Selle SMP presenta i nastri Grip 2.0 e Grip Gel 2.0

30.10.2022
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Quando si parla di dettagli tutto può fare la differenza, soprattutto nel mondo del ciclismo, dove pochi grammi possono tracciare una sottile linea tra vittoria e sconfitta. In questo caso il dettaglio da curare riguarda il manubrio, e più in particolare il nastro. Selle SMP ha ideato un prodotto di ultima generazione, anzi due: il Grip 2.0 e il Grip Gel 2.0.

Una bella novità

Per riuscire a pedalare al meglio delle proprie possibilità è necessario avere i materiali giusti, sia per la parte tecnica ma anche per quel che riguarda il comfort. Il nastro manubrio è uno dei prodotti più delicati per i ciclisti, infatti rappresenta uno dei tre punti di contatto con la bici. E’ quindi importante avere un materiale che ci permette di restare in sella molte ore senza mai affaticarci.

Il nastro Grip Gel 2.0 è adatto all’uso gravel visto il maggior spessore, 3 millimetri, ed è in vendita a 29,90 euro
Il nastro Grip Gel 2.0 è adatto all’uso gravel visto il maggior spessore, 3 millimetri, ed è in vendita a 29,90 euro

Le caratteristiche tecniche

I nuovi nastri manubrio di Selle SMP sono realizzati in Italia ed interamente con materiali di alta qualità. Una delle caratteristiche di punta di questi due prodotti, il Grip 2.0 ed il Grip Gel 2.0, sta nel nome. Consentono infatti una presa forte e sicura sul manubrio in qualsiasi condizione climatica.

Un altro punto di forza di questi due prodotti è l’assorbimento delle vibrazioni, garantito dalla struttura in polimero HPP 2.0. Si tratta di una mescola innovativa di proprietà di Selle SMP, un materiale di pregiata qualità in grado di assorbire le vibrazioni e fornire prestazioni ottimali. Legando a tutto questo un’alta durabilità nel tempo.

Montare i nastri di Selle SMP è un processo semplice, basta seguire le istruzioni fornite
Montare i nastri di Selle SMP è un processo semplice, basta seguire le istruzioni fornite

Il montaggio

Riuscire a montare il nastro manubrio in maniera facile e relativamente rapida è un aspetto da non sottovalutare. Selle SMP viene incontro a questa esigenza, grazie ad una serie di regole ben precise da attuare quando si applica il prodotto. In più c’è da considerare la grande elasticità di cui sono dotati il Grip 2.0 ed il Grip Gel 2.0, tale da agevolare la nastratura. 

Selle SMP

Deda Gera Carbon, torchiate al mondiale gravel

28.10.2022
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Deda Gera Carbon, ovvero le ruote leggere, con cerchio in carbonio HM costruite in modo specifico per il gravel. Hanno un profilo di 32 millimetri, sono tubeless ready e nonostante il ridotto valore alla bilancia hanno una notevole stabilità.

Le abbiamo messe sotto torchio, utilizzate anche al recente mondiale gravel, senza risparmiare qualche colpo proibito. Di seguito le nostre considerazioni.

Sulla Wilier Rave SLR utilizzata nella competizione iridata
Sulla Wilier Rave SLR utilizzata nella competizione iridata

Gera, sinonimo di ghiaia

Gera è il termine dialettale che tradotto significa ghiaia e ben rappresenta il concetto gravel. Le Deda Gera Carbon sono la versione superlight, con i loro 1.415 grammi rilevati (con tubeless tape inserito). Nonostante questo numero le ruote non sono tirate all’osso; la sensazione è quella di un pacchetto che ha ancora del margine di riduzione del peso. Il cerchio è consistente, full carbon e non è asimmetrico. Ha una larghezza totale di 29 millimetri, con un canale interno da 23.

I nipples sono esterni al cerchio e facilitano eventuali operazioni di manutenzione ed assestamento. I raggi (in acciaio) sono 24 per ogni ruota, 12 per parte a testa dritta ed incrociati in seconda. Sono piatti e nel punto di incrocio si sfiorano. Il mozzo è in alluminio ed ha una sorta di forma oversize (è diverso da quello utilizzato sull’ultima generazione delle ruote road dell’azienda lombarda). I cuscinetti sigillati, in acciaio, non sono soggetti a precarico esterno.

Come vanno

Uno dei punti di forza della Deda Gera Carbon è il cerchio. E’ ben fatto, senza troppi fronzoli, quasi essenziale nelle forme e con una canale interno disegnato a regola d’arte. Ha un uncino di tenuta dello pneumatico ben costruito, capace di arpionare il tubeless e diventare ermetico anche a pressioni molto basse. Non meravigliamoci se vedremo queste ruote anche in ambito ciclocross, utilizzate con le gomme tubeless. Nell’era delle ruote dal profilo medio e alto anche in ambito fuoristrada, le Deda Gera Carbon non sfigurano per nulla, anzi, la facilità di guida che esprimono (a prescindere dalle gomme) è esemplare.

