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Chissà come, ci ritroviamo con Conte a parlare di Zanette

26.11.2021
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A volte la memoria t’impone un prezzo. Così quando l’altro giorno Mirko Rossato, citando la squadra in cui correva fra i dilettanti, ha parlato dei compagni di allora, il nome di Zanette si è messo a ballarci nello stomaco. A gennaio saranno 19 anni dalla sua scomparsa e chiunque abbia vissuto quel ciclismo non può non aver avuto la stessa reazione. E allora abbiamo deciso di pagarlo volentieri il conto alla memoria, rivolgendoci a uno dei compagni di allora, che con Denis si allenava tutti i giorni.

L’amico Biagio

Oggi Biagio Conte è uno dei direttori sportivi della Eolo-Kometa, ma allora era un velocista palermitano arrivato al Nord in cerca di gloria e fortuna. Vestiva la maglia della Mg Boys di Danilo Furlan e nel 1991 si vide arrivare in squadra il corridore di Sacile, di due anni più giovane.

Nel 2002 Zanette è alla Fassa Bortolo e Conte alla Saeco: mai nello stesso team da pro’
Nel 2002 Zanette è alla Fassa Bortolo e Conte alla Saeco: mai nello stesso team da pro’

«All’inizio – ricorda – più che amicizia fu un rapporto fra colleghi. Io vivevo in hotel a Vittorio Veneto, poi però conobbi mia moglie Rosi e mi spostai a Sacile, il suo paese. E a quel punto l’amicizia si rafforzò. Credo di essermi allenato senza Denis solo poche volte, mentre ad esempio Bruseghin che pure è vicino, preferiva andare da solo. Ognuno ha le sue abitudini…».

In perfetto ritardo

Biagio sorride, probabilmente trovando inatteso che qualcuno abbia voglia di scrivere di Denis a tanti giorni da qualsiasi ricorrenza.

«La prima cosa che ricordo – dice e sorride – sono i ritardi di tutte le mattine, quando lo passavo a prendere per allenarci. Era ogni giorno in perfetto ritardo. Arrivavo sotto casa sua e lui veniva fuori dalla finestra del bagno ancora in pigiama e diceva che aveva ancora cinque minuti, per cui potevo entrare a fare colazione con sua mamma. E così mi toccava la seconda colazione.

«Di solito ci allenavamo con la squadra di Mino Bariviera (ex professionista e storico diesse fra i dilettanti, ndr) che partivano dal passaggio a livello di Conegliano. E visto che avevamo 15 chilometri per raggiungerli ed eravamo sempre in ritardo, aspettavamo il primo camion che partiva dalla cava di Sarone per metterci a ruota e riguadagnare un po’ di tempo. Ma c’era da menare…».

Una fuga di 170 chilometri

Nonostante fosse più giovane, Denis al professionismo ci arrivò un anno prima di Biagio, ma la routine quotidiana e l’amicizia non cambiarono di molto.

«Alle gare capitava spesso di trovarsi al villaggio di partenza – ricorda Conte – e di organizzare qualcosa insieme, un attacco o una fuga. L’atro giorno mi sono ritrovato a guardare su Youtube le immagini della mia prima Vuelta in cui vinse due tappe. Pochi giorni dopo la prima vittoria (Conte vinse la prima tappa a Valencia e il giorno dopo fu leader, ndr) ci ritrovammo in fuga per 170 chilometri. C’era Baldato secondo in classifica che puntava alla tappa e alla maglia, così aveva messo tutta la Mg-Technogym a tirare. Bell’amico, avevo corso anche con lui da dilettante (ride, ndr).

Nel 2001 vince a Lubiana la sua seconda tappa al Giro. La prima nel 1995 al Santuario di Vicoforte
Nel 2001 vince a Lubiana la sua seconda tappa al Giro. La prima nel 1995 al Santuario di Vicoforte

«Ma noi davanti non abbiamo mollato un solo metro. Parlavamo. Si concordava tutto. Io soffrivo in salita, per cui un po’ si calava, ma in pianura eravamo sempre pancia a terra. Solo che il vantaggio non andò mai oltre i 2’30”, ci tenevano a bagnomaria e vennero a riprenderci su uno stradone a 20 dall’arrivo. E alla fine Baldato vinse la tappa».

Il gigante buono

Come fu che Zanette, cui certo non mancava il carattere, di colpo divenne per tutti “il gigante buono” è uno di quegli aneddoti che riportano a un ciclismo più verace di quello attuale.

