Perracchione, nuovo pro’ senza passare dagli U23

30.10.2023
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L’ingaggio di Alessandro Perracchione da parte della Novo Nordisk ha colto molti di sorpresa. Il giovanissimo piemontese passa professionista saltando a piè pari la categoria U23. Eppure non è stato tra quelli che più si sono messi in mostra quest’anno. Entrando più a fondo della questione si scopre così che questo passaggio non nasce dal nulla. E’ invece l’evoluzione di un contatto nato molto tempo fa.

Massimo Podenzana, diesse della formazione americana che da anni permette di fare attività ad alto livello a corridori affetti da diabete di tipo 1, racconta come Alessandro sia nel mirino del team praticamente da sempre.

«Già da quando era allievo lo seguiamo con attenzione. Fu Ellena a segnalarmelo, raccontandomi la sua storia di ragazzino alle prese con il diabete sin da quando aveva 2 anni. Ha partecipato ad almeno un paio di nostri training (nella foto di apertura, ndr), abbiamo visto che ha un buon motore. Sinceramente abbiamo valutato quello più che i risultati».

Podenzana, ex tricolore su strada, è direttore sportivo della Novo Nordisk dal 2013
Podenzana, ex tricolore su strada, è direttore sportivo della Novo Nordisk dal 2013

L’anno della mononucleosi

Perracchione effettivamente non ha avuto una grande stagione, ma il perché è presto spiegato: «La sua annata è stata contraddistinta dalla mononucleosi. Praticamente gli ha impedito di ottenere risultati per tutta la prima parte dell’anno. Nella seconda parte è andato sempre in crescendo, solo che la vittoria, quella importante, è arrivata solo in extremis, nell’ultima classica della stagione.

«Alessandro è un ragazzo di qualità, che deve solamente crescere con calma, senza stress. La sua scelta è stata a lungo ponderata, ne abbiamo parlato anche con i genitori. Con loro abbiamo convenuto che la scuola viene al primo posto. Alessandro deve finire gli studi nel 2024 e quindi faremo un calendario appropriato per permettergli di concentrarsi sugli esami».

Perracchione ha corso con l’Energy Team per 2 anni: nel 2022 aveva ottenuto 3 vittorie, 1 nel 2023 (foto GAS Photography)
Perracchione ha corso con l’Energy Team per 2 anni: nel 2022 aveva ottenuto 3 vittorie, 1 nel 2023 (foto GAS Photography)

Un passista-veloce

Che tipo è Alessandro, sia come persona che come corridore: «Un ragazzo tranquillo, anche un po’ timido, che sta maturando da ogni punto di vista. Tecnicamente è un passista-veloce, che trova la sua dimensione ideale entrando nei gruppetti che si giocano la corsa. Allora può davvero vantare buone carte a suo favore. Ma è chiaro che deve ancora imparare tanto».

Eppure Perracchione, a dispetto delle difficoltà incontrate quest’anno, si era messo davvero in luce tanto che non c’era solo il team americano a seguirlo.

«Mi avevano contattato anche altre squadre – racconta il corridore classe 2005 – ma sinceramente avevo già scelto sin dall’inizio dell’anno. Con Podenzana ci conosciamo da tempo, ho partecipato anche all’ultimo training camp dove eravamo ben in 25. Se sono arrivato qui devo dire grazie a lui e a Fabrizio Tacchino, il mio preparatore che mi segue praticamente da sempre».

La vittoria al GP Camignone, precedendo Vesco e Monister (foto Rodella)
La vittoria al GP Camignone, precedendo Vesco e Monister (foto Rodella)

Il diabete e la tecnologia amica

La mononucleosi però ha avuto un forte peso nella sua evoluzione: «Non posso negare che mi ha un po’ allarmato. Vedevo che non ottenevo risultati e non ne uscivo fuori, facendo uscire qualche dubbio. Avevo fatto un inverno molto buono, volevo raccoglierne i risultati, ma fino ad agosto la forma non arrivava e devo ammettere che è stata una bella botta».

