Romele: la maturità agonistica e il salto nel WorldTour

31.10.2024
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SULZANO – Le rive del lago di Iseo sono illuminate dal sole caldo di una mattina d’autunno. L’acqua scivola leggera sulle sponde come se poggiasse su un vetro lucido, la gente va e viene mentre su uno sgabello Alessandro Romele ci aspetta per parlare di sé, di questa stagione e del futuro. La firma con l’Astana Qazaqstan Team e il passaggio nel WorldTour sono freschi come il ritiro in Veneto da poco  terminato. Un primo confronto con il mondo che sarà e i compagni di squadra vecchi e nuovi

I raggi picchiano forte sulla schiena, l’estate di San Martino è in anticipo rispetto al solito ma la si accoglie volentieri dopo settimane di freddo e pioggia. Romele ha pedalato da casa sua fino al bar Mr. Bike, il luogo che lo accoglie sempre durante le sue uscite di scarico. Anche quest’anno le vacanze del corridore bergamasco sono trascorse per la maggior parte del tempo a casa. Riposo, qualche gita con amici e familiari e poco altro. 

Primo bilancio

La stagione 2024 di Romele era partita presto, a gennaio, con il Gran Premi Valencia e l’AlUla Tour. Poi una scappata al Tour of Rwanda, per ritornare in Europa a marzo e aprile. Un riposo forzato, la partecipazione al Giro Next Gen e via via gli altri impegni. A conti fatti ha gareggiato più tra i professionisti che con gli under 23, ma è stato un passaggio utile, come ci racconterà poi lui. 

«Della stagione non posso che essere contento – spiega Romele – non ho rimorsi. Se l’anno scorso con la Colpack avevo avuto dei rimpianti per qualche risultato mancato come europeo e mondiali, dove non avevo fatto quello che avrei voluto, il 2024 invece è stato positivo. Purtroppo un problema a inizio stagione non mi ha permesso di preparare al meglio il Giro Next Gen ma è stato l’unico intoppo. L’europeo era un obiettivo, ma le scelte sono ricadute su altri corridori. Per quel che potevo fare io non ho rimorsi. Anzi ho dimostrato che in quel periodo stavo più che bene, visti i risultati al Tour of Istanbul. Ho fatto veramente tantissima esperienza anche con il team WorldTour. Diciamo che la stagione non è da 10 e lode visti i risultati magari non super, però penso di essere cresciuto veramente tanto».

Romele con alle spalle Monte Isola, il gigante del Lago di Iseo
Romele con alle spalle Monte Isola, il gigante del Lago di Iseo
Che anno è stato il 2024?

Un anno di cambiamento, correre con un devo team è stato positivo sotto tutti gli aspetti. Anche con il gruppo abbiamo fatto un grandissimo lavoro, si è creato un bellissimo ambiente fin dal primo ritiro di dicembre. Penso che nel nostro sport sia fondamentale, mi ricordo che anche Cav (Cavendish, ndr) e Ballerini erano stati i primi a sottolineare l’importanza di questa cosa. Ne abbiamo parlato anche nel ritiro fatto poco fa per la stagione 2025 dell’importanza di creare un gruppo forte e coeso.

Che aria si è respirata in quei giorni?

Aria nuova, con grandi cambiamenti. Visto il nuovo sponsor nel 2025 ci saranno grossi upgrade sia a livello tecnico che poi di quello che è il materiale, ecc. Sarà un anno importante per l’Astana grazie a questa nuova spinta. L’aria che si è respirata con i compagni è sicuramente più tranquilla e più di casa, visto e considerando che siamo un gruppo di 10-11 italiani. Ci sono tantissimi ragazzi anche da tutto il resto d’Europa e del mondo, ma credo che avere tanta italianità nella squadra faccia bene. Vedo un po’ questa differenza che noi italiani siamo più scherzosi, molto più quelli che vogliono fare gruppo e penso che questo darà una grossa mano.

La stagione del bergamasco è partita bene con due vittorie in Grecia a marzo (foto Nassos Triantafyllou)
La stagione del bergamasco è partita bene con due vittorie in Grecia a marzo (foto Nassos Triantafyllou)
La crescita personale che hai detto, è arrivata con quali parametri?

E’ stata a 360 gradi, sotto tutti gli aspetti tecnici: a livello di potenza, resistenza, picco in volata, resistenza in salita. La cosa che mi ha impressionato di più è arrivata sotto l’aspetto umano, a livello di persona mi sento più grande, maturo. Dal punto di vista atletico quello che mi ha sorpreso maggiormente è stata la capacità di tenere la condizione per gran parte della stagione. A gennaio e febbraio ho faticato un po’ ma da marzo sono andato sempre in crescendo, tanto che in Grecia sono riuscito a vincere due gare. Al Giro Next Gen non sono arrivato pronto come avrei voluto ma alla fine ho ottenuto due top 10, quindi non male.

