L’urlo di Covi, ripartito dopo due anni di dolore…

04.06.2025
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In 32 giorni di gara, Alessandro Covi ha finora ottenuto 2 vittorie e 9 top 10. Numeri da primattore, ma si era capito sin dall’inizio dell’anno, da quel 4° posto al GP Castellon quand’eravamo ancora a gennaio che questo è un Covi diverso, più maturo, più voglioso di assumersi certe responsabilità. Il piemontese di Borgomanero è quasi sorpreso nel vedere tanta attenzione su di lui, soprattutto per la considerazione di come questi risultati lo proiettino fra gli italiani più in vista della stagione, quasi come un paladino della faticosa rinascita del ciclismo tricolore.

Il corridore della UAE è in questi giorni in Slovenia e oggi inizierà la sua fatica in una corsa a tappe, l’ennesima della sua stagione. Nell’interrogarlo alla vigilia della corsa la prima domanda verte su che cosa è cambiato per averlo portato a questa costanza ad alto livello e la sua risposta è all’insegna della semplicità.

Finora Covi ha conquistato già due vittorie, in Spagna e al Giro d’Abruzzo, con 9 Top 10
Finora Covi ha conquistato già due vittorie, in Spagna e al Giro d’Abruzzo, con 9 Top 10

«Non ho avuto grossi problemi finora, mi sono potuto preparare con calma come non era avvenuto nelle ultime due stagioni. Nel 2023 ho avuto la mononucleosi, poi problemi vari ai tendini l’anno scorso, quando mi ero ripreso ecco arrivare il covid. Insomma, non ho avuto pace. Salvo un piccolo problema a inizio anno, risolto abbastanza in fretta, ho trovato continuità con gli allenamenti e questo ha portato al Covi attuale».

C’è stato un momento in questa stagione nel quale hai sentito che era scattato qualcosa in te?

Io direi che dobbiamo risalire al luglio dell’anno scorso, al trauma cranico che aveva sugellato quel brutto periodo. Da lì mi sono messo in testa che avevo bisogno di tempo per me stesso, per avere una base di allenamento di almeno un mese. Dovevo ripartire, ma con calma, resettare tutto. Per innanzitutto star bene fisicamente, poi tornare a fare buone performance. Ho sempre creduto però che questo è il mio livello e anzi penso di poter crescere ancora tanto.

Per Covi due anni di forti difficoltà, con una sequela di malanni e incidenti che avevano minato il suo morale
Per Covi due anni di forti difficoltà, con una sequela di malanni e incidenti che avevano minato il suo morale
L’impressione è che il calendario scelto dalla UAE per te ti si addica in questa fase della tua carriera…

Sì, diciamo che appunto dopo due anni molto duri, fisicamente ma a livello psicologico soprattutto, serviva un calendario un po’ più soft, dove potevo ritrovare il ritmo, la fiducia in me stesso. Sapevo che era solo questione di tempo e soprattutto che doveva terminare il periodo di sfortuna. Facendo questo calendario fatto di brevi corse a tappe, ho ritrovato serenità e costanza di rendimento e sono arrivati dei buoni risultati.

Che effetto ha fatto vedere il Giro d’Italia da lontano, tu che hai vinto la tappa nel 2022?

Non è stato facile. Quando ho visto la presentazione mi ricordo che ero a casa, a Monaco. E non essere lì mi è dispiaciuto molto, poi ovviamente penso che comunque in quei giorni sono andato a correre in Ungheria, ho colto un buon risultato, quindi posso essere contento, ma un palcoscenico come quello della corsa rosa, per un italiano, è unico e manca tantissimo. In questo momento della mia carriera era comunque la scelta giusta da fare.

In Norvegia il corridore di Borgomanero ha corso in supporto del leader Christen
In Norvegia il corridore di Borgomanero ha corso in supporto del leader Christen
Tu hai colto ultimamente il secondo posto in Ungheria e l’undicesimo posto domenica al Giro di Norvegia, due corse diverse come caratteristiche…

Sì, in Ungheria, dopo la caduta di Torres, mi sono ritrovato come leader della squadra e credo di aver finalizzato bene il lavoro di tutti. In Norvegia invece correvo a supporto di Jan Christen che ha fatto podio. In entrambe le occasioni ho dimostrato comunque di star bene di condizione e sono riuscito ad aiutare bene Ian nella tappa decisiva per la classifica. Invece in Ungheria ero riuscito a cogliere un buon risultato per me.

Tu eri andato molto bene anche nel 2022, avevi vinto due volte in Spagna e la tappa al Giro d’Italia. Tra queste due stagioni quale preferisci?

