Toh, Benedetti con la Polonia. Ecco il “Cece” biancorosso

26.09.2021
3 min
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Scorrendo l’ordine di partenza balza agli occhi un nome che desta curiosità. O meglio, la Nazione a cui è associato. Il numero 118 infatti dice: Cesare Benedetti, Polonia.

Il corridore trentino della Bora Hansgrohe lo abbiamo incrociato poco prima del via da Anversa del mondiale 2021. Serio e anche un po’ teso, ma sempre super disponibile, ci ha raccontato questa sua storia.

Tantissimi i tifosi polacchi in Belgio
Tantissimi i tifosi polacchi in Belgio

Polonia seconda patria

«Ormai da quasi quindici anni sono legato alla Polonia – racconta Benedetti – la mia compagna con la quale sono sposato da otto anni è polacca e così ho ufficializzato questo legame. Ho avuto la possibilità di avere il passaporto polacco e di conseguenza anche a livello sportivo ho potuto prendere questa decisione. Che dire: sono motivazioni e possibilità in più.

«Sono molto contento e mi sono anche ben integrato in Polonia. Mia moglie Dorothea è del sud, nella zona dove negli ultimi anni c’è stato anche il Tour de Polonia, a 30 chilometri da Katowice».

Cesare Benedetti (34 anni) dopo la Vuelta ha corso anche a Francoforte. Per lui quest’anno anche il Giro (in foto)
Cesare Benedetti (34 anni) dopo la Vuelta ha corso anche a Francoforte. Per lui quest’anno anche il Giro (in foto)

Tutto all’improvviso

Benedetti ha dovuto attendere a lungo per ottenere il doppio passaporto. E una volta che questo è arrivato, in estate, ha fatto richiesta all’Uci. Lui immaginava che il tutto potesse partire dal 2022 e invece…

«Pensavo che il processo durasse un po’ di più – continua il trentino – Sapevo che c’erano dei tempi da rispettare per cui ho fatto la richiesta a luglio e ad inizio agosto era tutto tutto fatto. A quel punto ho iniziato davvero a pensare al mondiale. In Bora ci lavora Sylwester Szmyd, che è anche il tecnico nazionale. Con gli altri ragazzi poi ci siamo incontrati spesso in corsa. 

«Come l’ho preparato? Ho corso talmente tanto che non ho dovuto fare chissà cosa. Siamo qui per Michael Kwiatkowski. Lui sta bene, anche a Denain è andato forte e sa come si vince un mondiale! Non parte da favorito e questo può essere anche un vantaggio. A livello emotivo può stare tranquillo, non ha niente da perdere».

Kwiatkowski in zona mista, prima del via da Anversa. Sembra assonnato!
Kwiatkowski in zona mista, prima del via da Anversa. Sembra assonnato!

Debutto iridato

Per Benedetti questo è il primo mondiale. Un qualcosa di simile lo avevamo visto l’anno scorso con Enrico Gasparotto, che corse ad Imola per la Svizzera. Dice che è una vera emozione. Che si respira un’atmosfera particolare, tanto più che si corre in Belgio.

«Sicuramente è una grande emozione. Non nascondo di essere un po’ nervoso, anche se poi è una corsa come le altre… Come parlo in corsa? In polacco. Per ottenere il passaporto ho dovuto superare degli esami e anche a casa con nostra figlia si parla anche polacco. Tornare indietro? Si può cambiare due volte, ma dubito che a 34 anni suonati avrò ancora molte possibilità!».

Fiandre Pro Jacket, ecco perché alla Bora lo adorano

12.03.2021
6 min
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Come viene utilizzata dai corridori professionisti della Bora-Hansgrohe il giubbino Fiandre Pro Jacket che nasce per affrontare le condizioni climatiche peggiori come freddo, vento e pioggia?