«Era al suo primo anno da pro’ – racconta – con la Aki-Gipiemme. Aveva vinto la tappa del Santuario di Vicoforte al Giro e lo portarono al Tour a tirare sulle salite per Simoni. Doveva fare dieci tappe, per esperienza soprattutto. Un giorno, dopo che aveva tirato su un Gpm, Virenque strinse Simoni contro le transenne. E Denis, che carattere ne aveva sebbene fosse al primo anno, andò da Virenque a tirargli le orecchie per il suo gesto. E si guadagnò il suo soprannome. Era un ragazzo splendido, sempre pronto alla battuta…».

Nel 2000, Zanette corre il mondiale di Plouay in appoggio a Bartoli
Nel 2000, Zanette corre il mondiale di Plouay in appoggio a Bartoli

Manuela di Denis

A volte la memoria t’impone un prezzo e anche Biagio s’è lasciato trasportare dai ricordi. Così fa una pausa, riflette e riparte.

«Alle corse ti divertivi – dice – perché dopo cena ti ritrovavi nella reception a parlare, ridere, prenderci in giro, fare scherzi e il tempo passava alla grande. Oggi devi essere bravo con la tua squadra a fare un meeting dopo cena con la scusa di prendere un caffè e allora per una mezz’ora riesci a parlarci un po’, altrimenti sono tutti per i fatti loro col cellulare in mano. Pensate che domenica saremo a pranzo con Manuela, sua moglie, che per noi è ancora “Manuela di Denis”. Le figlie sono cresciute. Anna ha 22 anni e Paola 19. Le ho detto che avremmo parlato di Denis, mi sembrava giusto. Incredibile che siano già passati quasi vent’anni…».

Conte, altro spicchio di Liquigas alla Eolo con Basso e Zanatta

01.11.2021
4 min
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Biagio Conte ha rinunciato al suo contratto a tempo indeterminato con la Work Service di Massimo Levorato per rispondere alla chiamata di Zanatta e la Eolo-Kometa. Stefano gli ha parlato chiaramente. Il primo contatto lo avevano avuto con Scirea, però Mario ha preferito restare in federazione accanto a Roberto Amadio (magari domani con la nomina dei tecnici federali capiremo anche il perché). Così Zanatta si è ricordato di Biagio, salito a suo tempo alla Liquigas dopo aver fatto la gavetta fra i dilettanti e ormai fuori dal professionismo dal 2014.

«E’ naturale che pensassi di rientrare tra i pro’ – spiega Conte – ma intanto lavorando alla Work Service sono rimasto nell’ambiente. In realtà mi ero così affezionato ai corridori, che non ci pensavo quasi più. Mi piaceva l’idea di farli crescere».

Alla Liquigas ha lavorato con il giovane Nibali, qui in ritiro nel 2010. A sinistra c’è Capecchi
Alla Liquigas ha lavorato con il giovane Nibali, qui in ritiro nel 2010. A sinistra c’è Capecchi

Nuova ambizione

Cinquantatré anni, palermitano sposato a Sacile, otto anni da professionista con due tappe alla Vuelta e una al Giro, Conte era arrivato in Liquigas dopo averne guidato per qualche anno la squadra satellite. Quella Marchiol in cui erano passati, fra gli altri, Cimolai e Viviani.

Pare che le sue dimissioni non siano state prese proprio con entusiasmo nel team Work Service, che su di lui puntava per crescere ancora, ma il richiamo della Eolo-Kometa e del suo amico Zanatta ha avuto voce più potente.

«Sono grato alla Work Service per avermi inserito nel mondo del lavoro – dice – ma un minimo di ambizione c’era ancora. Sono andato a incontrarli a Jesolo durante le classiche venete e ho dato un’occhiata all’organico. E’ un bel gruppo e per me sarà un cambio di pelle e di prospettiva.

Alla Tirreno del 2001 vince la tappa di San Salvo. Alle sue spalle anche Zabel
Alla Tirreno del 2001 vince la tappa di San Salvo. Alle sue spalle anche Zabel

«Ho lavorato perché gli juniores non avessero lo stress della vittoria e la pressione di fare risultato a tutti i costi, anche se Massimo (Levorato, proprietario della Work Service, ndr) è uno che ci tiene. Nella continental sapevamo che sarebbe stato difficile fare risultato tra i professionisti, per cui si andava per fare esperienza, entrare in fuga e farsi notare. Nei professionisti invece si va alle corse con l’ambizione di fare risultato e di conseguenza cambia l’impostazione di corsa».