E’ facile la risposta. Per un italiano vincere una tappa al Giro vale quasi una carriera, tanti non ci riescono, è qualcosa che mi porto dentro. Ora voglio che quelle emozioni si ripetano, lavoro per questo.

Alessandro sul Passo Fedaia: quella fuga vittoriosa al Giro d’Italia 2022 resta la perla della sua carriera. Per ora…
Alessandro sul Passo Fedaia: quella fuga vittoriosa al Giro d’Italia 2022 resta la perla della sua carriera. Per ora…
Nel team come stanno interpretando questi risultati?

Penso che è quello che cercava il team da me in questa stagione, questo tipo di calendario è stato studiato perché mi ritrovassi. Il morale si era un po’ perso in questi ultimi due anni, l’obiettivo era raccogliere più punti possibile. Penso che stia dando le risposte che ci si aspettavano da me.

Al Giro di Slovenia, con che prospettive ti presenti tu e si presenta il team?

Qua abbiamo Molano per le volate nelle tappe pianeggianti, poi Grosschartner curerà la classifica, ma in caso di arrivi ristretti, se la gara viene fuori un po’ nervosa, magari possiamo giocarci la tappa io e Morgado. Diciamo che fungeremo un po’ da battitori liberi.

In previsione per l’estate non ci sono né Tour né Vuelta, ma classiche del WT e altre corse a tappe
In previsione per l’estate non ci sono né Tour né Vuelta, ma classiche del WT e altre corse a tappe
Nel proseguo di questa stagione, all’orizzonte per te che cosa c’è? Magari un grande giro o la possibilità di una convocazione in maglia azzurra per una prova titolata?

I Grandi Giri quest’anno non sono in programma, proprio per tener fede a quel processo di rinascita. Avrò altre gare in calendario sempre più o meno simili a quelle che ho avuto finora, con gare WT a San Sebastian, Amburgo, poi in Cina a ottobre. All’azzurro come potrei non pensarci? Lo faccio da quando sono passato professionista e quindi sarebbe solo un onore. So che Villa mi segue e ogni tanto mi scrive. Se pensa che possa essere d’aiuto in qualche modo, a me farebbe solo piacere.

Withen Philipsen fra i grandi. Baffi lo ha studiato a fondo

26.05.2025
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L’ingresso di Albert Withen Philipsen nel ciclismo che conta procede a ritmo sempre più veloce. L’ex campione del mondo juniores ha saltato direttamente la fase under 23 (anche se prende parte ad alcune prove di categoria come la Parigi-Roubaix, regolarmente vinta) e gareggia stabilmente nel team principale della Lidl-Trek, portando già segnali molto confortanti a conferma del suo enorme talento.

La sua vittoria alla Roubaix Espoirs, arrivando insieme allo svedese Soderqvist (foto Thomas Maheux)
La sua vittoria alla Roubaix Espoirs, arrivando insieme allo svedese Soderqvist (foto Thomas Maheux)

Ultimo, il podio finale al Giro d’Ungheria, tappa del calendario Pro, ossia quello immediatamente inferiore al WorldTour. A guidarlo sulle strade magiare c’era Adriano Baffi, suo diesse per l’occasione: «Il danese non fa parte del gruppo che io seguo direttamente e costantemente, ma questa settimana è toccato a me guidarlo. Io lo conosco poco, soprattutto ne sento parlare durante i nostri summit settimanali da parte dei miei colleghi e le voci che mi arrivavano erano davvero entusiastiche. Averlo però sotto gli occhi è un’altra cosa».

Qual è stata la tua prima impressione?

Albert ha sicuramente un potenziale enorme, è un talento grezzo sul quale si può lavorare bene. Non dimentichiamo che ha solo 18 anni eppure sembra già uno più grande della sua età. Ha delle prospettive completamente da scoprire.

Adriano Baffi, 63 anni, diesse alla Lidl Trek dal 2012 e sull’ammiraglia in Ungheria a guidare l’ex iridato juniores
Adriano Baffi, 63 anni, diesse alla Lidl Trek dal 2012 e sull’ammiraglia in Ungheria a guidare l’ex iridato juniores
Arrivare sul podio in una gara a tappe con una partecipazione molto qualificata, che cosa significa per te?

