C’era aria di fuga stamattina, spiega Lorenzo Fortunato, terzo sul traguardo di Andorra dopo un’azione lunga 162 chilometri. Una vita. C’è appena il tempo che la bandierina si abbassi e dalla testa del gruppo schizzano via i dieci che, ancora ignari, andranno a giocarsi la tappa.
La partenza è in salita sul Coll de Sentigosa (11,4 chilometri al 4,1 per cento) e ad avvantaggiarsi sono Vine, Castrillo, Vervaeke, Garofoli, Debruyne, Ryan, Shaw, Armirail, Traen e Fortunato. Traen, che indossa la maglia della Bahrain Victorious è quello messo meglio in classifica generale (58’’ dietro Vingegaard), poi Armirail, Vervaeke e appunto Fortunato (a 1’43’’).
«Era una giornata brutta, di pioggia – racconta il bolognese della XDS Astana – perfetta per le fughe, anche perché Vingegaard voleva lasciare la maglia. A lui interessa averla a Madrid. Vine ha attaccato in discesa e non sono riuscito a seguirlo. Se proprio vogliamo dire, poteva starci un secondo posto. Era il primo arrivo in salita, volevo arrivare nei dieci e l’ho fatto, quindi sono soddisfatto. Bicchiere mezzo pieno, va bene così!».
Vine ha approfittato della buona conoscenza delle strade e ha conquistato Andorra, dove viveLa sua dimestichiezza con le curve in discesa, anche se bagnate, gli ha permesso di fare il vuotoVine ha approfittato della buona conoscenza delle strade e ha conquistato Andorra, dove viveLa sua dimestichiezza con le curve in discesa, anche se bagnate, gli ha permesso di fare il vuoto
La salita preferita di Vine
Fortunato dice bene: Vingegaard ha deciso di lasciar andare la maglia e così il vantaggio dei primi lievita fino ai 6’30”, quando la corsa entra ad Andorra e mancano 35 chilometri all’arrivo. E proprio mentre si scala l’Alto de la Comella e in testa al gruppo alcune squadre iniziano a forzare i tempi, Jay Vine decide di non voler rischiare e attacca prima dello scollinamento. Poi si butta in discesa come una furia. Quando si presenta ai piedi della salita finale, che è lunga 9,6 chilometri e ha pendenza media del 6,3 per cento, ha un minuto di vantaggio sugli inseguitori.
«Conosco queste strade abbastanza bene – spiega l’australiano del UAE Team Emirates – vivo appena sotto la collina e la Comella è la mia salita preferita in tutta Andorra. Normalmente mi sarebbe piaciuto rendere la corsa più dura, ma con il vento contrario è stato difficile convincere i ragazzi a fare di più. Così ho deciso di andare in cima e sfruttare la discesa bagnata. Ho pensato che fosse l’occasione per tentare ed è andata bene».
Il tempo che la tappa partisse e la fuga ha preso il largo. Dentro anche Garofoli e FortunatoIl tempo che la tappa partisse e la fuga ha preso il largo. Dentro anche Garofoli e Fortunato
L’ombra dell’Angliru
Fortunato ci riproverà. Venerdì prossimo c’è una salita che lo chiama: l’Alto de Angliru. Per il corridore diventato celebre nel 2021 per la vittoria dello Zoncolan è un richiamo (quasi) irresistibile.
«Non ci ho mai corso – dice Fortunato – ho fatto altre gare nelle Asturie, però mai lassù. E’ una salita simile allo Zoncolan, però in un contesto di corsa totalmente differente. La gamba è simile a quella del Giro, anche se dopo Burgos non sono stato tanto bene. Però oggi andavo, ero lì davanti, quindi un po’ alla volta torno su. Oggi puntavo alla tappa però ho cercato di fare gli sprint per la maglia a pois risparmiando la gamba e ho preso un po’ di punti. Cerco di tenere il piede in più scarpe per il momento, poi vediamo con l’andare dei giorni come andrà».
Dopo 162 chilometri di fuga, la maglia rossa va a Traen Torstein, norvegese di 30 anni, della Bahrain VictoriousVingegaard ha deciso di lasciar andare il primato e la fuga è decollataDopo 162 chilometri di fuga, la maglia rossa va a Traen Torstein, norvegese di 30 anni, della Bahrain VictoriousVingegaard ha deciso di lasciar andare il primato e la fuga è decollata
Il sogno del mondiale
Andorra ha spiegato chi comanda: Almeida e Ayuso hanno già diviso il loro cammino. Ayuso viene staccato ai meno 6 dall’arrivo e scivola indietro a quasi 12 minuti, mentre Almeida resta davanti con Vingegaard e gli altri uomini della classifica che da stasera è rivoluzionata e chissà per quanto. Traen ha la maglia rossa con 31″ su Armirail e 1’01” su Fortunato, che guarda la Vuelta e intanto immagina anche scenari futuri. Anche perché le parole di Marco Villa sulle prossime nazionali lasciano più di uno spiraglio aperto.
«Intanto pensiamo alla Vuelta – dice infatti – poi spero di essere convocato al mondiale, vediamo come esco di qua. Adesso ho mal di gambe, ma dopo la tappa è normale: sono convinto di recuperare e fare la corsa anche domani. Sarà un’altra giornata dura e vediamo come andrà. Sarà difficile andare in fuga. Oggi sono riuscito perché avevo abbastanza distacco, domani parto da terzo il classifica e vediamo come andrà. Prendere la maglia rossa? Perché no… (sorride: alla Vuelta anche i sogni a volte si avverano, ndr)».
A un certo punto la Soudal non credeva più a Masnada e lo ha mandato a fare un controllo in Belgio. Il rapporto era finito. Il bergamasco va all'Astana
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Nello specifico panorama delle calzature tecniche per il ciclismo, il nome FLR è sinonimo di innovazione, tecnologia e performance. L’azienda, con sede internazionale e una lunga esperienza nello sviluppo di calzature sportive, ha difatti nel tempo saputo costruire la propria reputazione attraverso un approccio ingegneristico orientato alla qualità e al miglioramento continuo.
Specializzata nella produzione di scarpe per diverse discipline – dalla corsa al calcio, dal canottaggio fino appunto alle due ruote – FLR ha saputo trasferire competenze trasversali al mondo del ciclismo su strada. Il risultato? La proposta commerciale di una gamma completa di scarpe da ciclismo ad alte prestazioni, progettate per offrire efficienza, comfort e durata.