E per quanto riguarda la seconda parte di stagione?

Siamo riusciti a costruire un gradino, anche due, belli importanti nel ritiro di luglio in altura. Da lì in poi avevo voglia di correre e stavo bene, penso che si sia visto nel finale di stagione che avessi ancora delle energie. La cosa che mi ha stupito di più è stata la costanza nel riuscire a mantenere una condizione buona per gran parte dell’anno.

A settembre al Tour of Istanbul delle prestazioni di alto livello, la condizione c’era (foto Brian Black Hodes)
A settembre al Tour of Istanbul delle prestazioni di alto livello, la condizione c’era (foto Brian Black Hodes)
Quanto ti è dispiaciuto non fare europei e mondiali?

Partiamo dal presupposto che Amadori è il commissario tecnico e lui ha l’ultima parola. L’europeo era uno dei miei obiettivi di stagione, non mi nascondo, è stato un po’ pesante rimanere a casa visto che comunque erano due anni che avevo lavorato con il cittì. Il secondo anno lo avevamo fatto praticamente assieme, pensavo che sarebbe stato bello chiudere un percorso che avevamo iniziato. Non so quale sia stata la ragione della mia esclusione, a una settimana dalla corsa con la squadra avevamo chiesto e c’era stata comunicata l’idea di portarmi all’europeo, invece dopo un paio di giorni mi è arrivato un messaggio con scritto che purtroppo non riusciva a portarmi. Mi sarei aspettato una chiamata, per come son fatto io non mi sarebbe comunque andata giù però credo che a livello umano sarebbe stata più corretta da parte sua. 

Invece sei andato al Tour of Istanbul, altra corsa con i professionisti, cosa hai capito di te a quel livello? 

Allora in Grecia il livello era simile a una bella gara internazionale under 23. Sì, avevo quell’aria di correre un po’ coi professionisti però non è stato uguale a Istanbul. Lì c’erano corridori WorldTour, gente che in quel mondo aveva già corso in appuntamenti importanti come Giro d’Italia o Tour de France. In Grecia non ero al 100 per cento ma ho vinto di più con la testa, mentre al Tour of Istanbul stavo al top della mia condizione quest’anno.

Tornando un po’ alla nazionale, dei ragazzi under 23 dello zoccolo duro sei l’ultimo a passare professionista, come vedi il tuo percorso? 

Non mi sentivo pronto. Non nascondo che negli anni precedenti, quando ero ancora juniores, che avevo fatto le prime vittorie un po’ più importanti, c’era il desiderio di voler passare. Poi il primo anno under 23 ho avuto problemi che mi hanno bloccato, Dopodiché il secondo anno ho vinto qualcosa, ma avevo capito di non essere ancora pronto. Credo che sia la cosa più difficile da capire ma quella più giusta da accettare e su cui riflettere, perché una volta passato è facile prendere delle brutte botte e faticare tanto a rialzarsi. Invece una volta capito che cos’è il mondo dei professionisti, avendo appunto la possibilità di correre e prendere comunque delle belle lezioni, mi sono settato. Quest’anno in Rwanda e Spagna ho capito quanto importante fosse il fondo e la distanza, e di quanto questi aspetti siano da allenare in inverno. 

Fare un anno in più è stata una scelta azzeccata…

A me è servito. Ad altri ragazzi come Piganzoli o Pellizzari non è servito, a me sì. Dipende anche da che corridore sei, per degli scalatori come loro il ritmo dei professionisti forse è più utile. Io mi sono trovato bene in entrambi i contesti, tra gli under 23 e i pro’ perché probabilmente ho caratteristiche che mi permettono di giocarmi un maggior numero di gare under 23. Ogni corridore ha il suo percorso migliore e per me è stato crescere bene tra gli under, fare esperienza e poi confrontarsi coi professionisti.

La crescita negli under 23 è stata fondamentale per arrivare pronto al salto nel WorldTour (foto Stefano Ballandi)
La crescita negli under 23 è stata fondamentale per arrivare pronto al salto nel WorldTour (foto Stefano Ballandi)
Arriviamo al finale di stagione, dove hai corso la Parigi Tours e il Gran Piemonte…

La Paris-Tours è stata impegnativa. La parte importante della corsa, che sono i settori sterrati e i muri è praticamente la fotocopia di quella degli under, e avere due anni di esperienza mi ha aiutato un sacco. Ho mollato solamente gli ultimi 15 chilometri, non sono riuscito a coronare quello che poteva essere un sogno, ovvero fare una top 20. Un risultato che avrebbe potuto darmi morale, ma credo comunque di dover imparare tanto in quelle corse. Sono molto difficili più a livello mentale che fisico, sono logoranti. Tramite questo primo ritiro ho avuto un colloquio con i preparatori e verrò inserito nel gruppo delle classiche, ho tanti compagni da cui riuscire ad apprendere. Un’altra cosa che voglio fare è imparare a correre in Belgio per provare poi in futuro a fare qualcosa nelle Monumento.