In tutto questo discorso il diabete è come uno spettatore esterno. Eppure ha avuto un peso in tutta la sua vita, anche nella sua decisione di seguire la strada tracciata dalla Novo Nordisk che da sempre accoglie nel suo gruppo atleti con questa particolare patologia.

«Io ci convivo da quando ne ho memoria – spiega – i vincoli che impone sono parte di me, del mio vissuto. Non si può negare poi che rispetto a quando sono nato sono stati fatti passi da gigante. Quando ho iniziato a gareggiare c’era ad esempio ancora la necessità di farsi le punture al dito per verificare il glucosio nel sangue tramite la gocciolina. E in corsa non potevi certo portarti tutto il necessario… Ora con le app è tutto più facile, hai un aggiornamento costante sullo smartphone o il cardiofrequenzimtro al polso. L’evoluzione tecnologica è fondamentale».

Per il piemontese anche un’esperienza in nazionale, al Trophée Morbihan ’22 (foto Andrey Duval)
Per il piemontese anche un’esperienza in nazionale, al Trophée Morbihan ’22 (foto Andrey Duval)

Il tempo di crescere

Podenzana dal canto suo ha ben chiaro come proseguire nel rapporto con Perracchione. Come farlo maturare nei tempi giusti: «Io dico che i mezzi li ha, ma va tenuto tranquillo. Per molti versi mi ricorda un altro corridore che fa parte del nostro team, Matyas Kopecky, atleta ceko quinto agli ultimi europei U23. Se si dà loro il tempo di crescere, i risultati li portano».

E’ pur vero però che saltare una categoria non è semplice se non sei l’Evenepoel di turno: «Non è facile ambientarsi, questo è chiaro e per questo bisognerà lavorarci di cesello. Nel primo anno farà un po’ la spola tra la prima squadra e quella continental. Nella prima parte dell’anno avrà un calendario dosato per poi progressivamente, messi da parte gli impegni scolastici, fare sempre più esperienze anche al livello superiore».

Anche da allievo Alessandro si era messo in luce, anche nel ciclocross (foto Sentinella del Canavese)
Anche da allievo Alessandro si era messo in luce, anche nel ciclocross (foto Sentinella del Canavese)

Si comincia a novembre

Per il tecnico spezzino quella di Perracchione è una scelta naturale e ponderata, uno dei pochi nuovi ingressi nel team: «Abbiamo anche promosso in prima squadra 4 ragazzi provenienti dal team Devo. Abbiamo avuto una stagione che reputo positiva anche se non sono arrivati successi, ma quando riesci a piazzare tuoi corridori nei primi 10 anche in qualche classica belga, significa che la qualità c’è e che stai lavorando bene. Quando ti confronti con i team WorldTour è dura, hanno a disposizione mezzi che noi possiamo solo sognare e per questo anche i piazzamenti hanno un loro valore. In Spagna a fine novembre porremo le basi per il nuovo anno e sono sicuro che quel che è mancato quest’anno arriverà».

Polga, l’amico di Zana riparte dalla Novo Nordisk

03.01.2023
5 min
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Tra i tanti italiani che entrano (o rientrano) nel giro agonistico internazionale c’è una storia che merita di essere conosciuta, anche perché coinvolge il team Novo Nordisk, la squadra americana che per statuto assume solamente corridori con diabete di tipo 1 (quello congenito) con lo scopo di dimostrare che si può avere una vita completamente normale anche in presenza di questa patologia, basta seguire le giuste indicazioni. La storia è quella di Antonio Polga.

Corridore di 23 anni, nato a Fara Vicentino, Polga per gran parte della sua vita ha condiviso la sua passione sportiva con un vicino di casa piuttosto speciale: Filippo Zana, il campione italiano approdato a fine stagione nel WorldTour. «Siamo sempre stati molto legati e ognuno ha goduto dei successi dell’altro. O meglio: io ho festeggiato i suoi, ma so che lui è contento per il fatto che sono tornato nel giro».