La tomaia della FLR F-9 è costruita in microfibra leggera seamlessLa tomaia della FLR F-9 è costruita in microfibra leggera seamless
Ingegneria della performance
Quello che distingue FLR nel competitivo mercato delle scarpe da ciclismo è il controllo totale sul processo produttivo. Dalla progettazione delle suole in carbonio alla realizzazione di solette ergonomiche, passando per la produzione di fibbie, forme, stampi e fustelle, tutto è sviluppato internamente. Questo approccio diretto consente di ottimizzare ogni singolo componente per garantire un’esperienza di calzata davvero superiore, sia per i ciclisti amatoriali quanto per i professionisti del World Tour.
Non a caso, la collaborazione di FLR con atleti di alto livello è un elemento chiave del successo del brand. Il marchio lavora difatti fianco a fianco con corridori professionisti per raccogliere feedback concreti su materiali, fit, resistenza e trasmissione della potenza. Questo scambio costante alimenta l’innovazione e rende ogni prodotto un’evoluzione naturale delle esigenze reali del ciclista moderno.
La suola R5000 è realizzata interamente in fibra di carbonio a garantisce un trasferimento di potenza elevatoLa suola R5000 è realizzata interamente in fibra di carbonio a garantisce un trasferimento di potenza elevato
F-9: la prima scelta dei professionisti
All’interno della collezione FLR, il modello F-9 rappresenta la punta di diamante tra le scarpe da ciclismo da strada di livello alto. Scelta da numerosi ciclisti professionisti, la F-9 è stata recentemente utilizzata dall’australiano Jay Vine (UAE Team Emirates XRG) e e dal francese Enzo Paleni (Groupama-FDJ) durante il Giro d’Italia 2025, a conferma del suo posizionamento top di gamma nel circuito World Tour.
Il cuore tecnologico della F-9 è la suola R500 interamente in fibra di carbonio, sviluppata per massimizzare il trasferimento di potenza durante la pedalata. Con un indice di rigidità pari a 14, una delle misurazioni più elevate del settore, questa suola garantisce difatti la massima efficienza energetica, riducendo le dispersioni di forza e migliorando il rendimento sui pedali.
Non manca l’attenzione al comfort e alla ventilazione: la suola integra difatti una presa d’aria frontale di grandi dimensioni per aumentare il flusso d’aria e mantenere il piede fresco anche nelle condizioni più calde. Il battistrada antiscivolo consente una camminata sicura, mentre la foratura standard a tre fori, e la scala laterale per l’allineamento delle tacchette, offrono la massima compatibilità con i principali sistemi di aggancio.
La tomaia della FLR F-9 è costruita in microfibra leggera seamless per eliminare i punti di pressione e garantire un fit aderente ma confortevole. Il materiale avvolge il piede come una seconda pelle, mentre gli inserti traspiranti distribuiti tra la punta e i pannelli laterali favoriscono una ventilazione costante su tutta la superficie del piede. Per quanto riguarda la chiusura, FLR ha scelto un sistema a doppio rotore Atop per così consentire una regolazione indipendente di due zone fondamentali:arco plantare/avampiede, e tallone/caviglia.
Pensata per chi punta al massimo, la F-9 di FLR si distingue anche per l’approccio aerodinamico e l’ergonomia avanzata. Il design slanciato, la calzata anatomica e la suola rigida la rendono ideale per ciclisti che vogliono affrontare competizioni ad alta intensità o allenamenti quotidiani senza compromessi.
La chiusura delle FLR è affidata a due rotori AtopLa chiusura delle FLR è affidata a due rotori Atop
La recente edizione della Vuelta a Espana è stata senza alcun dubbio molto combattuta – con la lunga e poi vincente rincorsa di Roglic alla maglia rossa – e caratterizzata da numerosi momenti di grande spettacolo. Tra i protagonisti in corsa si è messo in grande evidenza Jay Vine, professionista del team UAE Team Emirates. L’australiano ha aggiunto un altro successo alla propria ed ancor giovane carriera conquistando la classifica del miglior scalatore. Un traguardo quest’ultimo che rappresenta un ulteriore passo in avanti per l’atleta australiano, già vincitore in precedenza di due tappe della corsa spagnola.
Vine ha brillato lungo le impegnative salite della competizione… portando al successo anche le sue scarpe da corsa: il modello XD-Knit di FLR. Queste scarpe, progettate con una suola completamente in carbonio, e una tomaia leggera in XD-Knit, sono caratterizzate da un’elevata rigidità. Grazie ad essa è possibile un eccellente trasferimento di potenza durante la pedalata. Jay Vine è così riuscito a competere ad altissimo livello tecnico consolidando ulteriormente la propria posizione tra i migliori scalatori del panorama ciclistico internazionale.
Jay Vine durante l’ultima Vuelta con ai piedi le scarpe XD-Knit di FLR (foto UAE Team Emirates)Durante l’ultima Vuelta, Vine indossa le scarpe XD-Knit di FLR (foto UAE Team Emirates)
Innovazione costante
Il supporto tecnologico offerto da FLR è stato fondamentale per il successo di Vine, e il marchio continua a distinguersi per l’innovazione. Tra le ultime novità dell’azienda, vale la pena segnalare la scarpa da corsa FNT-9 Knit Premium. Questo modello rappresenta l’evoluzione delle calzature da ciclismo, grazie alla suola R500 completamente in carbonio, che massimizza il trasferimento di potenza in ogni singola pedalata. La tomaia, realizzata in nylon XD-Knit a triplo strato, è altamente traspirante, garantendo comfort anche durante le gare più lunghe e impegnative. I puntini antiscivolo in silicone sul tallone offrono maggiore aderenza e stabilità. La fodera in microfibra è in grado inoltre di assicurare una calzata confortevole e precisa. Questo modello è stato appositamente progettato per soddisfare le esigenze dei ciclisti di alto livello. Assicura infatti performance eccellenti in ogni situazione: e questo anche grazie ai preziosi consigli e suggerimenti di atleti del calibro di Jay Vine.
FLR, con sede a Xiamen in Cina, è una realtà in continua crescita nel mondo del ciclismo professionistico. La sua reputazione è rafforzata dalla collaborazione con atleti di fama internazionale. Oltre a Jay Vine, FLR sponsorizza in squadre di alto livello atleti inseriti nei Team Arkéa Samsic, Team Jayco AlUla e il UAE Team Emirates. L’azienda è anche molto attiva nel mondo della mountain bike, supportando i “rider” Tiffany Keep e Ben Deakin.
Il nuovo modello FNT-9 KnitRealizzate con una tomaia realizzata in nylon a triplo strato: leggera e resistenteIl nuovo modello FNT-9 KnitRealizzate con una tomaia realizzata in nylon a triplo strato: leggera e resistente
In Italia, le calzature FLR sono distribuite da Fina Bike, un’azienda dell’ex azzurro e professionista Rosario Fina. Con sede a Serradiflaco, in provincia di Caltanissetta, si occupa di commercializzare questi prodotti innovativi. Gli appassionati hanno così accesso a calzature di qualità pensate per migliorare le prestazioni sia su strada e che “offroad”.
