Calendari fittissimi: ma quando si allenano i corridori?

12.05.2025
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Quando si parla di preparazione uno dei nostri cardini è senza dubbio Pino Toni. Stavolta al tecnico toscano abbiamo sottoposto un argomento che è sì di preparazione, di allenamento, ma forse è anche “politico”, se vogliamo. In pratica, facendo un po’ i conti e parlando con diversi corridori, ci siamo resi conto di quanto i corridori abbiano già messo nel sacco… e tante altre gare li aspettano.

Alla luce di tutto questo ci siamo posti una domanda: ma quando si allenano? Oggi, si vede quanto fare programmi, alternare fasi intense e di recupero sia importante. Lavorare sulla forza o fare l’altura. Giovanni Carboni è uno di quelli che ha già oltre 30 giorni di corse nelle gambe e tantissime altre ne ha in lista. Alex Aranburu, Thibault Guernalec che supera i 35, e Jorge Arcas che addirittura guida questa classifica con 40 giorni. Lo scorso anno Damiano Caruso finì la stagione con 82 giorni di gara e fu il primo. Ad inizio anni 2000-2010 superare i 100 giorni era cosa consueta. Adesso non più e quei 30 e passa giorni di gara fanno riflettere.

Il coach toscano Pino Toni
Il coach toscano Pino Toni
Toni, molti corridori, specie di team non di primissimo piano, “non si allenano” più. Nel senso che sono sempre impegnati a correre…

E’ così. I big hanno la preparazione studiata nei dettagli, ma gli altri seguono il calendario, punto. Le squadre oggi fanno troppe corse, troppe. E con il sistema a punti attuale vanno a fare anche le gare 2.2 per cercare di accumulare qualcosa. Quindi si incastrano le corse brevi di uno o due giorni, le brevi gare a tappe, e quando uno corre tutte le settimane, ti ritrovi che l’allenamento lo fai… in gara.

E come si fa in questi casi?

Devi calibrare bene la gara e quei giorni tra una competizione e l’altra. Non puoi caricare l’atleta in settimana e allora lo porti alla corsa nella miglior condizione possibile e la corsa diventa il giorno di carico. Ma non è semplice. Non puoi più permetterti di “andare a fare la corsa per arrivare”, perché poi rischi pure il contratto, oltre che fai una fatica bestiale. Oggi i ragazzi sembrano quasi carne da macello e mi dispiace dirlo.

Quindi è una questione più “politica”, se vogliamo, che tecnica?

E’ chiaro. Un corridore non va in gara perché c’è un fine tecnico, ma perché la squadra ha bisogno di punti. Se non sei nei primi 30 del ranking, non fai i Grandi Giri. Specie le squadre Professional (ma anche qualche WorldTour aggiungiamo noi, ndr), mandano i corridori ovunque. Il ragazzo ti chiede di fare l’altura ma non ha tempo, corre ogni settimana. Fa tre giorni a casa, poi è di nuovo su un aereo. Ed è così per tantissimi. A tanti team interessa solo che abbiano avuto punti l’anno prima, li prendono al minimo salariale e li fanno correre.

Le professional e le WT più piccole pagano a più caro prezzo questa rincorsa ai punti e a risentirne sono soprattutto i corridori
Le professional e le WT più piccole pagano a più caro prezzo questa rincorsa ai punti e a risentirne sono soprattutto i corridori
Come gestite la preparazione in questi casi?

Si parte dal capire quanto recupera. Se recupera bene, gli metti qualcosa tra una corsa e l’altra. Altrimenti, lo tieni “a galla”: mantieni il peso, l’alimentazione, gli fai fare un po’ di ritmo dietro moto, ma niente carichi. Le 5 ore insomma non le fai più.

E la palestra, la forza per dire, che è ormai un cardine anche nel pieno della stagione è praticamente impossibile inserirla?

Non è detto, magari puoi sostituire un paio di uscite con della forza leggera, ma è complicato. Come ripeto, va calibrato bene con il recupero e le tempistiche tra una gara e l’altra.

Oggi si usa anche la tenda ipossica, che ora è stata sdoganata anche in Italia, ha senso farla? Il problema di questi ragazzi è che spesso non possono inserirci l’altura ideale per costruire e rigenerarsi…

Non è l’altura certo, ma è utile se fatta in blocchi di 3-4 giorni, può dare uno stimolo. Non serve starci settimane come per l’altura. In tenda sei in ipossia senza fare fatica. Alla fine l’allenamento è una forma di ipossia e vai in debito di ossigeno se sei in quota o se spingi forte in allenamento. Il principio è quello.

