Gianni Faresin è tornato a casa. A dire il vero era già sembrato strano che se ne fosse andato. Parlandoci all’inizio del 2019 aveva spiegato come secondo lui si potesse fare una buona attività U23 anche senza diventare continental. Eppure alla fine della stessa stagione ha accettato l’offerta della Casillo e ha raggiunto Matteo Provini portando anche suo figlio. Il 2020 è andato come sappiamo. E quando nel corso dell’estate Luciano Rui ha annunciato che anche la Zalf Fior avrebbe fatto il salto tra le continental, Faresin ha fatto nuovamente i bagagli ed è tornato.
«Non è peccato cambiare idea – dice – soprattutto quando ti rendi conto che i ragazzi più giovani ormai vogliono soltanto le continental. Il messaggio che passa è questo. Ed è innegabile che fare corse di 200 chilometri con i professionisti a un ritmo gara superiore ti aiuta quando vai a misurarti nelle internazionali U23».
Edoardo Zambanini ha vinto la maglia di miglior giovane al Giro d’Italia U23 (foto Scanferla)Zambanini, miglior giovane al Giro U23 (foto Scanferla)
Come è nato il riavvicinamento tra Faresin e la Zalf?
Parlando con “Ciano” Rui. Alla Casillo stavo bene, ma c’era il limite della distanza. Quei 250 chilometri da casa alla sede della squadra erano un bel freno al mio modo di lavorare, che prevede il fatto di seguire i ragazzi ogni giorno in allenamento. Ci pensava Provini e per la preparazione avevamo adottato una linea quasi professionistica, con il programma mandato via mail. Poi i ritiri sono saltati a causa del Covid e si è potuto lavorare poco. Detto questo, i 13 anni fatti con la Zalf non si dimenticano e io qui ero stato bene.
C’erano state discussioni?
Più che discussioni, parlerei di riflessioni. I corridori continuavano ad andare via, soprattutto Dainese e Battistella bruciavano parecchio. Erano corridori nostri, cresciuti qua, che se ne sono andati e hanno vinto il campionato europeo e il mondiale con altre maglie. Poi se ne è andato anche Frigo, da campione italiano. Tutto intorno erano venute fuori delle realtà che ai loro occhi erano più appetibili.
Dalla Casillo, oltre a Faresin, è tornato anche Matteo Zurlo (foto Scanferla)Dalla Casillo è tornato anche Zurlo (foto Scanferla)
Ma Faresin non era convinto…
Io continuo a pensare che la continental dà il vantaggio di correre fra i pro’, ma ti toglie la possibilità di avere una crescita calma. Se però guardiamo a come è andato il 2020 tra i professionisti, dovremo ragionare anche su questa gradualità.
Nel gruppo dei pro’ si parla tanto di questo aspetto.
Lo so bene, soprattutto in termini di longevità e di carriera, perché secondo me è difficile che arrivino a correre fino a 35 anni. Perciò bisogna che vincano e guadagnino bene nei prossimi cinque/sei anni, perché poi avranno davanti una vita intera da inventarsi. Del resto è sempre andata che chi vince da giovane guadagna sempre di più di uno che ci arriva dopo.
Che cosa possiamo aspettarci dalla Zalf continental?
Sicuramente, essendo il primo anno, faremo qualche puntata tra i professionisti e qualche corsa all’estero. Il grosso della nostra attività sarà comunque incentrata sugli under 23, puntando a farli crescere in casa. Se hanno la prospettiva di correre con noi tra i professionisti, magari si riesce a convincerli a fare un anno in più.
E poi c’è Samuel Slomp, 19 anni, passista scalatore trentino (foto Scanferla)Slomp, passista scalatore trentino (foto Scanferla)
Come andrà la convivenza con Ilario Contessa, che nel 2020 è stato il tecnico della squadra?
Avevamo già lavorato insieme tre anni fa. Lui si occupa della parte gestionale e logistica, io torno a fare quello che facevo prima, seguendo la preparazione. Io ho una certa età e sono una persona tranquilla, lui è maturato. Andrà bene.