La raggiatura non è tiratissima, agevola una fase ammortizzante e di controllo della ruota sullo sconnesso. Non si tratta di una ruota molle e che flette, ma non è un sistema particolarmente rigido. Si sfrutta bene anche in discesa (contano anche le gomme ovviamente), perché non ostacola le correzioni anche all’ultimo. Grazie ad un rigidità non eccessiva, le Deda Gera Carbon non sono secche e non rimbalzano. Non è un dettaglio secondario che influisce in maniera esponenziale sulla trazione e sulla stabilità (eccellenti).

Il canale interno è da 23 millimetri
Il canale interno è da 23 millimetri

Nel gravel l’ambiente ideale

Le consideriamo ruote versatili, ma restando nell’ambito del gravel spinto e race. Le Deda Gera Carbon non sono ruote violente, rigide ed estremamente reattive. Sono fattori da cucire e adeguare al proprio stile di guida. Sfruttate nel modo giusto offrono dei reali vantaggi nell’ambiente off-road, dove gli eccessi tecnici contano fino ad un certo punto e quello che definiamo “comfort” gioca un ruolo fondamentale ai fini della performance.

Lo shape del cerchio con la finitura che riproduce la ghiaia che dà il nome alle ruote
Lo shape del cerchio con la finitura che riproduce la ghiaia che dà il nome alle ruote

In conclusione

Mettendo insieme i diversi fattori, qualità e leggerezza, prezzo (1.390 euro di listino) e prestazioni, le Deda Gera Carbon sono ruote di vertice. Sono ruote pensate per la competizione, ma grazie alla loro trasversalità e rigidità contenuta, sono facili da sfruttare anche per chi si vuole guidare in modo più tranquillo.

Al mondiale gravel in Veneto le abbiamo usate con pneumatici tubeless da 36 millimetri di sezione, ma nelle successive fasi del test abbiamo montato anche i 40. Le Gera mostrano un equilibrio costante, anche quando lo pneumatico tende a spanciare all’esterno del cerchio.

Non solo: dopo diverse ore di utilizzo e una competizione sul groppone, senza aver risparmiato qualche colpo violento, avere una ruota così leggera che non necessita di un controllo della raggiatura, è sinonimo di una costruzione fatta a regola d’arte.

Deda Elementi

Miche Graff Route: animo race, senza tanti fronzoli

26.10.2022
5 min
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Miche Graff Route, le ruote gravel e, a nostro parere, non solo. Ma che gran bella ruota, permettetici di scriverlo con forza, perché quando uno strumento mostra valore e sostanza vale la pena sottolinearlo.

Se utilizzate in un contesto off-road sono ruote da gara e uno strumento per il gravel race. Ma non sfigurano anche su strada, usate con gomme da 30 e 32 (ci stanno bene anche le 28), grazie ad un canale interno da 24 millimetri di larghezza ed il cerchio hookless. Il profilo da 36 le rende versatili e facilmente sfruttabili.

La ruota posteriore ha una rigidità che non passa inosservata
La ruota posteriore ha una rigidità che non passa inosservata

Belle da vedere, tanta sostanza

Considerando la categoria della quale fanno parte, che tiene d’occhio il connubio tra bilancia e performance, le Miche Graff Route cedono qualche grammo alle ruote più leggere di questa categoria, ma sono robuste, sostanziose e offrono degli spunti interessanti in fatto di costruzione, rigidità e scorrevolezza.

Attenzione però, qualche grammo non significa che siano ruote pesanti. Abbiamo rilevato 1.620 grammi la coppia, con i tape tubeless (di buona qualità) già montati e le valvole inserite . In questo c’è da considerare anche i cuscinetti sigillati in acciaio che hanno un minimo di pre-carico regolabile grazie alla ghiera esterna. Questo comporta qualche grammo in aggiunta, rispetto ad un sistema completamente chiuso e non accessibile.

Come vanno

Sullo sterrato le Miche Graff Route mostrano l’animo race, senza tanti fronzoli, sono robuste e ben fatte. Si tratta di un gran bel sistema che mette insieme e fa lavorare al meglio un cerchio hookless di buona qualità, una raggiatura fatta davvero bene (i profilati non sono sottili) e un mozzo che scorre bene ed è stabile; non mostra flessioni.

L’anteriore è velocissima nei cambi di direzione ed è piuttosto rigida, fattore che impone un’adeguata gestione delle pressioni dei tubeless. Qualche decimo di bar in meno è gradito. Sempre l’anteriore è precisa come una spada quando si imposta la traiettoria, cosa per nulla scontata in ambito off-road e con un cerchio che si avvicina ai 40 millimetri di altezza.

Anche la posteriore ha una rigidità che non passa inosservata, al pari di una trazione di buon livello anche su fondi particolarmente smossi. Il senso di robustezza che trasmette è elevato, fattore che a noi è piaciuto, anche quando inevitabilmente i colpi proibiti e qualche sassata di troppo arriva al centro e sui bordi. Il mozzo ha un minimo di lasco nelle fasi di rilancio perentorie.