Io al piazzamento guardo in maniera molto relativa. Gare come questa, nel suo caso servono per imparare, sono tutte esperienze che si ritroverà più avanti, soprattutto per come è arrivato a quel podio. A 18 anni ti ritrovi a correre puntando alla classifica, ciò vuol dire che devi saper gestire la squadra, considerando anche però che il team era venuto in Ungheria anche con altri obiettivi, addirittura preminenti come gli sprint. Inizialmente Philipsen era stato aggregato come scalatore visto che nel team mancava, ma non era stata costruita la squadra per essere al suo servizio. Lui ha saputo guadagnarsi i galloni di capitano e chiaramente abbiamo corso per preservare il suo podio.

Che tipo di corsa era?

Molto semplice e nel suo caso ideale proprio in funzione della sua crescita. Quattro tappe prevalentemente pianeggianti e una nella quale praticamente ci si giocava la corsa, infatti in quella ha chiuso sul podio, poi è stato semplice difenderlo. I due che l’anno battuto, il colombiano Lopez e Alessandro Covi, sono corridori esperti, lo stesso Covi si era visto già che andava forte in questo periodo, avevano una condizione migliore della sua. Io sono pienamente soddisfatto, poi come detto il risultato finale ha un valore relativo nel suo caso.

Il podio finale in Ungheria, con il danese insieme a Lopez (al centro) e a Covi
Il podio finale in Ungheria, con il danese insieme a Lopez (al centro) e a Covi
E’ un corridore da corse a tappe secondo te?

E’ ancora troppo presto per dirlo. Quel che è certo è che corse come questa, fino a 5 giornate di gara tutte di seguito sono molto utili per farlo crescere ed abituare agli sforzi. Si vede che ha ottime qualità di recupero, ma è chiaro che un conto sono corse simili, un altro gare di 10 giorni se non di più. Ci deve arrivare per gradi. Per ora quello che ho visto è un corridore che mentalmente si sa gestire molto bene e che sa bene quello che vuole, sa soprattutto quali potenzialità ha e dove può arrivare.

Secondo te è davvero quel “crack” che tutti dicono sin da quando ha vinto il titolo mondiale?

E’ impossibile dirlo. Dobbiamo affidarci a quel che è reale, sul tavolo, non ai pensieri e alle speranze. Io so che ho trovato davanti a me un ragazzo che ha l’approccio giusto, professionale e per un ragazzo di 18 anni non è cosa da poco. Proprio per questo è fondamentale vedere come si sviluppa considerando proprio che per la sua giovane età è un fisico ancora in formazione. Intanto il salto di categoria l’ha già superato ed è già un passo avanti.

Finora il danese ha corso per 19 giorni, con una vittoria e 4 top 10
Finora il danese ha corso per 19 giorni, con una vittoria e 4 top 10
Tu hai corso tanti anni, hai il polso della situazione, per te conta più l’aspetto fisico o quello mentale?

Non sono più i tempi di quando correvo io. Ormai arrivano nel nostro mondo ragazzini che hanno già sviluppato una struttura mentale che noi acquisivamo solamente con il tempo, proprio perché l’attività juniores di oggi è profondamente diversa. Noi però dobbiamo essere attenti nella sua gestione, programmare poche gare ma selezionate. Certamente siamo di fronte a un diciottenne che ha già prestazioni da professionista, sia nel rendimento che nella gestione. Per me vale già tantissimo.

Dunbar, il testardo irlandese a caccia di gloria

24.05.2022
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Squilla il telefono di Eddie Dunbar. Dall’altra parte c’è un dirigente della Ineos: «Eddie, fa le valigie. C’è un posto per te in squadra al Giro d’Italia, Bernal si è rotto una clavicola… Eddie, hai sentito?». Eddie Dunbar non riesce neanche a rispondere, chiude la conversazione senza una parola. Si è avverato un sogno, il suo primo grande Giro. Passano davanti agli occhi, in un lampo, tutti i sacrifici di una vita, la rincorsa dopo aver lasciato l’altro suo grande amore (suo e di una gran parte degli irlandesi) il rugby.

Dunbar nazionale
Eddie Dunbar è nato a Banteer il 1° settembre 1996. In nazionale il meglio l’ha dato a cronometro
Dunbar nazionale
Eddie Dunbar è nato a Banteer il 1° settembre 1996. In nazionale il meglio l’ha dato a cronometro

L’erede di una grande epoca

Di Dunbar nel suo Paese si parla da anni come del diretto erede di quell’epoca nella quale, grazie a due soli corridori come Sean Kelly e Stephen Roche, l’Irlanda dominava nel mondo. Per tanto, tanto tempo poi si è detto che era stato un caso e Dunbar è chiamato a smentirlo e a dimostrare che in questo ciclismo globalizzato c’è posto anche per i verdi irlandesi tutti d’un pezzo.