A livello psicologico non è pesante per i corridori? Vent’anni fa, per dire, quando arrivavano le corse di primavera ed estate in qualche modo si era più tranquilli. Si correva al mercoledì (o al martedì), il sabato e la domenica…

Ma quello è il ragionamento dei dilettanti… di un tempo. A livello psicologico per un professionista attuale è tosta, ma lì entrano in gioco il preparatore e l’ambiente. Se il corridore si convince che “non vado forte perché non ho fatto l’altura”, è finita. Allora devi fargli capire che si può fare bene anche così.. Il coach deve aiutare il corridore a capire che non è tutto perduto, che c’è un modo per salvare la stagione anche senza i blocchi di allenamento perfetti.

Zabel per nove volte è stato il corridore con più giorni di corsa in stagione. Otto volte ha superato quota 100, il record nel 2000: con 114 giorni
Zabel per nove volte è stato il corridore con più giorni di corsa in stagione. Otto volte ha superato quota 100, il record nel 2000: con 114 giorni
Insomma è il sistema dei punti che ha inciso su questa situazione?

E’ il problema principale. Una volta facevi un calendario logico, ora togliendo da questo discorso i big e gli squadroni, devi rincorrere i punti. E quindi corri le 1.1, le 2.2 in Asia, in Africa. Pensate che alcuni team faranno più punti in una corsa in Giappone che c’è in questi giorni che al Giro d’Italia, se non si arriva nei primi o non si vince una tappa.

E questo colpisce soprattutto le professional che hanno strutture importanti, ma non hanno 30 corridori più il devo team…

Ma colpisce anche le WorldTour che hanno 30 corridori, c’è chi in classifica annuale è dietro pur essendo WorldTour. Le Professional devono coprire ogni corsa per sperare di guadagnare qualche punto, e al Giro se devono andare in fuga dove li fanno i punti? E’ dura, e finché resta così, i corridori “di manovalanza” faranno più gare che allenamenti.

Ancora sul calendario: stavolta parla il direttore sportivo

18.12.2024
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Nel ciclismo moderno, la programmazione di una stagione agonistica non è mai stata così complessa. Tra calendari ancora da definire, richieste dei corridori, scelte tecniche e influenze esterne come sponsor e marketing, i direttori sportivi svolgono un ruolo cruciale nel dare forma alle ambizioni di un team (in apertura foto @charlylopeph).

Dopo aver esplorato questo argomento dal punto di vista del preparatore atletico con Maurizio Mazzoleni, oggi ci confrontiamo con Sonny Colbrelli, ex campione e ora direttore sportivo della Bahrain-Victorious. L’ex professionista ha ancora il polso caldo del corridore e per questo un dialogo stretto con gli atleti.

Sonny Colbrelli (classe 1990) si appresta ad affrontare la seconda stagione in ammiraglia
Colbrelli (classe 1990) si appresta ad affrontare la seconda stagione in ammiraglia
Sonny, torniamo dunque a parlare di calendario. Tu sei a stretto contatto con i corridori, Mazzoleni svolgeva più un ruolo da collettore come abbiamo visto, sono loro che propongono calendario o tutto nasce dalla squadra?

È un mix. Si parte dai corridori su cui la squadra punta maggiormente. Per il calendario di un leader, ad esempio, si parte analizzando i grandi obiettivi: Giro, Tour o Vuelta? O le grandi classiche, se è un corridore da corse di un giorno. Ma anche gli atleti hanno le loro idee e vogliono esprimere le preferenze: c’è chi dice “vorrei fare bene al Giro” o “mi piacerebbe puntare al Tour”. Poi, insieme ai preparatori, ai direttori sportivi e al manager, si iniziano a gettare le basi, aspettando che vengano pubblicati i percorsi ufficiali delle gare.

Chiaro…

Conoscere i percorsi è cruciale. Se, per esempio, il Giro prevede tante cronometro e un corridore è svantaggiato in questa disciplina, magari si opta per un’altra corsa come la Vuelta dove di crono magari non ce n’è neanche una. Si valuta tutto, dal tipo di tappe in generale al dislivello complessivo.

