La Petrolike e l’ultima creatura di Savio, affidata a Bellini

19.01.2025
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Gianni Savio se n’è andato lasciando in eredità il suo ennesimo tributo al ciclismo italiano. Il dirigente scomparso a 76 anni era stato infatti “costruttore” della Petrolike, il team di licenza messicana fortemente voluto per dare uno spazio di crescita ai corridori locali, ma aveva fatto subito presente come fosse necessario, per conseguire i suoi ambiziosi traguardi, infarcire il roster di corridori svezzati, pronti al ciclismo europeo e quindi italiani.

Tra i tanti campioni scoperti dal dirigente piemontese anche Egan Bernal, rimastogli sempre affezionato
Tra i tanti campioni scoperti dal dirigente piemontese anche Egan Bernal, rimastogli sempre affezionato

L’ultima avventura, che Savio non ha potuto vivere, vedere concretizzarsi e questo è uno dei più forti rammarichi che ha lasciato in Marco Bellini, il suo braccio destro da 25 anni (con lui nella foto di apertura alla presentazione del Giro 2012: con loro Rujano). Per lui parlarne, a qualche settimana di distanza dalla scomparsa di quello che innanzitutto era un amico, non è semplice: «Per 25 anni sono stato più con Gianni che con mia moglie. Ho iniziato nel 2001 come diesse, poi dal 2010 sono entrato nella società e ci eravamo divisi i compiti in maniera chiara: io mi occupavo della parte gestionale, del rapporto con gli sponsor, lui della stampa, delle pubbliche relazioni».

Gianni era uomo di un ciclismo antico, come faceva a rimanere al passo con uno sport che è cambiato così tanto?

Era un personaggio con un carattere diverso, non aveva bisogno di adattarsi, anzi a questo ciclismo metteva un freno. Per due volte ha avuto la possibilità di fare il vero salto di qualità, nel 2011 e nel 2017 ma in entrambi i casi ha scelto di non venire meno allo spirito del team, al “suo” ciclismo per conformarsi. Sicuramente aveva una concezione che mancherà in questo mondo.

Savio insieme a Ponomar, l’ucraino ultimo acquisto della Petrolike
Savio insieme a Ponomar, l’ucraino ultimo acquisto della Petrolike
E’ sempre rimasto legato all’altra parte dell’Oceano, perché?

Perché la sua natura era davvero vicina alla cultura, alla società, al modo di vivere in quelle terre. Lì si sentiva a casa sua e lo accoglievano come fosse di lì. Sempre. Trovava un ambiente ospitale che fosse in Colombia, in Venezuela, in Messico. Era sempre in contatto con i media locali. Attraverso di lui il ciclismo sudamericano si è evoluto, partendo da Cacaito Rodriguez, Leonardo Sierra, José Rujano. Ne ha tirati fuori tanti avvalendosi anche dei suoi infiniti contatti con appassionati del posto. Lo stesso Bernal è una sua scoperta.

Perché dici che la Petrolike resta un rammarico?

Non ha potuto viverla appieno. Era ormai un anno e mezzo che per le sue condizioni di salute non poteva uscire di casa e per lui il ciclismo andava vissuto sul posto. Dopo l’operazione all’anca gli mancavano le corse. La squadra è stata la sua ultima creatura, per certi versi il suo lascito, infatti era stato chiaro nella volontà di partire sì con un progetto locale ma poi, se volevano davvero farlo crescere, renderlo multinazionale e con un’anima italiana, come sta avvenendo.

Secondo anno di vita per la formazione messicana, ultima scommessa di Gianni Savio
Secondo anno di vita per la formazione messicana, ultima scommessa di Gianni Savio
La squadra cambia un po’ pelle rispetto alla stagione precedente…

Seguiamo i programmi che ci siamo dati sin dalla sua fondazione. Il primo anno è stato molto positivo, ora dobbiamo crescere come qualità per poi, se tutto andrà bene, provare a fare il salto fra le professional nel 2026. Il cambiamento si vedrà subito, infatti saremo a Mallorca e nelle corse spagnole d’inizio stagione, affrontando subito le squadre WorldTour e consentendo ai ragazzi di fare una grande esperienza.