Occhio privilegiato

Il suo è stato per qualche stagione un punto di vista privilegiato. La Work Service ha praticamente tutta la filiera, dai bambini alla continental e poter osservare così da vicino il percorso sportivo e di vita dei ragazzi gli ha offerto lo spaccato di cosa significhi voler fare il corridore oggi in Italia.

Alla Work Service ha ritrovato persino Rebellin, con cui aveva corso da dilettante alla Mg Boys di Danilo Furlan
Alla Work Service ha ritrovato persino Rebellin, con cui aveva corso da dilettante alla Mg Boys di Danilo Furlan

«Ormai purtroppo – dice – si affidano ai procuratori già da allievi e hanno da subito in testa obiettivi difficili da raggiungere. Oppure magari non è un male e sta bene così, chi può dirlo?! Nel nostro piccolo, ci siamo ritrovati con uno junior forte che tentennava e non voleva passare nella continental, perché voleva aspettare che si creasse il contatto con una WorldTour. Il guaio è che non riescono a essere obiettivi. Poi chiaramente il contatto non si è creato e il ragazzo è tornato nella WorkService».

Somma di ambizioni

Dal prossimo anno si volta pagina. Zanatta e Basso stanno lavorando per ricreare lo staff dirigenziale della Liquigas, con l’impegno particolare di Ivan di richiamare coloro che a vario titolo sono stati importanti per la sua carriera.

Mario Scirea, Dario Mariuzzo, Paolo Slongo, Biagio Conte, Stefano Zanatta, Alberto Volpi, diesse Liquigas
Lo staff della Liquigas: Scirea, Mariuzzo, Slongo, Conte, Zanatta e Volpi
Dario Mariuzzo, Paolo Slongo, Biagio Conte, Stefano Zanatta, diesse Liquigas
Con Mariuzzo, Slongo e Zanatta alla Liquigas nel 2010

«Il gruppo è bello – dice Conte – e affiatato. Zanatta evidentemente voleva qualcuno di cui già conoscesse il modo di lavorare e che conoscesse il suo. Abbiamo lavorato insieme per cinque anni e il fatto di essere stato accolto bene da tutti mi ha dato grande entusiasmo. Conosco tanti di questi ragazzi, anche se non ho mai lavorato con loro, per averli visti all’opera fra gli under 23. Ora sono a riposo, ma presto inizieremo a fare cose insieme. Credo che unendo la mia e la loro ambizione, si potranno fare delle belle cose».

Conte e Rebellin, dopo 30 anni ancora insieme

11.03.2021
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Biagio Conte (classe 1968) e Davide Rebellin (classe 1971) erano compagni di squadra alla Mg Boys di patron Danilo Furlan, con Billy Ceresoli sull’ammiraglia. Erano i primi anni 90 e giusto trent’anni fa i due corsero assieme il mondiale di Stoccarda dei dilettanti, in cui Davide colse l’argento sulla porta dei vent’anni.  Oggi si ritrovano ancora insieme alla Work Service, Biagio direttore sportivo e Davide corridore, e la cosa a chi c’era anche allora sembra davvero originale. E sapete qual è la curiosità vera? Chiedere a Conte quanto il Rebellin di oggi sia diverso rispetto a quello di ieri.

«Volete sapere la cosa fantastica?», chiede Conte. «Sono identici. Era pignolo, calmo e riflessivo in ogni cosa che dice, proprio come oggi. Ha sempre curato ogni dettaglio e oggi forse lo fa con ancora più attenzione. Non per niente a 50 anni è ancora competitivo. A Larciano ha pagato le accelerazioni in pianura, anche perché nel 2020 ha fatto solo 8 corse. Ma mi ha detto che se avesse preso il San Baronto un po’ più avanti, sarebbe restato con il gruppo di Nibali. Ed è proprio vero…».

Negli anni da tecnico della Liquigas, Biagio Conte con Mauro Da Dalto
Negli anni da tecnico della Liquigas, Biagio Conte con Mauro Da Dalto
Ti saresti aspettato di vivere questa situazione?

Mai, davvero. Io ho smesso a 35 anni e solo perché mi tarparono le ali, dicendomi che ero vecchio. Avrei continuato più che volentieri. Il ciclismo nel frattempo è cambiato molto. Guardo Valverde che ha 41 anni e guardo anche Nibali che ne ha 37. Se uno è professionista al 100 per cento, dura di più. Anche se Davide è obiettivamente un’eccezione.

Secondo te perché corre ancora?

