5 minuti con Gee: nato in Canada, diventato grande in Europa

06.05.2025
5 min
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Derek Gee è alto e a differenza di tanti altri scalatori la sua fisionomia è ben più possente, o comunque dà l’idea di esserlo. Gli occhi stanchi con qualche ruga che li piega all’ingiù, accentuando la sensazione di essere davanti a un corridore provato da tante fatiche. Qualche capello grigio, tagliato corto, si fa largo da sotto al casco. Il canadese della Israel Premier Tech sembra molto più vecchio di quanto sembri, in realtà ha ventisette anni e tanto ancora da fare

Lo scorso anno il corridore di Ottawa ha preso parte al Tour de France mettendosi alla prova nella corsa a tappe più importante al mondo. Nonostante l’età nel 2024 Derek Gee, a Firenze, aveva iniziato il secondo Grande Giro in carriera. Il risultato non è stato affatto da poco, nono in classifica generale. La top 10 l’ha conquistata grazie alla fuga della tappa numero nove e l’ha consolidata man mano, affermandosi anche nella cronometro finale di Nizza. 

Il 2024 ha dato una grande consapevolezza a Gee nei propri mezzi
Il 2024 ha dato una grande consapevolezza a Gee nei propri mezzi

Direzione Grandi Giri

Il 2025 è iniziato in maniera altrettanto solida. Con il Gran Camino Gee ha fatto sua la prima corsa a tappe della carriera. Non un parterre di prim’ordine, ma ha vinto appena arrivato in gruppo e questa non è cosa da poco. Il passo successivo è arrivato alla Tirreno-Adriatico, nella Corsa dei Due Mari ha mostrato a tutti le sue doti da cronoman. Sesto nella prova contro il tempo a Lido di Camaiore, a soli cinque secondi da Tiberi e otto secondi da Ayuso

«Gran parte di questo cambiamento – racconta – è dovuto alla preparazione, alla maggiore attenzione per la classifica generale. Ovviamente devo ancora capire come raggiungere la forma migliore in determinati momenti». 

Il canadese è partito forte anche nel 2025, dopo aver vinto il Gran Camino è arrivato anche il podio al TotA
Il canadese è partito forte anche nel 2025, dopo aver vinto il Gran Camino è arrivato anche il podio al TotA
Com’è andata la preparazione verso il Giro?

Sicuramente speravo che le gambe andassero un po’ meglio, soprattutto al Tour of the Alps. Non mi sono sentito male in bicicletta, mi è mancata solamente dell’intensità, che però è arrivata con il passare dei giorni. Il podio finale mi fa capire di aver lavorato bene. 

Sei stato in ritiro prima?

Sono andato per la prima volta in carriera a Tenerife. E’ un posto bellissimo per andare in bicicletta. Mi avevano promesso un tempo soleggiato e invece ha piovuto più di quanto sperassi (dice con una risata, ndr). Ma a parte questo penso che il training camp sia andato bene

Com’è vivere in cima al Teide?

E’ piuttosto desolato lassù, ma è davvero fantastico. Si sta bene. Prima andavo ugualmente in Spagna ma in altre parti, come Sierra Nevada

Gee ha indossato la maglia di leader della generale al Giro del Delfinato 2024 dopo aver vinto la terza tappa
Gee ha indossato la maglia di leader della generale al Giro del Delfinato 2024 dopo aver vinto la terza tappa
La cosa che ha impressionato è la tua forza a cronometro. 

Ci abbiamo lavorato molto, anzi moltissimo sia l’anno scorso al Tour de France e questo inverno. E credo che abbia dato i suoi frutti, ho fatto un buona prova sia al Gran Camino che alla Tirreno-Adriatico. 

Pensi di essere pronto per vincere un Grande Giro?

E’ molto più importante essere attivi ogni giorno. Quando ho fatto la mia prima grande corsa a tappe due anni fa (il Giro d’Italia, ndr) puntavo alle tappe. Era molto meno stressante ed ero molto più concentrato su giornate specifiche. Mentre se guardi alla classifica finale non puoi prenderti un giorno di riposo, nemmeno in una tappa pianeggiante. Per vincere credo serva un altro step, è un processo lungo. Non si tratta solo di ottenere la giusta forma fisica, ma anche di fare esperienza e non commettere errori. Insomma migliorare fisicamente e tatticamente. 

Derek Gee ha trovato un alleato in Chris Froome, il quattro volte vincitore del Tour ha tanto da insegnare al canadese
Derek Gee ha trovato un alleato in Chris Froome, il quattro volte vincitore del Tour ha tanto da insegnare al canadese
Negli anni passati cosa hai imparato per essere un corridore da classifica?