In conclusione

Prima di chiudere è fondamentale sconfinare nel rapporto tra la qualità ed il prezzo, perché 1.748 euro di listino non sono molti, considerando un sistema ruota di alta qualità. Miche Graff Route è un pacchetto sfruttabile in differenti contesti ambientali, si adatta bene a stili di guida differenti tra loro e non nascondono un DNA race oriented. La rigidità collima piuttosto bene con una reattività medio/alta (sono ruote che non implicano ulteriori watt nelle fasi di rilancio), che però si avvale di una buona trazione e tanta stabilità.

Sono gratificanti anche da usare su strada, se abbinate ad una bicicletta di ultima generazione che supporta gomme ciccione. A nostro parere, il contesto ideale delle Graff rimane il gravel tecnico e veloce, ma non al limite della mtb.

Specialized Diverge STR, la bici che sospende il ciclista

25.10.2022
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Il gravel sta portando il ciclismo in un fiume di innovazioni che a cascata stanno travolgendo un intero mercato. Specialized si distingue e lo fa applicando un concetto originale e avveniristico. «Dobbiamo “Sospendere il Rider”, non la ruota», ha detto il Concept Engineer, Chris D’Aluisio agli albori del progetto. Proprio così la nuova Diverge STR (Suspend The Rider) riformula le regole nel campo dell’off-road su ruote strette e lo fa a suo modo con una tecnologia mai vista. 

Le sospensioni diventano quindi due e la Future Shock che avevamo già imparato a conoscere sulla precedente generazione viene ristrutturata e posizionata anche al posteriore. Il tutto si traduce in una bici in grado di offrire comfort senza compromessi. Con un controllo amplificato, di conseguenza una riduzione dell’affaticamento e delle dispersioni di energia. 

La sua indole è rivolta al comfort e alla performance
La sua indole è rivolta al comfort e alla performance

Future Shock

Sospendendo il ciclista grazie ad un’escursione di 20 mm all’anteriore/30 mm al posteriore, completamente regolabile, la tecnologia Future Shock assorbe le forze degli urti per aumentare il controllo e le prestazioni, pur mantenendo l’efficienza e la reattività del telaio rigido.

La Future Shock posteriore offre 30 mm di escursione idraulica per spianare la strada dissestata. La sua cartuccia idraulica elimina il “bobbing” sotto spinta e garantisce che i grandi impatti non facciano rimbalzare mai sulla sella, il tutto senza compromettere il posizionamento o l’efficienza della pedalata. Completamente regolabile per ciclisti da 50 a 125 kg, è dotata di cartuccia idraulica per controllare l’escursione e ha tre livelli di regolazione, oltre alla taratura del ritorno, altezza e stile di pedalata. Il framepost è l’eroe del sistema posteriore Future Shock. Ciascuno dei nove framepost ha layup diversi, che sono stati accuratamente realizzati per avere profili di rigidità unici. Inoltre, ogni framepost ha due diverse impostazioni di rigidità, a seconda dell’orientamento. Semplicemente ruotandolo di 90 gradi si può cambiare da un’impostazione più morbida ad una più rigida. Gli stessi inoltre vengono spediti con ogni bici. Ovviamente tutte le configurazioni sono compatibili con reggisella telescopico.

Nato da decenni di innovazione e dalla filosofia Smoother is Faster di Specialized, la Future Shock è stata creata per sviluppare bici capaci di vincere sul pavè, ma trova la sua più pura espressione nel gravel. Sull’anteriore rimangono i 20 mm di escursione regolabile che garantiscono il controllo, proteggendo mani, braccia e spalle dagli urti. La cartuccia idraulica “smorza” e “divora” in modo efficiente le asperità del terreno. 

Nuovo concetto

Nato da un lungo cammino partito nel 2014 questo sistema di sospensione del ciclista ha affrontato sfide tecnologiche degne di nota. Il problema era semplice, ma diabolico e difficile da risolvere: come offrire maggiore comfort e controllo al ciclista sui percorsi dissestati e allo stesso tempo mantenere intatte accelerazione e maneggevolezza tipiche delle bici rigide. 

Il corpo è la sospensione perfetta. Ed ecco che dopo 352 campioni, testati, rivoluzionati e ridisegnati come fossero fogli bianchi anziché di carbonio, l’innovazione guidata da Chris D’Aluisio prima e Luc Callahan (Leader of Road and Gravel Engineering) poi, ha avuto la sua consacrazione. La Diverge STR è la realizzazione di un concetto semplice ma che ha avuto un lungo percorso.

Veloce e compatta

Il telaio in carbonio della S-Works Diverge STR Fact 11r è più confortevole di qualsiasi altra bici da strada di Specialized. Il tutto aggiungendo solo 100 grammi rispetto al telaio della S-Works Diverge. E’ la prima volta che così pochi grammi aggiungono così tante possibilità. La Diverge STR è veloce, leggera e confortevole.

I pesi del modello sono contenuti, per esempio un telaio verniciato tg. 56 cm senza hardware pesa 1100 g. Il sistema Diverge STR completo pesa meno di 400 g in più rispetto alla precedente generazione. In conclusione la S-Works Diverge STR completa pesa 8,5 kg. I modelli Pro ed Expert arrivano rispettivamente a 8,9 kg e 9,5 kg. 