Da under 23 ne hai già fatta qualcuna.

Ho avuto l’opportunità di fare la Gent-Wevelgem due anni, la Parigi-Tours e ho assaggiato anche la Roubaix. Penso sia stato l’inizio di una crescita e vedremo dove riusciremo ad arrivare in queste tipologie di corse. 

Nel finale di stagione ha corso alla Parigi-Tour, dove ha colto un 33° posto a 1′ e 41″ dal vincitore Laporte
Nel finale di stagione ha corso alla Parigi-Tour, dove ha colto un 33° posto a 1′ e 41″ dal vincitore Laporte
Sei carico?

Tanto. Ho concluso l’anno con una buona condizione e con voglia, secondo me il segreto è arrivare a fine stagione che non sei totalmente esausto. E’ stato un 2024 lungo ma dove ho avuto modo di distribuire al meglio le mie energie e di recuperare. In realtà già al ritiro ero pronto mentalmente. Adesso però voglio staccare almeno altre due settimane e divertirmi, fare un po’ le cose che un ragazzo normale di 21 anni farebbe in questo momento e poi sarà il momento di pensare al 2025.

Una mattina a ruota di Romele sulle sponde del Lago d’Iseo

20.03.2024
6 min
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LOVERE – La vita di Alessandro Romele è un gran viaggiare, come quella di tutti i ciclisti. Da inizio anno ha corso in Rwanda, Arabia Saudita, Grecia (Rodi) e Spagna. Quindi vederlo a casa, sulla sponda bergamasca del lago di Iseo, non è che sia strano ma quasi. Il classe 2003 da quest’anno corre con il devo team dell’Astana Qazaqstan, un salto che gli ha permesso di mettere un piede nel professionismo. Ne ha assaggiato le velocità, i ritmi alti e il mal di gambe. Con l’ultima gara in Grecia, invece, una categoria 2.2, ha trovato le prime due vittorie dell’anno

«Quasi inaspettate – ci racconta nel suo giardino, sotto il caldo sole di marzo – perché dopo il Tour du Rwanda non ero stato benissimo. Il vaccino fatto per la febbre gialla mi ha destabilizzato parecchio e in corsa ho fatto davvero tanta fatica. La condizione era sì in crescendo, ma non mi aspettavo di capitalizzarla così presto. Sono stato in giro parecchio, ora resto un po’ più tranquillo fino a fine mese. Poi correrò il Giro del Belvedere e la Gand-Wevelgem, le prime gare U23 dell’anno e poi una corsa a tappe tra Giro d’Abruzzo e Region Pays Loire Tour (in Francia, ndr) e fine mese in Bretagna».

Stai correndo davvero molto…

E’ un modo di correre più organizzato, a blocchi definiti. Collegato anche a come mi sento a livello fisico. Ad esempio, dopo il Rwanda eravamo lì a chiederci se fermarmi o meno e riposare. Le sensazioni in allenamento fanno tanto, ho capito di stare meglio e abbiamo continuato con il programma stabilito. 

Hai un calendario intenso ma schematico?

Direi proprio di sì. Al primo anno in Colpack correvo con più disordine, l’anno scorso molto meno, perché avevamo già un metodo definito. Quest’anno vedo che si seguono molto più gli obiettivi, il Tour of Rhodes non era uno di quelli, ma abbiamo sfruttato il momento. 

Questo continuo correre in contesti internazionali come va? Ti sta facendo crescere?

Il Rwanda è stato difficile per l’altimetria e il dislivello fatto. Quello più difficile per il ritmo, è stato l’AlUla Tour con tanti ventagli. Pensavo fosse più semplice, che bastasse stare davanti, invece su cinque volte ne sono rimasto fuori cinque (ride, ndr). 

E’ cambiato qualcosa nella preparazione?

Sono seguito da Maurizio Mazzoleni da diversi anni, direttamente o indirettamente. Quando ero junior, alla Ciclistica Trevigliese lui collaborava con la squadra. Anche in Colpack ho seguito le sue tabelle, sotto la supervisione sempre di Dario Giovine. Quest’anno ho la fortuna di avere associati Mazzoleni e Anastopoulos. Il greco è capo performance del team WorldTour, però ha accesso ai dati di tutti. Penso che i cambiamenti si siano sentiti. 