Polga insieme al campione italiano Filippo Zana: spesso si allenano insieme
Polga insieme al campione italiano Filippo Zana: spesso si allenano insieme

Diabete diagnosticato nel 2014

Polga infatti ha trovato spazio nelle file del team Devo affiliato alla formazione a stelle e strisce. Riallacciando così un filo che si era spezzato anni fa: «Io ho iniziato da G2 alla Sandrigo Sport, poi le categorie esordienti e allievi le ho svolte a Schio e da junior ho corso nella Campana Imballaggi. Nel 2016 Paolo Artuso che mi allenava mi spinse a fare un casting con la Novo Nordisk, perché da due anni avevo scoperto di avere il diabete».

Se ci fate caso, nell’ultima frase sono condensati due momenti importanti, di quelli che possono caratterizzare una vita intera. Il primo riguarda la scoperta del diabete in età adolescenziale: «Non ne sapevo nulla, quando me lo diagnosticarono non conoscevo altre persone, neanche nella mia famiglia con la stessa patologia. Bisogna considerare che una decina di anni fa non c’erano le stesse conoscenze di adesso, i microdiffusori di insulina stavano iniziando a essere sperimentati, le informazioni scarseggiavano e il diabete veniva visto come un ostacolo alla vita quotidiana».

Il secondo, l’approdo al team Usa è strettamente legato al primo: «E’ stato grazie a loro che ho capito che è qualcosa con cui si può convivere facilmente, che si può competere con chiunque. L’unica differenza rispetto a ogni altro corridore è che bisogna tenere sotto controllo i valori glicemici, non scendere o salire sotto certe soglie. Influisce sulle prestazioni? Forse leggermente, ma si affronta e siate pur sicuri che ogni risultato, anche la sola presenza in gara ha un sapore particolare».

La passione di Antonio nasce già da piccolo. Ha iniziato come G2 alla Sandrigo Sport
La passione di Antonio nasce già da piccolo. Ha iniziato come G2 alla Sandrigo Sport

La scelta dello studio

L’esperienza alla Novo Nordisk comportava però anche un profondo cambio di vita: «Dovetti trasferirmi ad Atlanta per il ritiro prestagionale: si correva un po’ dappertutto, in Italia dove mio padre mi accompagnava nelle gare del Triveneto, ma ero solo. Poi si stava un mese in Belgio per le classiche e a luglio un mese negli Usa per l’attività sul posto. Nel 2018 però mi trovai di fronte a un bivio: era l’anno della maturità e tutti questi spostamenti penalizzavano lo studio. Privilegiai la scuola e non me ne pento, ma la mia esperienza con il team si chiuse lì».

Di fatto anche la sua attività ciclistica passò in secondo piano: «Dopo il diploma iniziai l’università, Ingegneria Gestionale. Sono appassionato di analisi statistiche da applicare al ciclismo, è una strada che voglio percorrere fino in fondo. Ma questo comportava il fatto che avevo poco tempo per allenarmi. Tutto è cambiato con il Covid».

Nelle Granfondo 2022 Polga ha colto il 6° posto alla GF Liotto e il 9° alla GF Segafredo
Nelle Granfondo 2022 Polga ha colto il 6° posto alla GF Liotto e il 9° alla GF Segafredo

La ripresa con gli amatori

Nel periodo del lockdown si studiava in casa, con le lezioni online e questo comportava avere molto più tempo a disposizione: «Mi sono organizzato in modo da poter uscire in bici quasi ogni giorno. Ho ripreso ad allenarmi seriamente e i miglioramenti erano evidenti. Non lo facevo con spirito agonistico, ma pian piano ho ritrovato il gusto della bici e anche delle gare grazie a un gruppo amatoriale che mi ha voluto con sé per le granfondo, l’Uc San Vito di Leguzzano. Non potrò mai dire abbastanza grazie al suo patron Matteo Stefani che mi ha restituito l’ambizione…».

Da lì curiosamente la strada è ripresa quasi in parallelo con quanto era avvenuto anni prima: «Un ragazzo del team era allenato da Paolo Artuso. Siamo così tornati in contatto e da lui ho saputo che c’era un altro camp del team americano, questa volta in Italia. Ho passato le selezioni e la squadra mi ha inserito nel team development. Riparto praticamente da dove mi ero fermato, ma con molta maturità e consapevolezza in più».

