La fede, i sogni, il lavoro, la saggezza e la storia di Einer Rubio

01.05.2025
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Dice che la morte del Papa li ha investiti come un treno. A Boyaca, dove Einer Rubio è volato da quasi un mese per allenarsi, la gente è molto religiosa e la scomparsa di Francesco è stata un duro colpo.

«E’ stato un fatto terribile – spiega – perché lui era speciale, molto umile. La gente lo capiva e lui si faceva capire. Speriamo che arrivi uno come lui o simile a lui. Noi siamo molto cattolici, per questo quando parto per un viaggio, anche per il Giro, ho sempre con me le immagini dei santi. Sono cresciuto così sin da piccolo e per me andare senza di loro è come andare senza vestiti».

Einer Rubio, classe 1998, è alto 1,64 per 56 chili. E’ pro’ dal 2020
Einer Rubio, classe 1998, è alto 1,64 per 56 chili. E’ pro’ dal 2020

Sul filo dei 3.000 metri

In Italia è notte fonda, di là dall’Atlantico sono le quattro e mezza del pomeriggio. Boyaca e i suoi campi si trovano a 2.500 metri, da lì le salite superano agevolmente i 3.000. Sono le strade in cui il ciclismo occidentale sbarcò per la prima volta con i mondiali del 1995 e che poi ha ritrovato in almeno due edizioni del più recente Tour Colombia. Sono le strade su cui sono nati Nairo Quintana e i migliori scalatori di laggiù. Einer Rubio non fa eccezione, con il settimo posto all’ultimo Giro d’Italia e la tappa vinta a Crans Montana nel 2023.

«In questi ultimi giorni – racconta Einer – si sta bene, ma sta anche piovendo molto. Ho preso parecchia acqua, ma va bene perché temo che ci toccherà anche al Giro. Torno in Italia per fare la generale, con l’idea di migliorare il settimo posto dello scorso anno. Magari fare una top 5, puntiamo a questo».

Al Giro del 2023, in una tappa fortemente ridotta per la neve, Einer Rubio vince a Crans Montana
Al Giro del 2023, in una tappa fortemente ridotta per la neve, Einer Rubio vince a Crans Montana
Hai visto il percorso?

Ho visto, ho visto… Già dall’inizio in Albania ci sono delle salitine impegnative, ma l’ultima settimana è veramente dura, come quasi tutti gli anni. Quindi speriamo di arrivarci con le forze giuste.

Come tutti gli scalatori dovrai difenderti nelle due crono?

Lo scorso anno abbiamo perso tantissimo. Quest’anno sono 32 chilometri, se non mi sbaglio. La prima ne misura 13, quindi bene o male ce la caviamo. Sicuramente sono migliorato. Con la squadra siamo andati in pista e anche qui ho fatto dei lavori specifici, quindi secondo me abbiamo fatto un passo avanti.

La crono è il punto debole di Rubio, anche se non ha mai investito tanto. Alla Tirreno ha chiuso a 1’15” da Ganna su 11 km
La crono è il punto debole di Rubio, anche se non ha mai investito tanto. Alla Tirreno ha chiuso a 1’15” da Ganna su 11 km
Avrai la squadra tutta per te?

Ci saranno corridori per aiutarmi, però ci sono i compagni come Nairo (Quintana, ndr) e anche altri che vorranno cercare di vincere le tappe. Quindi il giorno che si sentiranno capaci, li lasceremo liberi e per il resto ci daranno una mano.

Hai parlato di Quintana, che è un tuo compaesano: qual è il rapporto fra voi due?

Più che compagni, siamo amici. Abitiamo a 10 chilometri di distanza, ci troviamo molto bene. L’anno scorso mi ha dato tantissimi consigli buoni che mi sono serviti veramente. Quest’anno mi ha aiutato anche sugli allenamenti, quindi averlo accanto è veramente una fortuna. E’ stato qui anche lui, sabato scorso abbiamo fatto l’ultimo allenamento insieme e poi è tornato ad Andorra per stare con la sua famiglia. Ci rivedremo direttamente in Albania.

In Colombia, Einer si è allenato sul filo dei 3.000 metri. Rientrerà in Europa lunedì (immagine Instagram)
In Colombia, Einer si è allenato sul filo dei 3.000 metri. Rientrerà in Europa lunedì (immagine Instagram)
Andare in Colombia per un mese prima del Giro serve per i benefici dell’altura o per vedere la famiglia?