Alla Vuelta c'è anche Valentin Paret-Peintre che al Tour ha conquistato il Ventoux. Il successo gli ha cambiato la vita. E ora fa rotta su un altro Mostro
Dopo la vittoria di Evenepoel ad Andorra, la Vuelta affronta il Pico del Buitre. Attesa per le mosse di Vingegaard. Ieri intanto secondo posto per Ganna
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Facciamo un salto indietro in queste settimane di attività subito frenetica e torniamo alla trasferta australiana, dalla quale tutto è cominciato. Il ritorno del Santos Tour Down Under ha regalato soddisfazioni anche al ciclismo italiano, ma ha visto primeggiare Jay Vine, il nuovo acquisto del Uae Team Emirates. Parlare di lui come di un corridore saltato fuori dall’ormai famoso concorso Zwift è a questo punto pleonastico, stiamo parlando di uno scalatore fatto e finito che in pochi giorni ha portato a casa il titolo nazionale a cronometro e la prima corsa a tappe WorldTour.
Qualche giorno fa il suo diesse Marco Marcato aveva parlato di come Alessandro Covi lo avesse protetto in alcuni frangenti della corsa, soprattutto quand’era in gruppo insegnandogli a “limare”: uno degli aspetti tecnici sui quali l’australiano deve ancora lavorare. Era quindi giusto sentire il corridore italiano su come ha visto il suo compagno di squadra.
«Era la prima volta che correvamo insieme da compagni di squadra – racconta Covi – ma avevo avuto già occasione di conoscerlo lo scorso anno. Si è integrato subito nell’ambiente, non avrà problemi».
Jay Vine ha vinto il titolo nazionale a cronometro, davanti a Durbridge e O’Brien, entrambi JaycoJay Vine ha vinto il titolo nazionale a cronometro, davanti a Durbridge e O’Brien, entrambi Jayco
Dal punto di vista caratteriale che tipo è?
Ci sono due aggettivi che secondo me lo definiscono per quel che ho visto: tranquillo e umile. E’ uno che lavora bene, è sempre molto concentrato, si vedeva che volesse far bene nella gara di casa. Nelle gerarchie iniziali il capitano dovevo essere io, ma la caduta nel prologo mi ha subito tolto di classifica così abbiamo lavorato tutti per lui. Era d’altronde già in condizioni di forma notevoli, ha fatto la differenza.
Si è parlato molto del tuo apporto come suo luogotenente, soprattutto in gruppo. Ha davvero ancora qualche difficoltà a limare?
Io dico che in gruppo ci sa già stare. Basti vedere il fatto che sa interpretare bene i ventagli, si fa trovare sempre nelle prime posizioni, ha un ottimo controllo della corsa. E’ chiaro che con il passare dei giorni e delle settimane andrà sempre meglio. Forse deve ancora trovare la giusta serenità in gruppo. C’è un episodio al riguardo che mi è rimasto impresso…
Vine protetto dai compagni. L’australiano ha ancora qualche difficoltà nello stare in gruppoVine protetto dai compagni. L’australiano ha ancora qualche difficoltà nello stare in gruppo
Racconta…
In una tappa c’erano da prendere le borracce per la squadra e, vista la mia situazione di classifica, mi sono prestato volentieri per il compito. Quando l’ho portata a lui, era molto timoroso per la situazione del gruppo e non mi ha neanche guardato per non perdere di vista gli altri. E’ una piccola cosa, ma fa capire come stia attento a non sbagliare nulla e questo è l’atteggiamento giusto.
Molti sottolineano il fatto che venga da un percorso professionalmente diverso e questo lo penalizzi.
Secondo me invece si vede che ha esperienza giovanile dalla sua, sa andare in bici, è nuovo nel WorldTour, ma sa già come porsi. Tra l’altro ringrazia sempre, in squadra si è ben integrato anche per questo. Ovvio che in alcuni frangenti chi è più capace può aiutarlo, ma si è visto anche nella tappa dove ha chiuso terzo e che gli ha dato la vittoria finale che sa già cavarsela anche da solo.
Per Covi buone sensazioni in Australia, con il 4° posto nella prima tappaPer Covi buone sensazioni in Australia, con il 4° posto nella prima tappa
Veniamo a te: come esci dall’Australia?
Abbastanza soddisfatto, la condizione è in crescita. Sapevo di dover lavorare ancora molto e correre per Jay è servito anche a me, poi quando si vince va tutto bene.
Molti si aspettavano da te un acuto. Sui social spesso si parla del ruolo marginale riservato ai corridori italiani, anche Tiberi ha detto la sua parlando di carattere e carisma da mostrare in gara. Tu cosa ne pensi?
Io credo che il primo fatto che fa la differenza siano sempre le gambe. La corsa la fa chi è più adatto e il caso di Vine ne è la conferma, era il più in condizione ed era giusto correre per lui. Certamente quando militi in una squadra forte, con tanti corridori vincenti, trovare spazio non è facile, devi essere davvero al massimo, ma l’occasione capita e devi farti trovare pronto.
Covi ora punta sulle gare spagnole e poi preparerà il Giro, da correre da protagonistaCovi ora punta sulle gare spagnole e poi preparerà il Giro, da correre da protagonista
Secondo te però c’è da parte dei team una certa preferenza per il corridore di casa?
Quel che conta è che il team vinca, quindi si corre per chi può arrivare al risultato, non si guarda certo la carta d’identità… E’ chiaro che anche il carattere conta, saper stare nel gruppo: se aiuti e lavori, quando sarà il tuo turno stai sicuro che gli altri lavoreranno per te…
Ora che cosa ti aspetta?
Gareggerò in Spagna a Murcia e Andalucia, dove sono stato protagonista lo scorso anno, poi farò le gare italiane e dopo la Sanremo comincerò a preparare il Giro d’Italia. Per me quest’anno niente classiche del Nord, in quel periodo sarò in altura, proprio perché voglio preparare bene la corsa rosa.
Abbastanza nascosta al Delfinato, salvata da Covi al Giro, la UAE Emirates sta lavorando lontana dai riflettori in vista del Tour. Ne parliamo con Matxin
Passato dalla Ineos alla UAE Emirates, Pavel Sivakov ha scoperto che lavorare per Pogacar è gratificante e semplice: lui tira e l'altro quasi sempre vince
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Jay Vine non smette di stupire e di vincere. E’ già una storia il suo passaggio avvenuto non dalle categorie, ma tramite Zwift. Sono ancora fresche le sue imprese alla Vuelta. Ma quel che colpisce è come si pone di fronte alle novità. Jay viene, osserva, vince. Cambia squadra e alla prima gara… vince di nuovo.