Il veneto con la maglia della Novo Nordisk insieme a suo padre Alessandro
Il veneto con la maglia della Novo Nordisk: un ritorno inaspettato ma voluto

Il momento di riprovarci…

Artuso, oggi nello staff dirigenziale della Bora-Hansgrohe, è molto legato a Polga. Vivono vicini e lo ha seguito nella sua evoluzione, lo ha sempre monitorato soprattutto negli ultimi tempi dopo il suo ritorno all’attività. Conferma che nel primo tentativo non era ancora maturo, fisicamente e mentalmente, ma che il ragazzo di allora è profondamente diverso dall’uomo di oggi, che merita una chance per la passione che nutre per la bici.

Polga oggi è un ragazzo voglioso di provarci: «Dalla mia ho la consapevolezza di essere un’altra persona, non solo caratterialmente. Non solo riesco a gestirmi meglio, ma fisicamente sono molto più cresciuto, sono maturato tardi rispetto a molti miei coetanei. Il corpo ora risponde molto di più. So che mi attende un’attività molto qualificata, è un team continental che affronterà gare di tipo 1.1 e 2.1. Inizieremo in Grecia a marzo, sia con gare a tappe che in linea. Poi si girerà l’Europa: Polonia, Croazia, Slovacchia, anche alcune gare tra Francia e Belgio. Magari in giro ritroverò Filippo: se sono qui è anche grazie a lui».

La prima volta di Andrea Peron, una vittoria dai mille sapori

28.07.2022
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L’aveva aspettata tanto Andrea Peron una giornata come quella di domenica. Una carriera da pro’ che va avanti dal 2013, sempre nel team Novo Nordisk del quale è ormai una colonna portante condividendone non solo l’attività ma anche le finalità, tese a dimostrare che anche un diabetico può fare sport e vincere. Per la prima parte l’atleta 33enne di Borgoricco è stato un emblema, ma per la seconda c’è stato tanto da aspettare. Fino a domenica.

Grand Prix di Kranj, una classica slovena di vecchia data. Gara dal percorso poco impegnativo solo apparentemente: «C’era da stare sempre sull’allerta – spiega Peron – ma il finale era molto nervoso, inoltre l’arrivo era in cima a uno strappo. Infatti ci siamo presentati alla sua base in una cinquantina, con un gruppo compatto, poi si è giocato tutto lì».

Peron Kranj 2022
Tutta la gioia di Peron a Kranj, primo davanti a Barta (CZE) e Finkst (SLO) (foto TeamNovoNordisk/Sportida)
Peron Kranj 2022
Tutta la gioia di Peron a Kranj, primo davanti a Barta (CZE) e Finkst (SLO) (foto TeamNovoNordisk/Sportida)

Una volata liberatoria

Peron si è giocato tutto su quello strappo, molto di più che una semplice vittoria. Davanti tanti italiani, erano presenti quasi tutte le nostre squadre continental, ma anche corridori di livello del panorama estero, in quel gruppo che si andava sempre più assottigliando verso l’arrivo spiccava il neocampione europeo Under 23, il tedesco Felix Engelhardt. Ma Peron non guardava nessuno, solo davanti, solo quell’arrivo che si avvicinava sempre più e senza che nessuno, come troppe volte era accaduto in passato, mettesse la ruota davanti. Fino alla fine.

Una vittoria attesa da una vita e accolta quasi con compostezza, perché Andrea è abituato a vivere tutte le sensazioni dentro di sé, belle e brutte: «Era un successo che inseguivo da sempre: da dilettante le mie 6-7 vittorie ogni anno le raggiungevo, ma da pro’ la musica cambia di molto. I piazzamenti arrivavano, anche di un certo peso, le top 10 non le conto neanche più, ma mi mancava il successo pieno».