Entrambe le cose, secondo me. Mi fa bene allenarmi nel mio habitat, dove sono nato. Casa è sempre casa. E poi c’è l’altitudine, perché quando torno in Europa da qui, mi sento sempre un po’ meglio. Per questo con la squadra abbiamo deciso di fare quasi un mese, rientrando direttamente il 4 maggio, Sfrutterò l’altura fino all’ultimo.

Va bene il Giro, ma avresti anche la fantasia di provare la Freccia Vallone e la Liegi? In fondo alla Milano-Torino che finisce a Superga sei arrivato quinto…

Sì, mi piacerebbe, infatti ne abbiamo parlato diverse volte con la squadra. Solo che per ora hanno preferito puntare sul Giro. E così mi hanno detto di andare a casa in altitudine e poi nei prossimi anni vedremo come programmare diversamente la stagione.

Al Giro d’Italia U23 del 2019, Rubio vince sul passo Fedaia
Al Giro d’Italia U23 del 2019, Rubio vince sul passo Fedaia
Scorrendo la classifica del Giro U23 del 2019 in cui conquistasti il Fedaia, con il podio finale tutto colombiano, salta agli occhi che sei l’unico rimasto in Europa, come mai?

Forse mi sono adattato meglio. Poi ho trovato una famiglia che mi ha accolto e che ancora adesso continuano a darmi una mano (la famiglia di Donato Polvere, ndr). Per me quello è stato qualcosa di speciale, mentre magari gli altri ragazzi hanno perso gli stimoli e forse gli mancava la famiglia. Tante cose che possono capitare.

Hai mai avuto la tentazione di lasciare l’Italia e spostarti ad Andorra?

Ho avuto il pensiero, perché tutti i miei compagni sono lì. Eusebio Unzue (il general manager del Movistar Team, ndr) mi ha chiesto diverse volte se volessi spostarmi. Però ho fatto tutti i documenti e adesso sono residente a San Marino. In Campania ci vado per una settimana, massimo 15 giorni e per il resto sono sempre in viaggio. Alle corse, in altura, in Colombia…

La Milano-Torino, chiusa al quinto posto, è stata l’ultima corsa in Europa prima di volare in Colombia e preparare il Giro d’Italia
La Milano-Torino, chiusa al quinto posto, è stata l’ultima corsa in Europa prima di volare in Colombia e preparare il Giro d’Italia
Ultime due domande. Per tua soddisfazione sarebbe meglio migliorare il settimo posto dell’anno scorso o vincere nuovamente una tappa?

A me piacerebbe migliorare, però non voglio escludere che se mi troverò nella situazione giusta, potrei cercare di vincere qualche tappa. Mi sono preparato bene, vado molto convinto. E poi speriamo che tutto giri liscio, come deve essere.

E’ confermato che farai anche il Tour de France?

Ne abbiamo parlato sin da quando abbiamo definito il calendario e fino ad ora ce l’ho nel programma. Speriamo che non capiti nulla e che stia bene, così andrò a fare il primo Tour de France. Ma guardiamo a una cosa per volta. Ora c’è il Giro. Ed è un bell’obiettivo da mirare.

Rubio, colombiano di Benevento: 21 tappe in mezzo ai grandi

31.05.2024
5 min
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In certi casi i piazzamenti hanno un valore particolare. Quello di Einer Rubio al Giro d’Italia, concluso in settima posizione è preziosissimo perché certifica l’ingresso del ventiseienne colombiano di Chìquiza tra i corridori che hanno un valore assodato nei grandi Giri e nel ciclismo odierno non è cosa da poco. Non lo è neanche nell’economia del suo team, la Movistar, che con lui trova una valida alternativa a Enric Mas, orientato sul Tour.

Pochi sanno però che c’è tanto d’Italia in Rubio, che da ormai sette anni vive e si allena in Campania: «Arrivai da junior – racconta – trovando uno spazio all’Aran Cucine Vejus, società di Benevento. Anche allora il ciclismo giovanile italiano era visto come un’ottima strada per fare esperienza e affermarsi. Mai avrei pensato però che il mio legame sarebbe andato oltre e che lì avrei trovato l’amore. Il presidente del team è diventato anche mio suocero, a Pago Veiano mi ci sono stabilito e mi sento davvero a casa».