E’ un team che diventa molto italiano.

Lo era già, non solo attraverso la mia presenza, ma abbiamo Fabrizio Tacchino come preparatore, Andrea Peschi fra i diesse, il nutrizionista Cristiano Caporali che viene dalla nazionale di triathlon. Poi chiaramente ci saranno i corridori e qui abbiamo cercato gente d’esperienza, che potesse essere utile per insegnare e dare l’esempio ai più giovani certamente non senza inseguire le proprie ambizioni personali, che sono anche quelle del team.

Lorenzo Galimberti è uno dei tre italiani scelti per dare esperienza al team messicano (foto Facebook)
Lorenzo Galimberti è uno dei tre italiani scelti per dare esperienza al team messicano (foto Facebook)
Su chi avete puntato?

Noi abbiamo scelto tre corridori, tutti con caratteristiche diverse. Per Filippo D’Aiuto mi sono affidato molto all’esperienza di Peschi che conosce bene il mondo degli under 23. Filippo racchiude quelle caratteristiche che cerchiamo, un corridore giovane ma con un grande equilibrio personale e una spiccata personalità. C’è poi Lorenzo Galimberti che sarà importante nelle corse impegnative, vista la sua propensione per le salite e infine Lorenzo Peschi, il figlio di Andrea che aiuterà gli sprinter.

Italiani a parte, la punta del team resta Caicedo?

Certamente, è il nostro diamante e nella prima stagione lo ha dimostrato portando a casa molti risultati, ma abbiamo alle sue spalle molti corridori che possono crescere proprio cibandosi della sua esperienza, come i fratelli Prieto o anche Macias. Inoltre arriva nel team anche l’ucraino Andrii Ponomar, che ha una gran voglia di rivalsa. E’ ancora giovane e con grandi potenzialità inespresse. E’ una squadra con un grande potenziale, ma aveva bisogno dell’iniezione di esperienza soprattutto perché buona parte del suo calendario sarà in Europa, in gare di elevato prestigio. Correre nel Vecchio Continente è la scuola migliore, ma bisogna farlo con approccio umile, cercando d’imparare il più possibile.

Caicedo resta la punta della squadra, ma quest’anno non sarà l’unica
Caicedo resta la punta della squadra, ma quest’anno non sarà l’unica
Partite subito forte…

Sia chiaro che non andiamo in Spagna con l’intento di fare chissà cosa, i ragazzi devono essere consci che saranno di fronte al meglio del movimento. Io voglio che acquisiscano esperienza, che capiscano com’è il ciclismo a certi livelli, ben diverso da quello che hanno affrontato finora. E’ un grande sacrificio che facciamo, ma sono sicuro che è per una buona causa. Questo anche grazie ai nostri dirigenti, che non chiedono risultati immediati, che capiscono qual è la nostra realtà e affrontano tutto con pazienza e concretezza.

Per la professional che altri passi serviranno?

Dovremo arrivare a un roster di 20 corridori, equamente divisi fra sudamericani ed europei e soprattutto dovremo prendere corridori che siano in grado di raccogliere risultati. Sarà un altro passo importante, imponente direi e potremo farlo solo con l’appoggio delle aziende che ci supportano, come Sidermec e Androni Giocattoli che sono sempre rimaste al nostro fianco come anche Salice Occhiali e Pella Sportswear. Ma intanto pensiamo alla stagione alle porte, per dare continuità al nostro discorso.