Sicuramente ha una grandissima passione e comunque ancora il fisico che lo sorregge. Ha una grandissima voglia di stare in sella: che piova o faccia freddo, lui esce. Io in certi giorni proprio tanta voglia non l’avevo! Francamente lo vedo difficilmente in un altro ruolo, non so se lo vedrei a fare il direttore sportivo. Sono cose diverse, te ne rendi conto la prima volta che sali su un’ammiraglia.

A inizio anno, sia tu sia il presidente Levorato, avete parlato di progetto giovani: come lo avete spiegato ai ragazzini l’arrivo di un corridore di 49 anni?

E’ stato difficile e abbiamo voluto dirglielo noi prima che lo scoprissero dai media. Anche perché, proprio in nome del progetto giovani, avevamo rinunciato a prendere e non avevamo tenuto dei corridori fuori quota. Glielo abbiamo spiegato dicendo che per Levorato e la sua azienda è un investimento più ampio. Non abbiamo preso un corridore, ma un fior di professionista che potrà aiutare anche nello sviluppo delle bici Dynatek che appartengono al gruppo.

Come hanno reagito?

Ero incerto, ma sembra che la sua presenza stia diventando un incentivo. Sanno di doversi mettere in gioco, perché un posto in squadra, a meno di problemi, sarà fisso di Davide. Lui però è stato onesto, ha detto di volersi sudare ogni convocazione e di non voler rubare il posto a nessuno. Ci siamo incontrati e dopo aver ricordato i bei vecchi tempi, abbiamo parlato francamente anche di questo.

Che cosa può insegnare Rebellin a un under 23 di primo anno?

Adesso siamo in Istria, all’Istrian Spring Trophy, una corsa a tappe che ci servirà a preparare il Coppi e Bartali. Osservarlo in corsa, vederlo a tavola, vedere la sua quotidianità sarà un’ottima ispirazione. Magari non mangeranno le sue stesse cose, che sono particolari, ma l’approccio con la corsa è decisivo. Oggi ad esempio c’è un prologo di 2 chilometri, non dovranno mangiare chissà quanto…

Lorenzetto: non togliete il divertimento dal ciclismo

17.01.2021
5 min
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Quando Biagio Conte giorni fa fece il nome di Mirco Lorenzetto, fra quelli dei tre direttori sportivi della Work Service (il terzo è Emilio Mistichelli nelle Marche), l’idea di chiamarlo per approfondire il suo ruolo scattò quasi all’istante.

«Lorenzetto – disse Conte – seguirà in modo più diretto gli under 23».

Dato che la Work Service ha ormai completato la filiera dagli juniores alla continental, eravamo curiosi di sapere come siano fatti i corridori di primo anno che approdano fra gli under 23. Dato che a detta di molti, le criticità degli juniores sarebbero alla base del logorio dei ragazzi.

Per Mirco Lorenzetto, 7 vittorie in 8 anni da professionista
Mirco Lorenzetto
In 8 anni di professionismo, per Mirco Lorenzetto 7 vittorie

Lavoro e passione

Mirco lo troviamo su uno dei camion dell’azienda di famiglia, la Site Impianti, che fa impianti elettrici di case e strade. Sta portando via la terra di uno scavo fuori programma e intanto racconta. Dopo 8 anni da professionista e 7 vittorie, il lavoro è da tempo centrale nelle sue giornate. Tuttavia il ruolo di direttore sportivo è legato alla passione per il ciclismo e per questo gli dedica il sabato e la domenica e semmai una o due mezze giornate infrasettimanali.

«Stare accanto ai più giovani – dice – non è una passeggiata. Sono tutti da costruire, hanno tanto da imparare. E come tutti i ragazzi di 18 anni hanno la presunzione di sapere tutto. E più sono stato seguiti negli juniores e più si sente forte la batosta del cambio di categoria».

Work Service 2020
La Work Service alla Vicenza-Bionde, una delle classiche venete rimaste in piedi nel 2020
Work Service 2020
La Work Service alla Vicenza-Bionde, una delle classiche rimaste nel 2020
E’ così per tutti?

Negli ultimi due anni stanno arrivando più umili, segno che nella categoria juniores c’è chi inizia a capire qualcosa. Per fortuna anche lì ci sono dei direttori sportivi giovani, che hanno corso e seguono i ragazzi ripensando ai loro errori e alle loro esperienze.

Come è fatto lo junior di secondo anno che arriva alla continental?