Ecco, per esempio il ritardo della presentazione del Giro d’Italia vi ha penalizzato?

Abbastanza direi, è un limite significativo. Al momento, non abbiamo nessuna certezza sul percorso del Giro d’Italia, se non qualche indiscrezione su alcune tappe, ma come più o meno ce le hanno tutti. Questo blocca molti processi decisionali, perché non sappiamo né che tipo di Giro sarà, né la sua durezza. Di conseguenza, è difficile definire chi vi parteciperà e quali saranno gli obiettivi.

Con ogni probabilità vedremo Tiberi al Giro, ma per l’ufficialità si vuole attendere il percorso della prossima corsa rosa
Con ogni probabilità vedremo Tiberi al Giro, ma per l’ufficialità si vuole attendere il percorso della prossima corsa rosa
Come si coinvolgono i corridori nel processo decisionale?

Quando finisce la stagione, diamo ai corridori un mese di libertà assoluta, lasciandoli staccare del tutto. Poi si riparte con i primi allenamenti e i preparatori iniziano a sondare i desideri dei ragazzi: c’è chi vuole puntare alle classiche, chi al Giro o chi, magari, alla Sanremo. Tuttavia, non si può accontentare tutti. Inizialmente il corridore parla con il preparatore, che raccoglie le sue intenzioni e lo riferisce alla squadra. A dicembre, durante i ritiri, si stilano i programmi di massima. A gennaio, invece, il calendario viene definito nei dettagli.

E come fate?

Ci sono riunioni con tutto lo staff: direttori sportivi, team manager, preparatori e corridori. Con questi ultimi facciamo delle vere interviste che durano 40′-60′. Qui si delineano le priorità e si prendono le decisioni finali.

Quali sono le difficoltà maggiori nei colloqui con gli atleti?

La difficoltà maggiore è far capire a un corridore che non può sempre seguire i suoi desideri. Se, per esempio, pensa di fare tutte le classiche, potrebbe sentirsi dire che alcune gare devono essere sacrificate per arrivare al top in un evento specifico. Non è semplice comunicare certe scelte e lo vedi subito dalla sua espressione quando non è soddisfatto. E li capisco bene, perché ci sono passato anch’io da atleta. Ricordo che un anno avrei voluto partecipare alla Roubaix, ma la squadra preferiva che mi concentrassi su un’altra corsa dove avevo più chance di ottenere risultati.

Non è facile programmare una stagione da qui ad ottobre prossimo, ma riuscirci può fare la differenza
Non è facile programmare una stagione da qui ad ottobre prossimo, ma riuscirci può fare la differenza
Quanto incidono le esigenze di marketing?

Il marketing conta, eccome. Non possiamo ignorarlo: ci sono sponsor che entrano nel team solo a patto che un certo corridore partecipi a determinate gare. È normale, sono aziende che investono e vogliono visibilità in eventi specifici. Anche in questi casi, però, cerchiamo di bilanciare le esigenze commerciali con quelle sportive, per non compromettere i risultati.

Quanto è importante il ritiro di dicembre ai fini del calendario?

È fondamentale. Durante questo ritiro si gettano le basi per la nuova stagione, si amalgama il gruppo e si conoscono i nuovi innesti, sia dei corridori che dello staff. Ma soprattutto è il momento per chiarire le idee, per avere un programma mentale su cui lavorare durante l’inverno: questo per me da ex corridore, ma anche da diesse, è fondamentale.

Comprensibile: uno inizia subito a mentalizzarsi…

Esatto, tornare a casa con un buon ritiro di dicembre nel sacco aiuta a partire con il piede giusto sia l’atleta che la squadra affinché possa essere più affiatata e più preparata.

Calendari, Covid e WT: mancano le atlete? Sangalli a te…

17.04.2022
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«Alla fine tra le donne corrono sempre le stesse e il più delle volte sono le più forti». Parole di Marco Villa, cittì della pista, con cui abbiamo parlato qualche giorno fa. E di cui parliamo anche con Paolo Sangalli, il collega per le donne.

Il “tecnico del parquet” lamentava le difficoltà di avere gli atleti sotto mano in un calendario sempre più fitto. E la cosa si accentua ancora di più con le donne. L’avvento del WorldTour, infatti, ha pressato non poco i loro impegni. Una “carenza di atlete” dettata anche dal fatto che le squadre femminili non hanno un organico corposo come quello dei colleghi uomini.

