La vittoria in Calabria di Colnaghi, quando meno se l’aspettava…

16.04.2025
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Una vittoria per scacciare le paure e per aprire un capitolo nuovo della propria carriera. L’esito finale del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria ha aperto una nuova pagina nella carriera di Luca Colnaghi. Il portacolori della VF Group Bardiani ha conquistato sabato scorso la sua prima vittoria da professionista e, al di là del valore della corsa, ha colto un successo pregno di significati, mettendo la parola fine a un periodo davvero difficile culminato con un brutto fatto di cronaca a inizio marzo.

Lo sprint vincente di Colnaghi a Reggio Calabria, battendo i compagni di fuga Bais e Finn (in maglia azzurra)
Lo sprint vincente di Colnaghi a Reggio Calabria, battendo i compagni di fuga Bais e Finn (in maglia azzurra)

I fatti sono noti: Colnaghi è stato aggredito mentre si stava allenando per futili motivi, da due motociclisti che lo hanno malmenato procurandogli una spalla lussata e una microfrattura alle costole, con una prognosi di 10 giorni e la denuncia ai carabinieri. «La cosa che mi ha fatto più male? Non le botte, quelle passano. Ma l’indifferenza della gente, quasi fossi invisibile».

Colnaghi in questi giorni è al Giro d’Abruzzo. Ieri ha accumulato quasi 10 minuti di ritardo dal vincitore Covi, ma lo aveva messo in preventivo: «Non sono venuto qui per fare chissà cosa. Sono in ritardo sulla preparazione, ho bisogno di accumulare chilometri e fare fatica, per recuperare il tempo perduto».

Il corridore lecchese sul podio reggino. Per lui è la prima vittoria da pro’ (foto team)
Il corridore lecchese sul podio reggino. Per lui è la prima vittoria da pro’ (foto team)
Detto da uno che ha appena vinto suona strano…

Eppure è così. La mia vittoria è arrivata proprio quando meno me l’aspettavo. Non sono in forma in questo momento, il mio inizio stagione è stato costellato di difficoltà: a inizio anno ho avuto il fuoco di S.Antonio e sono stato fermo 3 settimane, poi l’aggressione con tutte le conseguenze. Ho perso molti giorni di allenamento e devo recuperare.

Tra l’altro dopo quel che hai subìto sei voluto tornare subito in bici…

Non solo, un paio di giorni dopo ero già in gara al GP Criquielion e non me l’ero neanche cavata male, chiudendo 16°. Ma sentivo dolore e mi accorgevo che qualcosa non andava, infatti la settimana dopo sono dovuto andare a gareggiare in Croazia in sostituzione di un compagno di squadra ma alla prima tappa mi sono dovuto ritirare. A quel punto abbiamo capito che era il caso di fermarsi.

Dopo l’aggressione, il lombardo ha subito corso in Belgio, ma i dolori poi sono diventati più forti
Dopo l’aggressione, il lombardo ha subito corso in Belgio, ma i dolori poi sono diventati più forti
La tua voglia di allenarti e correre pur con le conseguenze fisiche era anche una sorta di rivincita?

Per certi versi sì, ma poi ho capito che avevo bisogno di staccare, di resettarmi perché quel che avevo subìto aveva lasciato anche degli strascichi psicologici oltre che fisici. Non è stato facile, anche perché quel che è successo è avvenuto dove mi alleno normalmente, a 3 chilometri da casa. Posso dire ora di averla superata e questo è già un successo, ma dal punto di vista fisico ho ancora molto da lavorare.

In queste condizioni come sei arrivato alla vittoria?

Ha sorpreso anche me, perché durante la gara è stato tutto un tira e molla. Nella prima salita mi sono staccato, poi sono riuscito a rientrare ma pensavo che, visto che non ero all’altezza degli altri, era meglio se lavoravo per i compagni e così ho fatto sulla seconda salita. Poi la corsa si è messa in un certo modo e sono entrato nella fuga con Bais e Finn. Lì la squadra è stata fondamentale perché i compagni hanno creduto in me e hanno rotto i cambi nel gruppo permettendoci di andare all’arrivo e così è arrivato un successo che proprio non mi attendevo.