Gli inizi di Rubio all’Aran Cucine Vejus, dove il colombiano ha davvero trovato casa
Gli inizi di Rubio all’Aran Cucine Vejus, dove il colombiano ha davvero trovato casa
E’ stato un bel salto per te che venivi da oltreoceano…

Mi sono trovato subito bene, io poi sono nato e ho vissuto in campagna e la piccola dimensione del paese di provincia è ideale per me. Oltretutto le strade qui sono poco trafficate, ideali per potersi allenare anche come altimetria, ci sono begli strappi.

Con il Giro d’Italia hai un bel legame. Lo scorso anno avevi sfiorato la Top 10 vincendo la tappa di Crans Montana, quest’anno hai centrato un piazzamento di maggior prestigio ma senza successi parziali. Che cosa è meglio?

Onestamente sono più contento quest’anno. L’11° posto della passata stagione era stato frutto soprattutto di una lunga fuga, questa volta invece sono rimasto quasi sempre nel vivo dell’azione, a contatto dei più forti (salvo uno, naturalmente…). Puntavo al piazzamento in classifica, anche perché conquistare una tappa così è più difficile: lo scorso anno era molto più facile entrare in fuga, questa volta ero “marcato stretto”…

Rubio al fianco di O’Connor. Per tutto il Giro è stato con i migliori, segno di un salto di qualità
Rubio al fianco di O’Connor. Per tutto il Giro èè stato con i migliori, segno di un salto di qualità
Tu l’anno scorso c’eri, ma non c’era Pogacar, quanto ha cambiato la sua presenza, al di là della vittoria?

Tantissimo nell’economia della corsa. C’era un padrone assoluto, lui e il suo team e non si muoveva foglia che non fosse deciso da loro. La fuga aveva senso solo se loro davano il benestare, non inseguivano. Questo ha reso la corsa più irregimentata, lo scorso anno poteva davvero capitare di tutto. Ma lo sloveno è davvero di un’altra categoria.

Prima del Giro come andavano le cose?

Abbastanza bene, ho seguito praticamente lo stesso schema dello scorso anno in modo da arrivare alla partenza già in buona forma. Le corse a tappe come Volta Valenciana (che di fatto sostituiva la trasferta sudamericana dello scorso anno), Uae Tour e Catalunya sono state ideali per affinare la preparazione, poi sono tornato in Colombia per fare il necessario periodo di altura e sono tornato giusto per la partenza di Venaria reale. Ha funzionato tutto.

Il pubblico campano lo sente ormai come un corridore di casa. Rubio risiede a Pago Vejano (BN)
Il pubblico campano lo sente ormai come un corridore di casa. Rubio risiede a Pago Vejano (BN)
Il tuo risultato dà anche un po’ di respiro al ciclismo colombiano, che ultimamente ha messo in mostra meno talenti rispetto al passato. Pensi che quanto successo a Bernal abbia avuto un contraccolpo?

Un po’ sì. I corridori forti ci sono, c’è tanta qualità. Il problema è strutturale e Bernal con i suoi successi copriva un po’ tutto. Per i giovani è difficile trovare sbocchi, perché significa dover andare via, per gareggiare bisogna pagare dalle nostre parti e la mancanza di un team di riferimento si sente. Per me è stato importante non solo venire in Italia, ma trovare poi un team come la Movistar, ideale per me, una vera famiglia dove c’è anche lo stesso mio idioma. E’ la miglior squadra che potessi desiderare.

Hai vissuto momenti difficili al Giro?

Sicuramente in occasione delle due cadute, con la pioggia e con il terreno sconnesso sulle strade bianche. Ho dovuto inseguire e avevo tanta paura di veder vanificati tutti i miei tentativi, soprattutto l’opportunità che avevi di stare con i migliori.

Insieme a Kuss alla Volta a Catalunya. Le medie corse a tappe sono state la sua preparazione
Insieme a Kuss alla Volta a Catalunya. Le medie corse a tappe sono state la sua preparazione
Dove ti rivedremo?

Le vacanze post corsa rosa stanno già finendo, mi aspetta il Giro di Svizzera dove correrò per la classifica puntando a sfruttare la condizione maturata nelle tre settimane. Poi bisognerà decidere che cosa fare per la seconda parte di stagione.

Tornerai alla Vuelta come lo scorso anno?

Il programma dovrebbe essere questo, ma io vorrei testarmi nelle classiche d’un giorno. Quando sono arrivato in Italia vedevo che il calendario era fatto quasi esclusivamente di corse di quel tipo e mi trovavo abbastanza bene, credo che in certe gare potrei dire la mia, diciamo che ci vorrei provare.

