Chioccioli 2022

Chioccioli e i ragazzi, un grido di dolore sul futuro

09.03.2022
5 min
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Qualche giorno fa, parlando del rapporto fra squadre continental e under 23, Renzo Boscolo ha citato anche l’esperienza di un suo collega, certamente non uno qualunque visto che si tratta di Franco Chioccioli, il vincitore del Giro d’Italia del 1991 oggi alla guida della Futura Rosini. Non potevamo non sondare la sua opinione al riguardo e come eravamo abituati al tempo delle sue gare, “Coppino” non le ha mandate a dire come è nel suo carattere.

Chioccioli sin dal 2003 gestisce un team che oggi ha una decina di ragazzi tesserati. Potrebbero sembrare pochi, ma la verità è che ognuno di loro va seguito con la passione che merita: «Vengono un po’ da tutto il centro Italia, non solo dalla Toscana, in questo modo possiamo seguirli come si deve. E’ chiaro che noi come tutti vogliamo vincere, ma alla loro età il ciclismo è e deve restare anche divertimento».

Nella cronometro di Casteggio, Chioccioli mette il sigillo sul Giro del ’91
Nella cronometro di Casteggio, Chioccioli mette il sigillo sul Giro del ’91
L’inizio di stagione è stato caratterizzato da molte polemiche per la gestione dell’attività dilettantistica, con una contrapposizione sempre più marcata fra formazioni continental e U23…

Le lamentele ci sono sempre state, il problema è che non c’è una divisione marcata come ci dovrebbe essere. Se sei professionista dovresti correre fra i pro’, ma questo significherebbe spendere più soldi. Che un team continental sia presente alle gare internazionali ci sta, anche alle nazionali, ma che venga a togliere spazi e premi in quelle regionali un po’ meno. Il fatto è che si partecipa dove si può…

E’ un problema di calendario?

Anche. In fin dei conti una squadra continental può correre anche all’estero, ma non hanno il budget per farlo, allora cercano spazi altrove. Dico solo che per i loro ragazzi che guadagno ci può essere in termini di crescita nel correre gare regionali?

Futura Rosini 2018
La Futura Team Rosini esiste dal 2003, Chioccioli ha curato la crescita di molti ragazzi. Qui una foto Facebook del 2018
Futura Rosini 2018
La Futura Team Rosini esiste dal 2003, Chioccioli ha curato la crescita di molti ragazzi. Qui una foto Facebook del 2018
C’è anche chi dice però, come Bartoli, che tante lamentele sono ingiuste e che ai tempi suoi e tuoi si cresceva perché si affrontavano i più “vecchi” e smaliziati…

Era un altro ciclismo. Allora torniamo al dilettantismo di una volta, quando potevi restare tale fino a 30 anni. Io mi ricordo che affrontavo Fedrigo che ne aveva 35 o i fratelli Veltro di 30… Per certi versi Bartoli ha ragione: che cosa puoi imparare correndo con gente della tua età? Certamente non sono più smaliziati di te… E’ tutto il sistema che andrebbe rivisto.

Facendo un paragone con i tuoi tempi, i ragazzi di oggi li vedi applicarsi?

Dipende da persona a persona, come avveniva allora. C’è chi fa davvero la vita del corridore e chi è un po’ più per aria. Quel che noto è che i giovani maturano più tardi.

Tommasini 2015
Fabio Tommasini primo al Gp Menci 2015. Quel giorno finì 5° Pierpaolo FIcara, poi passato pro’ e valido biker
Tommasini 2015
Fabio Tommasini primo al Gp Menci 2015. Quel giorno finì 5° Pierpaolo FIcara, poi passato pro’ e valido biker
Questo però va contro la tendenza attuale che vuole squadre e procuratori andare a caccia di talenti sempre più giovani. A te piace questo “effetto Evenepoel”?

Scusate, ma qui apro una polemica: guardiamo bene quello che Evenepoel ha fatto, è diventato davvero quello che pensavano? Ha vinto, sì, ha avuto le sue traversie, certo, ma tanti hanno vinto quel che ha vinto lui… Era un fenomeno da junior, ma il mondo dei pro’ è altra cosa. Magari vincerà anche un Giro o un Tour, si vede che ha tutte le possibilità, ma solo il tempo potrà dire se è davvero quel campionissimo che si dice. Il problema è che però si vuole tutto e subito, non si è disposti ad aspettare e così perdi potenziali enormi, perché un corridore si crea pian piano, con l’esperienza, anche con le sconfitte. Così invece passano tutti troppo presto e la maggior parte prende scoppole, si deprime e molla.

Sono principi che applichi con i tuoi ragazzi?