Tantissimo. Non pensavo di diventare un corridore da Grandi Giri a inizio carriera. Ho imparato tutto man mano, prima non sapevo nulla. Non sono entrato nel ciclismo con quell’obiettivo. La squadra mi ha aiutato tanto, soprattutto i miei compagni più esperti come Froome o Fuglsang. Ragazzi che hanno ottenuto risultati ai massimi livelli. Ho apprezzato ogni minimo consiglio e sento di stare ancora imparando. 

Quali consigli hai chiesto?

Ci siamo parlati tanto lo scorso anno al Giro del Delfinato. Era la mia prima volta che lottavo concretamente per la classifica generale. Ho chiesto a Froome e Fuglsang ogni genere di domanda su come correre, in particolar modo tatticamente. All’inizio ero un po’ perso, ma sono molto fortunato ad avere questi ragazzi al mio fianco.

«Credo di aver fatto il grande passo per diventare un corridore da corse a tappe – ha detto Gee – nel 2024 ora si tratta di lavorare sui dettagli»
«Credo di aver fatto il grande passo per diventare un corridore da corse a tappe – ha detto Gee – nel 2024 ora si tratta di lavorare sui dettagli»
Arrivi dal Canada, come ti sei avvicinato al ciclismo?

Non è uno sport così famoso da noi. Tuttavia c’è un bacino di grandi appassionati e da quando sono professionista sento tanto il loro supporto quando torno a casa. Io vengo da Ottawa, che ha un’ottima scena ciclistica, ma nel complesso non è così grande. 

Con quali gare ti sei appassionato?

Il Tour de France è l’unica corsa che ho seguito quando ero più giovane, ma è anche l’unica che conoscono in Canada. Nel 2012 Hesjedal ha vinto il Giro e il ciclismo canadese è apparso sulla mappa.  

Frigo è già lanciato: «Ancora uno step per aiutare Gee e il team»

08.01.2025
4 min
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Con l’inizio della nuova stagione, Marco Frigo si prepara ad affrontare il suo terzo anno da professionista. Il corridore veneto, classe 2000, veste la maglia della Israel-Premier Tech, una squadra che negli ultimi mesi ha conosciuto un profondo rinnovamento e che punta a consolidare i risultati positivi ottenuti nel 2024.

Ed anche per questo motivo la chiacchierata con Marco ha offerto interessanti spunti sulla sua crescita personale e sulle sue aspettative e quelle della sua squadra. Tra grandi Giri, obiettivi personali e un gruppo sempre più affiatato, Frigo ci è parso avere idee chiare e obiettivi concreti.

Frigo (classe 2000) si appresta ad affrontare la sua terza stagione da pro’
Frigo (classe 2000) si appresta ad affrontare la sua terza stagione da pro’
Marco partiamo da te: un’altra stagione da professionista si avvicina: come ci arrivi?

Ci arrivo molto bene direi. E lo dico perché ho chiuso lo scorso anno con un buon finale di stagione e questo conta tantissimo per affrontare l’inverno con il giusto approccio. Fino ad ora è stato un inverno solido e sereno, senza intoppi, senza malanni. Credo che la costanza sia la cosa più importante in questa fase: l’essenziale è non fermarsi, mantenere un ritmo regolare. Siamo solo ai primi di gennaio, ma tutto è sotto controllo.

È la tua terza stagione tra i pro’: è tempo di raccogliere qualcosa?

Sì, è ora di fare uno step in avanti. Nei primi due anni ho raggiunto un buon livello, ma adesso voglio essere più competitivo, sia per ottenere risultati personali sia per essere ancora più fondamentale per la squadra. Questo è l’obiettivo principale su cui sto lavorando.

E hai subito toccato un tema interessante: la squadra. La Israel-Premier Tech si è rinnovata molto: che team è oggi?

È una squadra in grande crescita. Il 2024 è stato il nostro miglior anno, tuttavia siamo consapevoli che possiamo fare ancora meglio. Il roster è migliorato tantissimo: abbiamo fatto solo tre cambi (Hirt, Louvel e Lutstenko, più Coté che però veniva dalla devo della Israel, ndr), ma gli innesti sono stati di grande qualità.

Frigo (in prima posizione) è un ottimo sciatore di fondo, quest’inverno si è allenato parecchio sugli sci e lo ha fatto persino con Simone Mocellini, atleta della nazionale
Frigo (in prima posizione) è un ottimo sciatore di fondo, quest’inverno si è allenato parecchio sugli sci e lo ha fatto persino con Simone Mocellini, atleta della nazionale
Chiaro…

Inoltre, il gruppo si sta ringiovanendo rispetto agli anni passati. Al ritiro di dicembre abbiamo gettato basi solide, sia in termini di preparazione atletica sia come coesione tra i corridori. Questo è fondamentale per affrontare bene la stagione. Abbiamo grandi ambizioni.