La Diverge STR ha un movimento centrale filettato da 68mm BSA e un reggisella da 27.2mm. Perni passanti da 142×12 al posteriore e 100×12 all’anteriore. Il montaggio del freno segue il tradizionale standard flatmount con i supporti della forcella compatibili per rotori da 160/180 mm.

Geometria versatile

La nuova geometria progressiva gravel è complementare alla tecnologia Future Shock e aumenta la confidenza durante la pedalata. Più possibilità significa più sicurezza, niente permette di più quanto lo spazio per gli pneumatici generoso. 47 mm sulla ruota da 700c e 2,1” su quella da 650B con almeno 6 mm di luce tra telaio/forcella e pneumatico in tutte le versioni. La Diverge STR è la bici gravel con più possibilità della gamma, che si traduce in puro divertimento alla guida. 

Il drop BB è stato aumentato da 80 a 85 mm. La lunghezza del carro orizzontale è aumentata da 425 mm a 429 mm. Infine, l’angolo del tubo sella è di circa 0,5 gradi più verticale per compensare il sag nel sistema STR nella posizione statica in modo che la posizione di pedalata sia la stessa tra le bici. L’unica considerazione di fit che differisce dalle altre bici è la posizione della sella. Viene infatti raccomandata la posizione della sella statica 5-10 mm in avanti e leggermente inclinata verso il basso rispetto alla posizione normale.

Infine il vano SWAT permette di portare tutto ciò di cui si ha bisogno, senza appesantire le tasche. E’ inoltre compatibile con il portapacchi anteriore lowrider o qualsiasi portaborraccia sulla forcella. Ha anche attacchi per un parafango completo sulla forcella.

L’intuizione è nata nel 2014, ha dovuto attraversare test e mutazioni del sistema
L’intuizione è nata nel 2014, ha dovuto attraversare test e mutazioni del sistema

Prezzi e versioni

Le versioni di questa terza generazione di Diverge sono tre: S-Works Diverge STR con un prezzo di 15.000 euro, Diverge STR Pro a 9.500 euro e infine la Diverge STR Expert a 7.500 euro. Le colorazioni sono quattro: Satin Forest Green/Dark Moss G, Satin Black/Diamond Dust, Satin Harvest Gold/Gold Ghost Pearl e Satin Blaze/Violet Ghost Pearl Fade. Le taglie sono invece sei: 49, 52, 54, 56, 58 e 61. 

Specialized

Basso Vega Gravel, la e-bike adatta a tutti

25.10.2022
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Basso propone una bicicletta trasversale e accessibile, progettata per muoversi comodamente in città o per avventurarsi su strade bianche potendo contare su un’assistenza elettrica di oltre 220 chilometri. Si chiama Vega e incarna tutta la voglia di rendere accessibile le avventure in sella a tutti gli appassionati e non. 

Per la progettazione di questa e-bike la casa italiana ha combinato alcuni dei modelli più iconici della sua storia recente. Vega vanta infatti una discendenza illustre: Tera, da cui eredita le geometrie studiate per il comfort, e Volta, con cui condivide il proprio cuore tecnologico. Il tutto tradotto in un’indole precisa e maneggevole, adatta a ogni tipo di strada. 

La batteria da 500 Wh offre un’autonomia che può arrivare fino a 220 chilometri
La batteria da 500 Wh offre un’autonomia che può arrivare fino a 220 chilometri

Un nome rappresentativo

Una bicicletta che rende il gravel terreno fertile per ogni ciclista, aprendo alle infinite possibilità di emozionarsi in sella. Il nome, che in spagnolo nel suo significato generico indica un territorio piano o pianeggiante, ben irrigato o comunque provvisto di acque sì da consentire una coltivazione intensiva o specializzata (Treccani). Viene più particolarmente applicato alla regione che si stende ad Ovest e a Sud di Granada, in Andalusia, regione detta appunto, per antonomasia, “La Vega”. 

Ispirandosi a questa filosofia Basso ha voluto creare una bici che godesse di ibridazione trasversale. Un modello elettrico in grado di combinare elementi per creare una nuova identità. Vega Gravel è quindi la somma che esalta le singole parti, per permettere a chiunque di esplorare, che sia su asfalto o su ghiaia.

Telaio versatile

Il telaio è in alluminio (6061 triple butted) con forcella in carbonio per garantire precisione di guida e una sterzata prevedibile e sicura, anche quando si pedala con le borse cariche. Il passaggio copertoni arriva fino a 45 mm per maggiore versatilità e comfort in ogni situazione. Predisposta al montaggio di accessori come: portapacchi, parafanghi e reggisella telescopico, attacchi porta borraccia e borsa anche sul tubo orizzontale.

La geometria è adatta a ogni tipo di fisicità ma la taglia S, molto sloping (inclinata), è la più ricercata dal pubblico femminile per la comodità che offre. Il buon posizionamento consente di beneficiare di una guida più efficiente, della massima performance e del miglior comfort. Disponibile in quattro taglie: S, M, L e XL.