Il padovano sul podio di Kranj, a fargli compagnia la coppa e il suo piccolo figlio… (foto TeamNovoNordisk/Sportida)
Il padovano sul podio di Kranj, a fargli compagnia la coppa e il suo piccolo figlio… (foto TeamNovoNordisk/Sportida)

Una gara di qualità, come le altre

Quei secondi subito dopo il traguardo sono stati interminabili, sembrava di essere su una nuvola e poco importa se quella slovena è giudicata una corsa come tante: «Il ciclismo è cambiato, quando sei in gara non ci guardi neanche più al livello della corsa perché è sempre una battaglia, ti trovi ogni volta a lottare con corridori di valore, non puoi certo stare a guardare o a giudicare il livello della gara. Vincere è difficile sempre, perché il nostro è diventato davvero uno sport universale. E ogni nazione, ogni squadra ha corridori forti».

Le prime sensazioni sono state però profondamente intime: «La prima cosa che ho pensato è stato: finalmente, era ora… Ci ero andato vicino così tante volte ma alla fine qualcosa non quadrava mai. Già al Giro di Grecia ero arrivato a un soffio dal successo, ma Moschetti mi aveva beffato. Poi mi sono reso conto di aver vinto a fine luglio, nel cuore dell’estate, io che ho sempre sofferto il caldo… Niente male davvero!».

Peron Grecia 2022
La volata vincente di Moschetti nella seconda tappa del Giro di Grecia. Peron, 2°, è all’estrema destra
Peron Grecia 2022
La volata vincente di Moschetti nella seconda tappa del Giro di Grecia. Peron, 2°, è all’estrema destra

Il covid… che covid non era

Una vittoria arrivata in una stagione piena di alti e bassi: «Non era iniziata neanche male, prima gara e un 9° posto al Giro dell’Oman, con tante squadre WorldTour al via. La prima parte è stata molto intensa, fino all’Adriatica Ionica Race. Ci sono arrivato un po’ sulle ginocchia anche se la prima tappa non era neanche stata male. La settimana prima avevo avuto addosso uno strano malessere, tanto che pensavo di aver contratto il Covid, invece tampone negativo… Alla terza tappa ero distrutto e mi sono ritirato, mi sono fermato un mese e mezzo, sono stato al mare con la famiglia e poi mi sono allenato ad Asiago dove vado spesso. La gara di Kranj era quella della ripresa».

La storia di Peron è legata profondamente con quella del team e anche grazie al suo successo il corridore padovano ha tenuto a rilanciare le motivazioni alla base della formazione americana: «A noi non basta vincere, soprattutto a noi “vecchi”. Noi vogliamo dimostrare che chi ha il diabete tipo 1 può fare sport in maniera sana come chiunque altro. Il nostro messaggio è rivolto ai più piccoli e alle loro famiglie: affrontare questa malattia senza paura, ma solo come un piccolo ostacolo in più nella vita che ti rende anche più forte».

Una gioia attesa tanto a lungo e condivisa con sua moglie Alessia (foto TeamNovoNordisk/Sportida)
Una gioia attesa tanto a lungo e condivisa con sua moglie Alessia (foto TeamNovoNordisk/Sportida)

Una storia, un esempio

Andrea non ha ritrosie nel parlare della sua esperienza: «Ho scoperto di avere il diabete a 15 anni, già facevo sport allora e non nascondo che come per tanti altri adolescenti inizialmente è stata una mazzata. Non sapevo cos’era, non conoscevo nessuno che ce l’aveva, non avevamo mai avuto casi in famiglia. Ci siamo dovuti adattare, una cosa del genere comporta cambiamenti, ma era affrontabile».

Su un aspetto in particolare Peron vuole mettere l’accento: «Non ho mai trovato alcun dottore che mi ha detto che non potevo più pedalare, né intorno a me ho notato cambiamenti, sguardi particolari, commiserazione. Ripeto, è solo un piccolo ostacolo in più che si supera. Io vivo la mia attività esattamente come ogni altro ciclista e come ogni altro gioisco per una vittoria… Beh, magari domenica, dopo tanta attesa, ho gioito un po’ di più…».

Sguardo a Sanremo: 300 chilometri e diabete, come fai?