Marco Marcato, diesse della UAE Emirates, ha guidato l’australiano al Tour Down Under e ci aiuta a scavare questa caratteristica di Vine, la sua capacità di adattamento e, chiaramente, le sue qualità.
Marco Marcato (classe 1984) è un direttore sportivo della UAE Emirates dallo scorso annoMarco Marcato (classe 1984) è un direttore sportivo della UAE Emirates dallo scorso anno
Marco, dicevamo delle capacità di adattamento di Vine. Cosa ne pensi?
E’ stata una piacevole sorpresa. Sapevamo delle sue qualità ma da qui a pensare che potesse vincere subito una gara WorldTour con la nuova squadra ce ne vuole. Tanto più su un percorso così filante come quello del Down Under. C’erano salite brevi, mentre lui è più da salite lunghe. Ripeto: è stata una piacevole sorpresa.
Segno ulteriore che Vine si sa adattare e anche che stava bene…
Quello sicuro. Jay ha passato l’inverno in Australia al caldo. Era abituato dunque a certe temperature e rispetto agli altri corridori non ha dovuto adattarsi o far fronte al fuso orario. Sapevamo che poteva fare bene.
E non a caso lo avete messo in testa alla lista. Lui aveva il numero 1 finale sul dorso, quello che di solito spetta al capitano…
Beh, correva in casa, aveva appena vinto il titolo nazionale a crono, aveva buone sensazioni e così abbiamo deciso di puntare su di lui. Anche se Hirschi e Covi potevano fare bene. Ma Alessandro è caduto nel prologo ed è subito uscito di classifica. Poi quando nel finale della tappa decisiva davanti c’era anche lo svizzero, abbiamo deciso il tutto e per tutto puntando su lui.
Secondo Marcato, Vine (classe 1995) ha mostrato grande sicurezza anche nelle intervisteSecondo Marcato, Vine (classe 1995) ha mostrato grande sicurezza anche nelle interviste
Come ti è sembrato con le responsabilità da leader?
Conoscevamo le sue qualità come detto. Sapevamo i suoi numeri, ma una corsa in bici non è fatta solo di valori fisici, ci sono altri fattori. Molti altri fattori. Lui è stato bravo ad integrarsi subito e a sfruttare al massimo le possibilità che si sono create strada facendo. Poi magari lo ha aiutato il fatto di correre in casa. Senza un Tadej (Pogacar, ndr) o un Almeida ci stava che potesse essere il leader. Io sono convinto che adesso prenderà più consapevolezza e correrà ancora di più da protagonista.
Marco, hai detto giustamente che in corsa non ci sono solo i numeri del fisico, ma anche altri fattori: ebbene, come si muove Vine tra questi “altri fattori”?
Lo conosco da poco. La prima volta che l’ho avuto tra le mani è stato a dicembre, ma da quel che ho visto mi è sembrato un ragazzo metodico, professionale al massimo. Per esempio, mi ha chiesto di vedere il finale della tappa di Campbelltown. L’ha visionata quattro volte. E non tanto per la salita, quanto per la discesa. E questo approccio mi è piaciuto parecchio. Essere professionali al 100% nel ciclismo moderno è importante. Fa la differenza fra l’arrivare davanti e il vincere. Il ragazzo ha testa.
Quindi il leader lo sa fare?
Sì, ha carisma. Ringrazia sempre, si è mosso da leader. E anche nelle interviste rilasciate mi è sembrato consapevole di questo suo ruolo, senza mai mettere in secondo piano la squadra. Sa che ne ha bisogno.
L’australiano non è un grande limatore (complice anche il suo passato) ma si fida dei compagniL’australiano non è un grande limatore (complice anche il suo passato) ma si fida dei compagni
Vine è uno scalatore o c’è di più? Al netto che ha vinto il campionato australiano a crono…
Si sta scoprendo. Non ha tantissima esperienza e forse neanche lui conosce i suoi limiti. Per esempio proprio a cronometro con noi è migliorato tantissimo nella posizione. Ha dimostrato anche in questo caso che sa evolversi, che sa adattarsi. In gruppo invece spreca ancora un bel po’.
E gli avevi affidato un uomo?
Un uomo specifico no, ma la squadra gli è stata vicino e lui si è fidato della squadra. Covi e Bax, i più limatori che avevamo in Australia, li seguiva da vicino. E non è così scontato. Ci sono molti ragazzi che non sono limatori, ma non si fidano dei compagni più scaltri. Jay si fida e questo è un vantaggio per lui.
Alla luce di queste prestazioni cambierà il suo calendario?
Non cambiamo programma (Vine dovrebbe fare il Giro, ndr). E’ importante rispettare le direttrici e i calendari, anche perché se poi lo cambi ad uno, per forza devi intervenire anche su quello di altri. Se poi ci sono delle necessità diverse, degli infortuni… è un altro discorso. Ma seguire e fidarsi di una programmazione a lungo termine è importante.
Ayuso attacca la stagione con denti affilati. Ha obiettivi altissimi, ma resta cauto. Il sogno si chiama Tour. E sui giovani che saltano gli U23 dice che...
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Quando sai che tutti gli occhi sono puntati addosso, tutti si aspettano squilli di fanfare per mostrare finalmente tutto il tuo talento, iniziare con il piglio che Antonio Tiberi ha avuto nel Santos Tour Down Under è un segnale importante. Il frosinate, sul quale la vittoria del titolo mondiale a cronometro junior nel 2019 è suonato quasi come un fardello pesante da portarsi dietro, è guardato sempre più come una sorta di salvatore della patria, uno dei giovani chiamati a rilanciare il ciclismo italiano. E non sempre è facile affrontare le gare con questa responsabilità.
Tiberi punta forte sulla Cadel Evans Ocean Race, prima classica del calendario WorldTourTappa finale, Vine e Yates si giocano tutto. Tiberi è in fondo, chiuderà quarto a 3″
Tiberi è partito forte: due Top 10 e l’ottava piazza nella classifica generale, unita alla seconda fra i giovani: «Sono parecchio soddisfatto, non solo per i risultati ma anche per come ho sentito girare la gamba. Ho avuto la conferma che la condizione è buona, che la base per lavorare c’è. E’ stata un’esperienza molto istruttiva, sia per quel che è andato bene, sia per quel che c’è ancora da fare».
Tra l’inizio e la fine della corsa di 6 giorni, hai sentito differenze?
Non tanto, significa che la forma era buona già di per sé. Era una corsa breve, con tappe non molto lunghe (la più estesa era di quasi 155 chilometri, ndr), giuste per l’inizio stagione, per consentire di recuperare la stanchezza per il giorno dopo.