Tutto sui giovani, allora?
Ne abbiamo di promettenti, da vedere sul campo. Dai test abbiamo avuto delle belle sorprese, per cui sicuramente avremo un bel gruppo. L’unico neo forse è la mancanza di un velocista stagionato che possa portare il numero di vittorie, ma ne abbiamo 3-4 veloci che, se ben allenati, possono farsi valere.
Ci sono ritiri in programma a gennaio?
Aspettiamo le direttive del Governo e le previsioni del tempo. L’idea sarebbe di rimanere a Castelfranco appoggiandoci all’hotel Fior. Se dovesse fare brutto, al massimo andremo in Toscana.
Stage alla Vuelta Burgos per Simone Raccani. La Quick Step lo ha chiamato, ma il bel sogno si è infranto il terzo giorno. I suoi ricordi. E le prospettive
Era un giorno d’estate e nevicava… Ferrara si fa una risata dal volante dell’Eurocargo 180 e il viaggio prosegue. E’ partito alle 3,30 da Castelfranco e sta tornando indietro. Chiedeva di avere un attacco epico e un po’ assurdo come questo da almeno 15 anni e ormai non c’era più motivo di negarglielo. Perché a Lello non puoi dire di no. Per quello che s’è condiviso e quello che pensando a lui salta alla memoria. Per la sua storia sofferta di atleta, ma anche di marito e di padre. Adesso poi che s’è messo a impazzare su Instagram e chi non lo conosceva prima potrebbe pensare a un clown arrivato da chissà dove.
Così per fargli compagnia e anche un po’ giustizia, siamo saliti con lui per qualche chilometro d’autostrada.
Riserva ai mondiali di Salisburgo 2006Riserva ai mondiali di Salisburgo 2006
Come va, star del web?
Non c’è traffico, zona rossa. La gente lavora da casa.
Come va a te…
Ah, scusa. Bene. Vediamo se a gennaio si libera qualcosa. Si trova più a fare l’influencer in giro che a lavorare. Ma è un ambiente così, lo conosciamo. Finché funzioni va bene, poi tanti saluti. E quando uno come Vegni viene in diretta con me e mi dice che io sono più famoso di lui, qualche domanda su questo mondo me la faccio. Mi sono dato un anno di tempo. Poi stacco Instagram e tanti saluti.
Da dove viene questo amore per il ciclismo?
A me in realtà il ciclismo non è mai piaciuto, mi ha obbligato mio papà Domenico. Per fortuna. Avevo già preso la mia strada e so dove portava. Quelli della mia età sono tutti morti o in carcere. San Paolo sulla sua strada trovò il Signore. La mia bestia nera fu mio padre, che mise dei paletti e mi salvò la vita. Quando lui è morto nel 2009, per me è morto il ciclismo. Anche adesso, se non sono obbligato, la bici non la prendo. Ma il ciclismo mi ha permesso di imparare.
La prima gara a San Pietro a Patierno (senza audio) e la prima caduta: è il 1992
Che cosa?
Ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere dei giornalisti che mi hanno insegnato a parlare, leggendo quello che scrivevano. Ho imparato dalle persone più intelligenti di me. Dai dottori delle squadre in cui ho corso.
Perché tuo padre ti mise in bici?
Io volevo fare il calciatore e andammo a fare il provino, alla scuola del Napoli all’Albricci. Mio padre lo diceva che non ero tagliato, ma andammo e ci sentimmo dire quello che lui sapeva già. Che con il pallone non c’entravo niente, ma che mi facessero fare uno sport di resistenza, perché non mi ero mai fermato. E così venne la famosa gara di San Pietro a Patierno, il mio paese. Quella in cui caddi e da cui cominciò tutto.
Con Franco Ballerini durante la trasferta preolimpica a Pechino (foto Instagram)Con Ballerini a Pechino (foto Instagram)
Se non ti piaceva, perché fare per tanti anni il corridore?