Nello specifico che cosa avete fatto?

Abbiamo lavorato sulla forza, che viene fatta al meglio in palestra. Ne ho fatta tanta, non tutti i giorni ma tre volte a settimana, anche con carichi importanti. Tanto ha fatto anche il lavoro impostato con il nutrizionista, Luca Simoni. 

Come lavorate?

Ho una tabella che si auto adatta, composta da tre colonne con i macronutrienti: carboidrati, proteine e grassi. In un’altra tabella separata inserisco l’intensità del lavoro fatto. Ad esempio oggi (ieri per chi legge, ndr) è un giorno a bassa intensità e la tabella mi dice le grammature da consumare. La tabella mi fornisce solo il macronutriente, cosa mangiare lo decido ancora io. Abbiamo deciso così perché sono ancora giovane e c’è margine poi per migliorare o cambiare. 

Integrazione in bici?

Fino a un’ora e mezza/due a bassa intensità, tendo a non portare nulla. Poi se alzo l’intensità mi porto qualcosa. Ora uso molto un panino al miele che mi dà un apporto di 30 grammi di carboidrati. A casa cerco di non usare le cose chimiche, quindi evito gel e barrette. Quelli li uso prettamente in corsa. Ora ho anche una nuova ricetta delle rice cake. 

Come mai?

Il dottore della squadra mi ha fatto notare che quando cucino il riso, poi lo metto in freezer negli stampi. Quando poi lo scongelo, intanto che vado c’è una proliferazione batterica. Invece ora uso il riso soffiato, il composto rimane secco e non passa dal freezer. Questo abbassa la proliferazione batterica e, nel caso mi avanzasse, posso consumarlo anche il giorno dopo. 

Torniamo agli allenamenti, hai cambiato il metodo di lavoro a casa?

Prima di andare a Rodi ho fatto la tripletta con tre ore e mezza, quattro e cinque. Secondo me qualcosa in più anche a livello di lavoro specifico, tanti richiami di VO2 con i 30/30 o 40/20. Nella tripletta classica ho i primi due giorni con meno ore, ma tanta intensità. Per finire, l’ultimo giorno, mi inseriscono la classica uscita di endurance. In questo caso non ho lavori specifici ma tengo la Z2 per tutto il giorno

Prima di partire una fermata dal meccanico di fiducia per montare le ruote con profilo da 60 millimetri
Prima di partire una fermata dal meccanico di fiducia per montare le ruote con profilo da 60 millimetri
Nel recupero, invece?

Oggi (ieri, ndr) ad esempio, che è giorno di recupero, ho fatto due ore davvero blande. Ho un range di potenza da non superare, ma per come sono fatto io pedalo senza nemmeno guardare gli strumenti. 

Come vivi gli allenamenti?

Quelli di endurance sono i più divertenti, poi sul lago non ci si annoia mai. Mentalmente soffro di più l’ora e mezza o due a bassa intensità. Nel giorno di recupero ho il mio bar classico, con 45 minuti ad andare e altri a tornare. 

Dopo tanto viaggiare ti piace allenarti da solo o preferisci avere compagnia?

E’ un bell’equilibrio da trovare, perché a livello di attività siamo sempre in giro per gare. Quando torno a casa mi piace anche uscire da solo. Poi dipende dai giorni, quando c’è tanto sole e fa caldo, pedalare in solitudine è semplice. In inverno, invece, quando hai appena ripreso, forse è meglio avere un compagno o più di uscita. 

Romele ha uno spiccato occhio tecnico, le ruote da 60 mm le sta provando in vista del Belvedere
Romele ha uno spiccato occhio tecnico, le ruote da 60 mm le sta provando in vista del Belvedere
Poi da queste parti ne hai tanti di corridori a cui scrivere per organizzare l’allenamento…

Esco spesso con Nicolas Milesi, che ora è all’Arkea Devo. Fino a settembre eravamo compagni di squadra alla Colpack. Abbiamo davvero un bel rapporto, ci scriviamo ogni giorno, se non succede mi preoccupo (ride, ndr). Ci sono anche tanti altri corridori e amici qui, come Persico, Lino Colosio, Walter Calzoni… Di compagni di squadra ho vicini Scaroni e Gazzoli, che sono di Brescia. 

Il tempo a disposizione finisce, sono le 10,30 ed è ora di uscire in bici, seguiamo Romele fino al fiume Oglio, che divide la provincia di Bergamo da quella di Brescia. Qualche foto, dei video e si torna a casa con la sensazione di aver parlato con un ragazzo sicuro e consapevole del cammino intrapreso.