Propulsione italiana

Il motore è il Polini EP3 + Evo, con più di 75Nm di coppia 250 W di potenza. La batteria integrata Polini da 500 Wh, cinque livelli di assistenza personalizzabili arriva fino a 220 chilometri di assistenza. Un sistema propulsivo compatto, potente e durevole, compatibile con la bottle battery extender che aggiunge ulteriori 250Wh di assistenza.

Equipaggiata con display TFT Polini di facile lettura grazie a uno schermo a colori da 2,5 pollici adattive light, ovvero con adattamento automatico del colore e dell’intensità in base alla luce dell’ambiente. Un vero e proprio computer di bordo che mostra in maniera accurata la potenza di pedalata del ciclista, la cadenza, la potenza del motore e l’autonomia residua.

Versioni e prezzo

La nuovissima Basso Vega è pronta a stupire e a mettersi al servizio del ciclista per affrontare avventure e pedalate in compagnia. Sarà disponibile da novembre con la possibilità di scegliere tra due colorazioni: Anthracite e Clay Beige. I prezzi per la versione gravel partono da 3999 euro. In più da febbraio 2023 verrà lanciata anche la versione Urban con prezzi a partire da 3499 euro. 

Basso

Shimano RX801: la scarpa gravel super performante

21.10.2022
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Una nuova scarpa dedicata al gravel arriva direttamente da Shimano, si tratta della RX801. Un prodotto che unisce la vestibilità raffinata e il comfort ad una struttura leggera per ottenere il massimo delle prestazioni. Queste scarpe derivano direttamente dalla Shimano RX8, un prodotto popolare per gli amanti del gravel.

La tomaia utilizzata è super leggera e traspirante
La tomaia utilizzata è super leggera e traspirante

Nuove ed efficienti

Il modello RX801 di Shimano, tra le sue novità, ha quella di avere una costruzione della tomaia molto più traspirante. Una caratteristica molto utile nel gravel, dove le velocità sono più basse ed è quindi più facile avere un maggiore accumulo di calore all’interno della scarpa. Un’altra caratteristica del gravel è la conduzione della bici nei tratti guidati ed il rilancio dell’andatura. Per facilitare questa fase le RX801 presentano una suola estremamente rigida, efficiente su qualsiasi terreno

La suola delle Shimano RX801 è in carbonio e con la superficie di contatto con i pedali più ampia
La suola delle Shimano RX801 è in carbonio e con la superficie di contatto con i pedali più ampia

Stabilità al primo posto

Le RX801 sono in grado di mantenere la pedalata stabile su qualsiasi tipo di terreno. Una delle novità è una superficie di maggior contatto sul pedale, alla quale si aggiunge lo stabilizzatore nella zona del tallone. Quest’ultimo aumenta la sensazione di controllo, al quale si aggiunge il Surround Wrapping Upper, una costruzione che avvolge il piede per una vestibilità top. 

Il sistema di chiusura è l’affidabile e collaudato BOA Li2 a basso profilo, con impugnatura in gomma. Così da consentire anche le più piccole regolazioni pur rimanendo in sella. Si tratta di un sistema capace di non stringere eccessivamente il piede, lasciandolo libero e comodo per tutto il tragitto.

La chiusura avviene con il BOA Li2 ad un rotore, il rinforzo sulla punta è dato da un velcro che rendere più stabile la calzata
La chiusura avviene con il BOA Li2 ad un rotore, il rinforzo sulla punta è dato da un velcro che rendere più stabile la calzata

Dynalast e taglie

Shimano, inoltre, ha inserito nelle RX801 la sua tecnologia proprietaria Dynalast, assicura che il piede sia ben saldo alla scarpa, mentre la suola in carbonio restituisce pedalate fluide e potenti.

Un’ultima novità nelle scarpe RX801 è l’introduzione delle mezze taglie per rendere il prodotto più fruibile a tutti. Il peso nella taglia 42 è di 268 grammi, il prezzo al pubblico è di 239,99 euro.

Shimano

Dopo l’Albania, passaggio in Grecia: l’epilogo del viaggio

19.10.2022
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Nel nostro viaggio tra Albania e Grecia ci eravamo lasciati appena al di qua del confine ellenico. Siamo nell’Epiro e percorriamo la terza tappa in direzione di Ioannina. A Sagiada salutiamo lo Jonio e iniziamo a puntare verso le montagne. Prima affrontiamo alcuni chilometri sterrati in una vallata secondaria, dalla rigogliosa vegetazione mediterranea, ma purtroppo constatiamo che le strade bianche non sono battute come dalle nostre parti, anzi somigliano più a mulattiere su cui i sobbalzi sono accentuati dalle nostre borse.

Arrivo sulla costa greca con il suo panorama omerico
Arrivo sulla costa greca con il suo panorama omerico

Il viaggio prosegue

Dopo un’oretta troviamo lungo la strada un primo avamposto di civiltà greca: un bar in cui degli anziani si riparano all’ombra di un pergolato. Zeus sceglie di fare la sua prima apparizione nelle sembianze di un gatto che ci avvicina mentre mangiamo un panino. Meglio non scherzare con gli dei per cui un boccone glielo concediamo più che volentieri.