Questo capo di abbigliamento prodotto da Sportful, in due configurazioni e diversi…pesi (leggero e pesante, manica lunga e manica corta) è confezionato con un tessuto di ultima generazione: il Polartec Neoshell, con minime cuciture termonastrate. Il risultato che si ottiene utilizzando questo innovativo prodotto è quello di mantenere il massimo della protezione coniugata a traspirabilità ed elasticità.

Cesare Benedetti e il suo Fiandre a manica corta
Cesare Benedetti e il suo Fiandre a manica corta

Per approfondire questo discorso abbiamo deciso di sentire un corridore del team Bora-Hansgrohe, vale a dire Cesare Benedetti, esperto corridore trentino, che vanta una vittoria di tappa al Giro d’Italia e che attualmente è impegnato in Francia, alla Parigi-Nizza.

Come sta andando la corsa?

Non male, stiamo inseguendo la vittoria con Ackermann. Ieri è arrivato terzo. La tappa è stata un po’ monotona, senza fuga. I primi cento chilometri siamo andati piano.

Fa freddo tra l’altro, immaginiamo che vi dobbiate coprire bene…

Sì, per fortuna siamo ben riforniti con i materiali.

Quale giubbino termico state utilizzando?

Utilizziamo il Fiandre di Sportful dato che è il nostro sponsor. Io non lo indosso solo quando piove. Durante l’inverno per allenarmi lo utilizzo piuttosto di indossare vari strati di indumenti. Quando il clima è freddo, lo prediligo.

Se il clima è incerto, alla partenza di una corsa, preferisci indossarlo oppure aspetti che piova per metterlo?

La maggior parte delle volte parto con la gabba, anche se non piove, quando fa freddo è utile ugualmente. Qui in Francia ad esempio la stiamo utilizzando nonostante non abbia piovuto. Oggi a metà gara le ho raccolte dai miei compagni di squadra e le ho riportate in ammiraglia

Benedetti ha utilizzato un termine da anni gergale fra i corridori. In effetti la Gabba è un capo di abbigliamento prodotto da Castelli a partire dal 2010 e poi esportato per concezioni anche nella produzione di Sportful che, come Castelli, fa riferimento alla Manifatture Valcismon di Fonzaso.

Nella borsa del freddo è indispensabile averlo…

Nella borsa del freddo io ne ho tre: uno a maniche lunghe, uno a maniche corte e uno un po’ più leggero sempre a maniche corte.

Ne avete di vari tipi, questo vi garantisce una copertura completa?

Sì, alla fine ne abbiamo due a maniche corte che possiamo tranquillamente alternare in base alle condizioni atmosferiche, in più per quando fa molto freddo ne abbiamo una a maniche lunghe.

Che differenza c’è tra le due a maniche corte?

Semplicemente una è più imbottita dell’altra. L’utilizzo è comodo perché non si limita alla sola pioggia, bensì se sento freddo e al tempo stesso non voglio sudare eccessivamente, utilizzo quella più leggera.

Pensi che abbia sostituito la tradizionale mantellina?

Sicuramente ne ha limitato l’uso perché adesso con il Fiandre si hanno notevoli vantaggi rispetto alla mantellina, però è anche vero che se piove forte si utilizzano entrambi.

Che differenza c’è tra questo giubbino e mantellina?

Il Fiandre è più aderente, si modella perfettamente al corpo. La mantellina talvolta fa l’effetto paracadute, questo in discesa e in pianura ti penalizza.

Quindi si traggono vantaggi soprattutto aerodinamici?

Esattamente, è un bel passo avanti. Anche per il sudore perché la mantellina ti isola di più, il Fiandre invece si presta meglio agli sforzi.

Le condizioni migliori per utilizzarla sono le mezze stagioni?

Sì, freddo e temperature miste. 

Che programmi hai per le prossime corse?

