Se la lucidità in corsa e la scaltrezza si misurassero in watt, Attilio Viviani avrebbe vinto maglia rosa, maglia gialla e maglia verde in una sola stagione! Il giovane corridore della Cofidis, fratello di Elia, è una ruota veloce, ma forse un po’ più completo: 63 chili, quasi un peso da scalatore, ma parecchia potenza. Quando lo “pizzichiamo” sta giusto andando in palestra.
Attilio, certo non potevi “scegliere anno migliore” per debuttare nel WorldTour…
Eh sì! Un anno strano, ma non l’ho scelto io, così come non lo ha scelto che so, Sabatini che ha 35 anni. Prendiamola così e portiamo a casa quello che di buono c’è stato e cioè che il protocollo anticovid ha funzionato e si sono disputati i tre grandi Giri e molte altre corse.
Che impressioni hai avuto del grande ciclismo?
Un po’ quello che mi aspettavo e che già avevo visto l’anno scorso da stagista: si va molto forte. Il mio obiettivo era crescere nelle corse di prima fascia e fare risultato in quelle di seconda. Un obiettivo che ho raggiunto già prima del lockdown. Infatti ho vinto in Gabon (Tropicale Amissa Bongo), gare certamente meno importanti ma comunque con gente che arrivava nei dieci alla Vuelta o che faceva 2° al Laigueglia ed ho ottenuto buoni piazzamenti in gare più grandi, come al UAE Tour. Lì in volata c’erano tutti, poteva essere un Tour. E sono soddisfatto della mia Tirreno-Adriatico. Nella prima tappa sono caduto, ho tenuto duro e ho fatto un 12° posto nella frazione che veniva dopo un giorno con oltre 5.000 metri di dislivello. Per molti non sarà una gran cosa, ma per è importante.
Il tuo direttore sportivo, Roberto Damiani, dice che sei molto furbo, molto attento in gara, che vedi la corsa. E’ così?
Vero. Credo venga dall’esperienza degli anni passati tra le categorie giovanili e la pista. E poi perché mi piace molto guardare il ciclismo in tv e lì impari a vedere le tattiche. Non dico che oggi so già come finisce una corsa, ma posso immaginare il suo svolgimento. Per esempio, alla Vuelta ho detto subito che la Movistar avrebbe corso contro Carapaz.
Non è da tutti alla tua età…
Quando ho fatto 8° all’UAE Tour tutti volevano stare dietro al treno di Groenewegen, c’era un gran movimento dietro la sua ruota. Quando invece Gaviria, che aveva Richeze, era praticamente solo. E uno come Richeze ce lo porta allo sprint Gaviria. Se lo prendi ai 400 metri sei a cavallo. E così ho fatto. Risparmi energie e corri meno rischi.
In effetti, Attilio, sembri molto lucido…
Questa cosa me l’ha detta anche Chavanel che a fine carriera è stato l’ultimo uomo di Demare. Gli descrissi per filo e per segno di una caduta: dove accadde, chi c’era alla mia destra, chi alla mia sinistra, la dinamica del ruzzolone… La sera venne in camera e mi disse: ho rivisto il video ed è andata esattamente come hai detto te!
Ma che corridori sei?
Peso 63 chili, sono un po’ più basso rispetto ad Elia, ma le fibre sono quelle del velocista. Che poi questo peso mi avvantaggi un po’ in salita tanto meglio. Esco un po’ meglio di altri dalle tappe con dislivelli maggiori. Ho fatto una top ten in una tappa con oltre 2.500 metri di dislivello. E se in futuro i percorsi continueranno ad essere questi va bene. I Petacchi o i Cipollini non ci sono più. Loro vincevano 5-6 tappe in un Giro anche perché c’erano 10-12 volate. Oggi è diverso. Guardate la tappa di Monselice. Davanti c’erano gli scalatori e dietro c’era il gruppo con Elia, Demare e Sagan. O Kristoff che ha preso la prima maglia gialla. Noi con la squadra eravamo andati a fare la ricognizione di quella tappa ed era impegnativa. Si è arrivati in volata, ma Kristoff è uno che ha vinto il Fiandre.
Cosa ti aspetti dal tuo 2021?
Non abbiamo ancora parlato di calendari con la squadra, ma credo partirò dalle gare spagnole e dall’Argentina. Cosa voglio? Voglio continuare a crescere e a fare risultato in qualche corsa, tipo quelle in Francia come Poitou Charentes, per esempio. Quest’anno lì vinse Demare e io feci quarto. Vorrei fare più corse di prima fascia, come le chiamo io. So che Demare non lo batto, sono realista, ma prendo attitudine a fare certi sprint. L’obiettivo di batterlo è da qui a due anni.
E al Giro ci pensi? Dovevi esserci ma avevi il covid…
Eh sì, dovevo farlo, ma ero positivo al virus. Nessuno se lo aspettava e ho preferito non dirlo e lasciar passare la cosa. Sono rimasto a casa, ma non ho avuto problemi. Ero totalmente asintomatico e questo vuol dire che in teoria potrei riprenderlo. Mi è dispiaciuto molto non averlo fatto. Avrei potuto aiutare Elia nel limite delle mie possibilità. Non credo che avrei potuto fare l’ultimo uomo, però sarebbe stata una bella esperienza. Speriamo si ripresenti la possibilità. Per me va bene uno qualsiasi dei tre grandi Giri. Anche se fosse la Vuelta: tanti giovani iniziano da lì. Il mio sogno è fare il Giro o il Tour. In ogni caso voglio fare un grande Giro perché sono quelli che formano il corridore, che lo fanno crescere nel fisico e nell’esperienza.
Attilio, stai andando in palestra, ma di solito con chi ti alleni? Non con tuo fratello, immaginiamo, lui sta a Montecarlo…
Con il mio “cuginetto”, Enrico Zanoncello. Anche lui è una ruota veloce (da quest’anno alla Bardiani CSF, ndr). Ha fatto anche lo stagista con noi. Qui a Verona abbiamo percorsi ideali. Per attraversare la città impieghiamo 15-20′ ma alla fine va bene per scaldarsi e poi iniziamo le salite di zona, mentre se dobbiamo fare quelle lunghe, da un’ora, andiamo verso il lago di Garda o sulla Peri-Fosse.
Quali sono gli allenamenti che ti piacciono di più?
Il giorno della forza. Oggi si tende a fare più cose nello stesso giorno, ma quando si fa la forza tra quella resistente, esplosiva, dinamica… le 3-4 ore mi passano da Dio!