Paolo Sangalli (classe 1970) è il cittì del settore strada femminile elite e juniores
Paolo Sangalli (classe 1970) è il cittì del settore strada femminile elite e juniores

Scalatrici alla Roubaix?

A prescindere dall’impegno su pista, questi “pensieri ad alta voce” sul calendario femminile li abbiamo girati, come detto, a Paolo Sangalli. 

Con lui siamo partiti, dall’esempio di Marta Cavalli (ieri comunque ottima quinta) un’atleta molto leggera, quasi una scalatrice (il quasi è d’obbligo), che è stata schierata ieri alla Parigi-Roubaix. Ma sia chiaro, quello della Cavalli è solo un esempio. Come lei anche altre atlete.

«Nel caso della Cavalli – dice Sangalli – non bisogna lasciarsi ingannare. Anche se non ha un fisico possente, Marta è comunque un’ottima passista. Va forte a crono ed è portata per certi sforzi. E poi con l’asciutto, al contrario dello scorso anno, emergono ancora di più i valori di potenza vera. Emerge chi ha più watt. E lei per esempio li sa sprigionare.

«Io dico – continua il cittì – che piuttosto la scelta di far correre quasi sempre le stesse sia determinata principalmente dal momento storico che stiamo vivendo. Un momento legato al Covid. Anche molti team maschili si trovano in difficoltà con i corridori. Corrono le stesse atlete perché molte sono malate, è un qualcosa di fisiologico».

La Bingoal Chevalmeiere alla Freccia del Brabante ha schierato solo quattro atlete su sei disponibili
La Bingoal Chevalmeiere alla Freccia del Brabante ha schierato solo quattro atlete su sei disponibili

Il post Covid

«Prendiamo – continua Sangalli – per esempio la Trek-Sagafredo. Loro avevano la Deignan, campionessa uscente, che aspetta un bambino e quindi chiaramente non gareggia. Altre atlete invece sono ferme perché malate.

«Non solo, ma in alcuni casi si è trattato di scelta tecnica. Alla Freccia del Brabante, per esempio, non sono partite la Longo Borghini, la Bastianelli… proprio perché puntavano alla Roubaix. E alcune squadre sono partite con meno atlete del previsto (vedi Bingoal e Sd Worx, ndr).

«Che poi gli organici delle donne, non siano ancora alla pari di quelli maschili è sicuro. Ma ci sono margini per crescere, col tempo ci si arriva: ne sono certo. Ma ripeto, a mio avviso, il problema principale restano il Covid e il “non-Covid”. Vediamo gente che magari è positiva, non ha niente, ma è ferma a casa. Tra gli uomini col tempo sono emerse molte bronchiti, miocarditi… insomma c’è tutta una lunga coda che incide».

Per Sangalli le convocazioni delle juniores vengono fatte su altre basi, non solo in base al percorso
Per Sangalli le convocazioni delle juniores vengono fatte su altre basi, non solo in base al percorso

Juniores ed elite…

Per Sangalli il discorso del “corrono sempre le stesse” ha radici differenti. Per lui non esiste che il “Piepoli della situazione” vada a fare la Roubaix. Sangalli sceglie la formazione in base alla tipologia di percorso e le caratteristiche delle atlete.

«Per le elite, assolutamente è così – spiega il cittì – questo è come ragiono con loro. Con le junior invece il discorso è un po’ diverso. Con loro punto ad avere il gruppo, a creare lo zoccolo duro. Proprio in questi giorni sto valutando le ragazze da portare al Tour dell’Occitaine e ancora prima alla Gand e poi ai Paesi Baschi di agosto. Voglio appunto creare il gruppo per l’europeo e per il mondiale, quindi ci sta che possa schierare anche atlete non adattissime a quella corsa.

«Ma perché? Perché voglio fargli fare più esperienza possibile. Il risultato con loro non è la prima cosa. Poi è chiaro che si cerca sempre di fare bene. Se una ragazza giovane alla Gand non sa andare sul pavè ci sta, ma se mai inizia…».

«Io spero – conclude Sangalli – che con l’estate le cose possano migliorare. Anche perché ci sono il Giro e il Tour. E’ un periodo storico, tra Covid e i primi passi del WorldTour, che richiede un assestamento, un equilibrio, che sono convinto arriverà».