23.03.2021
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Laura Martinelli ha dovuto riprendere i libri e ricominciare da capo a studiare il diabete. L’incarico al Team Novo Nordisk le ha lasciato parecchi aspetti da approfondire, ma studiare per la nutrizionista trevigiana dai capelli rossi non è mai stato un problema. Così, quando la stagione è entrata nel vivo e la sua squadra ha vissuto l’importantissima esperienza della Milano-Sanremo, ci siamo fatti vivi per farci raccontare che cosa abbia significato per degli atleti diabetici partecipare a una gara velocissima di 300 chilometri.

La mattina alla presentazione, con le nuove maglie con il numero 100
La mattina alla presentazione, con le nuove maglie con il numero 100

«Cominciamo col dire – inizia – che siamo tutti soddisfatti. L’obiettivo era farsi vedere e mostrare i nuovi colori della maglia, celebrativa dei 100 anni dalla scoperta dell’insulina, e ci siamo riusciti. La fuga ha preso il largo come volevamo e siamo stati noi a tirarla fuori. Sulla gestione alimentare della Sanremo, abbiamo fatto come si insegna sin dagli juniores, quando spieghi che per fare la strategia nutrizionale di una gara si parte da cronotabella e profilo, per pianificare la base glucidica necessaria e la cadenza a cui aggiungere poi barrette e gel. I prodotti che usano gli atleti diabetici cono gli stessi di sempre, cambia l’uso che se ne fa».

Prima della gara

Il pre-gara è la fase del carico di carboidrati che normalmente si inizia 36 ore prima, dopo una fase di scarico, che per l’atleta affetto da diabete è più delicata, perché la privazione di zuccheri porta al rischio di ipoglicemia.

Primo ostacolo, insomma…

L’atleta non diabetico per quelle ore può immaginare un regime privo di carboidrati, loro devono tenere un minimo apporto glucidico per evitare l’ipoglicemia notturna. Chiunque abbia il diabete l’ha sperimentata e ne ha paura, per questo tendono a mangiare un boccone di più. Lo scarico di carboidrati non viene enfatizzato, mentre nella fase di carico si utilizzano carboidrati a basso impatto glicemico, ovvero sia quei carboidrati che necessitano di meno insulina per essere assimilati. Ognuno di questi atleti ha un rapporto tutto suo fra insulina e glicemia e non sempre è facile trovare il giusto dosaggio.

Alla partenza, al sole di Milano, c’è anche Poli
Alla partenza, al sole di Milano, c’è anche Poli
Come fate?

Hanno la dose prima del via e i boli (il bolo è un quantitativo di insulina che viene somministrato al paziente diabetico, introducendo di volta in volta diverse unità di insulina, ndr) durante la corsa. A volte si sbaglia. In certi casi si tende ad evitare alimenti che non si conoscono, perché non si sa quale impatto avranno sulla glicemia.

Quindi ogni atleta fa storia a sé?

Si lavora individualmente. Devo dire che il gruppo tecnico/scientifico che ho trovato in questa squadra non ha eguali nel ciclismo. Abbiamo un centro a Berna e uno ad Atlanta, con esperti che danno indicazioni atleta per atleta per mantenere il corretto rapporto insulina/carboidrati. Inoltre c’è un grande supporto tecnico, tramite un’app che correla glicemia, unità di insulina e grammi di carboidrati. Tutto questo si traduce in pubblicazioni, dato che non esiste una letteratura su sportivi di alto livello affetti da diabete.

Pochi minuti al via: obiettivo portare via la fuga e farsi vedere
Pochi minuti al via: obiettivo portare via la fuga e farsi vedere

Durante la gara

Tanto dipende dalla strategia di gara: alla Sanremo l’obiettivo del Team Novo Nordisk era andare in fuga presto e per questo ci si è attrezzati.

Come cambia la strategia alimentare se vuoi andare in fuga?

Supponendo di avere dei buoni valori di glicemia prima e durante la gara, si dà un apporto maggiorato di energie nelle ore prima della gara e poi in corsa serve qualcosa di molto digeribile, perché si parte a fiamma. Anche i sacchetti contengono alimenti più consistenti perché andando in fuga ci sarà un consumo maggiore. Se invece il tuo obiettivo è il finale, cambi tutto e magari mangi anche diversamente.