La squadra è stata fondamentale per il successo, riportandolo in gruppo dopo la crisi iniziale
La squadra è stata fondamentale per il successo, riportandolo in gruppo dopo la crisi iniziale
Tu sei al quarto anno nel team Professional, uno degli “anziani” a dispetto dei tuoi 26 anni…

Sembra strano dirlo ma è vero e qualche volta ci penso. Il ciclismo va davvero veloce, non dico che mi sento vecchio ma vedo che i più giovani iniziano ad affidarsi anche alla mia esperienza. Io nel team mi trovo davvero bene, anche a Reggio Calabria si è visto che lavoriamo in ottima sintonia. Devo dire che hanno sempre creduto in me e dato il loro supporto, anche se questa benedetta vittoria non arrivava mai…

Ci sei andato tante volte vicino, però…

Sì, anche in gare importanti come al Giro di Danimarca nel 2023 o lo scorso anno in Grecia, ma mancava sempre il pezzo per completare il puzzle. Per questo sono stato io il primo a rimanere sorpreso dal successo di sabato, perché era l’occasione meno propizia fra tutte quelle vissute in questi anni per vincere. Questo significa che nel nostro mestiere non puoi mai sapere come andrà a finire finché non attraverso la linea del traguardo. Certamente prima di partire non avrei mai pensato di ritrovarmi alla fine sul podio…

Colnaghi al Giro d’Abruzzo. Da correre senza particolari ambizioni, aiutando la squadra e incamerando chilometri
Colnaghi al Giro d’Abruzzo. Da correre senza particolari ambizioni, aiutando la squadra e incamerando chilometri
E ora?

Ora si pedala e si fa fatica pensando al futuro. Molti mi chiedono se, proprio per il fatto di essere in ritardo e quindi in crescita di condizione sarò al Giro, ma non credo di essere nella selezione, ci sono altre gare all’orizzonte per me. Qui come detto il percorso non mi è favorevole, diverso è il discorso per il successivo Giro di Turchia, lì vorrei arrivarci in buona forma perché ci sono tappe che possono essere adatte alle mie caratteristiche.

Il fatto di essere così ora ti dà però un vantaggio rispetto a tanti altri?

Penso di sì, soprattutto mentalmente e questa vittoria mi aiuta tantissimo. Si dice sempre che quando rompi il ghiaccio diventa tutto più facile, io lo spero tanto, chissà che arrivata la prima presto non ne segua una seconda…

Maestro e leader in corsa, ecco la GW Shimano di Restrepo

22.04.2023
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Dopo la vittoria al Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria, Jhonatan Restrepo aveva tanta voglia di raccontare. Di esprimere non solo la sua soddisfazione, ma quel che il successo ha significato non solo per lui ma per la squadra, quella GW Shimano-Sidermec completamente ristrutturata anche per forza maggiore. Per Gianni Savio, il suo manager era stato il più bel regalo per i suoi 75 anni, a dir la verità solo per l’anagrafe perché lo spirito non ha nulla da invidiare a quello dei manager più giovani, né la voglia di mettersi ancora in gioco e costruire il futuro.

Restrepo, uno di coloro che sono rimasti dopo la lunga esperienza alla Androni Giocattoli, è non solo una delle punte della squadra, ma anche uno di quelli a cui si chiede di portare a casa risultati e lui, grazie all’esperienza maturata già dal 2015 nelle corse italiane ed europee, ha subito risposto presente.

«E’ stata una gara dove ho subito sentito buone sensazioni – racconta il colombiano nel suo italiano fluente – la Eolo Kometa ha tenuto le redini della corsa perché volevano che partisse la fuga giusta. Quando ciò è avvenuto, con 11 corridori dentro di cui 3 della Green Project Bardiani, io c’ero. Le gambe rispondevano, me la volevo giocare, per questo ho anche risposto a più attacchi e alla fine nella volata ristretta l’ho spuntata».

Reggio Calabria: volata a 11 e Restrepo mette in fila l’argentino Tivani e Maestri
Reggio Calabria: volata a 11 e Restrepo mette in fila l’argentino Tivani e Maestri
Non è la tua prima vittoria in stagione…

No, è la terza, ma le altre due le avevo colte in Colombia, questa però è la prima per una corsa Uci e la prima in Europa e per la nostra squadra significa molto.