Inizia una salita di 6 chilometri al 7 per cento, che si fa sofferta per il caldo, ed in cima al valico passiamo tra due mucche messe lì apposta per darci un po’ di conforto. La discesa è molto aperta e panoramica e ci rendiamo conto di essere lontano dalle rotte turistiche, nella Grecia vera e aspra, fatta di sole e montagne arcigne che ti circondano. Ritroviamo presenze umane nel piccolo villaggio di Keramitsa, dove un bambino di non più di dieci anni è l’unico della famiglia che sa esprimersi in inglese e ci indica una fontanella che sarebbe stata fuori dalla nostra vista.

Direzione Ioannina

Arrivati a fondovalle ci prepariamo per la seconda ascesa prima di Ioannina. Sappiamo che dobbiamo correre perché il meteo promette pioggia, ma il caldo ci fa tirare i freni per rinfrescarci con un gelato lungo la strada. Ai tavolini del bar riecco… Zeus, stavolta con le sembianze di un anziano signore che porta sottobraccio una cesta di fichi. Saputo che siamo italiani e mosso a compassione, ci dà alcuni dei suoi frutti zuccherini, davvero provvidenziali perché la salita è lunga 10 chilometri e, anche se la pendenza si mantiene intorno al 5 per cento, la strada larghissima presenta lunghi rettilinei che ci abbattono il morale. Arrivati in cima con le ultime forze, facciamo appena in tempo a metterci la mantellina per entrare nella pioggia che ci accompagna fino a Ioannina.

A cena, Dimitri, il cameriere che ci serve feta e tzatziki, ha la passione per la bici e culla il sogno di venire a pedalare sulle nostre Dolomiti, lavoro permettendo. «Domani arrivate a Metsovo? Beh, non è proprio come le Alpi ma ci somiglia». Ci saluta a fine pasto.

Salite da sudare

Il giorno dopo infatti si sale ancora, di nuovo con una doppia salita. La prima inizia subito dopo Ioannina, dominando il vasto lago su cui sorge la città. Ci supera un cicloamatore locale, Steve, che arrampica come un camoscio tanto è leggero rispetto a noi. Ci stacca, torna indietro, ci incita e riparte, così due-tre volte per tutta l’ascesa. Anche lui, in cima, ci porta ad una fontanella nascosta da una chiesa ortodossa e ci mette in guardia sulla salita successiva: «Dieci chilometri prima di Metsovo ci sono tre cani liberi che attaccano. Pedalate uniti!».

E così facciamo. Arrivati al punto “x” i cani ci individuano già svariate centinaia di metri prima, sulla costa della montagna. Noi ci mettiamo in parata ad occupare la carreggiata e quando il capobranco sbuca dal guardrail per inseguirci, l’unica cosa che perdiamo è una bella di dose di adrenalina…

Ospitalità greca

Metsovo ricorda effettivamente il paesaggio alpino. Si trova a 1.000 metri di quota, tra i monti della catena del Pindo, ricca di verdi abeti e faggi, ed è una località turistica con case in legno e tetti di piastrelle.

Il piccolo appartamento ce lo consegna un giovane ragazzo del posto, ma pochi minuti dopo qualcuno bussa alla porta. Apriamo e un signore ci offre un piatto con una fetta di cocomero, albicocche e pesche. Non parla inglese ma basta un sorriso per intenderci.
A cena, poi, mettiamo in imbarazzo la cameriera ordinando così tante portate che non c’è più spazio sul tavolo ma, contro le sue previsioni, non lasciamo nulla.

Un tramonto greco ai piedi della montagna
Un tramonto greco ai piedi della montagna

Fine dell’avventura

L’ultima tappa va da Metsovo a Kalambaka, fine del nostro tour. I primi 10 chilometri sono su di una salita dagli scenari che ricordano molto i nostri Appennini, quindi entriamo in Tessaglia con una discesa senza anima viva e ancora dolce falsopiano a scendere fino ad ammirare le falesie di arenaria, un tempo sommerse dalle acque, su cui ora i monasteri ortodossi delle Meteore. L’etimologia del nome significa letteralmente “in mezzo all’aria” e ci sembra proprio un bel modo per concludere la nostra avventura in bici. 

Pirelli Cinturato Gravel RC, il nostro test

19.10.2022
5 min
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Pirelli Cinturato Gravel RC, uno pneumatico da gara, senza se e senza ma. La gomma dell’azienda lombarda nasce mutuando alcune soluzioni già adottate sulla gamma mtb, ma con un indirizzo specifico per far collimare velocità e grip laterale.

Gravel RC è un tubeless molto morbido e ben sostenuto al tempo stesso, con dei tasselli pastosi e differenziati in base alle sezioni. Lo abbiamo provato.

La differenza di volume dei tasselli
La differenza di volume dei tasselli

Sviluppato per dare il meglio

Un prodotto sviluppato e prodotto per offrire il meglio in termini scorrevolezza, grip e versatilità, ma anche sicurezza e longevità. Si parte dalla carcassa, una sorta di multistrato che prevede una membrana di rinforzo aggiuntiva. Quest’ultima non è una semplice bandella nella parte superiore, ma avvolge la gomma da un tallone all’altro.