Rubio è nato a Chiquiza (COL) il 22 febbraio 1998. E’ in Italia dal 2017
Rubio è nato a Chiquiza (COL) il 22 febbraio 1998. E’ in Italia dal 2017
Ma visto il percorso di Zurigo, un pensierino al mondiale lo fai?

Più di un pensierino… Ne parlerò con il cittì, se mi vorrà allora preparerò la corsa con grande attenzione. Vestire la maglia della nazionale è un grandissimo onore e su quel percorso non andrei certo per fare la comparsa…

Spunta Rubio. Ma che confusione a Crans Montana

19.05.2023
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Magicamente i chilometri da Borgofranco d’Ivrea a Crans Montana sono diventati meno di 75. Magicamente si fa per dire, perché si levano le polemiche, si abbassa lo spettacolo e alla fine chi ci rimette è il Giro d’Italia. Una frazione che potenzialmente poteva essere la più dura della corsa rosa si è ridotta in una lunga volata.

Una volata che ha visto primeggiare Einer Rubio, colombiano della Movistar, ma ciclisticamente italiano. Rubio è “fratello” di Jai Hindley, nel senso che anche lui viene dalla scuola di Umberto “Umbertone” Di Giuseppe e Donato Polvere.

E nella sua vittoria è racchiuso il famoso proverbio: tra i due litiganti il terzo gode. Pinot faceva le scaramucce con Cepeda e Rubio, zitto zitto, faceva la formichina mettendo nel taschino energie preziose buone per la volata.

Certo dispiace non raccontare a fondo la storia di questo ragazzo, tanto più che i big non si sono attaccati, ma oggi la notizia è tutta sulla riduzione della tappa e soprattutto sul suo perché. Sulla sua genesi.

La giornata

Proviamo a ricostruire questa giornata, che parte dalla serata di ieri. Tra i corridori si diffonde la notizia dell’invocazione del protocollo sulle condizioni meteo estreme. Si è fatto un sondaggio. Un sondaggio, in forma anonima, che voleva l’annullamento della Croix de Coeur in quanto le previsioni davano il peggioramento meteo su quel colle proprio al momento del passaggio del Giro.

Questa mattina i gruppi sportivi hanno chiesto una riunione con il direttore del Giro, Mauro Vegni. Una riunione avallata anche dal CPA il cui presidente è Adam Hansen, con Cristian Salvato come rappresentante in corsa. In questo incontro i gruppi sportivi e i corridori hanno chiesto l’accorciamento della frazione. 

E qui ecco un primo punto. Corridori e squadre non volevano fare la Croix de Coeur, ma poi hanno trovato una mediazione con Vegni. Per cui hanno accettato di salire su questo colle e di tirare dritti fino all’arrivo, ma partendo da Le Chable ai piedi della stessa salita. 

Alla fine è andata così: alle 11, a Borgofranco d’Ivrea, il gruppo si è messo in marcia. Pioveva e c’erano 13 gradi. I corridori hanno percorso qualche decina di metri per sponsor e tifosi e poi… tutti sui bus per raggiungere La Chable tra i pollici in giù dei tifosi a bordo strada che li aspettavano sul Gran San Bernardo. 

Gran San Bernardo, a sua volta mutilato qualche giorno prima. Poi alle 15 il via da Le Chable, sotto un timido sole e 15 gradi. Il resto è cronaca.

Che confusione

Ma urge porsi delle domande. Perché l’organizzazione ha accettato di affrontare il punto a loro avviso più rischioso, sia per il meteo che per la conseguente discesa?

Ci si è appellati al protocollo per le condizioni meteo estreme, ma queste condizioni non c’erano: né per le temperature, né per il vento, né per le precipitazioni. Allora cosa è successo? Su che base è stata accorciata la tappa? Qual è il nesso tra protocollo meteo e discesa pericolosa? Come se poi lo avessero scoperto adesso che i primi chilometri di quella planata erano pericolosi. Le domande sono molte, i dubbi ancora di più.

«Dobbiamo chiedere scusa ai tifosi e agli organizzatori – ha detto Cristian Salvato, presidente dell’Accpi (associazione corridori ciclisti professionisti italiani) al Processo alla Tappa – le squadre si sono basate sulle loro App meteo, che di solito sono molto precise, ma questa volta hanno sbagliato. A volte il tempo in montagna cambia repentinamente. Questa volta è cambiato in meglio, ma se fosse stato tempo brutto?». Un po’ poco…

Mauro Vegni, direttore del Giro d’Italia
Mauro Vegni, direttore del Giro d’Italia

Vegni, spalle al muro

C’è poi la campana ufficiale, quella di Rcs Sport, società organizzatrice della corsa rosa. Questa mattina Mauro Vegni ha parlato anche con noi, dando una botta al cerchio e una alla botte.