Per l’australiano Vine una vittoria pesante, con 11″ su Yates e 27″ su Bilbao. Tiberi chiude 8° a 1’07”Per l’australiano Vine una vittoria pesante, con 11″ su Yates e 27″ su Bilbao. Tiberi chiude 8° a 1’07”
Guardi al bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
Entrambi. I risultati che ho ottenuto mi devono far pensare a quanto mi è mancato per fare di più, per arrivare alla vittoria. Nella quarta tappa ad, esempio, che poi è stata quella decisiva per la vittoria finale di Jay Vine, quando è andato via insieme a Yates e Bilbao io ero proprio lì, attaccato, ma mi è mancato quel quid necessario per restare alla loro ruota. Significa che devo migliorare nella resistenza quando si è a tutta, quando si vivono gli attimi cruciali di una corsa. C’è un margine da colmare e voglio farlo.
Tu sei al terzo anno alla Trek Segafredo. La sensazione è che il team sia orientato a darti molto spazio, cosa che a molti altri italiani in team WorldTour non accade se non per ruoli di secondo piano…
Questo è un tema molto dibattuto sul quale mi sono fatto una mia idea. Innanzitutto premetto che ogni team è gestito in maniera diversa, io posso parlare del mio dove ho capito che il ruolo devi guadagnartelo, ma questo non avviene solo in corsa. E’ un processo che dura tutto l’anno, bisogna darsi da fare anche in ritiro, pedalando ma anche fuori dalle corse. Bisogna far vedere di esserci, di avere quella fame necessaria per emergere. Ci si deve guadagnare la fiducia degli altri, dirigenti come compagni di squadra, dimostrare sempre quel che si vale e soprattutto quel che si vuol fare. Se dimostri di avere potenzialità, l’attenzione viene di conseguenza.
Il laziale si sta guadagnando la fiducia del team. In Australia corre da prima puntaIl laziale si sta guadagnando la fiducia del team. In Australia corre da prima punta
Parole forti, che sembrano quasi una presa di posizione anche in vista della prima classica del WorldTour, la Cadel Evans Ocean Race…
Non so ancora se sarò la prima o la seconda punta della squadra, quel che è certo è che la gamba è abbastanza buona per poter far bene, per essere nella mischia quando si entrerà nella fase calda della corsa. L’intenzione è di essere preservato nelle energie fino ad allora, poi vedremo che cosa succede.
Che corsa è, hai già avuto modo di studiarla?
Ho visto il percorso ed è impegnativo. La prima parte presenta una sola salita lunga, dove però si va su di rapporto e non credo che ci sarà selezione. Penso che quando entreremo nel circuito finale però la situazione cambierà: c’è uno strappo di un chilometro e mezzo con pendenze che toccano addirittura il 25 per cento, farà molto male… Poi bisognerà vedere anche se ci sarà vento perché potrebbero crearsi dei ventagli. Insomma, non ci sarà spazio per distrazioni, bisognerà essere presenti a se stessi dal primo all’ultimo metro e correre col coltello fra i denti.
Decisiva è stata la quarta tappa, a Campbelltown con Bilbao vincitore su Yates e VineDecisiva è stata la quarta tappa, a Campbelltown con Bilbao vincitore su Yates e Vine
Dopo la trasferta australiana che cosa ti aspetta?
Al ritorno a casa il programma non prevede gare fino al Uae Tour, quindi penso di partire per trovare un posto caldo ideale per allenarmi e arrivare all’altro appuntamento del WorldTour con una forma ancora più affinata. Poi il programma prevede Laigueglia e Coppi e Bartali. Di occasioni per emergere ce ne sono tante, dipende tutto da me.
Jay Vine è il nuovo campione australiano a cronometro (immagine di apertura AusCycling). Non sorprende la sua vittoria, quanto il fatto che abbia dominato su una bicicletta e in una disciplina in cui non si inventa nulla. Ricordando che è passato professionista solo nel 2021, dopo un anno in continental e approdando al massimo livello con la Alpecin-Deceuninck per aver vinto la Zwift Academy.
Da quest’anno l’australiano di Townsville, 27 anni, è nel WorldTour con la UAE Emirates e pedala su una Colnago. Abbiamo chiesto a Giuseppe Archetti e David Herrero, rispettivamente meccanico e biomeccanico del team, di raccontarci la sua posizione in bicicletta.
Vine con la nuova Colnago V4Rs (foto FIZZA-Team UAE-Emirates)Vine con la nuova Colnago V4Rs (foto FIZZA-Team UAE-Emirates)
Sotto il profilo delle scelte tecniche che tipo di corridore è Jay Vine?
ARCHETTI: «Dal punto di vista tecnico,Jay Vine è un corridore preparato. Sa quello che vuole ed è in grado di percepire le differenze dei materiali. Si fida parecchio di noi meccanici e del biomeccanico, quindi per tutto quello che concerne la preparazione dei mezzi, bici standard e da cronometro e anche in merito alla posizione in sella. Inoltre è un ragazzo estremamente educato e uno votato al lavoro».
HERRERO: «E’ un corridore che ha delle buone conoscenze ed è dedito ad ascoltare mettendo in pratica quello che gli viene detto. Non si discutono le sue potenzialità, ha già dimostrato il suo valore alla Vuelta 2022 e in altre corse di buon livello. Mi piace definirlo un diamante grezzo da affinare e lucidare».
In piedi sui pedali al Giro del Veneto 2022, chiuso in 58ª posizioneIn piedi sui pedali al Giro del Veneto 2022, chiuso in 58ª posizione
Rispetto alla posizione che usava in precedenza avete fatto delle variazioni?
ARCHETTI: «Sono state fatte delle variazioni su entrambe le biciclette, per le quali il corridore ha passato diverse ore con il biomeccanico David Herrero. Sono stati numerosi test e lamaggior parte del tempo è stato investito sulla bicicletta da cronometro».
HERRERO: «Abbiamo cambiato completamente le posizioni che usava in precedenza, ma le differenze maggiori le troviamo sulla bicicletta da crono. In precedenza non c’era stato un approfondimento vero e proprio atto a trovare la combinazione ottimale mezzo meccanico/atleta. Ecco perché durante il primo collegiale con il Team UAE gli abbiamo dedicato un’intera giornata in velodromo e sulla bici da crono. Abbiamo utilizzato la telemetria in tempo reale, con l’obiettivo di conciliare la miglior cadenza e l’espressione di potenza, la frequenza cardiaca e quella respiratoria, considerando anche la velocità. Vine ha vinto il titolo nazionale e questo è per noi un primo grande riscontro».