Pirelli Cinturato RC è tubeless ed è pieghevole. Il tallone prevede un’aggiunta di materiale che ha l’obiettivo primario di rendere più sicura una zona molto sollecitata.

E poi c’è il battistrada, con dei tasselli laterali di chiara derivazione mtb, alti e pronunciati, che hanno una sorta di posizionamento controdirezionale, se messi a confronto con i mediani e i centrali. Quelli laterali inoltre hanno il compito di aggredire il terreno nelle fasi di appoggio in curva, adeguandosi anche allo stile di guida. Quelli mediani sono più bassi e squadrati, sostengono l’azione dei primi e non influiscono in maniera negativa sulla scorrevolezza. I centrali sono simili ad una freccia e devono essere scorrevoli.

Pirelli Cinturato Gravel RC è uno pneumatico direzionale. Abbiamo provato la versione con la larghezza da 40 millimetri.

Forma particolare

La gomma ha una sorta di squadratura che emerge principalmente grazie ai ramponi laterali che assomigliano a veri e propri artigli. Inoltre, una volta messa in pressione, si nota l’abbondante luce che c’è proprio tra i tasselli esterni e quelli mediani, un fattore molto utile quando c’è bisogno di scaricare il fango e si affrontano terreni umidi ed erbosi.

Come va

Abbiamo montato il Pirelli Cinturato Gravel RC su una ruota full carbon dal profilo medio, rigida se consideriamo il contesto offroad, con un canale interno da 25 millimetri e hookless. Se consideriamo l’interfaccia pneumatico/ruota, risulta il binomio ottimale, perché una ruota del genere permette di contenere in modo ottimale i lati, senza che lo pneumatico spanci in modo eccessivo.

Inoltre, con un peso di 65 chilogrammi, abbiamo trovato il giusto compromesso con una pressione di esercizio a 1,8 atmosfere davanti, 2,1 dietro, anche su terreni morbidi (non fangosi).

Nonostante sia un prodotto destinato al gravel race, regala un feeling immediato ed è tanto scorrevole sui tratti di asfalto e con terreno compatto. Ha un ampio range di sfruttabilità, fattore tangibile anche quando si eccede con il gonfiaggio. Non è un aspetto banale ed è una sorta di salvagente nel momento in cui si sbaglia la pressione e/o i terreni che si affrontano in gara hanno una consistenza diversa tra loro.

I tasselli e le curve

La presa in curva è uno dei vantaggi del tubeless Pirelli RC e sfruttarli al pieno delle potenzialità non è così difficile. Questi ramponi delle Pirelli Cinturato Gravel RC sono morbidi e lavorano parecchio, lo fanno quando il terreno è compatto, ancor di più quando si passa ad un tratto inconsistente, fattore quest’ultimo che trasmette anche una enorme sicurezza a chi pedala.

Tutta la parte centrale ha una scorrevolezza molto buona e anche in questo caso ci si confronta con uno pneumatico che non patisce il cambio di terreno.

Non un peso piuma, ma un grande prodotto in fatto di performances
Non un peso piuma, ma un grande prodotto in fatto di performances

In conclusione

Pirelli Cinturato Gravel RC è una gomma che trova la sua massima espressione nel segmento race. E’ anche uno pneumatico ampiamente utilizzabile da differenti tipologie di atleti che sanno come sfruttare la tecnica del mezzo e amano i percorsi dove “preparare la bicicletta con il giusto setting” fa la differenza. Lo pneumatico è abbastanza versatile e va bene anche sui terreni più morbidi, erbosi, ma non estremamente fangosi.

E’ uno pneumatico morbido e pastoso, fattori che sono integrati nel DNA Pirelli a prescindere dalla disciplina. Non c’è esclusivamente la tassellatura che lavora e aiuta ad ammortizzare, ma anche la carcassa aiuta nelle fasi dove l’elasticità e una certa morbidezza sono più che un aiuto.

Il gravel è realtà, ma l’Uci deve lavorare sul regolamento

17.10.2022
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Bici da strada o gravel? Che tipo di percorsi? Quali partenze? Se il primo campionato del mondo gravel è stato un successo è anche vero che c’è ancora molto da mettere a punto dal punto di vista del regolamento. E il grosso della torta spetta all’Uci.

Dopo il tricolore di Argenta ne parlammo con Massimo Ghirotto. Adesso sempre con lui, presidente della commissione fuoristrada della Federazione ciclistica italiana, ritorniamo sull’argomento.

Da sinistra: Ghirotto, Celestino e Amadio lo scorso anno alla Serenissima Gravel
Da sinistra: Ghirotto, Celestino e Amadio lo scorso anno alla Serenissima Gravel

Giudici in fermento

Oltre al loro solito lavoro di controllo, a Cittadella i giudici UCI hanno anche preso appunti, studiato la situazione e incamerato osservazioni. Più di altre volte hanno fatto delle foto da usare, immaginiamo, nel report. Un report più importante di altre occasioni. La base parte da qui.