Assolutamente sì, io penso che la loro crescita debba essere graduale attraverso le esperienze personali, non quelle di altri, perché è chiaro che altrimenti devi appoggiarti a chi ne sa di più, ma così non emergi. Poi non dimentichiamo una cosa: quando si parla di ragazzi di 18-19 anni siamo alle prese con la scuola e tanti, per passare prima, la lasciano da parte commettendo un errore gravissimo. Mi dispiace, ma non riesco a essere ottimista vedendo ciò.

Chioccioli 2021
Dopo trent’anni dalla sua vittoriosa scalata del Pordoi, Franco ci è tornato in veste di cicloturista
Chioccioli 2021
Dopo trent’anni dalla sua vittoriosa scalata del Pordoi, Franco ci è tornato in veste di cicloturista
Secondo te qual è lo stato di salute del ciclismo italiano?

Decisamente non buono, non vedo tanti corridori di livello, soprattutto non vedo gente capace con i suoi successi di trascinare la gente. Il ciclismo sta diventando uno sport di nicchia e per rilanciarlo bisognerebbe lavorare alla sua base. Vorrei una Federazione che valorizzasse le società che lavorano con i bambini: qui in Valdarno ai miei tempi ce ne erano 7, ora neanche una e chi mantiene la sua attività lo fa pescando nella Mtb. I problemi ci sono perché si parte male dal basso. Un’altra cosa: per uniformarsi a quel che avviene all’estero stanno tagliando tutte le categorie giovanili che erano un vanto e uno strumento di crescita fondamentale per noi, ma si può?

Il Falco e il Pirata: l’officina dei ricordi di Dino Falconi

13.01.2022
6 min
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Il tono della voce diventa flebile e lo sguardo si abbassa. Ogni ricordo che il Falco ci racconta sul Pirata assume un’atmosfera propria e assordante. Dino Falconi è stato il meccanico della Mercatone Uno dagli inizi, fino all’ultima stagione di Marco Pantani. Ancora oggi all’età di 85 anni si reca nella propria officina per riparare le bici di clienti fidati e per aprire le porte agli appassionati che bussano. Tra questi ci siamo anche noi.

Dino ci apre nel suo fantastico laboratorio situato nel centro del piccolo paesino di Barbiano, in provincia di Ravenna. Terra romagnola proprio come quella di Marco e di altri atleti conterranei con cui ha condiviso successi e sconfitte come: Vito Ortelli, Aldo Ronconi, Marino Amadori, Fabiano Fontanelli, Roberto Conti, Davide Cassani e molti altri sparsi qua e là tra salite, piadine e cappelletti. 

L’officina dei ricordi

Non appena entrati, vediamo Dino seduto al centro. Circondato da una costellazione di foto che formano una sorta di memoria impressa sulle pareti. La mascherina sul volto ci ricorda che nel tempo si può viaggiare solo con l’immaginazione. Il Falco inizia ad indicarci alcune immagini e a raccontarci i primi aneddoti.

Parte dalla foto insieme ad Aldo Moser, nella sua prima esperienza come meccanico sul campo. Era il 1971, la squadra era la GBC di Enzo Moser al Giro di Spagna.

«Alle corse -racconta Dino – ci sono andato per andare in ferie. Battista Babini mi chiese di andare in Spagna per aiutare. Da quel momento le ferie si sono prolungate per 35 anni». 

Dino e Marco

I racconti si susseguono e pian piano ripercorriamo foto per foto ogni centimetro della parete. Tant’è vero che la domanda che gli facciamo è spontanea: «Si potrebbe scrivere un libro con queste storie…». La sua risposta è secca e non lascia a interpretazioni, seppur sia una battuta. «Il libro lo scriverete quando passerò a miglior vita, ora mi piace raccontarle a voce!». 

E’ il 2003, Falconi e Pantani testano le bici da crono durante il giorno delle misure
E’ il 2003, Falconi e Pantani testano le bici da crono nel giorno delle misure

Una foto in particolare ci colpisce. Falconi ha indosso il suo immancabile grembiule da meccanico (anche oggi lo porta). Pantani è in sella alla bici.

«Lì stavamo facendo le misure per la sua bici da cronometro. Eravamo alla vigilia della Coppi e Bartali di inizio stagione. Il giorno della crono era una brutta giornata. C’era un po’ da impazzire». 

Pignolo quando serviva

«Eravamo tutti e due romagnoli, ci si capiva subito». Dino continua così il suo racconto su Pantani. Per il campione di Cesenatico la bici era sempre stata una compagna di viaggio a partire da quando era giovane. Quando per lavarla la portava in casa e la immergeva nella vasca. Per Marco la bici non aveva segreti.

«Un buon corridore – dice il Falco – deve essere un buon meccanico. E Pantani ne capiva di bici, quindi non mi dava fastidio assecondarlo nelle modifiche che voleva. Era pignolo e a volte si intestardiva, ma lo faceva sempre con un senso. Non come Chioccioli che dalla mattina alla sera cambiava idea».