Vine con la maglia di campione nazionale australiano a cronometro: ha battuto Durbridge e O’BrienVine con la maglia di campione nazionale australiano a cronometro
C’è qualcosa di particolare che contraddistingue la sua bicicletta?
ARCHETTI: «Potremmo dire che è un australiano atipico. Non di rado i corridori che arrivano dall’Oceania, o comunque legati alle terre Commonwealth, chiedono le leve dei freni invertite, rispetto agli europei. Jay Vine invece ha chiesto di usare la configurazione standard, ovvero leva destra per il freno dietro e leva sinistra per quello anteriore».
HERRERO: «Considero una sorta di standard l’insieme delle scelte relative alla bici tradizionale. Invece per quella da crono abbiamo alzato i supporti delle appendici. Lo abbiamo fatto in modo importante, in modo da sfruttare l’allungamento del corridore sull’orizzontale e dare a lui la possibilità di contenere la testa tra le braccia. La sua posizione aerodinamica è molto buona, con un fattore cx non trascurabile e di ottimo livello, considerando che in passato non ha mai fatto dei test specifici».
Giuseppe Archetti, al primo ritiro con Vine si è preso cura della sua bici e delle richieste del corridoreDavid Herrero, ex corridore e ora esperto di biomeccanica ed aerodinamica (foto UAE-Emirates)Giuseppe Archetti, al primo ritiro con Vine si è preso cura della sua bici e delle richieste del corridoreDavid Herrero, ex corridore e ora esperto di biomeccanica ed aerodinamica (foto UAE-Emirates)
Jay Vine ha chiesto delle variazioni dei materiali, oppure ha mantenuto tutto inalterato fin dal primo utilizzo?
ARCHETTI: «Ha chiesto di potere provare ed usare una sella con una larghezza maggiore, rispetto a quella utilizzata nelle battute iniziali».
HERRERO: «Nulla che valga la pena segnalare e che ha obbligato a rivedere la sua biomeccanica».
Pronto per il Tour Down Under, Jay Vine con il DS Marco Marcato (foto Laura Fletcher-Colnago)Pronto per il Tour Down Under, Jay Vine con il DS Marco Marcato (foto Laura Fletcher-Colnago)
Il setting di Vine è di quelli normali, oppure è un po’ estremo?
ARCHETTI: «Assolutamente nella normalità per la bici standard, se contestualizziamo il tutto nei tempi più moderni. Il setting di Vine non ha eccessi, nel senso che eccede nello svettamento tra sella e manubrio, con un’estensione delle gambe adeguata alle sue caratteristiche. La sella è piuttosto avanzata, comunque in linea con le richieste attuali».
HERRERO: «Per quanto riguarda la bicicletta standard, ha dei valori che rientrano nella normalità, invece su quella da crono il setting può considerarsi di quelli impegnativi. Il vantaggio di Jay Vine è un corpo molto elastico e flessibile, un vantaggio non da poco. Questa elasticità gli permette di adattarsi senza criticità ed ecco che il biomeccanico può osare andando a sfruttare l’aerodinamica, senza dispersioni e perdite di potenza, restando in un range temporale di performance inferiore all’ora».
Al primo training camp in Spagna con i nuovi compagni (foto FIZZA-Team UAE-Emirates)Al primo training camp in Spagna con i nuovi compagni (foto FIZZA-Team UAE-Emirates)
Focalizzandoci sui materiali a disposizione di Jay Vine, che dotazione ha il corridore?
ARCHETTI: «A Vine è stato fornito l’ultimo modello della Colnago, ovvero quella che ha debuttato al Tour de France, la V4Rs. Una taglia 51 e con il manubrio Colnago in carbonio. Invece per le crono la TT1. Da quest’anno le biciclette hanno la trasmissione Shimano Dura Ace, le ruote Enve in tre versioni, 2.3, 4.5 e 6.7, tutte con cerchi hookless della serie SES e canale interno 23 millimetri. Come team avremo in dotazione solo gli pneumatici tubeless e anche in questo caso c’è stato un cambio rispetto al passato. Abbiamo Continental, consezioni comprese tra i 28 e 30 millimetri».
HERRERO: «Vine usa una taglia 51 e lui è alto 184 centimetri. Se prendiamo in esame solo i numeri potremmo dire che la bicicletta è troppo piccola, invece non è così. L’atleta ha un busto lungo ed è il classico caso dove è meglio usare un telaio più piccolo, soluzione che paradossalmente permette di trovare facilmente il giusto equilibrio, senza perdere di potenza, avendo il giusto comfort e anche un feeling costante nella guida del mezzo meccanico».
Pochi secondi che valgono il titolo e l’abbraccio con la moglie (ZW Photography/Zac Williams/AusCycling)Pochi secondi che valgono il titolo e l’abbraccio con la moglie (ZW Photography/Zac Williams/AusCycling)
Gomme sempre più grandi, esiste il rischio di abbassare la performance?
ARCHETTI: «Non è solo una questione di pneumatici, la bicicletta di oggi è un sistema complesso dove ci sono molte variabili in gioco. Bisogna partire dal presupposto che si utilizzano sempre più le ruote ad alto profilo anche in salita, con sezioni spanciate e con i canali interni maggiorati. Lo pneumatico si deve accoppiare in modo perfetto con il cerchio, quindi l’allargamento delle sezioni delle gomme è una conseguenza. Poi in termini di numeri, test e medie orarie delle corse, i risultati dicono il contrario, ovvero che con i nuovi materiali si va più forte».
HERRERO: «I risultati in laboratorio e su strada dimostrano il contrario, anche se è necessario trovare il giusto equilibrio tra i diversi componenti in gioco. Qui bisogna considerare anche l’impatto frontale. E’ un discorso molto ampio, che tocca diverse variabili e componenti della bicicletta, oltre alla posizione del corridore. Il ciclismo moderno è fatto di ricerca, tecnologia e numeri, dettagli e conta anche il più piccolo».
Dopo la vittoria del Lombardia, abbiamo chiesto a Pogacar con quale criterio scelga i freni della sua Colnago. Comanda il peso, non ci sono altre regole
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Jay Vine ha fatto scuola. La favola dell’australiano, emerso grazie alla piattaforma virtuale Zwift fino a essere ingaggiato dall’Alpecin Deceuninck ed emergere nel 2022 con due successi alla Vuelta come ciliegina sulla torta, ha spinto tantissimi altri appassionati a tentare la sorte attraverso rulli e app, per impressionare i team manager. C’è riuscito ad esempio Michael Vink, neozelandese già con un buon passato nel ciclismo (è stato anche campione nazionale) ma che ha trovato ingaggio all’Uae Team Emirates grazie alle sue prestazioni registrate dalla piattaforma MyWhoosh. E ci vuole provare anche Luca Vergallito.