«Le condizioni climatiche non sono le più favorevoli – ci aveva detto Vegni – non tanto per la pioggia ma per il freddo in discesa. Dobbiamo preservare gli atleti per arrivare a Roma. E così sono andato incontro alle loro richieste. Ma siamo riusciti a mantenere una tappa con caratteristiche sportive concrete.

«Come la tappa sprint del Tour? No, è diverso. Lì si partiva con l’idea di una tappa particolare appunto, qui con l’idea di salvare una corsa. Lì con il sole, qui con la pioggia».

E ancora: «C’è stata una trattativa e qualcosa bisognava cedere», aveva detto poco prima lo stesso Vegni ai microfoni della Rai.

Quest’ultima frase è importante. «Bisogna cedere». Alla fine si è trovato un accordo, ma più che un accordo legato alle condizioni specifiche della tappa, è sembrato un accordo d’insieme. Un accordo su quanto accaduto sin qui al Giro fra i tanti ritiri e la tanta pioggia presa.

Come a dire: “Caro Vegni visto che abbiamo preso tanta acqua o tu ci accorci la tappa o noi scioperiamo”. Un ricatto in pratica. A questo punto è stato sin troppo bravo il direttore del Giro a salvare la situazione e a collegare almeno le ultime due salite.

La discesa della Croix de Coeur, era tecnica nella prima parte. Ma il ghiaccio non c’era. In cima temperatura ben al di sopra dello zero
La discesa della Croix de Coeur, era tecnica nella prima parte. Ma il ghiaccio non c’era. In cima temperatura ben al di sopra dello zero

Guardando avanti

Però questa giornata e la sua gestione parlano di un Giro che ha scarso peso politico. Scarsa forza. Si è verificato qualcosa di molto simile a quanto accaduto a Morbegno nel Giro 2020.

Il Giro d’Italia non merita tutto ciò. I tifosi non meritano tutto ciò. Il ciclismo non merita tutto ciò. Siamo sicuri che gli stessi corridori con i 40 e passa gradi della “chaleur” francese, e quindi con gli estremi per attuare il protocollo, chiederebbero a Prudhomme di annullare la tappa?

C’è molto da lavorare. Sia da parte del Giro, che deve assolutamente rilanciarsi. Sia da parte dell’UCI che del CPA. Bisogna trovare regole univoche. Regole basate su numeri certi, su ispettori di percorso capaci di valutare la situazione in tempo reale e non su valutazioni soggettive.

E poi bisogna iniziare a prendere coscienza concretamente dei cambiamenti climatici. I dati di molti siti meteo dicono come negli ultimi anni nel bacino centrale del Mediterraneo aprile e soprattutto maggio siano gli unici mesi in controtendenza per quanto riguarda le temperature. In pratica fa sempre più caldo, tranne che in questi due mesi. Magari bisognerà valutare di spostare la corsa rosa, cosa che Vegni ha già detto in passato, e di scegliere percorsi differenti con le salite più alte magari solo nel finale.

Tante parole. Speriamo che non cadano nel vuoto. O forse sì. Se domani i corridori regaleranno tanto spettacolo saranno già un lontano ricordo.

Da Bogotà a Benevento per diventare grande

14.02.2021
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Einer Rubio risponde da Bogotà, dove la sua famiglia si è trasferita da qualche anno. Le loro origini infatti sono boyacensi, a Chiuquiza, in mezzo alle montagne da cui lo scorso anno iniziò la sua carriera da professionista con la maglia della Movistar. Einer è lo scalatore che in due stagioni da U23 in Italia ha vinto 7 corse, fra cui 2 tappe al Giro d’Italia (Folgarida 2018, Passo Fedaia l’anno dopo), il Gran Premio Capodarco (2018) e il Memorial Tortoli (2019). Faceva e fa ancora base a Benevento, a casa di Donato Polvere, suo diesse alla Vejus, che anche nel 2020 ha allestito la squadra assieme a “Umbertone” Di Giuseppe, lo stesso che per un anno accolse Hindley.