Quali saranno i tuoi obiettivi principali per il 2025? E come si colloca Marco Frigo in questa squadra?

Farò parte del gruppo grandi Giri, con un calendario che prevede il Giro d’Italia e la Vuelta. L’obiettivo principale è puntare a una top 5 o al podio: al Giro con Derek Gee, che sarà il nostro leader. Per me sarà la prima volta che affronterò un grande Giro con responsabilità di classifica generale, anche se non sarò il capitano. Questo significa porre attenzione a ogni minimo dettaglio, giorno dopo giorno. In passato ero stato spesso in fuga, quest’anno non credo che sarà lo stesso.

Ne parli con entusiasmo, almeno il tuo tono dice così: ti piace questo nuovo modo di approcciare il Giro?

Molto. È una cosa che non ho mai fatto prima e che mi stimola parecchio, sarà bello anche per imparare e vivere la corsa in un altro modo. Inoltre, il gruppo che si sta creando è davvero motivante: oltre a Derek, ci saranno Jakob Fuglsang (che in pratica non ha smesso proprio su richiesta di Gee, ndr), Hugo Houle e altri compagni con cui costruiremo e stiamo già costruendo un’atmosfera affiatata. L’obiettivo di portare Derek sul podio sarà una sfida importante e stimolante per tutti.

Lo scorso anno Frigo ha finito bene la stagione, tanto che Bennati lo ha convocato per i mondiali, anche se poi fu riserva
Lo scorso anno Frigo ha finito bene la stagione, tanto che Bennati lo ha convocato per i mondiali, anche se poi fu riserva
E’ arrivata anche un po’ d’Italia. Uno dei direttori sportivi infatti sarà Francesco Frassi, come è andato questo primo approccio?

Mi ha fatto un’ottima impressione. L’ho conosciuto al ritiro di dicembre: è una persona molto professionale, sempre puntuale e attenta. Ha già dimostrato di essere presente e di voler fare le cose nel migliore dei modi, anche aiutandomi con alcune pratiche di tesseramento. Sono sicuro che avrò modo di conoscerlo ancora meglio durante le gare, sia alla radiolina che al volante dell’ammiraglia. Comunque nel nostro team c’era già un bel po’ d’Italia nello staff!

In conclusione, che atmosfera si respira nella squadra?

C’è tanta consapevolezza e voglia di fare bene. Stiamo crescendo molto come gruppo e siamo pronti a metterci in gioco per obiettivi ambiziosi. Personalmente, sono molto motivato e non vedo l’ora di iniziare questa stagione che promette grandi emozioni. Forse non avremo il super campione…

Scusa l’interruzione: ma quello ce l’hanno tre o quattro squadre…

Esatto, ma il nostro livello medio è molto alto. Oltre ai nomi fatti prima mi vengono in mente Strong, Blackmore, Ackermann e poi i nuovi. Oppure penso a Riley Sheehan, che lo scorso alla prima partecipazione è arrivato tredicesimo al Fiandre.

Fuglsang va avanti un anno in più: «Ho ancora grandi stimoli»

18.10.2024
5 min
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La notizia è arrivata un po’ a sorpresa: Jakob Fuglsang continua ancora un anno. Giusto 12 mesi fa avevamo parlato con il campione della Israel-Premier Tech. Eravamo al via della Veneto Classic (che si correrà domenica prossima) e il danese ci diceva che si preparava ad affrontare la sua ultima stagione da professionista. Che aveva piacere di fare il Tour de France perché partendo dall’Italia poteva unire in qualche modo i due Giri. E invece ecco questa, bella, notizia.

Ex biker, iridato U23 della mtb, re di due classiche monumento quali la Liegi e il Lombardia, medaglia d’argento a Rio 2016, lo stesso Fuglsang ci ha spiegato meglio il perché di questa decisione e come è nata. 

E’ il 28 aprile 2019 quando Fuglsang vince la Liegi. L’anno dopo conquisterà anche il Lombardia
E’ il 28 aprile 2019 quando Fuglsang vince la Liegi. L’anno dopo conquisterà anche il Lombardia
Insomma, Jakob: sarai corridore per un altro anno…

Esatto! Alla fine a novembre scorso, quando avevo ripreso ad allenarmi per questa stagione, mi sono subito reso conto che avevo tanti stimoli. Mi dicevo: «Sono troppo motivato per dire basta». Così ho deciso: aspetto il Tour e vedo come va. Se va male, se proprio non riesco a stare in gruppo, mi fermo, altrimenti vado avanti. Neanche l’inizio di stagione, che è andato male, mi ha fatto perdere fiducia. Dopo le Ardenne ho cambiato preparazione. Sono tornato ai miei metodi e infatti la condizione è arrivata. Ho fatto un buon Delfinato e ho aiutato parecchio Derek Gee. Da lì non ho avuto più dubbi: faccio un anno ancora. Un anno in cui darò tutto.