Hai parlato dei valori della glicemia: come li controllate?

Abbiamo dei sensori che si tengono h24. Sono dei bottoncini con dei piccoli aghi, che trasmettono tramite bluethoot ai cellulari in ammiraglia e ai computerini dei ragazzi le variazioni dei valori glicemici. Sono posizionati all’altezza del tricipite. In ammiraglia si ha così un quadro d’insieme, ma il guaio è che a volte queste misurazioni hanno un ritardo e in quei casi, per evitare di fermarsi, si procede con il controllo stick della glicemia, in manuale.

Che cosa succede quando la glicemia va giù di tanto?

Utilizzano come soluzione di emergenza delle mini ampolle con 15 grammi di zuccheri ad assorbimento rapido, che rompono e mandano giù.

Come capiscono che la glicemia sta scendendo?

Si sentono intorpiditi, hanno mal di testa. Le cellule sono vuote. Il corridore ha fame, ma non può mangiare. Allora si danno barrette proteiche, per consentire al muscolo di tornare tonico e in equilibrio. La cosa singolare comunque è che nelle ore di corsa la condizione di diabete si attenua molto, anche se ci sono delle fragilità che restano.

Ad esempio?

L’aumento del rischio di disidratazione. Lo zucchero passa nelle urine, quindi la pipì è più concentrata. Ne consegue che ne fanno di più, espellono anche gli elettroliti e si crea un circolo vizioso, perché magnesio e potassio servono anche per assorbire l’insulina. Quindi devono bere di più sin dal giorno prima, mentre in gara avranno delle borracce più concentrate di sali.

Andrea Peron ha portato via la prima fuga della Sanremo
Andrea Peron ha portato via la prima fuga della Sanremo

Dopo la gara

Scordatevi di fare come quelli che dopo la corsa si avventano sulla pizza, oppure l’hamburger con le patatine e una bella birra. L’atleta diabetico può certo concedersi qualcosa, ma deve stare ugualmente attento.

Perché?

Perché bisogna considerare l’ipoglicemia tardiva. I tessuti sono sensibili all’insulina fino a 24-36 ore dopo la gara, anche se di solito il rischio maggiore c’è la notte successiva. Perciò la strategia di recupero è implementata, ma serve attenzione. Dopo Laigueglia, un corridore era con noi in ammiraglia ed è andato in ipoglicemia due ore dopo l’arrivo. In questi casi non è semplice stabilire quanta insulina fare, perché il fisico è sensibile. Per questo c’è sempre il medico, Rafael Castol, che mi sta dando una grandissima mano a calarmi nella parte. Ci sono dei protocolli, devi giostrare insulina e carboidrati, sapendo di dover considerare anche l’aspetto neurologico.

Prego?

Ci sono sbalzi dovuti alla tensione e allo stato emotivo e questo complica le cose. Ma devo dire che questi ragazzi hanno una forza di volontà notevole, sono devoti al lavoro, chiedono ogni dettaglio e si attengono alle nostre indicazioni.

Andrea Peron nella fuga andata avanti fino a poco prima della Cipressa
Andrea Peron nella fuga andata avanti fino a poco prima della Cipressa
Di quanti nutrizionisti ha bisogno il vostro team?

Siamo in due. Oltre me, c’è Nele Compernol.

Credi che un atleta con il diabete possa vincere una grande corsa?

Se il ragazzo iniziasse a correre da piccolo e sviluppasse le stesse abilità in gruppo che hanno i rivali, considerato che durante lo sforzo lo stato diabetico si riduce, potrebbe benissimo gareggiare al livello degli altri. Il fatto è che l’accesso al ciclismo nella nostra squadra avviene dalle provenienze più disparate, anche altri sport. Sarebbe interessante vedere all’opera un ragazzo cresciuto nelle categorie giovanili, anche perché il fatto di inserirlo in una squadra di atleti non diabetici manderebbe un messaggio davvero forte.