La vittoria di Macias nella tappa del Giro del Friuli, una delle perle del 2024 (foto Bolgan)
La vittoria di Macias nella tappa del Giro del Friuli, una delle perle del 2024 (foto Bolgan)
E per salutare Gianni nella maniera migliore…

La cosa che mi manca di più è quel telefono che squilla alle 11 del mattino. Era come una sveglia: Gianni era solito alzarsi tardi, infatti soffriva quando era al Giro e doveva svegliarsi presto. Durante la giornata ci sentivamo spesso, anche alla sera la sua ultima chiamata era per me. Ma cascasse il mondo, alle 11 del mattino il telefono squillava. E oggi a quell’ora mi capita di guardare lo smartphone e pensarlo…

Galimberti e una vittoria che ha cambiato tutto

12.09.2023
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La vittoria di Francesco Galimberti al Giro del Friuli per U23 può essere considerata una delle maggiori sorprese della stagione ciclistica. Pur essendo spesso piazzato nel calendario nazionale, come dimostrano ad esempio la vittoria alla Coppa Bologna e il podio alla Zané-Monte Cengio pochi accreditavano il portacolori della Biesse Carrera, che invece ha sbancato la sfida a tappe internazionale facendo leva sulla sua costanza di rendimento e traendone nuova spinta, come testimoniato dal trionfo all’Astico-Brenta successiva.

Una vittoria, la sua, che cambia completamente il giudizio sulla sua stagione e che porta a conoscere un po’ meglio la sua storia, per certi versi molto originale e lontana dagli stereotipi a cui siamo abituati nel ciclismo moderno.

Francesco Galimberti è nato il 2 gennaio 2001 a Carate Brianza (MB). Alto 1,70, spicca soprattutto in salita
Francesco Galimberti è nato il 2 gennaio 2001 a Carate Brianza (MB). Alto 1,70, spicca soprattutto in salita

«Ho 22 anni – esordisce Galimberti – quindi sono all’ultimo anno nella categoria. E’ vero, non mi si è visto molto ma ci sono svariate ragioni e la principale è che non ho mai visto il ciclismo come l’unica strada da seguire. Quando mi sono diplomato, ho continuato con gli studi, iscrivendomi al Politecnico di Milano in Ingegneria Informatica. Sono a due terzi degli esami per la triennale, avrei potuto anche essere più veloce, ma voglio tenere una buona media».

Quando hai iniziato nel ciclismo?

Da G2, seguendo mio fratello gemello Lorenzo, anche lui alla Biesse. Prima avevo provato un po’ di tutto: atletica, calcio, basket, ma vedendo quanto lui si divertiva ho seguito la stessa strada. A dir la verità era emerso prima lui, quest’anno era arrivato anche in nazionale al Tour de Bretagne, ma un’intossicazione alimentare l’ha messo fuori gioco prima del tempo.

In Friuli il corridore della Biesse Carrera ha chiuso con 1’12” su Raffele Mosca e 1’53” sull’olandese Geleijn
In Friuli il corridore della Biesse Carrera ha chiuso con 1’12” su Raffele Mosca e 1’53” sull’olandese Geleijn
Nel calendario di categoria non avevi avuto molti acuti, prima di quest’estate.

A inizio stagione ho corso con i professionisti, a Laigueglia e Larciano ed è stato molto utile, in quelle occasioni ho cercato soprattutto di entrare nella fuga iniziale riuscendoci. La cosa che avevo notato è che mentre a Laigueglia faticavo a tenere il ritmo dei compagni di fuga, a Larciano andava molto meglio. Dopo aver fatto 11° al Recioto stavo entrando in forma, ma a San Vendemiano sono caduto riportando alcune fratture e la mia primavera è finita lì. Non è stato però tempo perso, mi sono dedicato allo studio mentre mi riprendevo fisicamente, poi ho fatto un periodo in altura e ho iniziato un’estate ricca d’impegni.

Ti aspettavi un exploit come quello in Friuli?

Facevo affidamento sulla forma raggiunta e puntavo a fare classifica, anche perché ero uscito molto bene dal Valle d’Aosta, Volevo piazzarmi e magari centrare una tappa ma poi la corsa si è messa in un certo modo e abbiamo visto la possibilità di fare bottino pieno. In questo devo dire grazie alla squadra, che mi ha supportato alla grande.

