare quelli in velodromo ed essere sicuri che gli atleti riescano a produrre la potenza necessaria e a mantenere la posizione anche con un certo comfort. Poi andremo in galleria del vento a Milano.

Ci sono tuoi colleghi che escludono i test in velodromo e ritengono attendibile solo la galleria?

Nel 2023 non si può ragionare così. Le tre fasi sono complementari, non ci si può permettere di rinunciare a uno dei passaggi. Come in Formula Uno, non esiste che si porta la macchina dalla simulazione alla gara: prima si fa pista.

Lavorate anche con altri sport?

Siamo collaboratori del Comitato olimpico norvegese. Quindi per esempio ai mondiali di di sci alpino tutti gli atleti norvegesi hanno collaborato con noi, utilizzando il nostro software. Qualsiasi sport, soprattutto quelli invernali verso le prossime Olimpiadi e anche il triathlon, dal punto di vista aerodinamico sono gestiti da noi.

Come si conciliano aerodinamica e comfort?

Dipende dalla disciplina. Il record dell’Ora era una cosa estrema. Abbiamo lavorato tantissimo con i triatleti, dove serve guardare il bilanciamento tra comfort e prestazione aerodinamica. Alcune discipline richiedono sforzi più brevi, come un inseguimento che dura minuti. Allora si può spingere di più sul lato del discomfort, facendo però in modo che la potenza prodotta dalle gambe sia massimizzata.

I ragazzi recepiscono questi ragionamenti?

Ganna è uno di quelli che ha sposato la causa con la mente aperta, anche capendo che alcuni passi a volte portano un po’ di fatica aggiuntiva per trovare la soluzione migliore. Potrebbe significare fare un giorno di test in più in galleria o in velodromo. Passaggi che da alcuni sono visti come una perdita di tempo, ma che in realtà sono molto importanti. Lo scopo è fargli capire che con quella mezza giornata in galleria possono guadagnare quanto otterrebbero in un mese di allenamento. Ogni atleta la prende in maniera diversa. Alcuni sono molto aperti, altri sono quasi infastiditi, ma non li conosco ancora bene.

Se doveste rifare domani il record dell’Ora, avresti variazioni da proporre?

Sì, ci sono alcune cose che in realtà sarebbero da implementare. Alcune sul lato comfort, perché non abbiamo avuto tanto tempo per sviluppare una sella dedicata e Filippo ne ha sofferto. E poi ci sono i cambiamenti per quel che riguarda i nuovi regolamenti della posizione. Filippo è molto alto e potrebbe averne dei vantaggi. Con Ineos abbiamo cominciato a lavorarci, ma anche per lui dovremo trovare lo spazio per fare dei test. Il suo calendario non ha molti spazi liberi.