Perché avevo sulle spalle mio padre come il grillo parlante. Il ciclismo è stato una parentesi che mi ha salvato. Grazie a quegli anni da corridore, ho trovato un lavoro e grazie al ciclismo oggi mi sono rilanciato.
Vittoria di Castelfranco al Giro dilettanti 1998. Quanto piangevi…
Era cattiveria agonistica che esplose. Ero stufo si parlasse di me come del cognato di Figueras, arrivato per questo alla Zalf. Quella tappa l’ho vinta con una fuga che mi ha permesso di emergere ed essere premiato. Da quel giorno alla Zalf impararono a chiamarmi per nome.
Che differenza c’era fra te e Figueras?
Giuliano nasce campione e il padre ne ha fatto tesoro. Il papà era il suo diesse sin da allievo, mentre il mio non si è mai messo in mezzo. Lui forse ha avuto fame di soldi e poi l’ha persa. Io mi sono dovuto salvare da una brutta situazione. Ma fisicamente, Giuliano era Maradona, io un piccolo Ciro Ferrara.
Da quella Toyota piena di firme è nato il nuovo Lello (foto Instagram)Il nuovo Lello e la sua Toyota (foto Instagram)
In una diretta hai chiesto a Basso perché ti abbia voltato le spalle.
Ci siamo conosciuti da militari, eravamo nella stessa stanza. Siamo diventati amici, perché ha capito che ero una persona che gli dava e non gli toglieva. Siamo andati insieme alla Zalf. Abbiamo creato degli obiettivi comuni. Non mi sentivo meno forte, ma Ivan è sempre stato un modello di professionismo. Nella macelleria di casa, sua madre teneva dietro alla cassa una foto di noi due. Mi ha aiutato in tanti passaggi, poi promise che mi avrebbe portato alla Liquigas e lì si interruppe tutto. Bastava mi chiamasse per dirmi che non poteva, invece sparì. Gli ho chiesto questo. Perché gli voglio bene come a un fratello.
C’è una foto molto bella di te con Franco Ballerini.
Franco mi ha lasciato a metà, come mio padre. Se ne è andato senza farsi salutare. Stavo facendo una distanza e squilla il telefono. «Pronto Lello, sono Franco Ballerini!». Ero in giro da sei ore, per cui rispondo di non prendermi in giro. Metto giù e continuo. Dopo un po’ verso Asiago torna il segnale e trovo una chiamata di Boifava. Cosa avrò combinato? Mi fermo e lo chiamo. «Cosa hai combinato? Hai chiuso il telefono in faccia a Ballerini? Vuole portarti in nazionale, richiamalo». Lo richiamo e lui rideva. Gli dissi che per la felicità avrei fatto altre 4 ore, ma mi disse di andare a casa per non finirmi. E così mi portò a Salisburgo.
Piano piano si torna a pedalare (foto Instagram)Di nuovo in bici (foto Instagram)
Quel 2006 fu magico…
Sai perché? Perché Elisa era incinta di Sonny e stava per partorire. Così era venuto su mio padre e si era messo in un residence. E io per non deluderlo in quel periodo mi sono messo ad allenarmi come un matto. Volevo che fosse fiero di me.
Però Franco ti mise di riserva.
Gli dissi che sarebbe finita così e lui rispose: «Grazie, mi hai tolto un peso». Se avessi corso, non avrei rubato il posto a nessuno. Maper me di San Pietro a Patierno essere lì era già una vittoria. Quando andammo nella preolimpica a Pechino, mi disse che dopo la nazionale avrebbe creato una squadra e ci sarebbe stato posto anche per me, da corridore o in un altro ruolo. Che mettessi la testa a posto, senza tradire quello che sono. Era il nostro patto, è la prima volta che lo racconto a qualcuno. Con Franco legai molto. Mi chiamava. Mi chiedeva cosa facessi e se mi fossi allenato…
La sua vita in bici tutta sul web (foto Instagram)Sul web il Lello ciclista (foto Instagram)
Hai vinto il Giro dei dilettanti.