Eddie sin dai primi anni ha messo in mostra le sue caratteristiche: innanzitutto un modo di correre sempre aggressivo, specchio del suo carattere: «Voglio ottenere il massimo da me stesso. Non mi piacciono le corse facili, preferisco quelle dove devi metterti alla prova, inventare qualcosa. Preferisco sempre essere gettato nella mischia, attendere non fa per me».

Che rabbia con Tiberi…

Da junior ha realizzato un’impresa mai compiuta, vincere per due anni di seguito il Giro d’Irlanda e il secondo anno ci ha aggiunto pure il Giro del Galles. Perché la sua specialità sono le brevi corse a tappe, sin dai suoi inizi. Lo ha capito subito che quello doveva essere il suo destino, perché è portato ad andare sempre meglio con i giorni che passano, a tirare fuori il coniglio dal cilindro anche alla fine, mettendo tutti d’accordo.

Come ha fatto all’ultimo Giro d’Ungheria, ribaltando la classifica nell’ultima frazione. Eppure, a ben guardare alla fine era molto più contento Antonio Tiberi per la sua vittoria di tappa che lui. Già perché un’altra sua caratteristica è il fatto che il bicchiere per l’irlandese è sempre mezzo vuoto: «Sono molto esigente con me stesso. Ero felice di vincere la classifica generale, ma io volevo tagliare il traguardo a braccia alzate, per poter ripagare i compagni che avevano lavorato per me. Mi sono mancati 40 metri, mi sono sentito beffato. Comunque è un altro passo nella giusta direzione».

Dunbar Tiberi 2022
La volata persa con Tiberi in Ungheria gli ha lasciato l’amaro in bocca
Dunbar Tiberi 2022
La volata persa con Tiberi in Ungheria gli ha lasciato l’amaro in bocca

NFTO, una scuola di vita

Eddie è sempre rimasto molto legato alle sue radici. I suoi risultati da giovanissimo lo portarono ad approdare al Team NFTO che è un po’ l’accademia del ciclismo irlandese e lì si è fatto le ossa, non solo a livello ciclistico perché quella è stata per lui una scuola di vita. Lo hanno fatto correre con gente più grande, con i ciclisti della massima serie nazionale, lo hanno soprattutto trasformato in un nomade, lui che non stava più di tre giorni lontano da casa. Ha imparato che cosa significa essere un vero irlandese proprio standone lontano, capendo che le radici le hai dentro: «La mia famiglia è a Londra e nei dintorni, ci ero spesso venuto da bambino, mai avrei pensato di viverci, per me è stato un grande cambiamento».

I risultati si sono visti presto: oltre alle vittorie in patria in in terra britannica, arrivarono la seconda piazza nel Trofeo Karlsberg, classica per junior fra le maggiori corse internazionali a tappe e nel 2017 la vittoria al Giro delle Fiandre per Under 23. Una cosa atipica per lui, ma che gli attirò le attenzioni del team britannico per antonomasia, il Team Sky. E da lì la sua carriera prese il volo, fino a quel giorno, quella telefonata dell’inizio.

Dunbar Coppi e Bartali 2022
Vittoria alla Settimana Coppi e Bartali, con 9″ sul compagno di team Ben Tulett
Dunbar Coppi e Bartali 2022
Vittoria alla Settimana Coppi e Bartali, con 9″ sul compagno di team Ben Tulett

E se al Tour…

Quel Giro, inventato di sana pianta per lui che aveva vinto il Tour of Yorkshire e che pensava di rimanere confinato nel suo dorato alveo delle brevi stage race, andò ben oltre le aspettative: nella dodicesima tappa, la famosa Cuneo-Pinerolo, entrò nella fuga bidone che avrebbe portato lo sloveno Polanc in rosa, cedendo in volata al vincitore Cesare Benedetti e a Damiano Caruso. Quel Giro lo avrebbe finito 22°, regalando un sorriso ai responsabili Sky poco ripagati dalle punte.

Avrebbe voluto esserci anche quest’anno e quando ha visto le convocazioni ci è rimasto male. Ha scaricato la delusione sui pedali, come fa sempre, regalandosi il Giro d’Ungheria, secondo centro stagionale dopo la conquista della Settimana Coppi e Bartali. Ora punta al Delfinato e al Giro dell’Occitania, guarda caso altre due brevi corse a tappe, magari per strappare un posto nella squadra del Tour che appare come una corazzata, con Martinez, Pidcock, l’esperienza di Thomas, tanti interpreti da grandi giri senza un vero leader, per una corsa tutta da inventare. Dove magari questo cocciuto irlandese potrebbe anche dire la sua.