Dal punto di vista atletico sono a posto, anche troppo. Ma sono… denutriti per quel che riguarda il resto dello sport. Ci sono degli aspetti che andrebbero costruiti da ragazzini e su cui invece ci troviamo a dover lavorare. Ad esempio la capacità di guida e lo stare in gruppo, che si sviluppa da piccoli quando il ciclismo è divertimento. Da under 23 hai meno tempo per giocare, perché livello e ritmo si alzano.

Hai parlato di divertimento.

Penso a quei direttori sportivi che già nelle categorie giovanili impostano l’attività come fosse un lavoro. Da ragazzi devono divertirsi, giocare con la bici. Nei miei anni era difficile andare in pista, l’ho scoperta tardi e ho capito che sarebbe stata un utile divertimento. Ora c’è la Bmx, avrei voluto farla anche io, ma non era contemplata in una mentalità italiana che era piuttosto ristretta. E in certi contesti lo è ancora.

Al Giro di Sardegna del 2009, Lorenzetto batte Gasparotto e Petacchi nella 1ª tappa
Al Giro di Sardegna del 2009 batte Gasparotto e Petacchi nella 1ª tappa
Basta guardare le resistenze che ha trovato Aru con il cross…

A quello pensavo. Eppure Missaglia, che ha smesso da poco, dovrebbe aver fatto questi ragionamenti e dovrebbe capire che la bici può anche essere divertimento e che se un corridore si diverte, rende anche meglio. Per questo tante volte preferisco andare in cantiere e non alle corse. Il ciclismo è rimasto vecchio. Si sta adeguando nelle categorie giovanili. Inizialmente perché la Federazione li costringe e poi perché ci prendono gusto.

Ai ragazzi interessa conoscere la tua storia di corridore?

Molto e se anche non gliela dico io, grazie a internet possono scoprire tutto. Ma non vogliono sapere delle vittorie, piuttosto l’aspetto organizzativo. Come ci allenavamo, cosa mangiavamo. Io per esempio ho capito tardi l’importanza dell’alimentazione e adesso posso spiegargli quali sono gli errori in cui non cadere. In certe fasi dell’anno, la paghi anche se sgarri un giorno solo.

Aver corso in bici è importante?

Se hai sviluppato quello che ti hanno spiegato e hai elaborato le esperienze fatte, è come una laurea.

Il 2009 è l’anno magico di Lorenzetto: anche Bennati finisce nella rete
Il 2009 è l’anno magico: anche Bennati finisce nella rete
Quanto tempo dedichi alla squadra?

Per ora, anche a causa del Covid, il 99 per cento è dedicato al mio lavoro, il resto al ciclismo. Ma con Levorato mi piace lavorare, per cui la mattina mi alzo alle 6 e comincio la giornata facendo programmi sportivi. Abbiamo anche provato a prendere Francesco Romano, che la Bardiani non ha confermato, ma alla fine torna alla Palazzago, che è diventata continental.

Perché un corridore come Romano, che è stato anche azzurro U23, resta a piedi dopo soli due anni da pro’?

Perché li fanno passare al secondo anno da U23 e poi non gli danno il tempo di crescere. Romano ha compiuto 23 anni a luglio, io credo che avrebbe avuto bisogno di altro tempo, soprattutto dopo l’anno del Covid.

La famiglia come sta?

Alla grande, grazie. Barbara ed io abbiamo una bimba di 4 anni che si chiama Sofia e non farà mai la ciclista, anche se quando guarda le corse in tivù, fa certe feste… Chissà, magari è lo scorrere dei colori che la incanta.

Biagio Conte, Remo Cordioli, Vicenza-Bionde 2020

Biagio Conte ci guida nella Work Service 2021

07.01.2021
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Biagio Conte, professionista fino al 2003 e poi tecnico dalla Marchiol e a salire fino alla Cannondale, è uno dei direttori sportivi della Work Service-Vega continental. Il gruppo padovano ha ramificazioni in tutta Italia. Perciò se per gli juniores è ben nota l’affiliazione plurima con la toscana Romagnano, la continental nata nel 2020 ha la base nelle Marche, con il vecchio nucleo della Vega di Demetrio Iommi che a buon titolo ne fa ancora parte. Il fatto di aver messo il piede nel professionismo con la Androni, completa idealmente il quadro, pur in assenza di un contratto che offra alla Androni una forma di prelazione. La definizione di “accademia del ciclismo” che compare nella pagina introduttiva del sito internet del gruppo calza perfettamente alla situazione.