Andavo forte. Venivo dalla rottura della clavicola, quindi ero fresco. Avevamo vinto il Giro del Veneto con Pellizotti e lo avevo aiutato, per cui andai per le tappe e provare a passare professionista. Finché un giorno venne in camera Giovanni (Renosto, diesse della Trevigiani, ndr) e mi disse che avrei dovuto attaccare sul Monte Grappa. Io risposi che così Franco avrebbe rischiato la classifica. Seppi dopo che qualcuno aveva chiesto che preferibilmente il Giro lo vincesse un ragazzo del Nord. Dopo il Giro del Friuli, che vinsi, Renosto ci disse che la squadra avrebbe chiuso. E io passai con la Alessio.
Quale è stata la diretta più bella di “Lello e Friends”?
Per soddisfazione personale, la diretta con gli azzurri dai mondiali, Nibali, Vegni, Di Rocco. Ho capito che sono arrivato in alto, senza guadagnare un euro. Sono tutte belle, ne avrò fatte 300.
Con il presidente federale Renato Di Rocco (foto Instagram)A Treviso con Di Rocco (foto Instagram)
Quella che ti ha deluso?
Quella con la Patenoster, perché ho capito che non avevamo argomenti e alla fine ci siamo messi a parlare delle sue vittorie. E’ diverso parlare con un uomo o una ragazza. Non sono riuscito a tirarle fuori niente. Mi sono piaciuti Brumotti e anche Paolo Kessisoglu, perché ho messo il naso in altri mondi.
Ad Aru hai chiesto come avesse fatto a farsi dare 3 milioni l’anno per non vincere mai.
L’ho paragonato a David Coperfield. E’ stato un momento forte, ma da allora siamo sempre in contatto. Ci sentiamo quasi tutti i giorni e la gente mi chiede di sapere dove correrà, ma io non lo so.
E con il lockdown arrivano le dirette di “Lello e Friends” (foto Instagram)E con il lockdown nasce “Lello e Friends” (foto Instagram)
E Bettiol?
Che figura, ero proprio fuori dal mondo. Pensavo avesse vinto la Roubaix, me l’ha detto lui che invece era il Fiandre.
E adesso?
Adesso arrivano Di Luca e poi Riccò. Ma prima devo arrivare a Castelfranco. Il camion è quello che mi dà da mangiare, bisogna che lo tratto con tutti gli onori…
Una risata, poi sparisce verso le prime brume del Veneto, in questo pomeriggio che sa di inizio inverno. Anche se era un giorno d’estate. E nevicava…
Lo Squalo Tv è l'ultima trovata di Lello Ferrara. Ieri sera, nello studio virtuale con Nibali e Pozzovivo c'è stato Bernal. Una storia di vera amicizia
Luca Chirico inaugura il suo negozio, si sposa e volta pagina. Il Lombardia è stato la corsa di addio. Il futuro è appena cominciato ed è tutto da disegnare
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Alla fine sta per cadere anche l’ultimo baluardo del vecchio dilettantismo italiano: la Zalf Desiree Fior diventa continental. E siccome non si tratta di voltare le spalle alla gloriosa storia della squadra di Castelfranco, ci permettiamo di salutare la novità con un applauso. Da troppo tempo infatti i corridori avevano smesso di considerarla un approdo che agevolasse l’accesso al professionismo. E questo indubbiamente significava tradirne la tradizione.
«Per questo motivo – spiega Luciano “Ciano” Rui, carismatico direttore sportivo del team – negli ultimi anni abbiamo perso corridori come Dainese, Battistella e Frigo (i due sono insieme in apertura, foto Scanferla), che ha vinto la maglia tricolore e se l’è portata in Olanda. Loro me lo hanno detto in modo esplicito. Siamo riusciti a trattenere soltanto Moscon, grazie all’attività con i professionisti svolta con la nazionale. E speriamo che qualcuno vada a riprenderlo, Gianni. Era duro di testa allora, temo lo sia rimasto…».