Per presentarlo, bisogna partire da un antefatto: la storia di Vine ha talmente impressionato che Alpecin e Zwift hanno deciso di “istituzionalizzarla”, nel senso che è stato indetto un concorso con un contratto all’Alpecin Deceuninck per premio (e uno alla Canyon Sram per le ragazze). Si sono iscritti oltre 160 mila appassionati da ogni singolo angolo del mondo, ora sono rimasti in 5. E Vergallito c’è…
I finalisti della Zwift Academy: fra le donne c’è anche Chiara Doni, brianzola impegnata nel campo medicoI finalisti della Zwift Academy: fra le donne c’è anche Chiara Doni, brianzola impegnata nel campo medico
Un passato da ciclista
Venticinquenne milanese, anche Vergallito ha un passato ciclistico, che appare però piuttosto lontano: «Io ho iniziato a pedalare da ragazzino per stare con la mia famiglia. Facevamo lunghe passeggiate ed era divertente, ma non pensavo all’agonismo anche perché mi dedicavo più all’atletica e al triathlon, la bici mi serviva quel tanto che bastava per lo sport multidisciplinare. Che però richiedeva tempo e applicazione e sinceramente a un certo punto mi aveva un po’ stancato. Così mi dedicai solamente al ciclismo».
Che categoria eri?
Ero già junior, feci un anno e mezzo col Team Giorgi. Poi passai under 23 con la Named Sport Kemo e l’Overall, ma non ottenevo risultati, non risaltavo, nel frattempo mi concentravo sempre di più nello studio, così non andai più avanti. Ero iscritto a Scienze Motorie, ma la bici non l’avevo mollata, mi piaceva allenarmi e oltretutto mi interessava anche dal punto di vista dello studio perché già allora ero intenzionato ad intraprendere la carriera di preparatore.
L’avatar di Vergallito in gara con Zwift durante uno dei test stabiliti per il concorsoL’avatar di Vergallito in gara con Zwift durante uno dei test stabiliti per il concorso
Agonisticamente non hai fatto più nulla?
Dal 2017 no, ma poi durante la pandemia ho visto che era scoppiata la moda della bicicletta e anch’io ho rispolverato la mia, ho ricominciato ad applicarmi un po’ di più proprio perché c’era questa gran voglia di uscire in un contesto così diverso. Ho iniziato amatorialmente e allora ho pensato di iscrivermi a qualche Granfondo. I risultati sono subito arrivati, ma nel contempo pedalavo anche in casa, allenandomi con Zwift.
Nelle gran fondo come sei andato?
Mi sono tesserato per il team Om.Cc conquistando per due anni di seguito la GF Sestriere-Colle delle Finestre. Ho vinto lo scorso anno la Fausto Coppi e la Re Stelvio, quest’anno ho trionfato anche alla GF di New York e recentemente nel medio della Tre Valli Varesine. Tutto ciò mi è servito anche per il concorso, ma mi rendo conto che rispetto a molti altri amatori sono avvantaggiato avendo più tempo per allenarmi: chi ha un lavoro fisso deve ritagliarsi gli spazi e non è semplice. Io invece ho spesso la mattina libera ed è ideale per allenarsi, quasi fossi davvero un professionista.
Vergallito primeggia nella Tre Valli Varesine 2022. Il milanese ha 25 anni e ha vinto anche a New YorkVergallito primeggia nella Tre Valli Varesine 2022. Il milanese ha 25 anni e ha vinto anche a New York
Dicevi che ti è servito per il concorso: in che misura?
La formula del concorso è abbastanza semplice: intanto chiunque può iscriversi ed io ero abbastanza incuriosito, quindi ho pensato di provarci. L’app registra i risultati di ognuno attraverso una serie di allenamenti programmati: 4 dove viene richiesto il massimo impegno, 6 con sforzo non massimale. Poi i coach procedono a una prima scrematura sulla base dei risultati migliori. I candidati che rimangono (e sono già molto pochi) vengono contattati. Viene richiesto l’invio di materiale, dal proprio curriculum (e qui mi sono serviti i risultati nelle Granfondo, oltre al mio passato agonistico giovanile perché faceva punteggio a prescindere dai risultati) ad alcuni dati di allenamento. A quel punto ne sono rimasti 16 per sesso, poi si è proceduto a un’ulteriore scrematura e siamo rimasti in 5.
Zwift quanto lo usi?
Molto d’inverno, poi meno. Chiaramente in caso di brutto tempo o per chi lavora è una gran comodità, ha un che di attraente, permette di fare allenamenti intensi anche in casa. Quando il tempo è bello però la voglia di uscire e andare in bici è più forte.
La premiazione della GF di Sestriere 2021. Quest’anno il lombardo ha fatto il bisLa premiazione della GF di Sestriere 2021. Quest’anno il lombardo ha fatto il bis
Conoscevi la Zwift Academy?
Ne avevo già sentito parlare lo scorso anno ma non mi ero applicato in maniera particolare. Poi sono stato convocato nel Team Italy, ho fatto qualche manifestazione virtuale, l’idea mi è piaciuta e mi ci sono dedicato più assiduamente.
Conoscevi la storia di Jay Vine?
Sì e mi piace tantissimo, lo ammiro molto e lo seguo, spero molto di incontrarlo in occasione della finale.
Jay Vine in trionfo per due volte alla Vuelta di Spagna. L’Alpecin lo ha riconfermato per il 2023Jay Vine in trionfo per due volte alla Vuelta di Spagna. L’Alpecin lo ha riconfermato per il 2023
Ecco, parlaci di quel che ora avverrà all’interno del concorso…
Andremo al primo ritiro dell’Alpecin, durerà una settimana. Avremo un paio di giorni di ambientamento, anche per conoscere i ragazzi e la struttura, poi ci saranno giornate con prove alternate su Zwift e su strada, allenandoci anche con i pro’. Alla fine i dirigenti del team esamineranno quanto fatto e decideranno a chi dei 5 finalisti offrire il contratto, non so se nella squadra principale o quella Development. Non verrà comunicato subito all’interessato, credo che ci sarà una comunicazione ufficiale anche perché il concorso è seguito molto mediaticamente attraverso video e tappe ufficiali, quindi non so ancora bene come sarà il finale.
Speri di esserci, ossia di essere tu il prescelto?
A questo punto sì, ma non mi faccio domande su chi dovrò affrontare, guardo a me stesso, a far bene le mie cose. Diciamo che mi piacerebbe per riannodare le fila con il mio passato.
Zwift aveva organizzato un concorso alla fine del 2020. Il vincitore sarebbe stato premiato con un contratto da professionista.