Rispetto allo scorso anno quanto è cambiata la situazione in seno al team, al di là di nome e affiliazione diversi?

Alla fin fine non tanto. Io sono al quarto anno con Savio e ho sentito sulla mia pelle tutti i cambiamenti, provato le paure di vedere finire tutto e poi la gioia di ripartire. Oggi abbiamo una squadra più giovane e con tanta voglia di fare, con ragazzi che vogliono imparare e soprattutto abbiamo tutti la netta sensazione che solamente lavorando bene il futuro ci potrà sorridere.

Con Gianni Savio, al quale ha fatto un regalo davvero speciale per i suoi 75 anni
Con Gianni Savio, al quale ha fatto un regalo davvero speciale per i suoi 75 anni
In squadra sei uno dei più esperti: i giovani vengono da te e dagli altri “anziani” a chiedere consigli?

Molto. Soprattutto ora che siamo in Europa, perché si vede che i più giovani si trovano dentro un mondo che non conoscono. All’inizio è chiaro che non sanno bene come correre, io devo un po’ guidarli, spiegare come si vive questo mondo non solo in gara ma anche fuori: come si mangia, come approcciarsi alle gare, come vivere la concorrenza con gli altri team, quelli che sono abituati a vedere solo in televisione. Pian piano migliorando, imparano e secondo me arriveranno lontano.

E tu come vivi questa situazione?

Sembrerà strano, ma per me ha un significato profondo. Quando vedo un ragazzo che impara, che non ha più paura nello stare in gruppo in una corsa di prestigio, per me è come una vittoria. Abbiamo iniziato la nostra avventura europea con la Coppi e Bartali, ebbene da allora i miglioramenti ci sono stati.

Per Restrepo prima vittoria stagionale alla prima tappa della Vuelta al Tolima
Per Restrepo prima vittoria stagionale alla prima tappa della Vuelta al Tolima
Ma è davvero così diverso rispetto alle corse in Colombia?

Sì. A parte il fatto che le strade sono lunghe e larghe, stare davanti è molto più facile e non prendi le classiche frustate, poi chiaramente in salita tutti vogliono mettersi nelle prime posizioni, ma non sentono lo stress che c’è qui. Lo stare in gruppo non è poi la stessa cosa, serve qui molta più attenzione e manico. Per questo col passare degli anni diventa sempre più difficile trovare colombiani che riescono ad adattarsi a correre in Europa. Ma i ragazzi stanno crescendo…

La vostra squadra oltretutto ha ora un baricentro fortemente spostato verso la Colombia…

Sono rimasti solamente Bisolti e Tagliani, ma la squadra ha sempre connotati italiani, dai dirigenti al personale. Anche nel team si parla sia spagnolo che italiano, perché anche questo aiuta i più giovani nell’approccio col ciclismo che conta.

Oltretutto vivete una situazione particolare, con il calendario che va componendosi piano piano…

E’ vero, ad esempio aspettiamo ancora l’invito per il Tour de Bretagne, altrimenti credo che torneremo oltre Atlantico per preparare il Giro di Colombia che per il nostro team è molto importante.

La rovinosa caduta in Grecia nel 2022, costata al colombiano quasi tutta la stagione
La rovinosa caduta in Grecia nel 2022, costata al colombiano quasi tutta la stagione
Finora abbiamo parlato in generale, ma la vittoria di Reggio quanto vale per Restrepo dal punto di vista personale?

Tanto, perché vengo da un 2022 davvero sfortunato. Esco dalla Tirreno-Adriatico con una gamba che forse non avevo mai avuto prima ed ecco che mi ammalo e perdo 10 giorni di allenamento fondamentali. Riparto, vado in Grecia per preparare il Giro d’Italia, la condizione è recuperata ma cado e mi rompo un ginocchio. Addio sogni rosa, sto fermo due mesi e poi riprendere il ritmo contro gente che non si è mai fermata è quasi impossibile. Praticamente sono ripartito quest’anno e ora la condizione c’è.

Che cosa ti aspetti allora?

Di ritrovare le sensazioni del 2021, la mia stagione migliore e se penso a come sto andando, non ci sono molto lontano. Per questo spero che potremo correre ancora in Europa, perché mi sono sbloccato mentalmente, ho più fiducia e soprattutto vincere qui ha tutto un altro sapore.