Alessio Portello, nuovo acquisto, vincitore del Gp Rinascita 2020Portello, nuovo acquisto, al Gp Rinascita
Insomma, vi siete decisi…
E’ stata versata la fideiussione, direi che ormai è fatta, anche se ci siamo mossi nel momento più sciocco, con questo Covid ancora nell’aria. Però serviva una svolta, per non perdere i giovani che cresciamo e poi vanno via. Dà fastidio rendersi conto che la Lotto Under 23 non sia continental, ma loro sono il vivaio di una WorldTour…
E poi all’estero ti fanno correre lo stesso.
Qua invece alcuni organizzatori hanno la puzza sotto il naso e altri per correre ti chiedono di pagarti le spese. Ma va bene, si doveva fare e si farà.
Quanti corridori avrete?
Saranno in 15 e sull’ammiraglia torna Faresin. Gianni se ne era andato per fare esperienza continental, ma ha visto che con i corridori lontani da casa non riusciva a seguirli come voleva. Lui sarebbe rimasto se fossimo già stati continental. E assieme a Gianni, tornano a casa suo figlio e Zurlo.
Dici che sarà amore tra Faresin e Contessa, che gli è subentrato l’anno scorso?
Posso dire che sto… mescolando la pasta. Io farò un passo indietro, diventando più manager che tecnico, e ho cominciato a raccomandargli che dovranno lavorare nell’interesse della società. Faresin è super motivato, Contessa ha l’entusiasmo del giovane. Speriamo bene. La squadra del resto è sempre la stessa. Faremo solo corse importanti, qualcosa tra i pro’ e qualcosa all’estero.
Ben figurare tra i pro’ vale quanto vincere una corsa del martedì?
Probabilmente è anche meglio, spero lo capiscano gli sponsor. Ma certo dovremo fare esperienza. Saremo con loro alla partenza, magari non saremo tutti all’arrivo, ma per crescere serve ragionare così.
Edoardo Zambanini ha conquistato la maglia bianca Aido del GiroZambanini, miglior giovane del Giro U23
Su quali nomi puntate?
E’ arrivato Gabriele Benedetti, che nel 2019 alla Mastromarco aveva fatto due vittorie e cinque podi, poi è passato alla Casillo e non ha brillato, ma ha tanto da dare. Abbiamo preso un paio di buoni juniores, Moro e Portello dalla Borgo Molino. E non dimentichiamo Zambanini, che ha vinto la maglia bianca al Giro d’Italia U23.
Al Giro è arrivata anche la maglia rossa di Colnaghi. Come hai vissuto la sua positività?
Male. Ha fatto una cavolata, ma non me ne lavo le mani. Abita vicino a Spreafico, entrambi positivi allo stesso integratore comprato su internet. Non capisco perché rovinarsi la carriera, dopo essere stato in nazionale e avere delle prospettive. Gli ho parlato da padre. Gli ho consigliato di andare in procura e raccontare la verità, sperando che trovi qualcuno che capisca e non abbia la mano troppo pesante. La domanda che mi faccio è se l’abbiano fregato, nel senso che non c’erano avvisi sul prodotto, oppure no. Internet è un posto rischioso, ma peggio ancora è la mentalità di cercare certe cose.
Correrete ancora con bici Pinarello?
Sì, avremo le F12 con freno a disco. Fausto ci teneva ad avere una continental a Treviso. Il futuro ha i freni a disco. A parte Ineos che fa come vuole, hai visto che al Giro le avevano tutte così? E voi come andate con bici.PRO?
– Si lavora, Ciano, si mena e si spera di conquistare pubblico.
– Solo sul web, giusto? Come per i freni a disco. Il futuro è sul web. In bocca al lupo.
Abbiamo proposto ad Adriano Malori di studiare una serie di foto di Ganna sulla bici da crono. Una lezione che fa bene alla nostra passione per questo sport