Cadel Evans Greta Ocean Race

Calendario 2021, vince l’ottimismo

20.11.2020
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Che calendario ci sarà nel 2021? Se ci si volta indietro, ancora si sentono gli speaker, tanto la stagione è finita tardi, ma se si guarda avanti ecco che quella nuova non è così lontana. L’effetto covid però non solo non si è fermato, ma continua a porre punti interrogativi a dir poco giganteschi anche sul 2021. Tuttavia l’esperienza acquisita quest’anno da tutto il circus del ciclismo (team, organizzatori, Enti…) a qualcosa è servita.

Niente allarmismo

La situazione della pandemia su scala mondiale non è certo rosea nonostante l’annunciato arrivo del vaccino nei primi mesi del 2021. Se si dovesse organizzare adesso, partendo da zero sarebbe un bel problema. Sarebbe come tornare indietro di 10 mesi: nessuno sapeva come fare.

San Juan 2020, l’arrivo nell’autodromo Villicum
San Juan 2020, l’arrivo nell’autodromo Villicum

I calendari sono messi in discussione, tanto più dopo la rinuncia neanche così recente delle gare australiane e asiatiche, a partire dal Tour del Langkawi la più importante di quella zona. Queste infatti sono le prove che da diversi anni tengono a battesimo l’inizio della stagione del grande ciclismo. 

Lo stop dell’Australia è legato soprattutto ad una logistica lunga e costosa. La grande isola (quasi un Continente) è molto attenta ai flussi e alle contaminazioni da sempre, figuriamoci in questo periodo. A team, media, addetti ai lavori sarebbero stati imposti troppi giorni di isolamento preventivo. Pertanto Down Under e la Cadel Evans Great Ocean Race (foto in apertura) hanno dato l’arrivederci al 2022.

Argentina salva!

Sorride, invece, l’altra parte (ciclistica) del mondo. Almeno per ora infatti è stata confermata la Vuelta a San Juan in Argentina (24-31 gennaio), “l’alter ego” dell’Australia, nonostante il virus in Sud America viaggi più spedito che in Oceania. 

Gli organizzatori hanno previsto la bolla e potranno usufruire della logistica di un autodromo, il Villicum a una mezz’ora d’auto da San Juan. L’occhio lungo di Giovanni Lombardi (da sempre vicino all’organizzazione) e di Roberto Amadio durante i mondiali di Imola ha acceso sin da allora la speranza concreta di vedersi disputare questa bellissima corsa, che tra l’altro senza il DownUnder rischia di avere un super parterre. E in tal senso vince anche Marco Selleri. E’ stato il primo a riallestire eventi (Extragiro, luglio) e la sua speranza era anche quella di dare fiducia agli altri colleghi affinché facessero lo stesso: ci è riuscito! Sempre in Sud America, in calendario ci sono poi diversi campionati nazionali e il Giro di Colombia (9-14 febbraio).

In Medio Oriente semaforo verde anche per Oman (9-14 feabbraio), l’anno scorso fermata per la morte del sultano Qaboos bin Said, e UAE Tour (21-27 febbraio) dove scoppiò la pandemia anche in gruppo.

L’anno scorso la classica ligure si disputò regolarmente
L’anno scorso la classica ligure si disputò regolarmente

Della Casa e l’Europa

Quindi che calendari ci aspettano?

«La mia opinione – dice Enrico della Casa, segretario generale della UEC – è che le gare si faranno e saranno molte, specie in Europa. Come abbiamo visto il discorso della bolla ha funzionato e le corse siamo riusciti a portarle a casa. 

«I nostri eventi, vale a dire i campionati europei e alcune altre gare che controlliamo direttamente, sono tutti confermati per il 2021: strada, pista, ciclocross, Mtb e Bmx. Per la presenza del pubblico bisognerà attendere, immagino, soprattutto per quanto riguarda la pista che si svolge in ambiente chiuso. Però abbiamo dimostrato che con la buona volontà e le giuste competenze le corse si organizzano».

La prima gara in Europa, che in teoria dovrebbe ritrovare una centralità più forte che mai, sarà il Gp Valencia il 24 gennaio (addirittura una novità per i pro’), poi man mano tutte le altre “classiche”: le gara maiorchine, l’Etoile de Besseges, la Valenciana… fino ad arrivare al Trofeo Laigueglia, prima gara in Italia, in programma  il 3 marzo.