Tra Val d’Aosta e Friuli hai tenuto un comportamento simile. Non ti si vede mai nelle primissime posizioni, ma hai dalla tua una grande costanza che alla fine premia…

E’ un po’ la mia forza, il mio modo d’interpretare le corse a tappe. Vincere una frazione per me resta un passaggio importante, ma il mio modo di correre mi porta a essere sempre presente a me stesso, attento, a guardare la gallina domani più che l’uovo di oggi. C’è poi da dire che ora riesco a smaltire la fatica molto meglio di quanto avveniva negli scorsi anni e questo conta molto.

Come ci sei riuscito?

Mettendo un po’ d’ordine in alcuni aspetti importanti dell’extra corsa. Dormo meglio anche grazie alla dieta: ho iniziato da qualche tempo a seguire la moda dei “100 grammi l’ora”, all’inizio non ci credevo molto ma poi ne ho visto i benefici.

Per Galimberti non solo successi in corse a tappe. Qui la vittoria alla Coppa Bologna, domenica ha trionfato all’Astico-Brenta
Per Galimberti non solo successi in corse a tappe. Qui la vittoria alla Coppa Bologna, domenica ha trionfato all’Astico-Brenta
Hai un nutrizionista che ti segue?

Lo avevo, ma per ora faccio da solo, l’ho appresa seguendo dei podcast e funziona, inoltre mi informo molto e ho preso molti spunti dagli strumenti informativi messi a disposizione da EthicSport. Credo comunque che dal prossimo anno mi affiderò pienamente a un esperto del settore.

Tu sei all’ultimo anno nella categoria: hai contatti per passare pro’?

Per ora nulla di concreto, nel senso che non ho messo alcuna firma. Mi sono arrivate molte richieste, soprattutto al ritorno dalla vittoria friulana, con i miei dati, i valori, i wattaggi. Spero che presto si concretizzi qualcosa.

A Laigueglia Galimberti ha esordito al massimo livello, centrando la fuga iniziale
A Laigueglia Galimberti ha esordito al massimo livello, centrando la fuga iniziale
Sicuramente questo successo accresce il tuo curriculum e l’attenzione verso di te vista la “fame” di specialisti delle corse a tappe che c’è in Italia. Il fatto di essere alla fine del periodo nella categoria ti ha mai dato apprensione?

A inizio anno ci pensavo molto, durante il ritiro prestagionale in Spagna era un po’ un peso che mi portavo appresso. L’incidente mi aveva demoralizzato, pensavo che sarebbe svanito ogni sogno, ma con la squadra abbiamo identificato nel Giro della Val d’Aosta un obiettivo plausibile e questo mi ha aiutato. Io pago fortemente il covid, quell’anno praticamente perso, anche perché da lì il ciclismo è letteralmente esploso, il livello si è alzato tantissimo. Io comunque spero di essermi meritato un’occasione per giocare le mie carte al tavolo dei grandi…

Tempesta su Arvier, che potenza Vandenstorme

12.07.2023
4 min
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ARVIER – Un ciclone su Arvier è Dylan Vandenstorme (in apertura foto Alexis Courthoud). Giocando col suo cognome, si potrebbe dire che sulla Valle si sia abbattuta una tempesta, tanto è stato potente il corridore della Circus-ReUz.

Questa volta il Giro della Valle d’Aosta è iniziato con una tappa insolita per le sue caratteristiche: 80 chilometri con poco più di 1.500 metri di dislivello che i 120 ragazzi in corsa hanno letteralmente divorato: media oraria superiore ai 43,3. Una sorta di prologo lungo.

Ma la tappa si prestava ad essere veloce. «Quest’anno – ci ha detto patron Riccardo Moret – abbiamo deciso per un inizio diverso. Volevamo che tutti i ragazzi arrivassero all’arrivo, così da non “spalmare” subito la classifica. E credo che ci siamo riusciti. E nonostante tutto qualche ritardatario c’è stato. Ma tranquilli da domani vedrete che salite!».