Quando la Movistar realizzò che dal 2020 avrebbe perso i fratelli Quintana e Anacona, si orientò su Rubio per mantenere la quota colombiana. Perciò nel 2020 del Covid, Einer ha debuttato al Giro d’Italia con appena 15 giorni di corsa e lo ha portato a termine, andando in fuga spesso. Era con Ganna e De Gendt a Camigliatello, prima che Pippo aprisse il gas, e ha centrato il 6° posto nella penultima tappa di Sestriere.

Nella tappa di Roccaraso, passa su strade familiari
Nella tappa di Roccaraso, passa su strade familiari

Dopo la quarantena in Spagna per la positività di Lopez, appena si è reso conto che le prime corse sarebbero state annullate, Einer si è affrettato a tornare in Colombia. Avrebbe così partecipato ai campionati nazionali, ma in extremis sono stati cancellati pure quelli. Per cui rimarrà ancora un po’ laggiù e tornerà in Europa per il debutto alla Tirreno-Adriatico. Il segnale va e viene, il suo italiano è sempre migliore.

Come è stato il primo anno da pro’?

Particolare. Sono stato contento dell’opportunità di fare il Giro. Nel mezzo del Covid, qualcosa di buono c’è stato. Anche se forse il momento più bello è stato il Tour Colombia.

A Boyaca, nella tua regione, il massimo…

Un po’ a Boyaca, un po’ a Cundinamarca e poi a Bogotà. Con la Movistar, fra la mia gente. E’ stata una festa, quando ancora si poteva fare festa. Adesso qua è tutto aperto, ma fare le cose è più difficile.

Fra le “sue” salite a Bogotà c’è l’Alto de Patios (foto Instagram)
A Bogotà, sull’Alto de Patios (foto Instagram)
Tornerai al Giro?

Farò la Tirreno, il Catalunya, poi andrò in altura con la squadra. Quindi il Tour of the Alps e il Giro. Un bel programma, molto impegnativo. Mi piace.

Con la squadra tutto bene?

L’ambiente è molto familiare, ma forse qualche errore c’è stato. Mi è mancato un po’ di lavoro, mi sono mancate le corse. Dovevo capire cosa posso fare e dove posso arrivare e avrei avuto bisogno di una base migliore. Però adesso questo è chiaro e abbiamo fatto un bel programma. Si fidano di me.

Sei contento dell’arrivo di Lopez?

Molto, perché ha tanta esperienza. Faremo qualche gara insieme. Lo conoscevo, ma adesso ho avuto l’opportunità di approfondire. Almeno a questo la quarantena ci è servita (ride, ndr).

Al Giro d’Italia U23 del 2019, Rubio vince sul passo Fedaia
Al Giro U23 del 2019, vince sul passo Fedaia
Tanti colombiani si sono trasferiti a Monaco, oppure ad Andorra, tu resterai in Italia?

Certamente continuerò a fare base da voi, dalla famiglia di Donato. Loro sono la mia seconda famiglia, mi sono stati molto vicino quando sono arrivato. Sono davvero come i miei secondi genitori e loro mi vedono come un figlio, mi vogliono bene.

L’anno scorso al Giro si è parlato di quando Hindley correva in Italia: a te Umbertone ne aveva mai parlato?

Effettivamente è curioso che entrambi abbiamo corso per lui. Non conoscevo Hindley, però Umberto mi aveva fatto vedere le foto. Ho parlato con lui in corsa e ci siamo fatti due risate ricordando il suo periodo in Abruzzo.

Quanto ti manca per arrivare a lottare come Hindley?

Devo lavorare tanto. Con la squadra abbiamo individuato le cose da mettere a posto, ma non sono lontano. Devo curare di più i lavori specifici. E poi nel primo Giro ho avuto un po’ paura in certi momenti a stare in gruppo. Abbiamo corso a un livello altissimo, ma adesso ho preso le misure. So dove sto andando.

Ecco Rubio che si avvia a centrare il 6° posto a Sestriere, penultima tappa
Rubio ottiene così il 6° posto a Sestriere, 20ª tappa
Verrai al Giro per aiutare Soler?

Esatto, perché Lopez farà Tour e Vuelta. Si partirà per aiutare Marc, ma poi sui ruoli effettivi deciderà la strada. Lui di sicuro ha un gran motore.

Che cosa rimane della spedizione colombiana che dominò il Giro U23 del 2019?

Ogni tanto ci vediamo. Ardila è alla Uae, Alba è mio compagno di squadra. Ci sentiamo, in corsa spesso si fanno due chiacchiere. E quando serve, ci aiutiamo.