«Per me era una possibilità – racconta Jay Vine – adesso o mai più. Avevo 25 anni, a nessuno importava molto delle competizioni amatoriali australiane. Avevo ottenuto alcuni risultati nelle gare australiane UCI, ma in Europa nessuno ne sapeva nulla. Quindi, se volevo diventare un professionista, quella era la mia occasione. Sì, mi sono preparato in modo molto specifico per quella gara. Comunque in Australia non avevo molto altro da fare. Quando ho saputo che avevo vinto la gara di Zwift, ho capito subito che la mia vita sarebbe cambiata completamente. Avrei dovuto firmare con la ARA Pro Racing Sunshine Coast, mi sono ritrovato alla Alpecin».
E’ stata la sua vittoria della challenge virtuale a lanciare Vine tra i pro’ (foto Zwift)E’ stata la sua vittoria della challenge virtuale a lanciare Vine tra i pro’ (foto Zwift)
Doppietta spagnola
Ieri Jay Vine, australiano alto 1,84 per 69 chili, ha preso a calci i pregiudizi e vinto la seconda tappa della Vuelta in due giorni. Prima al Pico Jano, precedendo Evenepoel. Poi al Collado Fancuaya, precedendo questa volta Marc Soler.
«Quando Lutsenko ha provato ad attaccare – dice – stavo bene. A quel punto sembrava che non ci sarebbero stati più attacchi. Così ho deciso di mettere un po’ di pressione al gruppo e di accelerare. Quando mi sono guardato intorno dopo il tornante, ho visto che non c’era più nessuno alla mia ruota, così ho continuato. E’ stata una fatica di 25 minuti, ma dopo la mia prima vittoria, avevo molta fiducia. Mi sono davvero divertito. E’ stata una bella giornata».
Anche nei tratti più ripidi della salita, Vine è rimasto seduto alzando la cadenzaAnche nei tratti più ripidi della salita, Vine è rimasto seduto alzando la cadenza
La salita finale non faceva sconti, ma davvero a guardare la compostezza in sella dell’australiano, è venuto di pensare che sia riuscito a trasferire su strada l’attitudine ai grandi sforzi sui rulli, dove non ci si scompone e si lavora tanto sulla frequenza di pedalata.
La prima Vuelta
I fratelli Roodhooft, capi della Alpecin-Deceuninck, sono stati inizialmente molto accorti con il nuovo arrivato australiano. Prima della Vuelta 2021 il suo calendario parlava di appena 15 giorni di gara, anche se il secondo posto al Giro di Turchia aveva fatto intuire il suo talento di scalatore.
Dopo l’inverno sui rulli, podio di tappa all’Herald Sun Tour del 2020 dietro HindleyLa rivelazione nel 2021 con il secondo posto dietro Diaz al TurchiaDopo l’arrivo, l’uomo di Zwift è stremato e orgogliosoDopo l’inverno sui rulli, podio di tappa all’Herald Sun Tour del 2020 dietro HindleyLa rivelazione nel 2021 con il secondo posto dietro Diaz al TurchiaDopo l’arrivo, l’uomo di Zwift è stremato e orgoglioso
«La salita è il mio terreno – diceva forse con eccesso di entusiasmo un anno fa al via della corsa spagnola – cercherò di seguire il più da vicino possibile gli uomini di classifica. Più i percorsi sono difficili, più mi piace. Il caldo? Sono australiano, non dovrebbe essere un problema. Quando sono venuto in Europa, il tempo non era così buono. Ma nelle ultime settimane mi sono allenato principalmente in altura e al caldo. Non ho mai corso in un gruppo così grande, ma non ho paura. Sarà una nuova esperienza e il team mi guida in modo eccellente. La Vuelta è la gara migliore per debuttare. Le strade sono larghe, ci sono poche curve e piove raramente. Voglio imparare il più possibile e restare un ciclista professionista il più a lungo possibile».
Un anno dopo
E’ passato un anno e il vincitore del mondiale sui rulli sta vivendo i giorni più belli della sua carriera. Dopo essersi guadagnato un contratto, Vine è tornato sul luogo del… delitto e ha partecipato nuovamente alla gara di Zwift.
La vittoria aò Pico Jano, 6ª tappa della Vuelta, è stata una grande sorpresaLa vittoria aò Pico Jano, 6ª tappa della Vuelta, è stata una grande sorpresa
«La competizione quest’anno non è stata eccezionale – sorride – con un velocista come Bryan Cocquard in partenza, non ho avuto scampo. Perché ho deciso di partecipare? Il premio in denaro. C’erano 8.000 euro per il vincitore, per un’ora di ciclismo. Un sacco di soldi, eh? E’ iniziato tutto alla fine del 2019, prima del Covid. Dove vivevo, c’erano gravi incendi boschivi, quindi l’allenamento all’aperto non era un’opzione. Dieci minuti di pedalata all’aperto equivalevano a fumare tre sigarette. Ma io volevo andare bene all’Herald Sun Tour e quindi ho dovuto allenarmi».
Vine è alto 1,84 e pesa 69 chili: numeri da scalatore e azione sempre compostaVine è alto 1,84 e pesa 69 chili: numeri da scalatore e azione sempre composta
«Poi è arrivato il Covid anche in Australia e improvvisamente non ci è stato più permesso di lasciare la nostra casa. La soluzione? Continuare sui rulli. Ma intanto vedevo diminuire le mie possibilità di una carriera da professionista. Finché all’improvviso è saltata fuori quella competizione della Zwift Academy».
Stupore permanente
Quando vive in Europa, fa base ad Andorra. Si allena in altura e racconta che se anche venisse convocato per il mondiale australiano, gli piacerebbe comunque tornare in Europa e partecipare alle corse italiane di fine stagione.
Seconda tappa vinta da Vine in due giorni, la sorpresa continua…Seconda tappa vinta da Vine in due giorni, la sorpresa continua…
«Se mi chiedete di confrontare la mia vita con quella di un anno fa – sorride – non trovo le parole per descrivere la mia situazione. Faccio parte di una squadra vincente. Non ho perso un minuto dell’ultimo Tour de France e anche lì abbiamo vinto delle tappe. E’ davvero bello far parte di una squadra del genere. Un anno fa partecipavo a gare amatoriali in Australia, in un gruppo di quaranta corridori. Oggi sono in uno dei Grandi Giri al fianco di corridori che hanno vinto grandi corse, inclusi tre campioni olimpici. Ho vinto due tappe e questo è davvero surreale. Rimarrò stupito per i prossimi diciotto giorni».
Tris di Evenepoel a San Sebastian. Attacco in salita a 73 chilometri dall'arrivo e poi sprint a due con Pello Bilbao. Poteva staccarlo? Forse non ha voluto