E’ mattina presto nel ritiro dell’Intermarché a Liegi. Georg Zimmermann è arrivato il giorno prima per dare il suo contributo alla Doyenne. L’appuntamento telefonico è fissato da tempo, ma si sente dalla sua voce che fa fatica a svegliarsi, a rimettersi in moto ed essere pronto per la ricognizione. A queste incombenze non era abituato, ma la vittoria al Giro d’Abruzzo ha cambiato la percezione che si ha del corridore tedesco. Destinato fino ad allora a essere uno dei tanti che girano nel mondo del ciclismo, quelli che lavorano per i capitani, che magari si fanno vedere qualche volta per fughe e che ogni tanto riescono anche a vincere. Ma quando trionfi in una corsa a tappe, seppur non di primo piano, qualcosa cambia…
A tanta attenzione, Zimmermann fatica ad abituarsi e un po’ di ritrosia c’è sempre, come nei dopo tappa abruzzesi, quando toccava a lui rispondere ai taccuini (anzi, agli smartphone…) dei giornalisti. Ma d’altronde molti pronosticavano proprio questo al tedesco quando passò professionista, sull’onda di importanti successi fra gli Under 23.
Qual è la tua storia di ciclista, come hai iniziato?
Abbastanza tardi, a 13-14 anni. Prima giocavo a calcio, ma non ero molto bravo. Poi ho iniziato ad andare in bici e ho visto che me la cavavo molto meglio, che ero più portato. Così ho smesso con il calcio e mi sono dedicato solo al ciclismo pensando di farne la mia professione.
Molti te lo hanno chiesto subito dopo la corsa a tappe: la vittoria al Giro d’Abruzzo è il momento più alto della tua carriera?
Non la reputo tale, ne ho trovati molti di traguardi di cui sono orgoglioso, ma è stato davvero bello per me. Mi sono goduto moltissimo l’accoglienza che ho avuto, il calore della gente, anche il fatto che è stata una vittoria di squadra, con il team che ha lavorato benissimo soprattutto l’ultimo giorno, preservandomi dal vento, aiutandomi a difendere la maglia. E’ stato un bellissimo successo, sì, uno dei più belli.
Con L’Italia hai sempre avuto un buon feeling sin da quando eri under 23, con le vittorie al Giro del Friuli nel 2018 e alla Coppa della Pace e al Trofeo Piva l’anno dopo. Come mai?
Ho fatto molte gare in Italia in passato. Ho corso anche per il Tirol Cycling Team che faceva molta attività in Italia. Poi si cresce molto dalle vostre parti, nel team ci sono più corridori italiani con cui vado molto d’accordo, ho avuto in Valerio Piva un ottimo direttore sportivo che mi ha insegnato molto. Mi piace sempre venirci, mi sono allenato molto sulle vostre strade e ci ho gareggiato tanto. Quindi sì, mi fa bene.
Pensi di essere arrivato al tuo punto più alto, alla tua piena maturazione?
No, non credo. Penso di poter essere davvero meglio di così, in un momento di evoluzione. Vedi, anche nelle gare più importanti devo alzare il mio livello, quindi se voglio davvero provare a fare una buona classifica generale, devo anche allenarmi di più e fare più gare.
Si dice che il ciclismo ormai è uno sport per giovanissimi. Quanto è stato importante stare in un team che ha saputo aspettare la tua maturazione?
Il fattore età secondo me è sopravvalutato. Ci sono ancora corridori di altissimo livello che hanno oltre trent’anni, campioni che hanno vinto anche a 40. Non importa quanti anni hai, devi solo farlo, lavorare bene, seguire tutte le tappe per crescere. Essere concentrati al 100 per cento sullo sport e poi puoi raggiungere grandi traguardi anche a 40 anni.
Visto il risultato in Abruzzo, pensi di essere diventato un uomo di classifica per brevi cose a tappe?
Forse sì. Io credo che possa essere la mia giusta dimensione, che possa fare davvero bene in corse come quella abruzzese, abbastanza dure ma non troppo lunghe. Aspetto con curiosità le prossime per vedere se riesco a ripetermi intanto come prestazioni.
Nel tuo programma c’è il Tour de France. Con che ruolo e obiettivi sarai alla Grande Boucle?
Più o meno il ruolo sarà lo stesso di ogni anno, quindi proteggerò Biniam Girmay il più possibile per gli sprint e cercherò di fare una buona tappa per trovare la fuga giusta, quindi ho deciso di concentrarmi su due obiettivi principali. Il Tour è la corsa più difficile di tutte, bisogna affrontarlo con idee chiare e target precisi, io credo che possiamo ricavarci il nostro spazio.
Ora che cosa ti aspetti da questa stagione?
Prima di tutto voglio finire il blocco di gare che stiamo affrontando. Cercando di fare davvero bene il mio dovere. lo sono in ottima forma. Quindi voglio fare una bella figura giovedì a Francoforte, nella corsa di casa. Poi mi prenderò un po’ di tempo per programmare bene l’estate ed essere pronto per il Tour. Avendo la gamba per tornare a correre davanti e farmi vedere.