Cosa significa che sei tornato ai tuoi metodi?

In pratica avevo seguito le nuove preparazioni, quelle dei giovani! Tanta Z2 e dei fuori soglia, ma almeno con me non ha funzionato. Guardate come vanno le gare: si va sempre molto forte. Non si sta poi così tanto in Z2, mentre si viaggia parecchio in Z3. E la Z3, il vecchio medio per farla semplice, mi mancava. Sì, forse i numeri massimi erano anche migliori, ma il problema è che dopo tre ore ero finito. Vuoto. Non andavo avanti. Avevo consumato tutti i carboidrati. Non avevo resistenza e così quei numeri buoni diventavano inutili. Tornando a lavorare in Z3 ho ripreso i miei standard.

Quando si dice l’esperienza! Secondo noi, voi “vecchietti” potete ancora dare molto a questo ciclismo…

Lo penso anche io. Noi vecchi possiamo dare parecchio… Oggi vedo tanti ragazzi legatissimi ai numeri, ai watt/chilo. I team prendono i ragazzi in base ai numeri, e ci sta. Ma se poi non sanno gestirsi nella vita, non sanno correre, non sanno stare in gruppo a cosa servono i watt? A me piace insegnare ai ragazzi. E’ un ruolo che so fare.

Fuglsang con a ruota Gee: Jakob è un aiuto prezioso per la crescita del canadese
Fuglsang con a ruota Gee: Jakob è un aiuto prezioso per la crescita del canadese
Si dice che tu abbia stretto un bel rapporto con Derek Gee. E’ così?

Ho corso con lui per la prima volta al Delfinato e poi al Tour e sì, si è creato un bel rapporto. Derek mi ha dato subito fiducia, ha visto come mi muovevo in corsa. Poi il Delfinato è andato bene sia a me che soprattutto a lui e la stima è aumentata. Per la squadra quella prestazione è stata importantissima e questo ruolo mi va bene. Ho anche iniziato così: sono stato vicino agli Schleck nei primi anni su strada, poi a Nibali e Aru. Come dicevo è un lavoro che mi piace e che ritengo di saper fare meglio di molti altri.

Non è facile per i team oggi prolungare il contratto di un atleta che va per i 40 anni: come è andata la trattativa? Ammesso ci sia stata.

All’inizio del Tour ho chiamato Jean Bélanger, il proprietario di Premier Tech. Io sono qui grazie a lui. Gli ho detto delle mie intenzioni e se quindi poteva parlare con la dirigenza della squadra. Da lì un po’ di trattativa c’è stata, ma l’intenzione era di restare. Anche perché che senso avrebbe avuto cambiare squadra per una sola stagione a 40 anni? Dover cambiare tutto, nuovo staff, nuovi materiali. Alla mia età sarebbe stato difficile.

Fuglsang è stato una pedina fondamentale dell’Astana dei tempi d’oro: quella di Nibali
Fuglsang è stato una pedina fondamentale dell’Astana dei tempi d’oro: quella di Nibali
Se non ti avessero tenuto avresti smesso quindi?

No, avrei cercato ancora, ma se non avessi trovato quello che cercavo, cioè buone condizioni, sarei stato disposto a fermarmi. Alla fine ho fatto una buona carriera. Non faccio questo anno in più perché mi serve un contratto o perché devo ottenere chissà quale risultato. Vado avanti perché sento di stare bene, di poter aiutare la squadra… Vado avanti perché mi piace correre! Altrimenti non avrei continuato. Alla mia età non è facile. Anzi, è sempre più difficile. I giorni lontani da casa sono tanti, ho due bambine. Insomma, se non avessi trovato, sarebbe andata bene comunque.

Chiaro…

Sylvain (Adams, il team manager della Israel-Premier Tech, ndr) mi ha proposto un anno con opzione di rinnovo, ma io ho detto no: «Devo sapere che questo è l’ultimo anno e voglio dare il 120 per cento per questo». Volevo idee chiare e precise proprio per essere ancora più concentrato.

Al dopo hai già pensato?

Non troppo. Lo farò quando sarà il momento giusto. Con mia moglie abbiamo messo su un brand di abbigliamento sportivo e il da fare non manca. Poi sono convinto che quando davvero avrò smesso qualcosa succederà. Tutto è aperto.