Due gare, due vittorie. Il team Visma-Lease a Bike continua a coltivare talenti e non sono certo solamente i due successi in terra croata a dire che Matthew Brennan è uno di questi. Per lui parla il suo curriculum, su strada ma ancor più su pista, con due titoli mondiali e soprattutto il record del mondo dell’inseguimento individuale. Risultati che hanno solleticato i dirigenti dello squadrone olandese, che lo ha subito messo sotto contratto nel loro devo team.
Brennan ha subito risposto presente aggiudicandosi le due classiche croate d’inizio stagione, a Umago e Porec, mettendo in fila velocisti molto più esperti in un consesso che non sarà quello di una classica WT, ma per un diciottenne è già abbastanza probante. A dispetto dei risultati dello scorso anno, finora raramente i fari dell’attenzione si erano puntati su di lui, forse anche per questo ha accettato di buon grado di raccontarsi.
Hai iniziato la tua stagione con 2 vittorie, ti aspettavi un debutto così straordinario?
No, non proprio. Sapevo di avere delle buone gambe e una buona forma all’inizio della stagione, ma ovviamente cose del genere devono essere tradotte in risultati in gara, il che è la parte difficile.
Fino allo scorso anno eri conosciuto più per i tuoi grandi successi su pista. Stai cambiando pelle, vuoi dedicarti più alla strada?
Sì, penso che l’attenzione per questa stagione sia sicuramente sulla strada. Voglio sviluppare le mie qualità nei prossimi anni con il team. Quindi penso che sia davvero importante soprattutto sfruttare questi anni giovanili per imparare tutto quel che significa essere un professionista. Ad esempio, è davvero importante che io esegua questi passaggi di categoria con attenzione per acquisire il giusto background.
Qual è la tua storia, come hai iniziato il ciclismo e come riesci a conciliarlo con lo studio?
Beh, mio padre era un ciclista e ogni sabato facevamo un giro di gruppo con 20-30 persone. Giri di 50-60 miglia o 100 chilometri e poi correvamo sempre al bar. Io ho iniziato a partecipare a circa 12 anni e vedevo che settimana dopo settimana miglioravo, andavo meglio di questo e poi di quel partecipante. Alla fine ci ho preso gusto e mi sono unito a un club nella mia zona chiamato Stockton Wheelers Cycling Club e abbiamo fatto un sacco di esperienze in pista. Devo dire grazie a Paul Curran, un ciclista degli anni Ottanta che mi ha insegnato molte cose facendomi allenare dietro la sua moto.
Quando hai iniziato a fare gare nazionali?
A 15 anni. Ho partecipato a quelle che da noi chiamano “risorse di settore”, una sorta di gare a tappe di 6 giorni, ci sono andato con alcuni amici ed è stata un’esperienza molto bella, anche perché in campeggio ne abbiamo combinate… Ma per me è stato un grande punto di svolta in termini di ciò che volevo fare per iniziare a correre. Durante il periodo del Covid ho potuto andare in bicicletta senza alcun tipo di pressione e soprattutto ho potuto avventurarmi in posti dove non avevo mai guidato prima da casa mia con corse più lunghe. Così quando sono approdato fra gli juniores avevo già un bel bagaglio di esperienze e di chilometri, anche se per me era difficile conciliare gli studi con le trasferte, eravamo spesso in gara in Belgio, era complicato. Ma da lì ho imparato il sacrificio e capito che era questo che volevo fare.
Proprio a proposito del Belgio, come ti trovi su quei percorsi?
Mi ci trovo bene, soprattutto quelli nelle Fiandre Occidentali. Conosco tutte le salite come Kwaremont, Paterberg, arrampicate del genere penso che siano adatte a me.
Che cosa è cambiato per te entrando nel team Visma e che cosa significa correre nel team di campioni come Van Aert e Vingegaard?
Ci sono stati alcuni allenamenti fatti in comune che mi sono stati molto utili. Cose che impari quando entri nel team, anche il semplice modo in cui fai le cose o i processi che attraversi e penso che sia stato davvero importante condividerli per sviluppare la mia abilità di ciclista. Soprattutto dal punto di vista nutrizionale, è davvero molto importante e un’evoluzione nel mio modo di essere. Ho già imparato molto lì e lo sto facendo partendo dalle basi. Sono entrato nella squadra e non sapevo nulla, andavo avanti molto per sentito dire, ora è tutto diverso. Penso che sia davvero vantaggioso per il nostro sviluppo a lungo termine, mio e degli altri giovani, vedere come lavorano questi ragazzi.
Quanto è stato importante il record mondiale nell’inseguimento dello scorso anno?
Abbastanza, era un obiettivo che inseguivo in pista da molto tempo. La mia prima stagione era stata sfortunata per molti problemi fisici, per me era un riscatto. Ma penso che non durerà a lungo, anche nel mio Paese ci sono già ragazzi in grado di far meglio.
Hai vinto il mondiale madison con Wiggins, ma molti media si sono concentrati più su di lui per il suo cognome. Questo ti ha dato fastidio?
Davvero non mi dispiace, conosco Ben da molto tempo ormai e capisco come funzionano i media. Quando abbiamo vinto quella gara insieme, sapevamo che avremmo avuto tanta attenzione su di noi, ma soprattutto lui perché figlio di un grande campione anche della pista. Quindi non mi importava davvero. Io ero contento di avere due maglie iridate, una individuale e una a coppie. E’ come se avessi bilanciato le cose, dimostrato di essere forte da solo ma anche in team.
C’è qualche corridore britannico al quale ti ispiri e che cosa sai della storia del ciclismo inglese?
Non ne so molto, guardo soprattutto ai campioni internazionali, a quelli che ho nel mio team. Se dovessi fare un nome, ma non è britannico, direi Kwiatkowski, perché è uno che ha vinto tanto ed è molto rispettato nel gruppo.
Qual è il tuo sogno per il futuro?
Vincere. Che cosa non lo so ancora, penso di aver bisogno di vedere come mi sviluppo e penso di dover fare tanti passi in avanti. Vado avanti ogni giorno, magari un domani risponderò “il Tour de France”, ma per ora è presto.