«Se fai bene- dice Conte – sai che puoi ambire a continuare il cammino. Non ci sono elementi tecnici in comune con l’Androni, lo dico per un fatto di buon senso. E in qualche modo questo offre la possibilità di completare il percorso iniziato con gli juniores».

Giacomo Garavaglia, tricolore professionisti Cittadella, 2020
Giacomo Garavaglia, un rinforzo per Conte in arrivo dalla Polartec Kometa
Giacomo Garavaglia, tricolore professionisti Cittadella, 2020
Garavaglia, in arrivo dalla Polartec Kometa
Quanto lavoro c’è dietro questa struttura?

Davvero tanto, con tante persone che ruotano attorno allo stesso progetto. Si comincia con gli juniores. In Toscana c’è il gruppo di Matteo Berti con il suo personale e i suoi mezzi. Poi c’è il gruppo padovano. In tutto parliamo di 18 atleti juniores, con la struttura per fare due attività.

Dove sta la forza di questa società?

Nel valore tecnico. Da quando sono qua, non ho mai visto né sentito parlare di atleti portati via ad altre squadre con i soldi. Il motivo che li spinge a venire sono i risultati della strada. I ragazzi hanno voglia di farne parte e arrivano. Anche perché con i regolamenti che ci sono non puoi fare incetta di atleti con i punteggi più alti, puoi prenderne due al massimo. E’ chiaro che avendo la plurima, si cerca di sfruttare al massimo il bacino delle singole regioni. Quindi sia il Veneto, sia la Toscana hanno portato ottimi corridori. La fortuna di avere uno sponsor come questo, che ti permette poi di passare in una continental, è un valore aggiunto.

Il passaggio dalle squadre juniores alla continental è dato per scontato?

Nel ciclismo di scontato non c’è nulla, in ogni caso il posto bisogna meritarselo, va costruito. Così come non è detto che i ragazzi siano tenuti a continuare per forza con noi, come nel caso di Germani che ha scelto la Francia. Come Garzara che ha scelto il Ct Friuli.

Francesco Zandri, Trofeo Laigueglia 2020
Francesco Zandri, foto dal Trofeo Laigueglia 2020
Francesco Zandri, Trofeo Laigueglia 2020
Zandri, Trofeo Laigueglia 2020
Il presidente Levorato ha parlato di notevole ringiovanimento dell’organico.

Con un grande rimescolamento, è vero. Per quest’anno avremo 8 under 23, con 5 che salgono dagli juniores e 2 di secondo anno. Confermati Colombo, Mentil e Zecchin, Fra gli under, è arrivato anche Bobbo dalla Ntt. In più ci sono gli elite, per i risultati che potranno dare e perché siano di riferimento per gli altri.

Cinque primi anni sono un bel contingente di freschezza…

Sono Marco Cao, Eric Montagner, Danilo Pase, cui si aggiungono il friulano Giovanni Bortoluzzi e il marchigiano Danilo Dignani.

Quali sono i… vecchietti?

Uno è Garavaglia, che era alla Polartec-Kometa e probabilmente sperava di continuare con loro. Poi c’è il gradito ritorno di Marchetti, dopo la stagione fatta alla Casillo, che si sta allenando davvero bene. Quindi tra i confermati, Burchio e Zandri. E poi c’è una scommessa…

Michael Zecchin, Vicenza-Bionde 2020
Michael Zecchin è stato confermato: foto della Vicenza-Bionde 2020
Michael Zecchin, Vicenza-Bionde 2020
Zecchin confermato, qui alla Vicenza-Bionde 2020
Una scommessa personale di Conte?

Un ragazzo del 1998 che secondo noi può dare tanto e si chiama Stefano Di Benedetto, che era al Pedale Scaligero. Ha fatto belle cose, è stato campione regionale. Può dire la sua.

Perché la base nelle Marche?

Perché Demetrio Iommi aveva già la sua struttura ed era molto meglio appoggiarsi a qualcosa di già collaudato. E poi, vista la collaborazione con la Marchiol, nello staff dei direttori sportivi ci sono anche Emilio Mistichelli nelle Marche e Mirko Lorenzetto in Veneto, che seguirà in modo più diretto gli under 23.

Farete attività mista, fra professionisti e gare U23/elite?

Esatto. Per quelle tra i grandi, abbiamo già ricevuto inviti dalla Croazia e probabilmente partiremo da Laigueglia. Tutto sperando che la situazione Covid permetta che si possa correre. Noi abbiamo fatto la nostra parte. Siamo pronti per i tamponi e tutto quello che servirà, in attesa magari del vaccino, che sarà la vera liberazione.