Sono in lista per la Sanremo, poi dovrei fare il giro dei Paesi Baschi. Ecco vi dico che in quella corsa sicuramente servirà il Fiandre perché nel Nord della Spagna piove spesso, i percorsi sono misti e con la mantellina sei scomodo. Preferisco la gabba anche perché le discese sono brevi e non ci si raffredda molto. Dopo il Paesi Baschi in  programma ci sono le classiche delle Ardenne.

La tua condizione fisica attuale com’è?

Sono migliorato. Ho perso qualche giorno a gennaio perché sono stato ammalato, non per Covid, ma per una semplice influenza. Quest’inverno ho fatto molto sport alternativo, perché gli ultimi due anni ho pedalato troppo.

Benedetti e Fabbro, a Camigliatello Silano, al Giro 2020
Benedetti e Fabbro, a Camigliatello Silano, al Giro 2020
Che tipo di sport hai fatto?

Ho fatto un po’ di sci alpino, a novembre non ho praticamente toccato la bici da strada perché ho preferito la mountain bike e il trekking. 

Quindi hai utilizzato sicuramente il Fiandre…

Certo che sì, inoltre ho potuto fare allenamenti di tre ore ad alta frequenza cardiaca, in bici con il freddo è un po difficile riuscirci.

La storia di Benedetti (al servizio di Aleotti)

04.01.2021
5 min
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«Sono in questa squadra dal 2010, quando era ancora una continental. Di quel gruppo siamo rimasti solo tre corridori», parole di Cesare Benedetti vera colonna portante della Bora-Hansgrohe. All’epoca il team si chiamava ancora NetApp ed era il sogno di un ragazzo, Ralph Denk, che da ex corridore aveva dapprima iniziato a riparare bici in un garage, poi aveva aperto un negozio, poi ancora aveva allestito un team di Mtb, quindi aveva creato una squadra juniores su strada e finalmente era riuscito ad avviare la sua avventura nel modo del professionismo.

Cesare Benedetti alla NettApp già nel 2010
Cesare Benedetti alla NettApp già nel 2010

Quella che segue è una bella storia di ciclismo, una storia della quale un ragazzo in particolare, Giovanni Aleotti, dovrebbe far tesoro. La storia di un corridore duro, di quelli che ogni cosa se l’è conquistata da solo, con il sudore, di quelli che faticano molto e vincono poco. Insomma uno di quei corridori che piace alla gente.

Benedetti uno di casa

Ma com’è stare in un team straniero, tanto più tedesco dalla testa piedi? C’è freddezza?

«Una famiglia? Piuttosto dico che mi trovo bene con tutti coloro che sono passati – dice Benedetti – e sono stati tanti. Ho un rapporto confidenziale con tutti ormai, ma resta pur sempre un ambiente lavorativo. Io sono sempre stato qua da quando sono professionista. Non saprei come funziona nelle altre squadre.

«Ho la fortuna che essendo trentino non mi discosto molto dalla mentalità rigida. In Bora sono esigenti, diretti e il team manager, seppur giovane, è di vecchio stampo: con lui basta una stretta di mano. Però se c’è un’idea quella è: dieci è dieci. Ma attenzione, non saremo come un team che ha tanti colombiani ma ci si diverte lo stesso. Specie con Sagan, Postlberger, Grosschartner …».

Denk sarà tedesco però è colui che ingaggia un istrione come Sagan e la scommessa Palzer, lo scialpinista. 

Cesare (33 anni) sul Monte Stivo, sci alpinismo “dietro casa”
Cesare (33 anni) sul Monte Stivo, sci alpinismo “dietro casa”

Quel no della Liquigas

Trovare un ciclista che per tanti anni resta nello stesso gruppo è sempre più una rarità. Benedetti conosce bene ogni meccanismo del team, sia perché ne fa parte da tanto tempo, sia perché ne ha colto la mentalità ed è cresciuto con questo.