Una battuta quella su Franco Chioccioli che viene subito accompagnata da un’aneddoto su un paio di ruote realizzate ad hoc dai fratelli Arrigoni della Fir. Due ruote da 28 pollici con tre razze, utilizzate al Giro d’Italia vinto nel 1991 con un mozzo realizzato su misura da Pinarello su commissione di Falconi. 

Le ruote da cronometro a tre raggi utilizzate da Chioccioli durante il Giro d’Italia del 1991
Le ruote da cronometro a tre raggi utilizzate da Chioccioli durante il Giro d’Italia del 1991

Le misure del Pirata

Il rapporto tra il Falco e il Pirata era fatto di rispetto e stima reciproca. Infatti a convincerlo a seguirlo in Mercatone Uno e a prolungare le sue “ferie” per qualche anno fu proprio Marco. Forse perché il corridore con il meccanico sviluppa una sintonia e una fiducia che aiuta a trovare il giusto feeling con la bici fin da subito. Della messa in bici infatti se ne occupava proprio Dino.

«Lo mettevo in bici io -dice- mi dava delle dritte, certo. Ma le facevo tutte io ad occhio. E forse ci andavo più vicino io che con i macchinari che si utilizzano oggi. Guarda quella foto lì, com’è bello in bici. È messo bene!».

Marco Pantani in una foto che Falconi indica per mostrare la sua posizione in bici
Marco Pantani in una foto che Falconi indica per mostrare la sua posizione in bici

Aneddoti e storie

Ci spostiamo da un lato all’altro dell’officina guidati dalla sua voce, tenendo un occhio chiuso per volare con l’immaginazione e un’altro aperto per non inciampare nei cimeli. Tra questi ci imbattiamo in una Wilier di Juan Manuel Gárate.

«Quella secondo me – dice – è il miglior telaio realizzato da Wilier. Con la forcella posteriore in carbonio». Poco più avanti appesa in alto, una bici firmata Ortelli. «Quella è una Ortelli, mi diede il telaio Vito a patto di lavorare da lui per una settimana. Il manubrio invece me lo regalò Greg Lemond. Ha una forma strana che non prese mai piede».

Infine un altro nodo alla gola prende quando ci indica un’ultima foto. «Michele Scarponi venne insieme al mio amico Orlando Maini perché passavano di qui e avevano un problema con un freno. Io glielo cambiai e lui mi volle autografare una foto che poi mi riportò Maini. E’ un bel ricordo».

Un’infinità di storie che parlano di una persona che ha vissuto il ciclismo in lungo e in largo, dietro le quinte, vestito con l’umiltà di un grembiule e il grasso tra le mani, sempre al servizio dei corridori. 

Trent’anni fa, la cavalcata rosa di “Coppino” Chioccioli

28.03.2021
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Un flash-back di trent’anni, basta premere il tasto rewind e tornare al Giro d’Italia del 1991, quello dominato da Franco Chioccioli. E ci si accorge di quanto alcune ricorrenze possano presentarti conti salati o ricompense.

Riavvolgiamo il nastro della memoria insieme a lui, che all’epoca aveva 31 anni e ora si divide tra il ruolo di team manager della sua squadra di elite/under 23 Futura Team Rosini (fondata nel 2003) e quello di gestore del suo agriturismo La Greppia a Pian di Scò, nel cuore dell’alto Valdarno sulle colline aretine.

«Anche se – esordisce – a causa di questo maledetto virus è quasi un anno e mezzo che non si lavora tanto. Di clienti ne abbiamo pochi perché la gente non può muoversi».

La vittoria del 1991 nasce dalla cocente delusione del 1988 sul Gavia
La vittoria del 1991 nasce dalla cocente delusione del 1988 sul Gavia

Il Gavia del 1988

In realtà il ricordo di quel trionfo parte da un po’ prima, dalla corsa rosa del 1988 e dalla tremenda giornata di neve sul Gavia nella Chiesa Valmalenco-Bormio. Chioccioli è passato alla Del Tongo ad inizio anno. Ha già vinto nella cronosquadre di Vieste e poi a Campitello Matese ad inizio Giro. Il toscano è in maglia rosa da due giorni e guida la generale con circa mezzo minuto di vantaggio sullo svizzero Zimmermann e 55” su Visentini, ma nella discesa rimane vittima (una delle tantissime di quella tappa) del freddo. Giunge al traguardo a 5′ dal vincitore Breukink, scendendo terzo in classifica a quasi 4′ da Hampsten, che poi conquisterà quella edizione.