Lorenzo Galimberti, ripreso nel finale, ha chiuso a 6″. Aveva azzeccato la fuga buona ed era il solo italiano presente
Lorenzo Galimberti, ripreso nel finale, ha chiuso a 6″. Aveva azzeccato la fuga buona ed era il solo italiano presente

Bravo Galimberti

La corsa è un saliscendi continuo. Nei vari scatti esce una fuga interessante di quattordici atleti, tra cui gli italiani De Cassan, Bracalente e Lorenzo Galimberti della Biesse-Carrera.

«Ci credevo sin dal via – ha detto a fine tappa il lombardo – immaginavo una corsa così e mi piaceva il percorso: così esplosivo, così veloce. Poteva andare via una fuga più numerosa, ma anche ridotta come di fatto è stato perché il percorso era ricco di strappi, c’era più di qualche curva e nel ritorno del circuito il vento era a favore».

Galimberti racconta di due ore parecchio intense. Sono andati fortissimo e hanno preceduto ogni tabella oraria prevista. «Sempre con il 54 in canna, anche se su qualche strappetto cercavo di limare un po’ con il 39».

Lorenzo è al quarto anno. Qui in gara c’è anche il suo gemello Francesco. «So di non essere un fenomeno. Sono al quarto anno e al quarto anno si fa dura, ma io continuerò a dare il massimo e a divertirmi. Non sono uno scalatore puro, ma in salita tengo bene». Ma se Marco Milesi lo ha portato al Valle d’Aosta tanto piano in montagna non deve andare.

Temperature gradevoli. Al via 120 atleti (foto Alexis Courthoud)
Vandenstorme (classe 2002) è al primo grande successo. Ha battuto il connazionale Witse Meeussen e il francese Brieuc Rolland

Il calore della Valle

Il Valle d’Aosta è la corsa delle tradizioni, poche gare sono legate a doppia mandata al proprio territorio. La gente non manca e in questo minuscolo paesino all’ombra del Rutor alla fine la gente è spuntata fuori da ogni viuzza e ogni balcone… di legno.

Un bel colpo d’occhio per Dylan Vandenstorme. Alla fine lui è stato uno dei “superstiti” della fuga, sulla quale è piombato il gruppo proprio sull’arrivo.

Fisico possente, il corridore belga è un altro gioiello della Circus – ReUz, segno che stanno lavorando bene con molti atleti, non si tratta del talento del singolo. In questo 2023 hanno ottenuto otto vittorie (tutte di peso) con sei atleti differenti. Discorso che avevamo fatto anche parlando di Francesco Busatto.

«La gara è andata come mi aspettavo – ha detto Vandenstrome – mentre dietro al palco prova le taglie della maglia gialla che dovrà indossare domani – Una corsa perfetta per me, anche tatticamente. Mi piacciono queste gare intense.

«Dovevamo stare attenti, correre davanti e in caso di una fuga cercare di entrarci. E così è andata. Non dico che mi aspettassi di vincere, è una sorpresa, ma abbiamo corso con questo obiettivo».

Vandenstorme (classe 2002) è al primo grande successo internazionale. Ha battuto il connazionale Witse Meeussen e il francese Brieuc Rolland
Vandenstorme (classe 2002) è al primo grande successo internazionale. Ha battuto il connazionale Witse Meeussen e il francese Brieuc Rolland

Classiche nel Dna

Il belga si racconta un po’. Ci dice – e lo si vede anche dal suo fisico potente – di essere un corridore da Ardenne, ma anche da Giro delle Fiandre, tanto per farci capire. E quando nomina quelle gare, le “sue” gare, si accende.

«Sono un corridore potente, mi piacciono le piccole salite e sono abbastanza veloce. Domani forse è un po’ dura per me, ma cercherò di difendere questa maglia».

«Se Francesco Busatto mi ha dato qualche consiglio? Francesco è un bravissimo ragazzo ed è un corridore fortissimo. Parliamo spesso io e lui, è un buon amico per me, ma per le tattiche ho parlato con il nostro diesse, Kevin Van Melsen».