«Nel 2009 – racconta Cesare – ho fatto uno stage con la Liquigas. Sembrava mi prendessero, ma a fine settembre mi dissero che non si poteva fare. Uno dei direttori sportivi di questo team che stava per nascere era Enrico Poitschke, il quale a sua volta era stato diretto da Oscar Pelliccioli alla Milram. Io con Oscar avevo corso alla Bergamasca dove faceva il ds. Il collegamento fu lui quindi. La NetApp inoltre cercava corridori delle Nazioni in cui intendeva investire e così intrapresi questa scommessa di andare in una continental. Dico scommessa perché se ne sentivano tanti già all’epoca di team che volevano crescere, ma pochi poi ci riescono».

Tuttavia i primi anni non furono facilissimi. Benedetti “emigrò” in Belgio, sul confine tedesco, dove la squadra aveva il magazzino e partiva per le gare.

«Ho rischiato anche di perdermi. Tutto nuovo, anche gli allenamenti. Non c’erano salite vere per allenarsi. Eravamo in 5-6 ma non era chissà che gruppo. Inoltre per i primi tre anni non avevo  il potenziometro, né il preparatore. Col senno del poi feci anche degli errori.

Già non avevo una mentalità vincente e mi ritrovavo ancora più afflitto. Anche fare il gregario non era facile. Se hai il velocista che se tutto va bene fa ottavo non è che la squadra va a tirare. Non potevo mettermi in mostra neanche in quel senso.

«Poi ad un tratto arrivò gente che lottava per la vittoria. E così anche io potevo farmi vedere. Nel 2016 cambiò tutto. Feci un sacco di corse, anche il Tour e la Vuelta, cosa che mi diede molto sul piano fisico. La testa poi fece il resto. Mi ritrovai alla mia prima Sanremo a lavorare per Sagan che poteva vincerla. Mi dissero che avrei dovuto tirare tra la Cipressa e il Poggio. Impossibile non farsi trovare pronti con Sagan che lotta in maglia iridata. Ho scoperto dei limiti. Fu un ulteriore miglioramento».

Gregario doc, l’anno scorso al Giro ha trovato la sua prima vittoria da pro’
Gregario doc, l’anno scorso al Giro ha trovato la vittoria

Benvenuto Aleotti

Un corridore come Benedetti vicino è una manna per un ragazzo che arriva in questo team. E il pensiero finisce subito a Giovanni Aleotti, neoacquisto della Bora Hansgrohe.

«Ho visto Giovanni quei pochi giorni in ritiro in Germania e cosa dirgli? E’ difficile per uno come me. Lui passa professionista da grande vincente. Ha conquistato il campionato italiano, ha fatto secondo a l’Avenir, ha vinto molte corse: da quel punto di vista non saprei davvero cosa potrei dargli.

«Posso però offrirgli dei consigli su come comportarsi in squadra, aiutarlo a tenere il morale alto se avrà difficoltà, cosa che non è detto accada. Spero che nel finale avrà più gambe di me! Magari cercherò di fargli capire quali sono i momenti quando davvero conta stare davanti e quando magari ci si può rilassare.

«Per quel poco che lo conosco la mentalità tedesca non lo spaventerà. Mi sembra già molto inquadrato ed è un ragazzo che tiene la cresta bassa. Vedo che già presta cura ai dettagli, magari dovrò consigliarlo a lasciarsi andare in alcuni momenti. Anche io da giovane ero molto ligio, ma non sempre è un bene».

Infine ci sono i direttori sportivi con cui avrà a che fare Aleotti, tutti stranieri. Anche in questo caso Benedetti non è banale.

«Ho legato di più con il preparatore Helmut Dollinger – conclude Benedetti – che con loro, ma ci sono due ds con cui è tanto che lavoro: Poitschke e Pomer. Soprattutto con Pomer che stava sulla seconda ammiraglia alcuni anni fa ho passato più tempo, perché ero spesso in fuga e lui mi seguiva. Io però credo che quel certo distacco deve esserci. Non dico che il corridore debba temere il ds, ma quel rispetto non deve mancare».

Come a dire: certe distanze fanno bene. Capito Aleotti?