In quella frazione Chioccioli non solo perde la maglia rosa ma anche tanta fiducia nei propri mezzi, che lo aveva accompagnato fino a quel momento. Malgrado il quinto posto finale, seppur a 13’20” dallo statunitense della Seven Eleven-Hoonved, “Coppino” passerà i successivi due anni in cerca di riscatto (solo due successi totali), concludendo il Giro rispettivamente in quinta e sesta piazza.

Il 1991 senza attese

Nel 1991 non si concentra sulla classifica generale, vuole solo vincere tappe per ritrovare morale. Parte forte, fortissimo: terzo, secondo, terzo nelle prime tre frazioni e maglia rosa già al secondo giorno di corsa, con lo stesso tempo di Bugno, dominatore dell’anno prima. Cede il simbolo del primato per ventiquattro ore al francese Boyer (vincitore della quarta tappa a Sorrento) poi lo riprende subito a Scanno e lo conserva con un margine risicato su Lejarreta. Può essere la volta buona, ma…

Arriviamo alla decima frazione, metà Giro, cronometro Collecchio-Langhirano di 43 chilometri. Franco, appunto, che succede?

Sto bene, la condizione psicofisica è cresciuta di giorno in giorno ma non sono tranquillo del tutto, ho ancora qualche spettro della tappa del Gavia. Per me è il primo crocevia. Parto con 1’03” di vantaggio su Bugno, che è quello più specialista dei miei diretti avversari. Vado a tutta cercando di limitare i danni, però non so se è abbastanza. Taglio il traguardo e mi accorgo di aver salvato la maglia rosa per un solo secondo proprio su Bugno, vincitore. Incredibile, festeggio, coltivo speranze, ma forse è solo merito del “fattore c.f. culo-fortuna” che serve sempre.

Guardiamola sotto un altro punto di vista. Il giorno del Gavia era il 5 giugno, lo stesso di questa cronometro. Forse era un segno del destino…

La data del Gavia me la ricordavo bene, onestamente. Avevo sofferto non solo per il freddo, per la fatica e per la delusione del risultato, ma anche perché da quel giorno tante persone attorno a me si erano allontanate. Alla data di Langhirano invece non ci avevo mai fatto troppo caso, anche perché tutti ci ricordiamo piuttosto quel famoso secondo. Sono coincidenze che capitano nel ciclismo.

Da lì in avanti è stata una cavalcata, durante la quale riesci a centrare tre tappe nell’ultima settimana e fortificare la maglia rosa, che alla fine hai indossato sempre tranne per due giorni.

Dopo la crono non furono giornate semplici. Bugno era più distante in classifica, ma temevo l’imprevedibilità di Chiappucci. Con le mie vittorie in tre giorni di Aprica e Pordoi, quest’ultima azzardando una lunga fuga, mi sentivo più al sicuro. Poi al penultimo giorno, la crono di Casteggio, che era adatta alle mie caratteristiche, servì per definire la classifica.

A Milano conquista il Giro scortato da Fabio Roscioli e Luca Gelfi
A Milano conquista il Giro scortato dal compianto Luca Gelfi
Quanto è contato partire senza pressioni?

Non avere l’assillo della classifica è stato fondamentale, così come non avere avuto eventi sfavorevoli in corsa. Questi due aspetti hanno inciso tanto, ma devo dire che se non fossi stato così in forma ed in crescendo di condizione non avrei ottenuto nulla. Diciamo che mi sono meritato quella vittoria e anche il fatto che mi sia girato tutto bene.

E il ciclismo attuale com’è? Come lo interpreterebbe il Chioccioli di trent’anni fa?

Non amo fare paragoni con le varie epoche, sono cambiate troppe cose, lo vedo con i ragazzi che alleno. Rispetto ai miei tempi, dove c’erano sostanzialmente solo capitani e gregari, ci sono tante seconde e terze punte importanti che possono fare bene in ogni gara. Posso dire che io correrei adattandomi al ciclismo di adesso, così come ho fatto quando correvo io.

Sul podio finale fra Chiappucci e il giovane Max Lelli
Sul podio finale fra Chiappucci e il giovane Max Lelli
E invece adesso c’è uno con le caratteristiche di Chioccioli?

No, direi di no. Anzi sì, direi un po’ Aru, ma si è perso negli ultimi anni per tanti motivi e mi dispiace davvero tanto.

Forse perché in lui ti rivedi in quel 1988 che ti fece perdere fiducia in te e persone attorno? Vuoi dargli un consiglio?

Sì, un po’ somiglia a quella mia situazione anche se non conosco bene le questioni di Aru. Lo vorrei rivedere protagonista presto, ma a lui servono persone che gli vogliano bene in modo disinteressato. Non è facile trovarle ma sono quelle che possono aiutarti a riprendere fiducia e speranza nei propri mezzi.