«Diciamo che da adesso in poi – spiega Ghirotto – ci penseranno i responsabili UCI. Qualcosa va studiato. Come ad Argenta, più che una prima edizione è stata un’edizione zero per capire come andranno davvero le gare gravel.

«L’organizzazione e Filippo Pozzato hanno fatto dei miracoli, specie per mettere in sicurezza il percorso: 140 chilometri linea, più il circuito finale. Per me quella è stata la cosa più difficile. La domenica sera, a mondiale concluso, ho visto un Pippo più disteso. Sono stati coinvolti 40 Comuni, si è spaziato da strade su ghiaia e asfalto, strade private e nazionali… Anche per questo credo che per il futuro l’UCI, come stiamo già facendo noi della FCI, potrà prendere in considerazione l’idea di correre in circuito. Circuiti anche grandi, di 40-50 chilometri, sicuramente più facili da controllare».

Il format c’è. I corridori sono rimasti positivamente colpiti: ora va messo a punto il tutto. Va portato a regime.

«Una delle problematiche da risolvere – continua Ghirotto – è senza dubbio quella della partenza femminile e delle partenze maschili amatoriali. E’ inevitabile che ad un certo punto alcuni degli uomini vadano a riprendere le donne (magari non le primissime, ndr). Si mescolano e in qualche modo la gara femminile non è più perfettamente lineare».

Al mondiale Zoccarato ha utilizzato una bici gravel… Oss e VdP una da strada adattata. Alla Serenissima (in foto) la gravel era obbligatoria
Al mondiale Zoccarato ha utilizzato una bici gravel… Oss e VdP una da strada adattata. Alla Serenissima (in foto) la gravel era obbligatoria

Quali bici?

Altro tema: bici libere o bici gravel obbligatorie? Qui, a nostro avviso conterà molto anche la presa di posizione dei marchi, un po’ come avvenne per l’avvento del freno a disco. Al netto del percorso più o meno tecnico, è ipotizzabile che i costruttori vogliano imporre la bici gravel. Specie se questa specialità dovesse arrivare alle Olimpiadi, come già si vocifera.

L’esempio di Canyon è stato emblematico. La casa tedesca ha un po’ giocato con l’utilizzo della Grizl (il modello gravel) da parte di Van der Poel, quando poi in extremis l’olandese ha scelto la bici da strada adattata. E VdP lo sapeva… Ma intanto per tre giorni in tutto il mondo si è parlato della Grizl.

«Bici gravel o meno – commenta Ghirotto – si torna sempre lì: partire dalle norme. Noi come Federazione dobbiamo seguire l’UCI, già l’ho detto la volta scorsa. Aspettiamo. Credo che ci siano allo studio già delle precisazioni importanti.

«Personalmente la vedo difficile che il campionato del mondo sarà ristretto alle sole bici gravel. Perché si va a limitare il panorama mondiale, la presenza di certi atleti. Una bici da strada che consente il montaggio di gomme larghe la vedo più facile».

Argenta, Serenissima, mondiale… per ora sempre percorsi filanti nel gravel race
Argenta, Serenissima, mondiale… per ora sempre percorsi filanti nel gravel race

Percorsi filanti

Oss e molti altri pro’ hanno detto che alla fine sono stati sufficienti tre cambi di direzione e due ponticelli per fare la differenza. La tipologia dei tracciati quindi può andare bene per una gara. Poi ci può essere qualche tratto tecnico in più o in meno, o qualche salita in più, ma non si vedranno i tracciati da 300-400 chilometri super wild.

«Direi di no – dice Ghirotto – mi sembra che l’UCI abbia già messo un paletto in tal senso, specie se si vuol coinvolgere gli atleti dei team importanti. Se il gravel diventa una cosa eroica a quel punto non è più race. 

«A Cittadella c’era un piattone okay, ma se ci dovesse essere un po’ di dislivello in più di certo ci sarebbe qualche chilometro in meno. Altrimenti la gara diventerebbe troppo dura. In generale dico che mi aspetto che l’UCI prenda in mano questa specialità».

Il cittì Pontoni con le sue ragazze
Il cittì Pontoni con le sue ragazze

Atmosfera azzurra

Infine a Ghirotto, che ha sempre sentito molto la maglia della nazionale, chiediamo che atmosfera si respirasse nel clan dell’Italia. Un clan misto di crossisti, stradisti e biker.

«Bellissimo – conclude Ghirotto – ho avuto l’onore di assistere alla riunione tecnica sia delle donne che degli uomini e ho visto corridori come Daniel Oss, che hanno vissuto il ciclismo più importante al mondo, ascoltare con interesse i consigli di Pontoni e Celestino. I ragazzi e le ragazze erano attenti, umili, sinceri. E poi li ho visti divertirsi. Un gruppo differente dal solito.

«Mi sono un po’ rivisto io corridore che ascoltavo i consigli di Boifava e sempre io che davo i consigli da team manager ai miei ragazzi e alle mie ragazze della mtb».